L'utile secondo Protagora

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Testo

Roma, 24 Novembre 2006

L’utile secondo Protagora

Protagora sostiene, per primo nella storia della filosofia, che non esiste una verità oggettiva e assoluta, bensì n’esistono tante e soggettive in quanto, come lui stesso afferma “l’uomo è misura di tutte le cose”. Ciò è tale poiché ogni cosa appare in modo diverso a seconda dell’individuo e nessuna di queste “apparenze” è errata poiché tutte sono vere per l’individuo che le vede tali. Ma allo stato pratico questa teoria presenta una difficoltà, anzi più di una poiché questo relativismo conoscitivo tenderebbe a giustificare ogni comportamento in quanto scaturito da una propria “verità” e a portare un atteggiamento anarchico e poco produttivo anzi del tutto sconveniente per la comunità. A questo proposito Protagora sostiene che in assenza delle cosiddette “verità forti” l’unico criterio che l’uomo può applicare per scegliere tra le diverse “verità” è quello “debole” dell’utile: utile inteso sia per l’individuo sia per la comunità. Questo principio assume anche un altro ruolo quello di verificare tutte le altre teorie dello stesso filosofo. Possiamo dunque concludere dicendo che alla concezione oggettivistica ed assolutistica della verità affermata da tutti i filosofi precedenti ( in particolare Parmenide, Eraclito, i Pitagorici e tutti coloro che sostenevano teorie dogmatiche) Protagora risponde con una concezione umanistica e storica. Diciamo storica perché la determinazione della cosa utile è data in primo luogo dalle condizioni “storico-sociali” in cui si trova l’individuo che effettua la scelta. Questa sua concezione e l’utilizzo dell’utile come principio di scelta fu molto contestato sia dai suoi contemporanei sia dai filosofi successivi e dai critici. Tuttavia oggi si tende ad essere più aperti e si cerca di vedere l’uso dell’utile come mezzo anche di responsabilizzazione dell’individuo nei confronti sia di se stesso ma anche della società.

Elena Abrusci IC

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