Schopenhauer: i temi principali della sua filosofia

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

SCHOPENHAUER

1.2 Radici culturali del sistema

Influssi di Platone, di Kant, dell’Illuminismo e del Romanticismo

Di Platone lo attrae la teoria delle «idee», intese come forme eterne sottratte alla caducità dolorosa del nostro mondo. Da Kant deriva l’impostazione soggettivistica della sua gnoseologia. Dell’Illuminismo lo interessano il filone materialistico e quello dell’ideologia, da cui eredita la tendenza a considerare la vita psichica e sensoriale in termini di fisiologia del sistema nervoso. Da Voltaire desume lo spirito ironico e brillante e la tendenza demistifìcatrice nei confronti delle credenze tramandate. Dal Romanticismo trae l’irrazionalismo, la grande importanza attribuita all’arte e alla musica, e il tema dell’infinito, cioè la tesi della presenza, nel mondo, di un Principio assoluto di cui le varie realtà sono manifestazioni transeunti e il tema del dolore. Tuttavia mentre il Romanticismo mostra una tendenza ottimistica, Schopenhauer appare pessimista.

L’interesse per il pensiero orientale

Schopenhauer:
• è stato il primo filosofo occidentale a tentare il ricupero di alcuni motivi del pensiero dell’estremo Oriente;
• ha desunto da esso un prezioso repertorio di «immagini» e di espressioni suggestive;
• è stato un ammiratore della sapienza orientale ed un «profeta» del suo successo in Occidente

1.3 Il mondo della rappresentazione come “velo di Maya”

L’interpretazione schopenhaueriana dei concetti di fenomeno e cosa in sé

Per Kant il fenomeno è la realtà e il noumeno è un concetto-limite che ci rammenta i limiti della conoscenza. Per Schopenhauer il fenomeno è invece illusione, sogno, ovvero ciò che nell'antica sapienza indiana è detto «velo di Maya»; mentre il noumeno è una realtà che si «nasconde» dietro l'ingannevole trama del fenomeno, e che il filosofo ha il compito di «scoprire». Inoltre, mentre per il criticismo il fenomeno è l’oggetto della rappresentazione, che esiste fuori della coscienza, il fenomeno di cui parla Schopenhauer è una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza. Egli afferma infatti che «il mondo è la mia rappresentazione».

La rappresentazione

La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili: da un lato c'è il soggetto rappresentante,
dall'altro c'è l’oggetto rappresentato, non ci può essere soggetto senza oggetto. Il materialismo è falso perché nega il soggetto riducendolo all'oggetto. L'idealismo è errato poiché nega l'oggetto riducendolo al soggetto.

Differenza fra Kant e Schopenhauer

Sulle orme del criticismo, anche Schopenhauer ritiene che la nostra mente, risulti corredata di una serie di forme a priori. Tuttavia, a differenza di Kant, Schopenhauer ammette solo tre forme a priori: spazio, tempo e causalità. Quest’ultima è l’unica categoria, in quanto tutte le altre sono riconducibili ad essa. La causalità assume forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera, manifestandosi come necessità fisica, logica, matematica e morale, ovvero come principio del divenire (che regola i rapporti fra gli oggetti naturali), del conoscere (che regola i rapporti fra premesse e conseguenze), dell'essere (che regola i rapporti spazio-temporali e le connessioni aritmetico-geometriche) e dell'agire (che regola le connessioni fra un'azione e i suoi motivi).

La vita come “sogno” ingannevole

Poiché Schopenhauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati attraverso cui la visione delle cose si deforma, trae la conclusione che la vita è «sogno»

L’uomo come “animale metafisico”

Ma al di là del sogno esiste la realtà vera, sulla quale il filosofo che è nell'uomo, non può fare a meno di interrogarsi. Infatti, l'uomo è un «animale metafisico», che, a differenza degli altri esseri viventi, è portato a stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sull’essenza ultima della vita.

1.4 La scoperta della via d’accesso alla cosa in sé

Schopenhauer presenta la sua filosofìa come l'integrazione necessaria di quella di Kant, poiché si vanta di aver individuato quella via d'accesso al noumeno. Ma se la nostra mente è chiusa nell'orizzonte della rappresentazione, com'è possibile «lacerare» il velo di Maya? Siccome siamo dati a noi medesimi non solo come rappresentazione, ma anche come corpo, non ci limitiamo a «vederci» dal di fuori, bensì ci «viviamo» anche dal di dentro, godendo e soffrendo.

La volontà di vivere come radice noumenica dell’uomo e dell’universo

Ed è proprio questa esperienza di base, che permette all'uomo di «squarciare» il velo del fenomeno e di afferrare la cosa in sé. Infatti, ripiegandoci su noi stessi, ci rendiamo conto che l'essenza profonda del nostro io, o meglio, la cosa in sé del nostro essere globalmente considerato, è la brama o la «volontà di vivere». Più che intelletto o conoscenza, noi siamo vita e volontà di vivere, e il nostro stesso corpo non è che la manifestazione esteriore dell'insieme delle nostre brame interiori. Schopenhauer afferma che la volontà di vivere non è soltanto la radice noumenica dell'uomo, ma anche l'essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in sé dell'universo. Infatti la volontà di vivere pervade ogni essere della natura.

1.5 Caratteri e manifestazioni della “Volontà di vivere”

La Volontà è inconscia...

La Volontà primordiale è inconscia. Il termine Volontà, si identifica con il concetto più generale di energia o di impulso.

…unica…

La Volontà risulta unica, poiché esiste al di fuori dello spazio e del tempo.

…eterna…

Essendo oltre la forma del tempo, la Volontà è anche eterna e indistruttibile, ossia un Principio senza inizio ne fine.

…incausata e senza scopo

La Volontà si configura anche come una Forza libera e cieca, ossia come un'Energia incausata, senza un perché e senza uno scopo. Infatti noi possiamo cercare là «ragione» di questa o quella manifestazione fenomenica della Volontà, ma non della Volontà in se stessa.

La crudele verità sul mondo

Miliardi di esseri non vivono che per vivere e continuare a vivere. È questa, secondo Schopenhauer, l'unica crudele verità sul mondo. Dio, nell'universo doloroso di Schopenhauer, non può esistere e l'unico Assoluto è la Volontà stessa.

Le “oggettivazioni” della Volontà: le idee e le cose

La Volontà di vivere si manifesta nel mondo attraverso due fasi logicamente distinguibili. Nella prima, la Volontà si «oggettiva» in un sistema di forme immutabili, che egli chiama platonicamente «idee». Nella seconda la Volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale, che sono nient'altro che la moltiplicazione, vista attraverso il prisma dello spazio e del tempo, delle idee. Fra gli individui e le idee esiste un rapportò di copia-modello, per il quale i singoli esseri risulta-
no semplici riproduzioni di quell'unico prototipo originario che è l'idea.
Il mondo delle realtà naturali si struttura a propria volta attraverso una serie .di «gradi» disposti in ordine ascendente. Il grado più basso dell'oggettivazione della Volontà è costituito dalle forze generali della natura. I gradi superiori sono le piante e gli animali. Questa sorta di piramide cosmica culmina nell'uomo, nel quale la Volontà diviene pienamente consapevole. Ma ciò che acquista in coscienza, la Volontà perde in sicurezza, poiché la ragione, come guida della vita, è meno efficace dell'istinto, e fa sì che l'uomo risulti sempre, in un certo senso, un «animale malaticcio".

1.6 Il pessimismo

a) Dolore, piacere e noia

Volere è soffrire

La vita è dolore per essenza. Infatti volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione, per la mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere. Il desiderio risulta quindi, per definizione, assenza, vuoto, indigenza: ossia dolore. A questa da fine l'appagamento; tuttavia per un desiderio che venga appagato, ne rimangono almeno dieci insoddisfatti; inoltre, la brama dura a lungo, l'appagamento è breve e misurato. Il desiderio appagato da tosto luogo a un desiderio nuovo.

Il piacere come cessazione del dolore

Ciò che gli uomini chiamano godimento è nient'altro, che una cessazione di dolore, ossia lo scarico da uno stato preesistente di tensione. Infatti, perché ci sia piacere bisogna per forza che vi sia uno stato precedente di tensione o di dolore. La stessa cosa non vale tuttavia per il dolore, che non può affatto essere ridotto, a cessazione di piacere, poiché un individuo può sperimentare una catena di dolori, senza che questi siano preceduti da altrettanti piaceri, mentre ogni piacere nasce solo come cessazione di una qualche preesistente tensione fisica o psichica.

Dolore e noia

Accanto al dolore, Schopenhauer pone, come terza situazione esistenziale di base, la noia, la
quale subentra quando vien meno l'aculeo del desiderio. “La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra il dolore e la noia, passando attraverso l'intervallo fugace, e per di più
illuso-rio, del piacere e della gioia.”

b) La sofferenza universale

Il pessimismo cosmico

Poiché la Volontà di vivere, si manifesta in tutte le cose sotto forma di desiderio inappagato, il dolore non riguarda soltanto l'uomo, ma investe ogni creatura. E se l'uomo, soffre di più rispetto alle altre creature, è semplicemente perché egli, avendo maggior consapevolezza, è destinato a sentire in modo più accentuato la spinta della volontà, e a patire maggiormente l'insoddisfazione del desiderio e le offese dei mali. Per la stessa ragione, il genio, avendo maggiore sensibilità rispetto agli uomini comuni, è votato ad una maggior sofferenza.

Al di là delle celebrate “meraviglie” del creato si cela la lotta e la sofferenza di tutte le cose

Schopenhauer ritiene che il male non sia solo nel mondo, ma nel Principio stesso da cui esso dipende. Infatti, dietro le celebrate «meraviglie» del creato, si cela in realtà, un'arena di esseri tormentati e angosciati, i quali esistono solo a patto di divorarsi l'un l'altro, dove perciò ogni animale carnivoro è il sepolcro vivente di mille altri e la propria auto-conservazione è una catena di morti strazianti». Uno degli esempi è costituito dalla formica gigante d'Australia «la quale, se viene divisa in due parti, ci offre lo spettacolo di un combattimento fra il capo e la coda. Di conseguenza, al di là del «breve sogno» dell'esistenza individuale, l'unico fine della natura sembra esser quello
di perpetuare la vita, e, con la vita, il dolore.

1.7 Approfondimento: la critica delle varie forme di ottimismo

b) Il rifiuto dell’ottimismo sociale

La bugia della bontà e socievolezza dell’uomo

Un'altra «menzogna, contro cui Schopenhauer si scaglia è la tesi della «bontà e socievolezza» dell'uomo. Infatti, secondo Schopenhauer, la regola di fatto dei rapporti umani è sostanzialmente il conflitto ed il tentativo di sopraffazione reciproca.

La cattiveria innata degli individui

Le disgrazie altrui provocano spesso soddisfazione al nostro istinto egoistico, mentre ogni vantaggio del prossimo, ci infastidisce. Di conseguenza, se gli uomini vivono insieme, non è tanto per simpatia, ma per bisogno. In realtà, la pittura del mondo come «inferno di egoismi», nel suo sistema, è finalizzata alla via etica della «pietà». Infatti, solo chi ha la sensibilità di avvertire come i rapporti umani avvengano per lo più nell'orizzonte dell'ingiustizia» può sentire il desiderio interiore della giustizia e dell'amore.

1.8 Le vie di liberazione dal dolore

b) L’etica della pietà

L'etica è un tentativo di superare l'egoismo e di vincere quella lotta incessante degli individui fra di
loro, che costituisce l'ingiustizia e che rappresenta una delle maggiori fonti di dolore.
La giustizia

La morale si concretizza in due virtù cardinali: la giustizia e la carità. La giustizia, che è un primo freno all'egoismo, ha un carattere negativo, poiché consiste nel non fare il male.

La carità

La carità si identifica invece con la volontà positiva e attiva di fare del bene al prossimo. Diversamente dall'eros, che essendo egoistico e interessato, è un falso amore, la carità, essendo disinteressata, è vero amore. Ai suoi massimi livelli la pietà consiste nel far propria la sofferenza di tutti gli esseri passati e presenti e nell'assumere su di sé il dolore cosmico. Schopenhauer, si propone il traguardo di una liberazione totale non solo dall'egoismo e dall'ingiustizia ma dalla stessa volontà di vivere. Questa liberazione è l'ascesi.

c) L’ascesi

L'ascesi, è l'esperienza per la quale l'individuo cessando di volere la vita ed il volere stesso, si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere. La soppressione della volontà di vivere, di cui l'ascesi rappresenta la tecnica è l’unico vero atto di libertà che sia possibile all'uomo. La coscienza del dolore come essenza del mondo non è un motivo, ma un quietivo del volere, capace di vincere il carattere stesso dell'individuo e le sue tendenze naturali. Quando succede ciò l'uomo diviene libero, si rigenera ed entra in quello stato che i cristiani chiamano di grazia. Tuttavia, mentre nei mistici del Cristianesimo l'ascesi si conclude con Vestasi, che è l'ineffabile stato di unione con Dio, nel misticismo ateo di Schopenhauer il cammino nella salvezza mette capo al nirvana buddista, che è l'esperienza del nulla.

Il nirvana

Un nulla che non è il niente, bensì un nulla relativo al mondo, cioè una negazione del mondo
Stesso. In altre parole, se il mondo, con tutte le sue illusioni, le sue sofferenze e i suoi rumori, è un nulla, il nirvana, per l'asceta schopenhaueriano, è un tutto, cioè un oceano di pace o uno spazio luminoso di serenità, in cui si dissolve la nozione stessa di «io» e di «soggetto».

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