Marx

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Marx
Marx era tedesco, grande pensatore politico dell'800; non è soltanto un pensatore ma un rivoluzionario di professione; fu fra i principali organizzatori della prima internazionale (1864); ha contribuito alla nascita del partito socialdemocratico tedesco, che è stato un modello per tutti i grandi partiti moderni; nel 1891 scrive un testo di politica militante, "la critica del programma di Gotha"; a Gotha nacque la socialdemocrazia tedesca; scrisse note di grande importanza, con le quali prendeva posizione sulla nascita del partito. Siamo di fronte non soltanto ad un filosofo, ma un pensatore politico, concepisce la politica come continuo intervento politico, militanza teorica e politica. Noi ci occuperemo del Marx filosofo. Nasce da una famiglia benestante di orientamento liberale; il padre era un avvocato di origine ebraica; Marx si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, poi entra in contatto con l'ambiente dei giovani Hegeliani, agguerrito gruppo intellettuale; incontra Feuerbach, Bau, Strauss; abbandona gli studi di giurisprudenza e si laurea in filosofia con una tesi molto originale di filosofia antica; tenta la carriera accademica senza riuscirci, per ragioni politiche: la Germania è un paese autoritario, reazionario, Marx ha già fama di essere un liberal democratico (non ancora comunista), estimatore di Rousseau, è un radicale. Quindi all'inizio si dedica al giornalismo politico e diventa collaboratore della "gazzetta renana", ma la sua vera grande passione è la filosofia. Sulla gazzetta renana pubblica già un primo saggio di filosofia che è già un tentativo di confronto critico con Hegel. Poi si trasferisce a Parigi perché la vita in Germania per lui è sempre più difficile; Parigi è una città più libera ed è un punto di riferimento per molti esuli politici; non a caso qui ha modo di conoscere alcuni esponenti del socialismo (utopistico, non scientifico) come Bakunin. Qui scrive la sua vera importante opera, un'opera breve, incompiuta e disorganica "manoscritti economico-filosofici" del 1844; i rafforza il sodalizio con i giovani Hegeliani, collabora con la rivista "gli annali franco-tedeschi", l'organo ufficiale della sinistra Hegeliana; su questo giornale pubblica due saggi importanti nel 1843; il primo, "la questione ebraica" e un saggio critico sulla filosofia Hegeliana del diritto. Non è un caso che studiando Hegel si concentri sulla filosofia politica di Hegel; negli anni parigini inizia la collaborazione con Engels. Spostatosi a Bruxelles scrive "l'ideologia tedesca" (pubblicata postuma negli anni 30), nella quale espone la concezione materialista della storia. Sempre assieme ad Engels inizia la sua azione politica; aderisce alla "lega dei giusti", che sarà ribattezzata da loro stessi "lega dei comunisti". Il risultato di questa fase è il famoso "manifesto del partito comunista" nel 1848.
Viene espulso da Bruxelles, ora è addirittura un comunista, abbiamo il lungo esilio londinese, vive in una situazione di ristrettezza economica nel senso letterale del termine, lo aiuta Hengels, di fatto lo manteneva.
Questo periodo è intensissimo di studi di carattere economico, prepara il capitale, una grande opera di economia in tre volumi, il primo è stato pubblicato, gli altri due sono postumi.
In questo periodo Marx non cessa di intervenire su questioni di attualità, segue la formazione in germania del partito social democratico, possiamo dire che fin da ultimo conferma la doppia vocazione, studioso puro(studia da adam smith in poi) e poi interesse politico per il suo tempo.
Marx arrivato a Parigi pubblica sulla rivista Ruge(organo ufficiale della sinistra Hegeliana) due saggi, questione ebraica e introduzione alla critica della filosofia Hegeliana.
Questione ebraica
Il primo ha questo titolo perché un esponente della sinistra, Bauer, aveva sostenuto che il conflitto religioso e politico fra ebrei e cristiani potrebbe essere superato attraverso una soluzione puramente politica, la questione ebraica secondo Bauer poteva essere superata attraverso la creazione di uno stato laico. Se lo stato si dichiara laico ogni distinzione religiosa perde di senso e dunque il conflitto tra ebrei e cristiani viene meno.
Marx muove un'obiezione di fondo che consiste nel sostenere l'insufficienza della soluzione politica di bauer.
Marx dice che affermare la natura laica dello stato non è di per sé l'eliminazione del conflitto religioso, perchè la religione ha un'origine e delle ragioni sociali, quindi non si elimina l'alienazione religiosa e i conflitti tra forme diverse di religione laicizzando lo stato, ma solo rimuovendo le cause profonde della religione stessa.
Marx già anticipa la tesi famosa che troveremo nell'ideologia tedesca e nelle tesi su Feuerbach. Marx dirà che l'alienazione religiosa è nient'altro che un effetto dell'alienazione sociale, Marx rimprovera a Feuerbach di aver si compreso la natura alienante, ma non è riuscito a spiegarne il perché.
La religione è una manifestazione esterna di una alienazione profonda, sociale.
Marx si incammina su una strada che poi troviamo in forma compiuta nelle tesi su Feuerbach.
Marx non si ferma qui nella questione ebraica.
Prendendo spunto da bauer pone il problema in un contesto più generale. Rapporto tra emancipazione politica e umana. Dice che l'emancipazione politica, il politico, la politica non è di per sè una condizione sufficiente per l'emancipazione umana. Troviamo già una critica aperta alla tradizione liberal democratica borghese, prepara il passaggio al comunismo.
La tradizione enuncia il principio secondo cui tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge.é un diritto, ma Marx dice che se questo principio affermato a livello politico coesiste con una società profondamente diseguale quel principio viene vanificato, non trova applicazione.
Le società che Marx ha di fronte in realtà sono contraddistinti dal dualismo tra il bourgeoise e cituaienne, è un cittadino in quanto accetta il principio di uguaglianza, ma il bourgeosie è prigioniero della propria singolarità, rincorre l'interesse individuale. L'individuo è diviso in due sensi.
Ogni individuo partecipa alla società civile ed è bourgeoise, per un altro verso è cituaienne.
Marx arriverà a dire che questo dualismo, antitesi, può essere superata solo con una trasformazione radicale della società che elimini le forti disuguglianze sociali, che elimini il bourgeoise, lasciando solo cittadini uguali.
Il comunismo comporta l'eliminazione di questa dualità tra universalità del cittadino e accidentalità del borghese. Marx però nella questione ebraica non arriva alla soluzione, mette solo in evidenza il problema.
Se una società non è comunitaria nella sua essenza ogni appello all'universale nella politica rimarrà astratto.
Introduzione alla critica della filosofia Hegeliana.
L'altro scritto è l'introduzione alla critica della filosofia Hegeliana del diritto, introduce il concetto di proletariato e il concetto di rivoluzione. Marx ormai dice che la critica filosofica della religione non basta, la critica del cielo deve trasformarsi nella critica della terra. Quella di Feuerbach è per Marx ancora una filosofia speculativa.
Non ci dice perché, non va ad indagare i fondamenti materiali, economico sociali, non riesce a dotarsi nemmeno degli strumenti per abbattere la religione.
Impianto materialistico della filosofia di Marx. Feuerbach diceva che con la riflessione del filosofo si mostra che la teologia è nient'altro che antropologia.
Marx passa alla terra, bisogna eliminare l'alienazione eliminando le cause, non basta svelare l'alienazione, questo è un puro esercizio filosofico, ma la religione non si elimina con la filosofia, si arriva al concetto di rivoluzione, con la trasformazione della società si può disalienare l'uomo(sia socialmente che religiosamente).
Marx individua il soggetto rivoluzionario, cioè il proletariato. La classe che deve fare la rivoluzione non è più la borghesia, è il proletariato.
I borghesi no possono cambiare il sistema a classe, perché la borghesia detiene il potere economico, è la classe dominante, potrebbe solo cambiare il cittadino ma non l'assetto della società.La borghesia può ampliare il suffragio, ma non cambia il rapporto di proprietà.
Il soggetto rivoluzionario, creato dalla borghesia col sistema industriale, deve essere il proletariato.
Marx si sta affrancando dalla sinistra Hegeliana, quindi è per ora interessato alla religione, poi il comunismo diventerà la soluzione a tutte le alienazioni.
Marx scrive nel 1844 gli scritti economico filosofici.
Quest'opera testimonia l'interesse di Marx per gli studi di carattere economico sociale. Marx riprenderà intensamente gli studi nell'ultima fase della sua vita, ma per adesso legge gli economisti classici e legge il pensiero sociale dell'ottocento. I manoscritti economico filosofici sono la testimonianza di questo interesse.
Era un approdo necessario per Marx, se diceva che l'emancipazione umana si può avere solo rimuovendo le disuguaglianze sociali, doveva per forza studiare economia.
Inizia una critica del pensiero economico classico, i titoli sono salario, profitto del capitale, rendita fondiaria, poi il rapporto proprietà privata, denaro.
Almeno i primi tre manoscritti sono di argomento strettamente economico.
Marx con questo libretto scende sul terreno tecnico e cerca di svilupparne una critica.
Poi troviamo titoli di diversa natura, nel 3° manoscritto troviamo proprietà privata e comunismo. Questi manoscritti non sono solo un'analisi dall'interno del pensiero economico classico, ma sono un tentativo di offrire una teoria economico sociale alternativa.
Sempre nel 3° troviamo una critica della dialettica e della filosofia di Hegel.
Ancora una volta noi troviamo un confronto con la filosofia Hegeliana, perfino in un libretto economico.
La critica ad Hegel
Prima accusa Hegel di astrattezza, Hegel si muove nelle forme ideali, quando parla di antitesi non è un contrasto tra cose reali, la vera antitesi è la lotta di classe.
Hegel ci parla solo di un'antitesi puramente concettuale.
L'alienazione è dell'idea, è puramente astratto, l'idea che si fa altro da sè.
Marx e i manoscritti filosofici
Questa operetta è un'opera con la quale Marx si confronta col pensiero economico classico e la filosofia Hegeliana.
Approda al comunismo.
Dal lavoro di Marx emergono due temi fondamentali, uno è la critica della filosofia Hegeliana, le obiezioni fondamentali sono quella di aver elaborato un pensiero astratto, Hegel ha colto l'essenza dialettica della realtà, ha avuto ragione nel pensare che il pensiero filosofico è l'estrinsecazione di questi nessi dialettici, però la dialettica Hegeliana è speculativa, idealistica, si muove solo la coscienza. Hegel non ha capito che la dialettica riguarda non tanto la coscienza e l'assoluto, ma la storia reale dell'uomo. Vuol dire storia dell'uomo inserito all'interno dei rapporti economici, sociali.
In questo senso il Marx comincia a prendere le distanze dalla stessa sinistra Hegeliana, ne fa ancora parte, però vi è una critica che si estende ad alcuni esponenti della sinistra Hegeliana, con la stessa accusa di astrattezza, è ancora un pensiero teologico, astratto il pensiero di Bauer ad esempio.
E poi il comunismo. C'è già l'approdo al comunismo, se nella società moderna l'uomo è socialmente alienato, il comunismo è l'unica vera via d'uscita dalla alienazione.
é evidente la differenza forte rispetto ad Hegel, per Hegel il superamento dell'antitesi avveniva sul piano speculativo, se l'alienazione riguarda l'uomo reale, la disalienazione dovrà avvenire attraverso un processo reale, che non è più teoretico ma pratico.
Ecco perché il comunismo diventa disalienazione dell'uomo, trasforma la società.
Ecco ancora un altro tema, il materialismo storico, significa che la base della storia sono ragioni che hanno a che fare con l'economia, in quella che poi Marx chiamerà la struttura.
Tutto il resto è un riflesso di questo assetto strutturale della società.
In prima approssimazione è la tesi secondo cui la storia è determinata da condizioni materiali, rapporti di proprietà.
Già nei manoscritti dice Marx che la religione la famiglia lo stato la scienza il diritto la morale cadono sotto la legge universale.
L'altro grande tema che affiora è l'idea della filosofia della prassi, vuol dire che le opposizioni, le antitesi si risolvono davvero non per via teoretica, come pensava Hegel, ma trasformando la società, per via pratica, ecco l'origine di prassi.
Ritorniamo alla critica ad Hegel
In Hegel vi è un duplice errore, il primo è l'astrattezza, il secondo è l'aver parlato di un'autocoscienza, puramente spirituale, l'uomo vive in una situazione reale, non ideale.
Marx riconosce ad Hegel dei meriti, l'aver colto la dialetticità del reale, ha commesso l'errore di astrarre la dialetticità, ma comunque l'ha trovata.
L'altra cosa che ha compreso è l'importanza del lavoro, l'uomo può realizzarsi con il lavoro, può emanciparsi.
Hegel l'ha capito, Marx pensa alla fenomenologia, in particolare le pagine riguardanti il rapporto signoria servitù.
Solo che Hegel ancora una volta pecca di astrattezza, non ha capito che c'è lavoro e lavoro.
il lavoro può essere una forma di emancipazione, ma ciò dipende dalle condizioni all'interno delle quali quel determinato uomo lavoro.
Il lavoro può essere addirittura alienante, questo Hegel non l'ha capito perché parla del lavoro in astratto, non in concreto.
Tuttavia Hegel ha colto l'importanza del lavoro.
Ha capito che l'uomo non è solo un essere naturale, ma anche umano, è per se stesso e appartiene ad una specie, da senso umano al mondo che lo circonda attraverso il lavoro.
L'uomo umanizza l'ambiente circostante trasformandolo.
L'uomo è naturale-umano, attraverso il lavoro e la trasformazione del mondo diventa un essere storico.
é anche un essere storico, lo è perché lavora, ecco il lavoro come piena realizzazione dell'essenza umana, naturale e storica.
La storia è la storia dell'umanizzazione del mondo, é la vera storia naturale del mondo.
Esiste un lavoro estraniato, questo lavoro alienato no è una categoria astratta, appesa al cielo della logica, il lavoro estraniato si da nella società capitalistica.
Il lavoro alienato è la conseguenza della società capitalistica.
Marx muove da una critica dell'economia politica, Marx non parla subito del lavoro alienante.
L'economia politica assume un dato di fatto senza spiegarlo, la proprietà privata.
Indica alcune leggi ma non le comprende. è un'obiezione di carattere epistemologico.
La economia politica presuppone come un fatto ciò che deve spiegare.
Il modo di ragionare di Marx è proprio Hegeliano-Feuerbachiano. La logica che infatti Marx ha presente è quella secondo cui ciò che è oggetto è il risultato di un processo di oggettivazione del soggetto.
Ciò che è dato oggettivamente è in realtà il risultato di un processo di oggettivazione che presuppone una soggettività sottostante.
Feuerbach diceva che dio era smascherato come proiezione della soggettività all'esterno. Feuerbach dice che bisogna capire la soggettività che sta alla base di dio, Marx cerca la base della proprietà.
Bisogna dare una spiegazione genetico-dialettica alla proprietà privata, senza assumerla come dato di fatto. La logica è Hegelo-Feuerbachiana: ciò che è oggettivo deve essere spiegato, spiegare il processo dell’oggettivazione; è ciò che Feuerbach faceva quando analizzava la religione, dicendo che Dio è l’oggettivazione dell’uomo. (bene! Bene! Allora facciamo un passettino in avanti).
Di che cosa è oggettivazione la proprietà privata? Quale processo sta all’origine della proprietà privata?
Questo processo è l’alienazione, Marx per alienazione intende non l’alienazione speculativa (come Hegel) e neanche l’alienazione religiosa (Feuerbach), ma l’alienazione sociale, quella condizione di alienazione nella quale non l’uomo in generale, ma un particolare tipo di uomo, l’operaio, che si trova all’interno dell’organizzazione capitalistica del mondo. La proprietà privata è la conseguenza, l’oggettivazione dell’alienazione sociale.
Nei manoscritti economico-filosofici sviluppa una dettagliata analisi di questa alienazione sociale. Ci spiega con quali diverse forme si presenta l’alienazione sociale, una sorta di fenomenologia dell’alienazione sociale.
Questi modi sono 4:
1. In primo luogo l’operaio è alienato rispetto al prodotto del suo lavoro; l’oggetto gli è estraneo. L’operaio partecipa soltanto ad una fase del processo lavorativo e quindi non ha la visione della totalità del processo e dunque ciò che risulta da questo processo gli è estraneo.
2. È alienato anche rispetto alla stessa attività produttiva, proprio perché l’operaio è soltanto parte di un processo più grande di lui che lui non controlla; gli è esterno non soltanto il prodotto del lavoro, ma il lavoro stesso; non controlla i principi generali che presiedono a questa attività lavorativa.
3. Alienazione rispetto alla propria essenza. L’essenza dell’uomo secondo Marx consiste nel fatto che l’uomo è un essere naturale, ma è anche storico, perché è capace di trasformare e quindi di umanizzare l’ambiente che lo circonda. L’uomo soddisfa i bisogni elementari, ma con quell’attività che è il lavoro trasforma e umanizza il mondo circostante e quindi genera continuamente nuovi bisogni che si sovrappongono a quelli elementari; questi bisogni sono generati dall’attività lavorativa (es. acquistare un’auto). L’uomo trasforma la natura inorganica come gli animali (come fa l’uccellino costruendo il nido), ma mentre questi lo fanno solo per soddisfare i bisogni propri e della prole, l’uomo lo fa anche per gli altri appartenenti alla sua specie. Inoltre l’uomo produce anche ciò che non è necessario a soddisfare i propri bisogni primari (es. letteratura), ma prima deve soddisfare i bisogni primari. L’uomo alienato lavora soltanto per il soddisfacimento dei propri bisogni naturali e non può dedicarsi ad altre attività (ad es. quella intellettuale); il lavoro dell’operaio manca di universalità e manca di realizzare l’essenza dell’uomo; anche se guadagnasse tantissimo, rimarrebbe comunque una forma alienata che lo distacca dall’universalità.
4. Alienazione che si manifesta sul piano esistenziale. Marx parla infatti di un’estraniazione dell’uomo dall’uomo. Il lavoro rende l’operaio alienato rispetto all’altro uomo, che è quell’alterità a lui estranea, ostile, che è il capitalista, il datore di lavoro. È a lui che appartiene il prodotto del lavoro dell’operaio.
La proprietà privata è la conseguenza di questo, è la oggettivazione del lavoro alienato. Il capitalista è proprietario della fabbrica e dei mezzi di produzione. La proprietà privata è quindi la conseguenza necessaria del lavoro alienato.
Ma cosa vuol dire che la proprietà privata è la conseguenza del lavoro alienato? Anche se la proprietà alienata appare come il fondamento, in realtà è la conseguenza; così come gli dei non sono la causa, ma l’effetto del vaneggiamento umano. Solo al vertice del suo svolgimento essa si rivela veramente come prodotto dell’alienazione e non come causa. Marx dice anche che storicamente poi il rapporto è più complesso e c’è un rapporto di interazione fra lavoro alienato e proprietà privata. Concettualmente, il capitalista può diventare proprietario dei mezzi di produzione perché c’è qualcuno che lavora in modo alienato, ma storicamente c’è interazione: all’inizio c’è stato qualcuno con un capitale che ha deciso di mettere su una fabbrica, quindi tutto sarebbe partito dalla proprietà privata.
La disalienazione è per Marx il comunismo, soltanto il comunismo è disalienazione, è pieno sviluppo dell’esistenza umana.
È una conseguenza di un tema presente nei manoscritti, la filosofia della prassi. Secondo il marxismo le contraddizioni della realtà non possono essere superate su di un piano speculativo, teoretico, devono essere superate attraverso una trasformazione della realtà stessa, con una rivoluzione che sia in grado di risolvere i problemi interni alla società stessa.
Poiché l’alienazione è sociale, non è astratta, la disalienazione potrà avere luogo soltanto a condizione che vengano trasformate le forme di organizzazione del lavoro, si deve abbattere l’organizzazione capitalistica del lavoro.
Il comunismo già per il Marx giovanile è la trasformazione radicale della società attraverso la quale l’uomo si può appropriare della sua essenza.
L’uomo attraverso un lavoro disalienato realizza la propria essenza.
Marx usa categorie Hegeliane, alienazione e ritorno in sé.
La differenza è ciò che si aliena, ciò che ritorna in se stesso, è l’uomo, non l’uomo in astratto, ma l’umanità di quel periodo storico.
Logicamente rimane una negazione della negazione, cioè sintesi.
Nei manoscritti dice qualcosa circa la futura società comunista.
Uno dei rari testi in cui Marx delinea l’assetto della futura società comunista sono i manoscritti.
Affrontiamo un altro tema, al quale i manoscritti alludono.
La concezione materialistica della storia.
L’idea secondo cui la base della storia è rappresentata dai fattori economico sociali.
Marx comincia a delineare tutto ciò nei manoscritti.
Giunge a conclusione nell’opera “ideologia tedesca”, scritto insieme ad Hengels.
Sarà pubblicata solo negli anni 30.
Si chiama così perché?
Ideologia è la parola chiave, nel lessico filosofico questo termine aveva già fatto la sua comparsa in Francia, gli ideologues dei primi anni ottocento. Si dovevano occupare delle idee, Marx usa questo termine in modo completamente diverso.
Secondo Marx l’ideologia è un’altra cosa, ogni concezione mistificante, erronea della realtà. Ha un’accezione negativa, per definizione deve essere smascherato.
Fare un’ideologia significa distorcere il mondo reale.
L’ideologia presuppone una critica, il marxismo vuole essere una critica dell’ideologia.
Marx si propone di smascherare i filosofi del suo tempo, mettendo in risalto il fatto che loro sono ideologi, non filosofi veri.
È interessante notare chi sono gli ideologi con cui Marx se la prende, sono intanto lo stesso Hegel, poi la sinistra Hegeliana, Bauer, Stirner, Ruge, Feuerbach.
L’ideologia per quanto sia mistificante, è inevitabile. In realtà l’ideologia si produce in una società divisa in classi, ci sarà sempre una classe dominante. Per classe dominante si intende la proprietaria dei mezzi di produzione. Questa classe dominante elabora l’ideologia, una visione del mondo presentata come universale, ma che invece è funzionale agli interessi di quella determinata classe sociale di cui è espressione.
Ecco perché l’ideologia è mistificante. È una falsa universalità. Rispecchia gli interessi di quella che è la classe dominante. Quindi rende eterne visioni del mondo che invece sono storiche.
È evidente che gli intellettuali sono fondamentali per la costruzione dell’ideologia, è chiaro cosa significa smascherarla: mostrare la falsa universalità dell’ideologia.
Si può anche capire che non vi saranno più ideologie quando ci sarà uno stato senza classi, abolendo la classe dominante.
Secondo Marx Hegel parla dello stato prussiano, non dello stato in generale.
Tra tutti questi signori Marx fa i conti anche con Feuerbach.
Abbiamo in una parte dell’ideologia tedesca un testo, degli appunti, sono le famose tesi su Feuerbach.
Marx fa i conti col suo ex compagno di strada.
Sono 11 proposizioni. Troviamo una critica del materialismo Feuerbachiano, è quel filosofo che ha insistito sul tema della corporeità, del sensibile. Tuttavia secondo Marx il materialismo di Feuerbach è insufficiente. Non ha visto la prassi. Il Feuerbach ci parla di un uomo teoretico.
È ovvio che ha avuto il merito di insistere sull’amore, sul sentimento, ma non ha capito che l’uomo va compreso nella sua capacità di trasformare il mondo circostante tramite il lavoro.
L'accusa che Marx muove a Feuerbach è mancata considerazione della prassi.
Siccome manca la dimensione attiva, una prerogativa delle filosofie teoretiche, la prassi esiste come qualcosa di deteriore, la prassi è vista come qualcosa di degradante per l’uomo, qualcosa che parte degli istinti più bassi dell’uomo, che mira al puro arricchimento personale.
Secondo Marx l’immagine dell’uomo che ne viene fuori non restituisce l’uomo nella sua interezza.
La sensibilità è ancora concepita in senso teoretico.
La questione della verità non ha senso se viene disgiunta dal momento della prassi.
Cos’è la prassi?è un fare, è la prassi rivoluzionaria.
L’altra critica è l’analisi della religione
Feuerbach ci ha detto che la religione è la forma di estraniazione dell'uomo, però non ci ha spiegato perché, su che cosa si basi, a suo giudizio si fonda sulla alienazione sociale.
Perché gli uomini hanno bisogno di dio?
Perché gli uomini vivono in una condizione di profonda sofferenza sulla Terra.
La religione serve a distogliere la creatura oppressa dall’oppressione, offrendo una salvezza ultraterrena che in realtà non esiste.
Nel momento in cui il marxismo critica la religione, la smaschera, oltre Feuerbach(non si limita più a dire che c’è, ma perché c’è), assume su di sé il carattere salvifico che ha negato alla religione, si presenta come una religione secolarizzata. Permette una salvezza in terra, il comunismo stesso.
Il paradiso in terra non è stato realizzato.
Per ora Marx dice che Feuerbach è stato costretto a concepire l’essenza come genere, un qualcosa di naturale, ma non di storico, non ha capito il carattere storico della religione.
I filosofi hanno soltanto interpretato il mondo, ma senza dare una soluzione per trasformarlo in vista di un’utopia.
Analisi del lavoro nel capitale
Il lavoro è caratterizzato dalla divisione del lavoro. Le attività lavorative vengono socialmente distribuite e si consolida una distinzione fra lavoro materiale e lavoro intellettuale. Prende sempre più consistenza la divisione fra le classi. La distinzione fondamentale è quella fra la classe che possiede i mezzi di produzione e quella che non li possiede ed è quindi subordinata alla prima. Al di sopra di queste distinzioni c’è lo Stato, che però è in realtà una comunità illusoria. Non è vero che mira all’interesse generale; la mediazione politica è illusoria. Finché esiste la distinzione fra classi, lo Stato è ancora una volta una costruzione ideologica al servizio degli interessi di quelle classi che assumono una posizione dominante.
Se la società comunista è una società senza classi e lo stato è espressione della classe dominante, lo stato non ha più ragione di esistere.
Dal punto di vista metodologico è la vita economico-sociale che sta alla base di tutte le altre forme della vita umana. “Non è la vita che determina la coscienza, ma la coscienza che determina la vita”.
Distinzione fra struttura e sovrastruttura. La struttura è l’insieme delle relazioni economiche e produttive, la sovrastruttura è l’insieme delle relazioni politiche, giuridiche, culturali. Allora il fondamento della storia è la struttura. La sovrastruttura è manifestazione della struttura: la struttura assume sempre prima o poi una forma ideologica, è condizionata inevitabilmente da quei rapporti economico-sociali di cui è produzione. L’ideologia è una visione mistificante della realtà che presenta come universali degli ideali di vita che sono riflesso di un particolare assetto della società. Finché ci sono classi che dominano ci saranno sempre ideologie funzionali al perpetuare di questo dominio. (es. nella società medievale, la distinzione fra oratores, bellatores e laboratores era ideologica, presentava come eterna una distinzione che in realtà è legata alla storia).
Il concetto di struttura va precisato un po’ meglio: la struttura secondo Marx è legata al tempo; è suscettibile di essere modificata; il divenire della storia è dato dai mutamenti all’interno della storia che corrispondo a mutamenti della struttura.
Materialismo storico
L’idea di base è che la coscienza non determina la vita, ma il contrario.
Ciò che non ha a che fare con i rapporti economico sociali sono chiamate sovrastruttura, religione, arte, letteratura, ha sempre un carattere ideologico, nel senso che sono rappresentazioni del mondo che servono a legittimare l’assenza della struttura.
La struttura è data dall’insieme delle forze produttive e dai rapporti sociali di produzione.
Le forze produttive sono determinate da quella classe sociale che lavora, che svolge una determinata attività in un determinato tempo.
In un’economia agricola le forze produttive sono i contadini, in una società industriale sono il proletariato industriale.
I rapporti sociali sono rapporti di proprietà, sono determinati da coloro che in un determinato tempo storico possiedono i mezzi di produzione.
Nell’ancient regime l’aristocrazia possedeva la terra, i mezzi di produzione.
Nella società capitalistica i rapporti sono caratterizzati dal fatto che la borghesia possiede le industrie.
La mutazione della struttura determina i mutamenti storici, perché necessariamente ha luogo una tensione, una contraddizione fra forze di produzione e rapporti sociali.
Le forze produttive sono dinamiche, ne nascono di nuove col tempo. Chi possiede i mezzi di produzione non è disposto a cederli ad altri.
Si apre il conflitto tra forze emergenti e vecchi proprietari.
Questo conflitto sfocia in una rivoluzione, una nuova classe subentra alla precedente nella proprietà dei mezzi di produzione.
La rivoluzione francese ha visto la borghesia sostituirsi alla aristocrazia.
Questo è materialismo storico, comprendere che la storia si trasforma per effetto di trasformazioni profonde nella struttura. Il resto è una conseguenza.
A partire dal materialismo tutte le concezioni della storia e della realtà si possono smascherare, tipo la filosofia Hegeliana a questo punto può essere smascherata nel suo carattere ideologico.
Il materialismo storico è la scienza della storia contro la ideologia.
Il comunismo allora è per Marx congiunzione di teoria e prassi.
La storia viene realmente trasformata. I mutamenti profondi della storia vengono trasformati dal comunismo in realtà, perché trasforma la classe proprietaria.
Con la trasformazione dell’assetto della storia da parte del comunismo viene abolita la proprietà dei mezzi di produzione, questa rivoluzione è diversa dalle altre, non è un’ideologia ma è una reale trasformazione.
Finché c’è la distinzione tra le classi si riproduce una rappresentazione del mondo funzionale agli interessi della nuove classe dominante. La rivoluzione francese ha prodotto una nuova ideologia, ma la rivoluzione comunista cancellerà il fondamento di ogni ideologia, cioè la distinzione tra chi domina e chi è dominato.
Il manifesto del partito comunista(1848)
È un’operetta non accademica, è un’opera invitante.
Ripropone la dialettica nei termini di storia di lotta tra classi, la storia è storia di contraddizioni, un conflitto tra 2 classi antagoniste.
In questa fase il conflitto riguarda borghesia e proletariato, prima riguardava la aristocrazia e la borghesia.
Il manifesto è molto noto, perché riconosce la grande funzione storica che la borghesia ha avuto nel 700, ha introdotto nuovi modi dell’organizzazione economica. Marx quasi già vede la globalizzazione, riconosce il mondo come uniformato secondo le leggi del mercato capitalistico.
La borghesia ha laicizzato gli stati, ha spezzato le catene del feudalesimo, però ora è diventata la nuova classe dominante, che controlla i mezzi di produzione. Il sistema capitalistico è debole, per due motivi.
1. Il capitalismo si sta rivelando una macchina produttiva che però produce in eccesso a ciò che il mercato stesso è in grado di consumare. Le crisi da sovrapproduzione frequenti nel periodo sembravano gli inizi del fallimento.
2. La borghesia ha generato la propria classe antagonista, il proletariato industriale non solo cresce di numero, ma il lavoro socializzato nelle fabbriche aumenta la capacità di associazione degli operai.
È come se la tesi generasse l’antitesi.
Il manifesto definisce già una teoria dell’evoluzione, secondo la quale il proletariato dovrà assumere l’iniziativa della rivoluzione che porterà al comunismo.
Mentre in passato la borghesia era stata classe rivoluzionaria per realizzare i propri obbiettivi di classe, il proletariato assume una missione universale, volendo creare una società senza classi.
La vera rivoluzione è del proletariato, il comunismo non prevede le classi.
Comunismo come superamento della distinzione tra le classi.
La proprietà privata è la causa ultima delle oppressioni e delle disuguaglianze.
Quando parla di abolizione di proprietà privata non intende l’abolizione dei beni di consumo privati singoli acquistati attraverso il proprio salario.
Intende la proprietà privata dei mezzi di produzione, il fatto che ci sia la proprietà privata implica forme di oppressione sociale, ciò che il comunismo deve fare non è togliere la proprietà di beni acquisiti attraverso il lavoro, ma toglie la possibilità di controllare il lavoro altrui comprando mezzi di produzione e gestendoli privatamente.
Il programma prevede una fase in cui il proletariato esercita una dittatura. Il comunismo però non è la dittatura, questa è solo una fase intermedia.
Avvenuta la rivoluzione si incontreranno resistenze nella borghesia. Anche con la forza, con la violenza, il proletariato dovrà assumere il potere politico, perché in quel momento in cui la situazione sociale dovrà essere forzata in una direzione.
Al posto della vecchia società borghese subentra un'associazione tra individui.
Non c'è più l'esercizio della dittatura e dell'oppressione, al limite non ci sarà più neanche lo stato.
È un’utopia, il paradiso promesso agli uomini nell’aldilà. Ma la società umana non può sopravvivere senza organizzazione statale.
Per abbattere il capitalismo bisogna conoscerne bene la struttura. Ritorna agli studi economici e scrive un testo, “per la critica dell’economia politica” e “il capitale”, pubblicato postumo.
Il tipo di critica che muove al pensiero economico classico: si tratta di cogliere l’essenza dei fenomeni economici, cosa che il pensiero borghese non ha fatto. Significa cogliere i singoli fenomeni economici come parti di una totalità complessiva. Analizza singole categorie economiche, esplicitando le interconnessioni che esistono fra di loro, in modo Hegeliano (ogni momento è parte della totalità complessiva). Es. il consumo determina la produzione
Bisogna comprendere che anche le categorie economiche sono delle astrazioni. Bisogna capire però che dietro c'è la struttura reale dell'economia. Se parliamo di produzione dobbiamo capire che questa categoria è fatta dagli uomini, è storica; la teoria economica deve sempre intrecciarsi con la storia.
Il concreto di cui Marx parla è il concreto delle relazioni storiche.
Quest'analisi muove dal concetto di merce. Il sistema capitalistico è orientato alla produzione di merci, destinate al consumo. La merce è il risultato del procedimento produttivo. In realtà ad un'analisi più approfondita, la merce ha una serie di significati che vanno al di là dell'apparenza. E' portatrice di due valori: il valore d'uso e il valore di scambio.
Il valore d'uso è dato dall'insieme dei bisogni per il cui soddisfacimento quella merce viene prodotta; il valore d'uso di un libro può essere rappresentato dal bisogno di cultura.
Il valore di scambio è qualcosa di più astratto perché è espresso in termini quantitativi. Quando parliamo del valore di scambio prescindiamo dalle proprietà quantitative, è il rapporto nel quale la merce si trova con il denaro (o con altre merci). Il prezzo non è determinato solo dal valore di scambio, ma ad esempio dall'andamento della domanda. Il valore di scambio di una merce è dato per Marx dalla quantità di lavoro che si è resa socialmente necessaria a produrla. Dietro il lavoro c'è sempre qualcosa di concreto perché ci sono degli esseri umani, ma per determinare il valore di scambio ci interessa solo la parte astratta, la durata del lavoro che è stato erogato per produrre la merce. (Non ci importa se il lavoratore si è ammalato, in che condizioni lavorava, le relazioni sociali ecc....). Il lavoro in realtà è sempre lavoro concreto, mai astratto (è una semplificazione matematica). Le cose sono sempre oggettivazione di processi che rinviano a soggettività che operano, quindi l'economia Marxista va oltre l'apparenza fenomenica, perché riconosce nella merce l'oggettivazione di processi produttivi che rinviano ad esseri umani colti nelle loro relazioni sociali. Tutto questo può e spesso viene occultato; in questi modi si cade nel "feticismo delle merci"; si considera la merce una sorta di feticcio, qualcosa di a sé stante, autonomo, mentre è oggettivazione di ciò che è il lavoro concreto.
Vuole spiegare il fatto che il capitalismo sia basato sull'accumulazione di capitale. E' contraddistinta non dal ciclo M-D-M, ma D-M-D'. Non il contadino che produce le carote, le vende e si compra una sedia. Al contrario l'economia capitalistica è basata sull'accumulazione di denaro; D' deve essere maggiore di D.
Per spiegare come mai D' sia maggiore di D introduce la nozione di "plus valore". Una merce ha un valore di scambio, che è dato dal valore che assume sul mercato, dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario a produrla. Il salario è il denaro erogato dal capitalista per acquistare la forza lavoro dell'operaio. La forza lavoro è una merce particolare (produce altra merce); il valore di scambio della merce prodotta è eccedente al salario che il capitalista ha erogato. Secondo Marx, l'accumulazione di capitale avviene a spese degli operai; il plus valore è lavoro non pagato.
Il capitale, o composizione organica del capitale, non è costituito solo dal capitale variabile, cioè il salario (che serve per acquistare forza lavoro), ma anche dal capitale costante impiegato per i mezzi di produzione. Il costante non si valorizza, mentre il variabile trasforma il suo valore nel tempo. Il profitto originato dal plus valore è determinato dal capitale variabile, abbiamo un saggio di plus valore cioè l’incremento del plus valore che è uguale al rapporto tra plus valore e capitale variabile. Il profitto non coincide con il saggio del plus valore: è dato dal rapporto tra plus valore e (capitale costante + capitale variabile) detto propriamente saggio di profitto.
Secondo Marx, vale la legge della caduta tendenziale del saggio di profitto: il capitalista è costretto ad aumentare le spese del capitale costante e quindi il saggio di profitto diminuisce. Questo avrebbe portato al crollo del capitalismo: Marx credeva che ciò sarebbe avvenuto lentamente e comunque sarebbe stato contrastato da misure compensative come la dislocazione delle imprese e il taylorismo.
Gli economisti ritengono che l’errore sia nella dipendenza esclusiva del plus valore dal capitale variabile; anche il capitale costante la influenza: l’introduzione dei macchinari permette una produttività maggiore cioè un aumento del plus valore. Per Marx i macchinari sono capitale costante perché non contribuiscono al plus valore; al massimo ti rendono quello che hai comprato.
Genesi del capitalismo
Per affermarsi il capitalismo ha bisogno di due processi:
- accumulazione del capitale
- formazione libera della forza lavoro
Il capitalismo non ha generato il plus lavoro che esiste nelle economie precapitalistiche come quella greca e romana (corvées); non si è generato poi plus lavoro perché non si sono verificate queste precondizioni:
- nel periodo del 500 e 600 con la scoperta di nuovi mercati e anche grazie ai risparmi si sono verificate condizioni economiche ideali per l’accumulazione del capitale; ma non è solo questo: anche condizioni sociali e giuridiche come la creazione delle compagnie commerciali e delle banche
- per dissoluzione dell’ancien regime, dell’antica società l’individuo che non fa più parte della comunità agraria-feudale, che non possiede altro che la propria forza lavoro diventa libera forza lavoro; c’è anche un motivo economico, la disoccupazione
La genesi del capitalismo per Marx non è puramente economica ma anche sociale soprattutto.
Ci sono segnali di crisi: crisi di sovrapproduzione e scontro sociale, causato da una radicalizzazione netta fra capitalisti sempre più ricchi ed operai sempre più poveri. Questo porterà al crollo del capitalismo: ci sono quindi fattori endogeni come il crollo del saggio di profitto e esogeni cioè la sovrapproduzione.
Il capitalismo ha una contraddizione interna: dimensione pubblica e privatistica
Pubblica perché produce beni per una società, per molte persone; privata perché il vantaggio di questa produzione di beni ricade solamente sul proprietario dei mezzi di produzione, il capitalista.
Bisogna abbattere il capitalismo con la rivoluzione; questa ha una base scientifica perché Marx analizza scientificamente la storia (materialismo storico) e l’economia (motivi di crisi economica). Marx non ci dice molto della società futura, perché non vuole realizzare una visione utopistica come molti prima avevano fatto. Questo ha qualcosa a che fare con la critica al manifesto della conferenza di Gotha:
- la dittatura del proletariato non è comunismo, è preparazione
- la società comunista generalizza la proprietà privata, quindi collettivizza i mezzi di produzione. È una fase intermedia del comunismo perché quello vero riafferma l’essenza sociale dell’uomo che si realizza nelle relazioni con gli altri, non solo nel possesso di determinati beni, quindi c’è una concezione umanista.
Già detto nel ’44 con i manoscritti economici in cui distingueva fra comunismo rozzo (generalizzazione della proprietà privata, tutti posseggono le stesse cose, avviene un livellamento, non c’è liberazione del talento individuale) e comunismo autentico; qui c’è il ritorno dell’uomo come essere sociale che supera la forma di estraniazione della proprietà privata e valorizza l’essenza sociale comunitaria (sviluppo delle proprie inclinazioni che comportano la socializzazione). Marx preferisce la multilateralità dell’uomo nelle sue inclinazioni e non la monolateralità del possesso.

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