Prove di verifica su JJ Rousseau

Materie:Scheda libro
Categoria:Filosofia

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Data:21.03.2007
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Testo

Prove Di Verifica scritte su JJ Rousseau pag309
1. Secondo Rousseau la proprietà privata si affermò quando un uomo ebbe l’idea di recintare un terreno e di proclamare “questo è mio”, e trovò gli altri così ingenui da credergli. Da quel momento le foreste si trasformarono in campi ridenti bagnati dal sudore degli uomini e, di conseguenza, nacquero le disuguaglianze politico-sociali……La proprietà privata rappresenta il punto d’arrivo di un processo di crescente disuguaglianza tra gli uomini, iniziato quando gli esseri umani cominciarono a riunirsi davanti alle capanne o attorno ad un grande albero. Chi ballava o cantava meglio degli altri veniva apprezzato maggiormente e sentimenti come la vanità, il disprezzo, l’invidia, la vergogna soppiantarono la felicità e l’innocenza……Nel primitivo stato vi era innocenza, perché gli uomini sono di natura buoni: vi era felicità perché essi vivevano seguendo il sentimento e non erano prigionieri della divisione del lavoro, dei meccanismi distorti delle relazioni sociali e della proprietà privata, causa di tutti i mali……Subentrò il vizio perché si corrompono i costumi e si diffonde la “comparaison”, ossia il confronto che quotidianamente facciamo fra di noi per valutare il proprio valore e la propria dignità.
2. “Perfezione dell’individuo” e “decrepitezza della specie” sono contrapposte, perché la prima era presente quando la specie era “giovane”, ossia prima della corruzione dei costumi e della nascita della proprietà privata, allo stato di natura. Invece con la “decrepitezza della specie” l’uomo risulta snaturato, privato della sua bontà iniziale e capace di compiere crudeltà e barbarie.
3. No, perché anche tra i selvaggi, dice Rousseau, nacquero i primi doveri delle buone maniere, ogni torto fatto volontariamente rappresentava un oltraggio, in quanto ci si vedeva anche il disprezzo che poteva risultare più insopportabile dell’offesa stessa. Quindi il concetto di “selvaggio” non può essere equiparato del tutto al concetto di “uomo nel primitivo stato di natura”, dato che il selvaggio, pur trovandosi nello stato di natura, tenderà verso la decrepitezza della specie con tutte le conseguenze che ne derivano.
4. Io credo che Rousseau dimentichi volontariamente le scoperte e le conquiste umane proprio per far capire come lui consideri ben poco queste. Poco importa il “finto progresso”, fatto di lusso e di vizi, questo non porterà mai alla vera felicità; per raggiungerla occorrerebbe tornare allo stato di natura, in cui tutti gli uomini posseggono gli ingredienti giusti per raggiungere la felicità, questi sono l’innocenza e la bontà. Anche quello che appare positivo nella storia dell’umanità non è considerato tale da Rousseau: si tratta di cose fittizie, che allontanano ancora di più l’uomo dal suo stato primitivo.
5. Credo che la concezione di Rousseau sia, in parte, assimilabile e quella degenerativa a partire dall’età dell’oro. Entrambe prevedono una deterioramento di un periodo storico: si parte da un’età in cui regnano felicità e prosperità per arrivare pian piano ad un’altra invece priva di cotanto splendore e pullulante di problemi e infelicità. Altro punto comune è la perfezione iniziale, che va pian paino dissolvendosi. Queste concezioni però differiscono in quanto Rousseau attribuisce la colpa agli uomini per tale degenerazione: un uomo recinta un terreno, nasce la proprietà privata e così tutti gli altri mali; nell’altra concezione storica (quella dell’età dell’oro) non vi è una sorta di colpa da parte di qualcuno: il periodo dell’età dell’oro decorre ed al suo termine se ne avrà un altro, è un passaggio naturale provocato dallo scorrere del tempo.
LUCA PISTILLI IV G 25-02-07

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