Pitagora (570-500 a.C. circa)

Materie:Appunti
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Testo

PITAGORA
(570-500 a.C. circa)
Il numero, la numerologia.
L'arché, per Pitagora, era il numero. Il numero non era tanto un concetto astratto come oggi lo intendiamo (un simbolo che permette la quantificazione delle cose), il numero possedeva una propria dimensione fisica (per cui esistevano numeri triangolari, quadrati, rettangolari, cubici, sorta di particelle elementari della realtà). Pitagora sosteneva che tutte le cose sono oggetti geometrici e, come tali, sono composti da numeri, i quali ne costituiscono la struttura.

I numeri dispari erano maschili e perfetti, benevoli, i numeri pari femminili e imperfetti. Il numero 1 era oggetto di una vera e propria venerazione, in quanto esprimeva l'unità originaria, il numero contenuto in ogni altro numero, l'elemento base di tutte le cose. Il numero 1 esprimeva quindi l'originaria unità del tutto, mentre il due già rappresentava la doppiezza dell'opposizione tra gli elementi contrari.

Alcuni numeri avevano un significato magico: la duplicità era simbolo di doppiezza e inaffidabilità. Il 2, il primo numero pari, esprimeva per Pitagora la contrapposizione al vero sapere, ovvero l'1, l'Unico. La triplicità esprimeva sin dall'antichità il divino (ad esempio è un simbolo riscontrabile sia le concetto di "Trinità" cristiana, che nel concetto di "Trimurti" orientale). Il 4 esprimeva la quadruplicità della natura: quattro erano le stagioni. Il 7 godeva invece della stima del numero perfetto.
L'armonia celeste.
Anche la musica, come del resto tutta la realtà, era una combinazione di numeri. Pitagora basava la sua tesi sull'osservazione di alcune stringhe di uguale spessore e tensione ma di diversa lunghezza che faceva vibrare e risuonare. La musica consisteva in un rapporto numerico misurato secondo intervalli, le note dipendevano dalla quantità di vibrazioni emesse. Secondo Pitagora, le sfere celesti (Pitagora sosteneva la sfericità dei pianeti), a causa del loro movimento, emettevano una musica continua e costante, un'armonia celestiale, che l'orecchio non sentiva più perché ormai assuefatto.
Per Pitagora la Terra "era una sfera, girava su se stessa da est a ovest ed era divisa in cinque zone: artica, antartica, estiva, invernale ed equatoriale e con gli altri pianeti formava il cosmo". (Storia dei Greci, Indro Montanelli).
La metempsicosi.
Forse conseguenza dei suoi viaggi in oriente, Pitagora credeva nella trasmigrazione delle anime. L'anima era immortale, ed era condannata da una colpa originaria a trasferirsi da una sostanza corporea all'altra (compreso il corpo gli animali), ciclo di reincarnazioni che non si sarebbe interrotto finché l'anima non si fosse purificata. Le regole da seguire per interrompere il ciclo della metempsicosi (dal greco meta-, "oltre", e psycho, "anima") erano quelle di particolari rituali che si fondavano sui principi dell'armonia e della proporzione matematica.

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