Marx

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

Marx
Il sistema capitalistico si caratterizza per una conflittualità intrinseca che sta nell’opposizione fra capitale e lavoro salariato, fra borghesia e proletariato. Concetto espresso con alienazione.
M parla di ciò rifacendosi a Feuerbach, che affermava il carattere negativo di questa situazione dell’uomo religioso che si sottomette a una potenza estranea (Dio) che lui stesso ha posto. M scopre che l’alienazione primaria non è quella spirituale, bensì quella socio-economica generata dalla proprietà privata capitalistica. Si identifica con la condizione storica del salariato. La valorizzazione del mondo delle cose attraverso il lavoro provoca la svalutazione del lavoratore che ne ha il merito. Il lavoratore è degradato a merce quanto più produce merci e rafforza la posizione del capitalista beneficiario del suo lavoro. Il lavoratore è strumento di una produzione che mai gli apparterrà. L’alienazione risiede nella proprietà dei mezzi di produzione che accresce la ricchezza del capitalista.
Il lavoratore è innanzitutto alienato rispetto al prodotto del proprio lavoro che si è tradotto in merci che non appartengono a lui, ma al capitalista.
Poi il lavoratore è alienato rispetto all’attività lavorativa, non trova soddisfazione nel suo lavoro che gli procura fatica e infelicità. Il lavoro nel mondo capitalistico è malpagato, penoso e forzato per soddisfare bisogni.
Il lavoratore perde la sua essenza, per cui l’uomo in quelle condizioni non può produrre qualcosa indipendentemente dal bisogno, cioè di effettuare un lavoro libero, creativo, rappresentativo della sua essenza.
Il suo altro è costituito dal capitalista e rispetto ad esso è alienato perché viene trattato come mezzo ed espropriato del frutto della sua fatica.
Quando ci sarà il superamento del regime della proprietà privata ci sarà anche il superamento l’alienazione, grazie all’avvento del comunismo.
M si distanzia da Feuerbach quando ricerca le origini del fenomeno religioso non nell’uomo in quanto tale, ma in un tipo storico di società. Afferma che la religione è l’oppio dei popoli. Infatti questi fanno a ricercare il sollievo dalla loro alienazione e sofferenza nell’aldilà. Per superare la religione è necessaria ancora una volta una trasformazione rivoluzionaria della società. In realtà sono le strutture sociali che producono la religione, frutto di una società malata.
Quando ci sarà la disalienazione religiosa ci sarà anche quella economica, con l’abbattimento della società di classe.
Per M, il lavoro sta alla base della storia ed è creatore di civiltà e cultura. E nella storia esistono due elementi di fondo:
- le forze produttive, gli elementi necessari al processo di produzione: gli uomini/forza-lavoro; i mezzi/terra, macchine; le conoscenze tecniche e scientifiche.
- I rapporti di produzione, regolano il possesso e l’impiego dei mezzi di lavoro (rapporti di proprietà).
La struttura comprende i modi di produzione (v.sopra), mentre la sovrastruttura determina i rapporti giuridici, le forze politiche, le dottrine etiche, artistiche, religiose e filosofiche.
Le forze produttive e i rapporti di produzione e di proprietà costituiscono anche la molla propulsiva della storia. A seconda del grado di sviluppo delle forze corrisponderanno determinati rapporti. I rapporti, però, si manterranno fino a quando non diventeranno un intralcio per i mezzi di produzione. Ma per i loro differenti tempi di sviluppo (i mezzi seguono i progresso scientifico, mentre i rapporti tendono a rimanere statici) succede che emerga periodicamente una situazione di contraddizione. Le nuove forze produttive sono rappresentate da una classe in ascesa, mentre i vecchi rapporti da una vecchia classe dominante al tramonto. Ne segue un inevitabile scontro.
Per ciò la borghesia, che detiene i mezzi, non può esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione e l’insieme dei rapporti sociali. A questo punto la borghesia pare una classe dinamica ma contemporaneamente non riesce a dominare le forze che ha creato e che sono in continua evoluzione e che si rivoltano contro i vecchi rapporti di proprietà, che spingono il proletariato a mettere in atto la lotta di classe. La borghesia quindi porta in se stessa delle contraddizioni strutturali che ne minano la solidità.
Uno degli intenti di M è quello mettere in luce i meccanismi strutturali della società borghese per svelare le legge economica del movimento della società moderna. Per M non esistono leggi universali dell’economia, e che ogni formazione sociale abbia caratteri e leggi storiche specifiche.
La caratteristica specifica del modo capitalistico di produzione è di essere produzione generalizzata delle merci.
Se qualcosa è merce deve avere determinate caratteristiche:
- deve avere un valore d’uso, essere utile, deve soddisfare dei bisogni;
- deve avere un valore di scambio che ne garantisca lo scambio.
Il valore che si attribuisce ad una merce è variabile e suscettibile alla quantità di lavoro che occorre. Il valore spesso non corrisponde con il prezzo, perché su di esso influiscono fattori contingenti.
M considera il feticismo delle merci, le merci vengono considerate come entità aventi valore di per sé senza tenere conto che sono frutto dell’attività umana e di rapporti sociali.
Il capitalismo ha come attività peculiare non il consumo bensì l’accumulazione di denaro.
Il ciclo economico del capitalismo è riassumibile nella formula DMD ’ (denaro-merce-plusvalore). Il soggetto/capitalista investe denaro in una merce per ottenere altro denaro. Il plusvalore finale deriva dalla possibilità del capitalista di sfruttare una merce particolare, la forza lavoro, che paga come tutte le altre e secondo la quantità di lavoro necessario. Ma l’operaio ha la capacità di produrre un valore maggiore di quello che gli è già corrisposto col salario (il plus-lavoro). Così esprime lo sfruttamento capitalista, la possibilità dell’imprenditore di utilizzare la forza lavoro altrui a proprio vantaggio. Il lavoratore non ha scelta e deve necessariamente vendersi.
Il plus valore non coincide con il profitto. È necessaria quindi la distinzione fra capitale variabile (salari) e capitale costante (gli investimenti nei macchinari e ciò che serve per lo sviluppo della fabbrica). Il plus valore nasce solo in relazione dei salari, perciò il saggio risiede nel rapporto tra il plusvalore e il capitale variabile.
Gli investimenti compresi nel capitale variabile determinano il saggio di profitto, il rapporto tra plusvalore e la somma dei due diversi capitali. Quest’ultimo sarà sempre minore rispetto al primo.
Il capitalismo segua la logica del profitto privato e non di quello collettivo. Per questo cerca sempre di aumentare il plusvalore. Per farlo tenta la dilatazione dell’orario di lavoro ma senza successo perché oltre un certo numero di ore il lavoratore smette di produrre perciò l’imprenditore decide di ridurre la parte della giornata necessaria a ridurre il salario (plus valore relativo). La grande svolta per il capitalismo è stata la rivoluzione tecnologica con la meccanizzazione, che ha permesso l’aumento smisurato della produzione con lo stesso numero di operai e di ore lavorative. Questo ha permesso di incrementare il plusvalore e l’assunzione di una manodopera meno costosa e più docile (come le donne e i bambini).
Allo stesso tempo questo aumento provoca anche delle crisi cicliche di sovrapproduzione e la successiva distruzione dei beni e la disoccupazione.
Il continuo rinnovamento tecnologico comporta per il capitalismo anche il fenomeno della caduta tendenziale del saggio di profitto. Si accresce a dismisura il capitale costante rispetto a quello variabile, diminuisce perciò il saggio di profitto.

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