Nietzsche: Biografia e pensiero del filosofo, con le opere principali

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

NIETZSCHE
VITA
Nietzsche nasce nel 1844 in Sassonia e studia filologia classica a Lipsia sotto la guida di un maestro che gli procurerà il primo incarico accademico nel 1869 a Basilea, dove gli venne assegnata la cattedra di Greco fino al 1879, quando si ritirò dall’insegnamento per motivi di salute. A questo decennio appartengono le opere del primo periodo, come La nascita della tragedia dallo spirito della musica, Considerazioni inattuali e Su verità e menzogna. Nei quattro anni successivi Nietzsche vive tra Italia, Francia e Svizzera e scrive le opere del suo secondo periodo, quali Umano troppo umano, Aurora e La gaia scienza. Tra il 1883 e il 1900 (anno della sua morte) scrive invece opere come Così parlò Zarathustra, Al di là del bene e del male, Genealogia della morale, Anticristo, Ecce homo, Il caso Wagner e Nietzsche contro Wagner.
Durante la sua vita, in un primo periodo Nietzsche studia Schopenhauer e trova nelle sue opere quello che secondo lui è il senso della vita, in particolare nell’opera Il mondo come volontà e rappresentazione, ma poi si distacca dalla visione pessimistica di quest’ultimo, in quanto affermerà la necessità dell’accettazione completa della vita in ogni suo aspetto.

APOLLO E DIONISO
Con l’opera La nascita della tragedia, Nietzsche cerca di studiare, attraverso la filologia, l’origine della tragedia e si interessa così di tutta la civiltà della Grecia antica, in cui individua due principi, legati a due divinità, fondamentali, i quali sono radicalmente opposti fra loro: il principio apollineo e quello dionisiaco. Il primo è un principio che Nietzsche collega alla forma, all’equilibrio, alla luce e alla ragione, poiché peri i greci Apollo rappresentava questi valori. Dioniso è invece associato al caos, al disordine, alle tenebre, agli istinti e all’irrazionalità. Nietzsche afferma che originariamente la società greca era dionisiaca, ma accanto a questo spirito sorse poi quello apollineo. Questi due principi riuscirono a convivere insieme e trovarono un equilibrio nella tragedia attica, in particolare in quella di Sofocle (e del periodo pre-socratico in generale). La tragedia attica ha in sé l’equilibrio di questi due principi, poiché lo spirito apollineo si dimostra nella scena rappresentata (era sempre la vicenda di un eroe) in quanto l’eroe ricerca sempre la serenità, l’equilibrio e sfrutta a questo scopo la ragione. Lo spirito dionisiaco trova invece espressione nella musica e nella danza del coro. Nell’epoca socratica, di Platone e dei Sofisti, trionfa la tragedia che narra le vicende dell’uomo comune, non più dell’eroe, e tutte le scelte dei protagonisti sono guidate dalla ragione, in quanto si afferma una visione più intellettualistica del mondo che invita l’uomo a rivolgere la propria attenzione alle pure essenze. Il trionfo dello spirito apollineo è, secondo Nietzsche, un chiaro segno della decadenza della civiltà greca e della cultura. Secondo Nietzsche, quindi, la causa della morte della tragedia sono stati Socrate (che ha invitato gli uomini a vivere usando la ragione e a limitarsi a pensare) e Platone, che ha per primo delineato un mondo oltre quello terreno, perfetto e metafisico. Nell’età giovanile, il filosofo tedesco vede prossima la rinascita dell’elemento dionisiaco ad opera della musica di Wagner, ma in età più matura in Nietzsche si consolida la tendenza nichilista della cultura europea.

LA MORALE E LA MORTE DI DIO
In due opere della maturità, Al di là del bene e del male e Genealogia della morale, Nietzsche intraprende una critica delle dottrine morali, domandandosi da dove derivino i concetti di bene e di male. Per rispondere a questo interrogativo, Nietzsche segue un metodo genealogico, risalendo cioè all’origine dei comportamenti e dei valori morali; la sua conclusione è che la morale serve ad un gruppo di uomini per soggiogare gli altri. Soffermandosi, in particolare, sulla morale cristiana, Nietzsche afferma che essa è prodotta dall’istinto di vendetta degli uomini inferiori i quali, per invidia nei confronti degli spiriti liberi e grandi, creano una tavola di valori in cui prevalgono le virtù della passività e della rassegnazione. Questa è, secondo Nietzsche, la morale degli schiavi, che predica l’umiltà e l’obbedienza, la democrazia e la fratellanza. Essa è una morale del risentimento, prodotta da uomini che non sanno essere grandi e coraggiosi e sono sopraffatti dall’invidia. Secondo lui, nell’antichità esisteva una morale dei signori, che esaltava i valori della forza, della salute, della gioia e della terra, ma questa morale è stata cancellata dall’avvento della religione ebraico-cristiana, quando al guerriero si è sostituita la figura del sacerdote. Il primo amava le virtù del corpo, mentre il secondo quelle delle spirito. Sono allora stati gli ebrei i primi a operare un rovesciamento di valori che ha portato ad una morale falsa e alla decadenza dell’umanità.
Secondo Nietzsche, l’uomo ha accolto lo spirito socratico-platonico, che nella sua concezione filosofica impone una rinuncia alla vita, perché cerca ideali trascendenti e metafisici. Usando la scienza, allora, egli cerca di sviluppare due opere volte alla critica della metafisica e, in particolare, della religione. Nietzsche afferma di non voler solo sapere perché gli uomini credono in Dio, ma di voler anche dimostrare che Dio non esiste e di scoprire perché gli uomini lo hanno creato. Introduce così il concetto della “morte di Dio”, che significa scomparsa di ogni prospettiva di vita in un aldilà, mondo a cui gli uomini hanno attribuito nei secoli un carattere di perfezione, contrapponendolo ad un mondo imperfetto (il tutto nell’ambito di una prospettiva cristiana). Questo mondo ultraterreno ha, secondo Nietzsche, spinto l’uomo a disprezzare la vita terrena ed il concetto di Dio, allora, nasce da una dichiarazione di inimicizia nei confronti della natura di questo mondo. Quello che Nietzsche definisce “spirito libero” e che poi riconoscerà nel Superuomo riconosce l’essenza caotica, disordinata e di sofferenza della vita, ma non cerca di nascondere questa realtà con la creazione di false credenze metafisiche, le quali crollano con l’annunciata morte di Dio. Il Dio cristiano è stato creato dagli uomini deboli, che hanno voluto un fantasma in cui trovare appoggio; si parla di questo in Così parlo Zarathustra in cui si afferma la necessità di liberarsi dal trascendente per riabilitarsi. La negazione di Dio non è però una semplice forma di ateismo, perché in questo caso rimarrebbe una critica in puro ambito metafisico, mentre con l’annuncio della morte di Dio Nietzsche dichiara la caduta di tutto quel sistema di valori che la tradizione aveva creato e sul quale, per duemila anni, tutta la cultura si era costruita, aveva concepito la concezione dell’essere opposto al divenire e aveva sviluppato metafisiche che erano, in realtà, solo prospettive consolatorie.
Il concetto della morte di Dio va inserito nell’ambito di una generale critica al Cristianesimo, che era secondo Nietzsche, semplicemente una forma di annullamento e di rifiuto della vita (incominciato già con lo sviluppo delle filosofie di Socrate e Platone), che invece andava accettata completamente nella sua imperfezione e nell’essere causa di sofferenze. L’uomo cristiano era, per Nietzsche, malato e represso, costantemente posto di fronte all’evidenza di una vita fatta di sofferenze: non riuscendo a risolvere i problemi della vita terrena, secondo lui, l’uomo, debole, è giunto a creare la prospettiva metafisica di Dio e dell’aldilà, semplicemente con lo scopo di trovare appoggio in una sicurezza futura di equilibrio e tranquillità. Dio è visto quindi come una grande bugia, una figura creata dagli uomini per non sentirsi abbandonati e perché abbiano un punto di riferimento stabile. Con la morte di Dio, quindi, si postula il rifiuto delle vecchie menzogne millenarie metafisiche e religiose, ma anche di tutto il sistema di valori della morale cristiana.
L’annuncio della morte di Dio non è stato compreso dalla maggior parte degli uomini; secondo Nietzsche, questi si sono trovati smarriti, disorientati, senza punti di riferimento. Questi uomini sono coloro che non credevano in sé stessi e nelle proprie capacità; a differenza di questi soggetti, gli spiriti liberi ed illuminati non sono incatenati dalla morale tradizionale e il loro animo è colmo di gioia e speranza, poiché sanno che con l’annunzio della morte di Dio si apre un nuovo mondo libero dai pregiudizi. Nietzsche vuole esaltare la naturalità dell’essere, la vita nel suo significato reale e terreno, facendo sì che l’uomo stesso diventi Dio, poiché crede fermamente in se stesso.

UN PENSIERO COSTRUTTIVO
Il pensiero costruttivo che sviluppa Nietzsche si articola in tre temi: il superuomo, la dottrina dell’eterno ritorno e la volontà di potenza. La sua idea costituisce un progetto di redenzione dell’umanità nei confronti del passato. Si rafforza un saldo rifiuto nei confronti del rimpianto nostalgico in un’epoca in cui lo spirito apollineo prevarica e si sviluppa il consenso alla negazione di tutti i valori del passato affinché si possa creare un mondo nuovo che progetti la costruzione di una realtà diversa e che sia animato da sentimenti di fedeltà alla terra e amore per il proprio corpo e dal desiderio di reincarnare in sé lo spirito di Dioniso. Si abbandonano quindi tutti gli ideali metafisici e c’è un rifiuto del pessimismo che rinuncia alla vita: il superuomo è il simbolo del superamento dei valori tradizionali. Egli è, in particolare, l’unico capace di reggere la visione di un mondo in cui gli dèi sono stati cacciati ed uccisi e di credere nell’eterno ritorno dell’uguale, vivendo completamente la vita. Nietzsche ha infatti una visione ciclica del tempo, secondo cui ogni attimo contiene in sé il proprio valore e il proprio fine ed è quindi la coincidenza di essere e di senso. A questa concezione del tempo si oppone quella lineare, secondo cui il compimento del senso della vita è rimandato al futuro (l’aldilà ultraterreno, nella morale cristiana). Sviluppando la dottrina dell’eterno ritorno, Nietzsche fa una polemica contro il positivismo, lo storicismo e l’idealismo, che nell’Ottocento avevano esaltato il divenire storico come sviluppo e progresso sociale e umano: secondo lui, l’uomo non deve illudersi che il futuro sarà migliore del presente.
Per quanto riguarda la volontà di potenza, questo concetto è contenuto in un’opera omonima che pubblicò la sorella dopo la sua morte. La volontà di potenza è l’essenza stessa della vita, che si caratterizza come un impulso a crescere e a volere sempre di più. Potenza, quindi, nel senso che gli esseri viventi non si accontentano di sopravvivere, in modo più o meno passivo, ma tendono per natura a migliorare sé stessi e ad andare oltre le condizioni di partenza. In quest’ambito, il superuomo è colui che, accettando fino in fondo l’impulso dionisiaco della vita, riesce a coglierne il carattere dominante, ovvero la sua attività creatrice di nuovi valori, al di là di ogni condizionamento esterno (morale o metafisico). In particolare, la volontà di potenza si esplica, secondo Nietzsche, nell’arte (soprattutto nella musica), la sola in grado di far rivivere lo spirito dionisiaco, cacciato e rimosso dalla tradizione occidentale che ha privilegiato il razionalismo socratico. Torna quindi la figura dell’artista come colui che meglio incarna l’ideale del superuomo (come per Kant, secondo cui l’artista era l’unico in grado di esprimere la bellezza autentica).

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