Locke: Ragione e Conoscenza

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Testo

LOCKE
LA VITA E LE OPERE
John Locke nacque il 29 agosto 1632 a Wrington; la sua giovinezza coincise con
un periodo travagliato della storia inglese, segnato dalla prima rivoluzione
culminata con la decapitazione di Carlo I. Studiò all'università di Oxford, il
cui cancelliere John Owen era sostenitore di una politica di tolleranza verso le
differenti religioni. Nel 1658 conseguì a Oxford il grado di magister artium e
fu chiamato a insegnare nella stessa università. La maggiore influenza fu
esercitata su di lui dalle opere di Cartesio, oltre che da quelle di Hobbes e
probabilmente di Gassendi . Verso i 35 anni entrò nella politica militante e
divenne segretario di Lord Ashley, che fu in seguito conte di Shaftesbury. Nel
1672 Lord Ashley fu creato Lord cancelliere e Locke collaborò attivamente con
lui. E’ in questo periodo che scrive i due saggi sul governo civile. Nel 1675 Shaftesbury cadde in disgrazia del re Carlo II e Locke si ritirò
in Francia dove visse circa quattro anni, dedicandosi alla preparazione del
Saggio. Tornò a Londra verso la fine del 1679 per essere di nuovo vicino a
Shaftesbury che era ritornato al potere. Ma questi, incolpato di alto
tradimento, fu costretto a fuggire in Olanda dove morì poco dopo (1682).
Nonostante il suo contegno prudente, Locke cadde in sospetto e nel 1683 si recò
in volontario esilio in Olanda dove rimase per più di cinque anni. Qui prese
parte attiva ai preparativi della spedizione di Guglielmo d'Orange che venne
effettuata nel novembre 1688. Al seguito della principessa Maria, moglie di
Guglielmo, Locke ritornò in Inghilterra nel 1689, dove riguadagnò grande credito
come rappresentante intellettuale e difensore filosofico del nuovo regime
liberale. Cominciò allora il periodo più intenso della sua attività letteraria.
Nel 1689 usciva anonima la sua Epistola sulla tolleranza. Anche anonimi uscivano
nel 1690 i Due trattati sul governo. Nel 1690 comparve la sua opera
fondamentale, il Saggio sull'intelletto umano. Negli anni seguenti Locke attese
ad altre opere filosofiche tra le quali la polemica con Stillingfleet, il
trattato pubblicato postumo sulla Condotta dell'intelletto e l'Esame di
Malebranche. Nel 1693 pubblicò i Pensieri sull'educazione; e tra il 1695 e il
1697 i saggi sulla Ragionevolezza del cristianesimo. Sin dal 1691 Locke aveva
accettato l'ospitalità di sir Francis Masham nel castello di Oates (Essex) a
circa venti miglia da Londra, dove fu circondato da amorose cure da Lady Masham
che era figlia del filosofo Cudworth. Lì egli si spense il 28 ottobre del 1704.
LE POSSIBILITA’ ED I LIMITI DELLA RAGIONE
1. Necessità di una verifica preliminare
Locke afferma di essersi convinto della necessità di avviare una riflessione preliminare sulle possibilità e sui limiti della conoscenza umana durante una discussione su questioni filosofiche. Egli dice: “ E’ necessario esaminare la nostra stessa capacità e vedere quali oggetti sono alla nostra portata e quali, invece, sono superiori alla nostra comprensione”.
Locke fa propri i orientamenti anticartesiani dell’ambiente scientifico della Royal Society ed impone una decisa correzione di indirizzo alla riflessione teorica. Occorre rifiutare lo “spirito di sistema”, la visione “totalizzante” dei grandi razionalisti, cioè un approccio speculativo ai supremi principi della metafisica ed operare una ricognizione intorno al soggetto di quella speculazione, all’intelletto umano e alle sue reali capacità di conoscere. Occorre un’attenzione nuova verso le difficoltà e i limiti costitutivi del sapere. Locke continua: “ Se noi possiamo scoprire sino a che punto l’intelletto può estendere il suo sguardo, sino a che punto esso è in grado di raggiungere la certezza, e in quali casi, invece, esso può semplicemente opinare e supporre, impareremo ad accontentarci di ciò che è raggiungibile in questo nostro stato.” Il problema per Locke è di compiere un’indagine capace di rendere conto del modo in cui si formano le conoscenze e del grado di validità e di certezza di tali conoscenze, del grado in cui corrispondono alla realtà. La sua sarà un’indagine nello stesso tempo psicologica e gnoseologica.
2. Una diversa idea di ragione
L’intelletto umano è paragonabile allo scandaglio con cui i marinai sondano la profondità del mare. Lo scandaglio non è sempre in grado di arrivare al fondo del mare, ma è lungo quanto basta per evitare i bassi fondi che potrebbero provocare un naufragio: “similmente abbiamo interesse a conoscere non già tutto, ma soltanto quel che concerne la nostra condotta”. Abbiamo interesse a raggiungere non la conoscenza perfetta e assoluta, ma la determinazione dei limiti della nostra ragione e delle conoscenze che sono alla nostra portata. E’ questa una nuova idea di ragione. Non è più l’infallibile ragione matematica,ma un intreccio fra esperienza ed intelletto, fra ricezione passiva delle informazioni dal mondo esterno e rielaborazione attiva di tali informazioni. La conoscenza si fonda essenzialmente sulla conoscenza. Empirica è l’origine e la fonte di ogni sapere: “tutti quei pensieri sublimi che si levano al di sopra delle nubi e giungono fino al cielo, trovano qui (nell’esperienza) la loro origine e il loro terreno; in tutti i vasti spazi attraversati dallo spirito, in tutte le ambiziose costruzioni di pensiero, verso cui la mente prende il volo, il soggetto non aggiunge il minimo elemento alle rappresentazioni offerte alla conoscenza dai sensi o dalla percezione interna”. L’esperienza può provenire sia dalle sensazioni esterne che da quelle interne ed è la fonte della conoscenza e la sua verifica. Ma la conoscenza non si riduce all’esperienza sensibile. Essa richiede l’intervento continuo dell’intelletto, di capacità intuitive e di ragionamento sui dati forniti dagli organi di senso. L’intelletto compone e connette, mediante l’intuizione e la dimostrazione, le rappresentazioni fornite dall’esperienza. Tali rappresentazioni mentali sono le idee. “Conoscere è percepire con l’accordo o il disaccordo, la connessione o ripugnanza tra alcune delle nostre idee, il cerchio delle nostre idee coincide con il cerchio della realtà delle cose”, l’orizzonte del mondo si iscrive tutto nell’orizzonte delle idee. Locke riprende da Cartesio il concetto di idea, ma opera una correzione in quanto limita alla sola esperienza la fonte di tali rappresentazioni e respinge ogni innatismo della ragione. Egli trae da Cartesio la convinzione che lo spirito conosca la realtà solo attraverso le idee, che sia cosciente di averle e che proprio tale coscienza sia prova dell’esistenza dell’individuo che pensa. Sempre da Cartesio egli deriva dall’esigenza di compiere un’indagine critica sui procedimenti e sui metodi della conoscenza, ma estende tali analisi a ogni campo conoscitivo ed è portato a studiare non la natura in sé cioè l’essenza metafisica della mente umana, ma i suoi processi di funzionamento.

3. Ragionevolezza, tolleranza, libertà
Questa visione critica della conoscenza si contrappone a qualunque dogmatismo della ragione. E’ comprensione della problematicità del sapere, apertura al confronto, rifiuto di ogni fanatismo, tolleranza delle opinioni e delle credenze altrui. Locke afferma, al contrario di Hobbes che la libertà di opinione è un diritto di natura: sono tutti principi iscritti nella natura umana, che nessun passaggio dallo stato di natura allo Stato civile può mettere in discussione. Il suo liberalismo si afferma come rivendicazioni di un diritto di libertà dell’individuo dallo stato e non solo nello stato. Egli suggerisce una pratica pedagogia corrispondente a tale visione della natura umana: un’educazione alla ragionevolezza, all’equilibrio nella condotta, al dominio di sé e alla capacità di assumersi le proprie responsabilità nel mondo. Per questa sua fiducia nelle possibilità della natura umana e della ragione, Locke diverrà uno dei simboli dell’illuminismo.
I LIMITI DELLA CONOSCENZA
1. Critica all’innatismo platonico di Cambridge
Il saggio di loro contiene una serrata critica all’innatismo gnoseologico. Esso si rivolge a Malebranche e ai filosofi platonici di Cambrige e a Cartesio. I platonici ritenevano che esistessero nella mente umana dei principi innati, delle “nozioni comuni” impresse sin dalla nascita negli individui e capaci di condurli a conoscenze a priori, universali e necessarie, e ad una consapevolezza dei valori fondamentali nella condotta. Locke parte dall’assunto che avere un’ idea significa pensarla ed essere cosciente di averla ed obietta perciò che dovrebbero essere avvertiti sin dalla nascita e da tutti gli uomini. Né fanciulli, né tanto meno i dementi o gli ignoranti possiedono tali principi. Anche la facoltà di apprendere i principi più generali e di ragionare non è innata, ma si forma nei fanciulli solo attraverso l’esperienza e la comunicazione con gli altri. E’ stato accertato dagli esploratori del nuovo mondo che esistono popoli del tutto privi dei valori etico - religiosi. Non esistono idee innate nella mente. Chi parla di idee innate sembra dominato da una specie di pigrizia dello spirito: crede di possedere sin dalla nascita delle idee vere, di valore e significato universali, e perciò desiste dal verificare la loro consistenza e non dubita affatto di esse. Tende ad assumere atteggiamenti autoritari e a porre limiti arbitrari alla libera ricerca dalla ragione.

2. Le idee semplici
Alla nascita la mente è come un foglio bianco, una tabula rasa, su cui man mano vengono a depositarsi i materiali dell’esperienza. L’esperienza riguarda sia le cose esterne che quelle interiori, opera cioè attraverso un “senso esterno” (la sensazione) ed un “senso interno” (la riflessione). La conoscenza che ne risulta è costituita da idee semplici e idee complesse. Le idee semplici sono materiali forniti dall’esperienza. Di fronte ad esse la mente è passiva, in quanto non è in suo potere averle o meno. Il dominio dell’uomo nel “piccolo mondo dell’intelletto” è identico a quello che è nel “gran mondo delle cose visibili”:”non aggiunge oltre il comporre e dividere materiali che sono a portata delle sue mani, così come uno specchio non può trasformare o distruggere le immagini che vi sono riflesse. Le idee possono provenire da un unico senso oppure da più sensi, dalla sola riflessione, oppure dalla sensazione e dalla riflessione. Le idee che a noi giungono dall’esterno non sempre corrispondono alle cose che le hanno prodotte. Locke riprende da Boyle la tesi della distinzione tra qualità primarie e qualità secondarie. Soltanto le qualità primarie costituiscono proprietà inerenti ai corpi, possiedono una realtà oggettiva. Le qualità secondarie non ineriscono alle cose e sono soggettive, esprimono il modo in cui gli organi sensoriali ricevono e rappresentano le proprietà primarie dei corpi. Locke conferma la tesi della struttura quantitativa della natura. Per lui è più difficile giustificare tale tesi perché dal suo punto di vista il soggetto conosce solo delle idee ed è quindi problematico stabilire quali di queste corrispondano alla realtà delle cose e quali no. Fra le idee semplici ricevute dall’interno e derivanti dalla riflessione sono particolarmente importanti la percezione, il pensare, il volere e altre idee che si riferiscono alle operazioni del nostro spirito.
3. Le idee complesse:modi e relazioni
Le idee complesse sono prodotte dall’intelletto mediante la composizione di più idee semplici. Esse vengono distinte in idee di “modi” e di “ relazioni” o di “sostanze”. Le idee di modi sono quelle che non si pongono come sussistenti per se stesse, ma solo come affezioni di una sostanza. Esse sono idee “astratte”, ricavate da realtà considerate in sé sussistenti. Vi sono modi semplici che raggruppano idee semplici omogenee e modi misti che raggruppano idee diverse. I modi principali sono spazio, tempo, numero,forza e pensiero. Lo spazio e il tempo non sono realtà assolute, ma solo idee derivate dalle sensazioni; lo spazio come rappresentazione prodotta dalla vista e dal tatto, il tempo come rappresentazione di una successione di immagini nella mente. Locke nega che esista un’idea positiva d’infinito, in quanto ogni idea positiva di spazio e di tempo è sempre finita: “ infinita” è solo la possibilità di sommare tra loro realtà spaziali e temporali finite. Le idee si relazione più importanti sono quelle di causa e di identità. Con l’idea di causa colleghiamo l’esistenza di una cosa con l’esistenza e l’azione di un’altra cosa. Con l’idea di identità colleghiamo una cosa con se stessa, sia pure i8n momenti e luoghi diversi. Fra le idee di relazione vi sono le leggi morali con cui giudichiamo il valore delle azioni.
4. La critica dell’idea complessa di sostanza
La sostanza si riferisce ad una realtà in se sussistente. Essa è stata concepita dai filosofi come un qualcosa in cui una serie di qualità, o proprietà, o idee semplici, vengono raggruppate, unificate. Noi conosciamo solo quelle proprietà e non quel qualcosa, quell’oscuro sostrato in cui viene fatta consistere la sostanza, che ci resta comunque sconosciuto. Locke dice: “ Noi parliamo come dei bambini, che alla domanda su cosa sia un determinato oggetto loro sconosciuto, sanno risponder soltanto “qualcosa” . Ciò però non significa altro, sia per i fanciulli che per gli adulti, se non che essi non sanno di che cosa si tratti”. Continua poi “ Sono le ordinarie qualità delle osservabili a costituire la vera idea complessa di quelle sostanze.” E’ la concretezza delle proprietà della sostanza ad avere significato, a valere per la vita dell’uomo comune indipendentemente dall’esistenza o meno di un sostegno invisibile. La conoscenza si basa sulle proprietà osservabili. Quella di Locke si presenta come una vera e propria rivoluzione concettuale, in quanto mette in discussione, con l’idea di sostanza, uno dei cardini della metafisica antica e moderna.
5. Il linguaggio
La funzione del linguaggio consiste nel rendere le idee comunicabili agli altri. Le parole sono segni di idee che sono anche nella mente di altri uomini, con i quali si comunica. Ed è ciò che rende oggettivo e quindi comunicabile il significato dato alle parole, è il tacito consenso con cui certi termini sono congiunti costantemente con determinate idee, in modo che quando un uomo proferisce quella parola di fronte ad un altro uomo, nella mente di quest’ultimo viene immediatamente suscitata l’idea pensata dal primo. Il linguaggio non ha quindi origine naturale: le parole non sono segni intrinseci alle cose, non chiamiamo le cose in un determinato modo perché ce lo suggerisce la loro stessa essenza, ma perché siamo noi a decidere di chiamarle così. Ecco allora che secondo Locke il linguaggio è puramente convenzionale.La maggior parte delle cose usate dall’uomo sono nomi comuni, che si riferiscono non a una cosa sola, come invece avviene nel caso dei nomi propri, ma a un gruppo di cose che partecipano tutte di determinate qualità. L’insieme delle qualità che una cosa ha in comune con le altre, ciò che Locke definisce essenza nominale, costituisce l’idea generale, ricavata dall’esperienza particolare attraverso un processo di astrazione, tralasciando ciò che di una certa cosa è determinato da condizioni contingenti e conservando solo ciò che è comune a tutta la categoria o specie cui la cosa particolare appartiene. L’universale nella realtà non esiste e le cose sono solo e sempre particolari: non esiste l’uomo in sé, ma esistono i singoli uomini; l’universale pertanto riguarda solo le idee generali e i nomi che ne sono segni: l’idea uomo di per sé non esiste, è solo una nostra astrazione mentale. Ecco allora che accanto al convenzionalismo, Locke sostiene anche il nominalismo. Gli universali(o idee) non esistono, dicevano i nominalisti, né ante rem, né in re: sono semplicemente flatus vocis(soffi di voce, parole vibranti nell’aria) e non possono esistere nella realtà.
6. I gradi della conoscenza
Poiché la nostra mente ha come oggetto le idee, la conoscenza riguarderà solo le idee. Locke definisce la conoscenza come “ la percezione della connessione o del disaccordo e della ripugnanza tra le nostre idee”. Il filosofo distingue tre diversi gradi di conoscenza che dipendono dalle vie con cui la mente percepisce l’accordo o il disaccordo tra le idee.
• Vi è la conoscenza sensibile, che è certa solo se attuale
• Vi è la conoscenza intuitiva, con la quale si coglie con immediatezza, senza l’intermediazione di altre idee, la connessione esistente tra due idee. Questo tipo di conoscenza è il più chiaro e cero; Locke lo definisce “irresistibile come la luce del sole”
• Vi è la conoscenza dimostrativa. A volte la mente non coglie immediatamente la connessione fra due idee. Riesce a farlo mediante a idee chiamate prove. E’ una conoscenza “certa”, ma non “chiara” perché richiede dei passaggi.
L’errore è il frutto di un mancato uso delle prove nella dimostrazione, dovuto a incapacità e a mancanza di volontà nell’adottarle. La conoscenza certa è composta solo dalla conoscenza intuitiva e da quella dimostrativa. All’infuori di queste si ha solo la probabilità. Quando l’intuizione e la dimostrazione non soccorrono allora quell’accordo o disaccordo fra le idee possono essere ritenuti probabili. Tali sono la maggior parte delle conoscenze che costituiscono il sapere dell’uomo, che si fondano su giudizi. Danno come probabili le connessioni fra determinate idee, ma appaiono comunque sufficienti ad indurci ad accettarle. Se ci si fermasse a questo punto si potrebbe pensare di aver costruito solo un “castello in area”; un castello fatto di idee. La conoscenza non può fermarsi alle idee se vuole essere conoscenza reale, deve stabilire la conformità tra le idee e la realtà delle cose. Secondo Locke vi sono due specie di idee di cui possiamo essere certi che si accordano con le cose: le idee semplici e le idee complesse. Le idee semplici non possono essere create né distrutte dalla mente: e perciò non possono che essere prodotte da cose fuori di noi. Le idee complesse dei modi e delle relazioni hanno la conformità necessaria alla conoscenza, poiché sono prodotte dalla mente stessa. Le idee di sostanza possono mancare di conformità alle cose a cui fanno riferimento. La scienza fisica non può mai conseguire un valore di verità universale e necessario.

7. Il rapporto tra idee e cose
Locke riprende la questione del rapporto tra idee e cose con riferimento a tre ordini di realtà che rinviano a tesi già presentate, ma viste da un’altra angolazione. Afferma Locke: “ Noi abbiamo conoscenza della nostra esistenza per intuizione; dell’esistenza di Dio per dimostrazione, e delle altre cose per sensazione”. L’intuizione e la dimostrazione non riguardano le modalità dell’accordo o del disaccordo di idee, ma sono vie per avere conferma dell’accordo tra idee e cose. Locke ripropone l’argomentazione cartesiana del dubbio, che può far dubitare delle altre cose, ma non del soggetto che dubita. L’esistenza di Dio è dimostrata a posteriori. Locke fa suo l’argomento casuale: deduce l’esistenza di Dio dalla conoscenza intuitiva della nostra esistenza, che non può essere derivata dal nulla, ma da qualcosa che esista sin dall’eternità. La conoscenza di ogni altra cosa possiamo averla attraverso le sensazioni. Queste ci permettono di testimoniare l’esistenza del mondo esterno, dandoci la certezza che esista una realtà al di fuori di noi. Ma è una conoscenza confusa, non chiara, che del mondo esterno fornisce una certezza limitata alla sola sensazione attuale e risponde soprattutto agli scopi pratici dell’esistenza, perché ci permette di orientarci e di agire nel mondo.
IL LIBERALISMO POLITICO
1. I diritti di natura
Alla base della sua visione della società Locke non pone l’idea di Hobbes e Spinoza che la natura umana si riduca all’istinto di conservazione e che il passaggio alla società civile si realizzzi mediante una cessione dei diritti naturali. Questi sono, per Locke, diritti dell’individuo originari e imprescrittibili, sono detti diritti naturali e come tali inalienabili. Né il diritto naturale di ciascun individuo è diritto su tutto, poiché esso trova il suo limite in analoghi diritti di altri uomini. Afferma Locke: “essendo tutti eguali e indipendenti nessuno deve danneggiare l’altro nella sua vita, nella sua salute, nella sua libertà e nella sua proprietà”. Il diritto naturale riguarda l’eguaglianza tra tutti gli uomini, la vita e la libertà di ciascun uomo. A questi si aggiunge la proprietà. Ciascuno è padrone di se stesso e del proprio corpo e lo è anche dell lavoro a cui l’uomo è obbligato da Dio. Egli è anche proprietario dei risultati del suo lavoro. Ma all’esercizio della proprietà sono posti dei limiti, poiché l’individuo deve lasciare agli altri quanto serve alla loro sopravvivenza, in quanto tutti hanno diritto alla vita. Nessuno deve acquisire quanto supera la sua capacità di consumo, perché nulla è stato creato da Dio perché fosse distrutto o sprecato e il diritto alla proprietà è proporzionato alla capacità umana di lavoro, che è limitata. Con l’invenzione di quel bene non deperibile che è il denaro, l’uomo ha aperto la strada all’avvento di una proprietà illimitata, facendo diventare la produzione della maggiore quantità possibile di beni lo scopo principale della società. Porre la fonte di legittimità della proprietà privata nel lavoro “è una delle tesi più originali e innovatrici del sistema lockiano”. Questa concezione appare ben sintonizzata con il clima politico – sociale dell’epoca. Questa concezione della proprietà e l’affermazione dei diritti naturali da parte di Locke possono essere considerate come il prodotto di una cultura borghese capace di affermare e giustificare i suoi valori fondamentali. Lo stato di natura non si configura come una condizione di guerra generalizzata. Il suo limite sta nel fatto che l’esercizio di quei diritti di natura non è del tutto garantito. Ciascun uomo è il giudice delle violazioni fatte ai suoi diritti e applica il diritto punitivo nei confronti dei trasgressori. E’ necessario il passaggio allo stato civile, regolato da leggi positive, che indichino come debba essere adoperata la forza in difesa della comunità e dei diritti invidiali. Nello stato civile la fonte dell’organizzazione sociale e delle leggi resta pur sempre il diritto di natura.
2. Stato civile e salvaguardia dei diritti
I diritti di natura vengono mantenuti e salvaguardati dalle leggi in vece di essere alienati e trasferiti nelle mani di uno solo come era per Hobbes. Sia per Hobbes che per Locke lo scopo dell’organizzazione statuale è la protezione dell’individuo. Ma la differenza tra i due sta proprio nel loro diverso atteggiamento in rapporto all’alienabilità o all’inalienabilità dei diritti. Seconda della strada scelta, ne derivano una struttura e una funzione diverse per lo stato, che è assolutista nel primo caso, liberale nell’altro. In Hobbes la società si costituisce attraverso la cessione dei diritti naturali al sovrano. In Locke l’individuo resta depositario dei propri diritti. Con Hobbes abbiamo uno stato “pesante”, con Locke uno stato “leggero”. Secondo Locke il governo è responsabile di fronte alla comunità, perché vincolato dai diritti di natura di cui gli individui restano i portatori.
3. I limiti del potere
E’ essenziale che il potere esecutivo e quello legislativo siano separati. Viene affermato il primato del potere legislativo, che deve esercitarsi facendo si che le leggi emanate valgano per tutti e non solo per alcuni settori e corpi sociali. Importanza significativa ha il sistema fiscale, regolato solo dalla legge , nessuno deve poter imporre tasse senza il consenso del popolo e dei suoi rappresentanti. Al governo compete il potere esecutivo, cioè l’attuazione delle leggi emanate dal parlamento;ad esso spetta inoltre un potere federativo, cioè la rappresentanza degli interessi della comunità nei confronti degli altri stati. Il riconoscimento del diritto popolare alla resistenza attiva contro chi violi i diritti naturali degli individui e si sia “ribellato” alla legge. Il popolo può cambiare governo e ordinamenti quando questi appaiano contrari ai suoi interessi. Può farlo senza autodistruggersi perché proprio così il popolo riafferma la superiorità dei diritti di natura sul poter. La distanza da Hobbes è moltissima.
TOLLERANZA E RAGIONEVOLEZZA DEL CRISTIANESIMO
E’ diritto fondamentale dei cittadini quello relativo alla libertà e alla tolleranza religiosa. Il valore di quest’opera non sta tanto nelle tesi che contiene quanto nel successo che essa ha riportato, diffondendo e consolidando, in vasti settori della società. “ La tolleranza costituisce la caratteristica principale della vera Chiesa” perché sopportare coloro che non la pensano come noi in materia di religione è conforme sia al Vangelo che ai dettami della ragione. Le sfere della Chiesa e dello Stato vengono nettamente separate. Lo Stato ha lo scopo di mirare al bene di tutti. A tal fine può esercitare anche una forza esteriore. La religione vera e redentrice consiste nella convinzione intima. La fede investe la sfera della persona e nessuno stato, nessuna organizzazione ecclesiastica possono imporla con la forza, in quanto essa può essere acquisita solo attraverso la persuasione.
La stessa chiesa non è altro che una”libera società di uomini congiunti spontaneamente”, che non implica l’uso di mezzi coercitivo verso gli aderenti e verso coloro che seguono un altro credo. Tantomeno lo stato può intervenire sulle questioni che attengono alla coscienza di ciascuno. Lo stato non ha competenze in materia di fede e di coscienza. Se si arrogasse tale potere e se sulle tesi religiose sostenute dallo stato non vi fosse una profonda e intima convinzione dell’individuo, non vi sarebbe per questi alcuna salvezza, alcuna possibilità di entrare nella “dimora dei beati”, ottemperando ai quei dettami contro la sua coscienza. Locke non solo constata che l’intolleranza in materia religiosa non ha mai prodotto unità ma anche che la nostra certezza è limitata, la nostra conoscenza incompleta e approssimativa. Le rivelazioni che diverse sette dicono di avere avuto sono sospette. Unico giudice resta la ragione, che consente il confronto tra posizioni, la discussione e il superamento dei dissensi. Ma anche la tolleranza prevede dei limiti che ne restringono in parte il valore. Non si può essere tolleranti verso le sette che intendono sovvertire la società, o verso gli atei perché per loro non avrebbero valore giuramenti e promesse, che costituiscono vincoli della società umana. Né si può esserlo verso il cattolico perché egli si consegna al servizio di un altro principe. I cattolici non possono chiedere per se la tolleranza e non accettare di tollerare gli altri. I veleni delle guerre di religione non sono ancora scomparsi e in quell’epoca si vedevano i cattolici inglesi come potenziali alleati dei nemici francesi. Nello scritto la ragionevolezza del cristianesimo, Locke vuole evidenziare le verità essenziali del Cristianesimo, superando gli specifici dogmi affermati dalle sette. Il suo metodo è di andare direttamente alle fonti, cioè alle Sacre Scritture. Ne deriva che Gesù di Nazaret è certamente i Messia promesso nell’Antico Testamento. I valori morali essenziali sono l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Questo è il Cristianesimo ragionevole cioè ricondotto al nucleo di verità essenziali accettabili dalla ragione. Questo Cristianesimo non va contro la ragione dei filosofi ed ha una capacità di persuasione e di convinzione superiore ad ogni filosofia: la Rivelazione è stata capace di farsi ascoltare dalla gran massa del popolo e di giungere dove le filosofie non sarebbero mai giunte. Il cristianesimo è stato il più grande fattore di promozione della legge morale della storia dell’umanità

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