L'esistenzialismo e il positivismo

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Esistenzialismo:
L’Esistenzialismo è una reazione filosofica creatasi per contro alle astrazioni delle filosofie idealistiche e metafisicheggianti, questa infatti mira a “valorizzare” l’uomo. Per tradizione il conoscere è inteso come “cogliere l’essenza”, ma l’essenza è comune ad una classe (quindi non ad un singolo), l’individuo poi non è “definibile”, è reso vero dalla sue esistenza, quindi è proprio “l’esistenza” che può esprimere l’individualità propria di ciascuno.
L’Esistenzialismo si presenta come una volontà di riflessione concreta sull’uomo e sulla sua condizione, questo però si è sviluppato secondo direttrici diverse: esistenzialismo ateo con Heidegger e Sartre, relisgioso con Kierkegaard, Jaspers, Gabriel Marcel, “positivo” con Merleau-Ponty e Nicola Abbagnano. Ha avuto un peso letterario con l’opera creativa di Sartre, Simone de Beauvoir, Camus. Il tratto fondamentale di ogni filosofia sull’esistenza è l’intuizione e l’esperienza. La formula che semplifica questa filosofia può essere quella di Sartre “l’esistenza precede l’essenza”, infatti noi non siamo predeterminati al momento della nostra nascita, ma ci creiamo il nostro destino con le nostre scelte. Dal punto di vista teorico l’esistenzialismo muove dalla constatazione che l’uomo inizilamente non è un essere raziocinante, ma semplicemente un essere incarnato nell’esistenza. Quindi noi non possiamo che partire a riflettere dall’esistenza, che è la verità immediata.
Un’analisi “dell’esserci” (dasein) è stata tentata da Heidegger e costituisce una vera e propria filosofia “esistenziale” (existenz = ek-sistere: balzare fuori dal nulla; qcs che prima non c’era e che un domani non ci sarà).
SǾREN AABYE KIERKEGAARD:
Nasce nel 1813 a Copenaghen, trascorse praticamente tutta la vita nella sua città natale, a parte qualche soggiorno a Berlino dove ascoltò lezioni Schelling (quando era già giunto alla fase “positiva” della sua evoluzione filosofica. Dopo la giovinezza inquieta per tentare di seguire la”via estetica” (a cogliere l’attimo) fu spinto dalle circostanze (morte del padre) a proseguire per la “via etica”. Si laureò in teologia, ma non divenne un pastore, con “Enten-Eller (Aut-Aut)” volle porsi al di là della via estetica e di quella etica. L’ultima parte della sua vita fu rivolta per lo più alla critica dei costumi della Chiesa danese; quando morì, nel 1855 era in qualche modo pacificato di aver compiuto la sua missione nel risvegliare la coscienza cristiana sopita.
Ha scritto: “Aut-Aut”, “Il diario del seduttore”, “Timore e tremore”, “La ripetizione”, “Briciole filosofiche”, “Il concetto di angoscia”, “Stadi del cammino della vita”, “La malattia mortale”, “La scuola nel cristianesimo”.
Per Kierkegaard la natura ha una sua dinamica (potenzialità): “l’ansia di vivere sospinge la creatura fuori dal proprio centro” (la spinge a svilupparsi), questa realtà di questa natura è opaca, e ciò che resiste al pensiero è proprio l’esistenza. L’esistenza quindi non è riconducibile al pensiero, i concetti esprimono la possibilità di qualcosa. Il pensiero quindi si scontra con la realtà, e la dialettica (nonostante tutte le impalcature ideologiche che ha a supporto) non conduce alla sintesi e non può che essere drammaticamente binaria (aut-aut) ed è uno strumento ideale.
Il Male non è razionalmente sistemabile (l’uomo ha coscienza di essere tale (non Dio quindi) e riconosce di avere dei limiti,per questo il suo motto deve essere “conosci te stesso”.
La libertà invece é reale: noi siamo liberi (e costretti a decidere). Esiste comporta automaticamente il dover fare delle scelte (queste sono drammatiche perchè segnano la vita, si parla di “prima di../dopo di...”, e sono decisioni alle quali bisogna attenersi e comportano rischio), a seconda della scelta fatta si può rientrare anche in parte in una certa categoria, gli stati di vita sono:
1. Estetico: è impersonato dalla figura del “Don Giovanni” (tratto dall’opera di Mozart), un seduttore che va da esperienza a esperienza, che cerca sempre il “meglio”, vuole vivere l’attimo e cambiando perennemente vuole farlo durare in eterno. Poichè questo è impossibile la sua ricerca continua è disperata.
2. Etico: è impersonato dalla figura dell’assessore Wilheim (da “Enten-Eller”), è il classico padre di famiglia, ha fatto una scelta e l’ha mantenuta, è costante e fedele, ma la sua posizione non è di rilievo, non fa niente di particolarmente geniale e prima o poi si accorge anch’esso di non essere indispensabile, e tale scoperta getterà anche lui nella disperazione.
3. Religioso: figura di Abramo, questa è l’unica scelta che non presenta aspetti drammatici, ma in principio ha come deterrente il fatto di essere senza garanzie. Abramo segue il suo dio e gli obbedisce sempre, ma oltre sulla sua sua fede non può contare su altro. Il passo che compie è un salto nel buio, bensì, una volta deciso questa via lo porterà –come unico- alla Realizzazione. Questo aspetto non può essere compreso dalla filosofia, infatti la religione è la “follia di Dio” e la fede “un paradosso”.
Negli anni ’20 c’è stato la “kierkegaardsrenaissance”, anche grazie ad un pastore luterano, K. Barth; da qui K. Diventa il punto di partenza dell’esistenzialismo (cristiano e non).
Vedi “Enten-Eller (Aut-Aut)” di Asa A. Schilinger-Kind , ed. Garzanti –gli elefanti-
Introduzione al Positivismo:
Durante la seconda metà dell’800 si attua un vasto sviluppo delle scienze (matematica, scienze fisiche, termodinamica, biologia, medicina,...), queste hanno un grande impatto sociale (renderanno anche possibile la rivoluzione industriale), infatti la scienza studia i fenomeni (interesse teoretico) per intervenirci (interesse pratico), il fine ultimo è migliorare la condizione dell’uomo (la scienza ha un credito illimitato).
-Il disincanto per quest’aura salvifica che avvolge a scienza si avrà con la Prima Guerra Mondiale (Bouthoul vede la guerra come un infanticidio differito –la civiltà ha atteso che i figli divenissero adulti e avessero studiato per mandarli a farsi uccidere-).-
La scienza per eccellenza è stata, per molto tempo, la fisica “classica” (che ha preso le mosse da Galilei, Newton, La place –spiega l’universo senza l’aiuto di dio; nebulosa primordiale –l’universo è un’insieme di fenomeni costanti e immutabili che possono venire spiegati tramite concetti meccanicistici, l’uomo quindi ha una conoscenza progressiva attraverso quello che la scienza strappa all’ignoto-) è questa è il modello della conoscenza.
Oltre al rifiorire della scienza questo periodo vede anche la nascita della filosofia della natura (degli idealisti) che estrapola alcuni dati della natura alla concezione scientifica per coniare una nuovo concezione (partono dal magnetismo per arrivare alla dialettica); in questa maniera la pensa anche Engels, infatti insieme a Marx elaborerà il Materialismo Dialettico –diamat-.
Sempre in campo scientifico compare la teoria di Darwin riguardo l’evoluzione che scandalizzerà non pochi, lo stupore e lo scherno dipendono infatti dallo spiazzamento dell’uomo dalla posizione centrale fra tutti gli esseri (vengono proposti temi quali la lotta per l’esistenza, la selezione naturale, la legge del più forte,...). Dall’idea della lotta per l’esistenza trarrà spunto Marx (che la cambierà in lotta di classe) e che descriverà come darwinismo sociale (questo clima poi sarà adatto a contestualizzare la guerra, oltre che a naturalizzarla).
Darwin (1809-1882):
Dopo aver viaggiato, essersi informati in ogni maniera, aver ascoltato biologi e allevatori, arriva a provare e motivare le sue teorie:
-la variazione delle condizioni ambientali e l’accrescimento numerico degli individui di una stessa specie pongono agli organismi viventi “problemi di adattamento”, da qui si scatena una “lotta per l’esistenza” (quelli che riescono a produrre in sè le variazioni adatte alle nuove condizioni sopravvivono, quelli che non riescono arrivano all’estinzione; in quelli che sopravvivono trasmettono i loro caratteri per ereditarietà, quando questi caratteri vengono ad essere delle vere e proprie trasformazioni possono rappresentare una “mutazione” della specie, cioè a dare origine ad una nuovo specie).
Influenza su Marx:
Darwin si rende conto che la sua teoria oltre a minare le fondamenta della biologia creava problemi di ordine morale, religioso, teologico, ed anche politico; Marx e Engels infatti scesero in campo a dichiarare il loro entusiasmo per simili idee, a loro avviso questo poteva essere esteso alla concezione della storia e della società (infatti i concetti di selezione naturale e di evoluzione potevano costituire la spiegazione naturale dello sfruttamento, della lotta di classe e, in generale, la base del materialismo storico-dialettico, smentendo la “falsa legge di Malthus” – che spiegava la lotta tra gli uomini, semplicisticamente, con la sproporzione tra la l’incremento della popolazione e quello dei beni di sussistenza-).
Di fronte a tali impalcature sulla sua teoria Darwin non tardò a precisare che essa poteva essere applicata solamente in campo biologico, raffreddando gli entusiasmi di Marx.

Positivismo (ODIST AUGUSTE COMTE) :
Comte derivò la nozione e il termine di “positivismo” da Saint-Simon e intese la nuova concezione del sapere e della storia come premessa di una grande riforma politico-religiosa. Il termine “positivo” infatti sta a delineare tutto ciò che è accertato dalla scienza ed è un modello da seguire. Nel 1830 da alle stampe un “Corso di filosofia positiva”, sente il bisogno di costruire una filosofia che sia obiettiva interprete dei dati e utile strumento del progresso dell’umanità. La “storia ideale” della conoscenza umana passa per tre stadi:
1. teologico: società naturali, animismo, dei che comandano i fenomeni naturali, mitologia,...
2. metafisico: non si crede più negli dei, ma i fenomeni naturali vengono fatti derivare da essenze (Aristotele, Umanesimo) e sono ostacoli per la scienza (infatti si indaga il “che cosa” e non il “come”).
3. positivo: la scienza prende le cause verificabili e accettabili ( tutto ciò che è verificato è positivo).
Questi stadi non sono cronologici, ma possono coesistere; Comte non si limita a descriverli, ma prescrive che tutti i saperi passino allo stato “positivo” (in questa fase occorre costruire un nuovo assetto organico, dando alla società un’”anima religiosa”, a tal fine è necessario creare un potere spirituale, distinto da quello politico, il primo spetta alla classe “speculativa” (scienziati, filosofi, artisti),mentre l’altra a quella “attiva” (commercianti, industriali, agricoltori).
Questo nuovo indirizzo permetterà di aver potere sulla natura (il dominio dell’irrazionale dell’uomo), e per questo fine bisogna creare una fisica sociale (una scientificizzazione della vita sociale) per controllare e prevedere i fatti sociali (allo scopo di evitare lo scoppio di fenomeni irrazionali quali le rivoluzioni); questo nuovo tipo di fisica può essere considerato come il precursore della sociologia.
Anche la morale è sostanzialmente modificata da Comte: i fatti morali devono infatti essere considerati come naturali (la morale non è più un “dover essere” ma i criteri dell’azione, già dati dalla società in cui si vive. E’ esclusivamente l’ambito sociale a cui si appartiene ad indicare “cosa fare”, quindi le regole morali si riducono all’insieme dei comportamenti dei più, e l’etica di conseguenza è il “miglioramento della società”.
Comte, poi, non si è limitato a creare il suo sistema filosofico, ma su questa base ha costruito una “religione” (dell’umanità), che vede Dio o l’Assoluto come Umanità e che ha i suoi sacramenti e leggi.
Le idee riguardanti la morale sono condivise da Emile Durkheim nell’etica dell’adattamento sociale e all’ambiente.
La filosofia “positiva” ha contagiato in questo stesso periodo la letteratura: naturalismo (Zolà), verismo (Verga: “far parlare i fatti”, e Manzoni). La filosofia perde le sue caratteristiche e diventa ancella di questo modo di vivere, tale negazione di libertà farà schierare molti filosofi dalla parte dell’ANTI-positivismo (Bergson, Croce,...), mentre le adesioni partiranno da Freud.
WILHEIM FRIEDRICH NIETZSCHE (1844-1900):
Sulla malattia che lo condusse alla morte si è scritto molto, anche perchè la sua pazzia è strettamente collegata alle sue idee. Le sue non sono opere, ma “lampi e dinamite” (dinamite per la deflagrazione che producevano fra i benpensanti). N. mette in discussione il cammino percorso dall’uomo europeo, l’ottimismo storico e il positivismo. N. vede prendere piede una progressiva perdita di valori, di punti di riferimento e vitalità (società nichilista), egli è il profeta della “morte di dio”: non esiste un principio primo nè un fine ultimo nè la verità, tutto è interpretazione. Esiste solo il potere (la volontà di potenza). N. riscontra una decadenza sul piano della conoscenza scientifica, della consapevolezza storica, sul piano dei valori.
Nel 1873 scrisse “Verità e menzogna in senso extramorale”, in quest’opera non parla della morale, ma della scienza, che è verità e menzogna; il positivismo concede una fiducia illimitata alla scienza (scientismo), per N. tutto ciò è arbitrario perchè la scienza è carica di immagini, metafore, antropomorfismo e dipende dalla visione del soggetto; è il soggetto che costruisce la scienza a misura sua: vi è una soggettività ineliminabile in questa disciplina che quindi non è oggettiva e non può pretendere di cogliere l’enigmatica essenza della realtà. La scienza uccide la vita con i suoi schemi.
Nel 1874 pubblica “Sull’utilità e il danno della storiografia per la vita”: l’800 è il secolo della fiducia nella storia, per N. ciò porta ad un eccesso di consapevolezza storica che blocca la vita: il passato è come una sorta di immenso archivio che pesa su di noi. Non è la condizione per la realizzazione, ma al contrario blocca l’iniziativa e la vitalità e genera “tanfo e nausea”. N. era un filologo e con ciò intendeva che la consapevolezza storica (il peso del passato) ci opprime. A questa affermazione seguirono delle reazioni non tanto nel cosiddetto Decadentismo, ma nell’esplosione di avanguardie e del futurismo. Dunque il capostipite di tutto questo fu un filologo che fra l’altro aveva pubblicato “La nascita della tragedia” che era stato rifiutato in campo accademico. N, espresse così il proprio rifiuto per tutto questo apparato che uccide la creatività e genera “tanfo e nausea”.
La storia che si studia è un susseguirsi di dinastie e battaglie, ma ciò porta a volgere l’attenzione al passato e a non occuparsi del futuro.
Seguirono poi “Umano, troppo umano” (1880) e “La genealogia della morale” nei quali prende in considerazione i valori del suo tempo: solidarietà, compassione (modo per attenuare il nostro attaccamento egocentrico alla vita), la democrazia, l socialismo (realizzazione sociale della giustizia), umanitarismo, carità (in ambito cristiano) e la filantropia (in ambito laico). Rispetto a questi “valori” N. afferma che essi non sono che il prolungamento e lo stravolgimento di posizioni umane non nobili, mascherate dal nostro egoismo, che nascondono la nostra ipocrisia.. Il concetto di giustizia e democrazia è il frutto del risentimento dei diseredati dalla vita. N.passava per un pensatore inattuale. La lotta di classe di Marx è la lotta di coloro che non sono riusciti ad ottenere ciò che volevano e che tentano di mettere tutti al loro stesso piano, e dunque non è un valore, ma un suo contrario. Per N. Cristo rappresenta la rivolta degli schiavi e dei diseredati, che si inventavano un aldilà in cui le sorti potrebbero essere state stravolte. I valori sono funzionali alle gerarchie sociali in forma diretta oppure rovesciata: il fine è il potere degli uni o degli altri. I valori non sono Valori, hanno una genesi umana e nascono da risentimenti. La voce della coscienza, il “tu devi” di Kant, sono soltanto la voce della mediocrità.
Dunque i valori, il positivismo, la storia sono soltanto maschere, le caricature che l’uomo assume dimenticando la verità dell’essere, dunque la cultura è tutta decadente. Anche dio è una maschera.
Ma qual’è la verità dell’essere? Emergono gli studi umanistici: la tragedia esce dagli schemi dell’arte greca alla Winkelman, perchè un mondo oscuro di passioni, di vendetta, di ottenebramento che esce dagli schemi di compostezza e di classicità. N. contrappone il fondo oscuro, violento, irrazionale (il dionisiaco) delle tragedie alla compostezza ed eleganza dell’arte greca classica (l’apollineo). Winkelman con i suoi studi non ha nulla da dire, sul mondo della tragedia, che è oscuro e irrazionale e rappresenta la vita come essa è. Ciò si avvicina alla “volontà di vivere” di Schopenauer, che è irrazionale, ma N. si oppone alla soluzione della rinuncia a vivere proposta da S., al contrario afferma che non bisogna porre limiti alla volontà di vivere. L’esclusione di tutto ciò che è irrazionale dalla purezza classica risale già dalla razionalità di Socrate (che è solare etende a chiudere tutto in una formula e ridurre la virtù nel sapere). A partire da Socrate si è costituita la società occidentale, che è nata negando l’irrazionale, il dionisiaco.
N. chiama “il dionisiaco” o “il tragico” quella vitalità che si esprime come trasgressione, come ebbrezza; questo elemento è stato contrastato ed esorcizzato dall’apollineo, che per N. è menzogna, in quanto nasconde l’altro elemento che ritiene essere il senso profondo della vita.
Fra il 1883 e il 1885 N. pubblica “Così parlò Zarathustra –un libro per tutti o per nessuno-” ; Zarathustra è il profeta di un nuovo tipo di umanità e ne immagina l’avvento. L’uomo di questa nuova generazione è un “űbermensch” (un superuomo-oltreuomo). L’umanità del futuro deve essere “sopra” quella attuale, perchè questa ormai è decaduta. Anche N. trae qualche spunto da Darwin, infatti dichiara che l’uomo non è che un “momento” della catena evolutiva (uno stadio intermedio fra il bruto e l’oltreuomo). L’oltreuomo è dovuto alla volontà di potenza e quindi non è misurabile con il metro bene/male e non può essere ostacolato da limiti. A differenza dell’uomo il suo sucessore scopre il vero volto della vita, grazie alla tensione della piena affermazione di sè; perchè possa nascere questo tipo di uomo occorre la “morte di dio”, solo questa condizione permette di prendere in mano il proprio destino (cfr. Dostoevskij “se dio non esiste non esistono limiti) e da qui ritorna l’avvento del paganesimo (pre-cristiano), perchè l’uomo è legato alla terra (non è nè solidale, nè falsamente fraterno in quanto valori del genere incarnano la “rivalsa dei deboli”. Se si parte dalla condizione della morte di dio si arriva che anche una certa idea di uomo muore con lui (l’idea di solidarietà, democrazia e di tutte le espressioni della mediocrità del gregge). Da qui si arriva che anche la distinzione fra schiavi e uomini liberi è del tutto naturale (legittimazione del dominio dei più forti sui deboli). Eliminati quindi tutti questi “pregiudizi” legati all’uomo , l’oltreuomo si trova ad essere come “un fanciullo che gioca” ,in quanto è libero di vivere l’attimo spensierato, la sua dimensione è “la volontà di potenza” (egoismo) infatti tende a qualcosa di possibile nel presente-futuro, perchè non si può esprimere la volontà al passato (quindi l’o.u. è orientato verso il futuro).
Si può volere all’indietro? L’oltreuomo sì. Per lui il passato non è un ostacolo, perchè può dire “amen” (così è) a tutto, può dire che “ciò che è stato” è solo “ciò che lui ha voluto fosse” (quindi accetta tutto), i fatto quindi sono un’eterno ritorno (di tutto: gioia, dolore, bene, male,...), questo è un pensiero “impossibile” (insopportabile) per l’uomo, MA non per il superuomo.

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