Kant

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia
Download:268
Data:02.06.2000
Numero di pagine:20
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
kant_4.zip (Dimensione: 24.84 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_kant.doc     117.5 Kb


Testo

KANT -CRITICA DELLA RAGION PURA
1.IL PROBLEMA
La "c.d.r.p." costituisce la prima fase di realizzazione del progetto kantiano. Il termine “critica” deriva dal verbo greco krino, “separare”, “decidere in un giudizio”. Kant lo assume nel senso di rifiuto del dogmatismo ed esame dei limiti e delle possibilità del conoscere umano: “il tempo nostro è proprio il tempo della critica, cui tutto deve sottostare”. Il problema che Kant affronta è quello di esaminare la possibilità per la ragione di elaborare una conoscenza che possieda non solo i requisiti della scientificità, che sia cioè universale e necessaria, ma che sia anche oggettiva, capace cioè di esprimere una conoscenza effettiva della realtà naturale.
Alla luce di questa premessa è ora possibile definire il significato dell'espressione "Critica della ragione pura":
a) critica: è quella attività attraverso cui la ragione diviene consapevole di se stessa e dei suoi propri limiti;
b) ragion pura: sta ad indicare la facoltà generale di conoscere indipendentemente dall'esperienza, quindi a priori.
Pertanto si tratta di verificare se vi può essere una conoscenza della realtà fondata sulla ragione e che faccia a meno dell'esperienza.
1.1 PREMESSA STORICA
Prima di procedere ad esaminare l'impostazione della critica, è necessario cercare di spiegare i motivi che spinsero Kant a porsi il problema della conoscenza. La situazione della cultura ai tempi di Kant era caratterizzata dalla presenza di due differenti forme di sapere che andavano sempre più differenziandosi:
a) la metafisica: che vantava una storia di duemila anni ed aveva rappresentato per gran parte della cultura passata ed almeno fino al XVI sec., l'espressione più alta del sapere. La metafisica avanzava una pretesa di superiorità su ogni altra forma di sapere fondandola sulla seguente premessa: la ragione umana è in grado di conoscere, al di là di quella che è l'ingannevole barriera della esperienza sensibile che ci separa dalla realtà in se, l'essenza stessa delle cose.
Tuttavia sia l'empirismo che l'illuminismo avevano, durante il '700, sottoposto ad una pesante critica questa pretesa della metafisica ed erano giunti alle seguenti conclusioni:
• durante 2200 anni della sua storia la metafisica non aveva dimostrato alcun sostanziale progresso nella soluzione dei suoi problemi. Anzi essa si trovava in una situazione di stallo dovuta al fatto che costantemente venivano eternamente dibattuti sempre gli stessi problemi.
• Tale mancanza di progresso dipendeva anche dal fatto che la metafisica era intrinsecamente contraddittoria, dal momento che i diversi filosofi davano soluzioni opposte agli stessi problemi, senza che si riuscisse a stabilire quale fosse la risposta giusta. Questo determina la situazione di conflittualità permanente tra sistemi e teorie diverse, essendo inoltre impossibile discriminare tra teorie vere e false, entro la metafisica prevale una situazione di anarchia.
Kant illustrerà l’inadeguatezza e l’insuccesso della metafisica con espressioni molto forti: “la regina di tutte le scienze”, è sempre stata un “teatro di lotte senza fine”, essa offre allo sguardo un panorama di “edifici in rovina”.
b) la scienza: dal XVII sec., periodo della sua nascita, fino ai tempi di Kant, la scienza naturale aveva, al contrario della metafisica, compiuto progressi enormi in tutti i campi. Con l'opera di Newton essa aveva inoltre dimostrato di poter elaborare una conoscenza della natura che rispondesse ai requisiti di universalità e necessita richiesti ad un sapere che pretenda di essere vero.
Pertanto agli occhi di Kant e dei suoi contemporanei la metafisica appariva in crisi rispetto alla scienza, che andava occupando quella posizione privilegiata nel sapere che un tempo aveva avuto la metafisica.
1.2 LA CRITICA DELLO SCETTICISMO HUMIANO ALLE PRETESE DELLA
METAFISICA
Il termine "scetticismo" deriva dal sostantivo greco "skèpsis" che significa = "dubbio". Tale termine viene tradizionalmente usato in filosofia per indicare la posizione di coloro che sostengono l’impossibilita di giungere alla conoscenza del vero.
Secondo lo scetticismo il compito della filosofia non è quindi quello di conoscere il vero, ma quello di criticare qualsiasi forma di sapere che pretenda di conoscere il vero. Il più importante esponente dello scetticismo nella filosofia moderna fu il filosofo scozzese David Hume (1711-1776), il cui pensiero rappresentò il punto di riferimento costante di Kant. La filosofia di Hume sviluppa fino alle sue estreme conseguenze la critica che l'empirismo esercita sulla metafisica. L'esito finale della filosofia di Hume si può riassumere nel raggiungimento di una duplice forma di scetticismo:
1.2.a SCETTICISMO METAFISICO
Si fonda sulla critica della nozione di "sostanza" e sulla negazione della "credenza nel mondo esterno".
L'argomento principale dello "scetticismo empirista" di Hume consiste nell'affermare l’intrascendibilità per la ragione umana delle impressioni sensibili.
a) sostanza - realtà esterna - metafisica: la nozione di sostanza della metafisica moderna è quella elaborata da Cartesio. Con essa si intende la res extensa, l'oggetto esterno o ente che possiede una esistenza autonoma dal soggetto ed è caratterizzato dal possesso di una proprietà fondamentale o essenza che ne determina l’identità. L'insieme delle sostanze cosi concepite costituisce il mondo esterno. La metafisica riconosceva alla ragione umana il potere di conoscere l'essenza della cosa esterna o sostanza grazie al principio di intuizione intellettuale. La ragione era cioè capace di derivare dalla immagine sensibile della sostanza esterna (l'idea), l'essenza o proprietà che caratterizzava la sostanza.
SOSTANZA -> IDEA -> INTUIZIONE INTELLETTUALE -> ESSENZA
| | | |
REALTÀ' SENSI INTELLETTO CONOSCENZA
ESTERNA
La sostanza, costituita dall'oggetto esterno più la sua essenza, produce nei sensi l'idea o impressione sensibile, che costituisce la copia esatta della sostanza. l'intelletto estrae dalla immagine della sostanza l'essenza che la caratterizza. La conoscenza delle essenze che cosi si ottiene costituisce il sapere. Grazie al principio di intuizione intellettuale era possibile, per il soggetto umano, scavalcare le impressioni per cogliere direttamente l'essenza degli oggetti esterni.
b) La critica di Hume parte da una premessa fondamentale: "l'intera conoscenza umana si riduce alle impressioni sensibili". Gli uomini, argomenta Hume, hanno la credenza nella esistenza esterna delle cose, tuttavia tale credenza è del tutto ingiustificata ed indimostrabile, essa costituisce un atto di fede. Infatti tutto ciò che gli uomini conoscono sono le immagini degli oggetti che i sensi rivelano, ma non c'è alcuna conoscenza diretta degli oggetti stessi. Pertanto l'unica realtà di cui il soggetto umano può essere certo è quella costituita dalle percezioni o immagini sensibili che Hume chiama impressioni.
L'argomentazione di Hume ha due conseguenze fondamentali :
• è impossibile dimostrare l'esistenza della realtà esterna: poiché l'uomo non ha conoscenza alcuna di tale realtà, infatti tutto ciò che può conoscere sono delle semplici immagini;
• anche se si ammettesse, come fanno normalmente gli uomini, l'esistenza della realtà esterna (cioè della res extensa), non sarebbe in alcun modo possibile dimostrare che le impressioni (percezioni o immagini sensibili) corrispondono agli oggetti esterni.
Quest'ultima conseguenza appare evidente se si tiene presente che non sarebbe possibile confrontare direttamente le immagini sensoriali degli oggetti con gli oggetti stessi, poiché l'unica conoscenza che si ha degli oggetti è data dalle sole immagini sensoriali.
Se si vuole stabilire la esattezza del ritratto di una persona è necessario confrontare il ritratto con la persona che viene in esso ritratta, se ritratto e originale corrispondono si può dire che il quadro è riuscito. Allo stesso modo se si volesse stabilire la verità della conoscenza, occorrerebbe confrontare le immagini degli oggetti con gli oggetti per verificare che corrispondano, ma è proprio questo confronto a non essere possibile; sarebbe come il caso di un ritratto qualora non si potesse rintracciare la persona ritratta, sarebbe impossibile affermare che esso è somigliante.
La conclusione a cui giunge Hume analizzando tale problema è quindi che non può esservi "conoscenza oggettiva", ovvero, che non può darsi conoscenza alcuna della realtà esterna, come pretende la metafisica, ma solo conoscenza delle nostre "impressioni sensibili", anzi, a rigor di termini, non è nemmeno possibile dimostrare che la realtà esterna esista.
1.2.b SCETTICISMO SCIENTIFICO
Si fonda sulla critica delle nozioni di "causalità" e di "induzione". Infatti:
• la relazione di causa-effetto non è necessaria,
• l'induzione non giustifica le proposizioni universali.
a) critica del concetto di causalità: l'idea che esista una connessione necessaria tra due fatti per cui il verificarsi dell'uno determina inevitabilmente il verificarsi dell'altro non è in alcun modo dimostrabile. Tutto ciò che è possibile sostenere è che la percezione di un certo fatto "a" è accompagnata dal successivo presentarsi della percezione di un certo fatto "b". Ma da questa premessa non si può concludere che, in ogni caso e necessariamente, al fatto "a" segua, come vorrebbe l'idea di una causalità necessaria, il fatto "b". Da un punto di vista logico è infatti possibile pensare che al fatto "a" non segua il fatto "b", infatti è logicamente impossibile che esista solo ciò che è contraddittorio (per esempio è impossibile che esista un cerchio quadrato o un numero pari che sia dispari), è possibile invece immaginare che lanciando una palla "a" (causa) contro una palla "b", la palla "b" una volta colpita rimanga ferma (effetto) anziché muoversi. Per quanto questo possa apparire strano non è certo contraddittorio, perciò è logicamente possibile che in futuro possa avvenire il contrario, quindi la relazione causale che noi constatiamo non è necessaria (è infatti necessario ciò di cui non è nemmeno pensabile il contrario).
Le cose non cambiano molto, secondo Hume, se si cerca di giustificare il "principio di causalità" da un punto di vista empirico. Per dimostrare empiricamente che una relazione di causa-effetto tra due fatti è necessaria occorrerebbe infatti dimostrare che tutte le volte che si presenta quella causa, segue sempre quell'effetto. Tuttavia per poter verificare tale circostanza sarebbe necessario compiere un numero infinito di osservazioni empiriche, il che è impossibile.
La conclusione cui giunge Hume è quindi che non vi può essere conoscenza necessaria e a priori dei fenomeni empirici. L’idea di causalità viene ricavata dalla ripetuta esperienza della connessione tra due eventi contigui nello spazio e nel tempo, il primo lo chiamiamo antecedente e lo consideriamo come cause del secondo, suo effetto o conseguente. È solo l’abitudine che ci porta a ritenere il fenomeno antecedente causa necessaria del conseguente, in realtà noi trasformiamo illecitamente un semplice post hoc (il conseguente “viene dopo” l’antecedente), in un propter hoc (l’antecedente è “causa” del conseguente).In effetti, secondo Hume, né da un punto di vista logico o a priori, né da un punto di vista empirico o a posteriori, è possibile dimostrare razionalmente la necessità di questa connessione, ovvero che ogni volta che si presenterà il fenomeno “a”, dovrà necessariamente presentarsi il fenomeno “b”.
b) critica del concetto di induzione: secondo Hume anche il procedimento induttivo, definito in logica come quella forma di ragionamento che dall’esame di casi particolari giunge a conclusioni generali, non costituisce uno strumento valido per pervenire ad una conoscenza universale. Infatti per dimostrare una legge universale, che cioè sia valida in ogni luogo ed in ogni tempo e per un numero infinito di fenomeni, non può servire l'induzione. Essa è basata sulla osservazione empirica dei fenomeni, ma dal momento che i fenomeni cui si riferisce una conoscenza universale sono per definizione infiniti la loro osservazione risulta impossibile.
Riassumendo le conclusione cui lo "scetticismo empirista" di Hume approda possiamo dire:
• la conoscenza non è oggettiva: essa infatti non si riferisce agli oggetti esterni, ma solo alle "impressioni sensoriali";
• la conoscenza non è necessaria: infatti non è possibile dimostrare né empiricamente, né logicamente la validità del "principio di causalità";
• la conoscenza non è universale: infatti una proposizione universale non è empiricamente verificabile.

1.3 MODELLO RAZIONALISTA E MODELLO EMPIRISTA DELLA CONOSCENZA
Pur non essendo d'accordo con Hume, Kant considerò le obiezioni di Hume come valide e di notevole rilievo. Furono proprio tali critiche a risvegliarlo dai “sogni della metafisica”. Si imponeva dunque la necessità di risolvere in modo efficace i gravi problemi sollevati da Hume, viceversa non si sarebbe potuta evitare la conclusione scettica humiana.
La strategia che Kant adotta in risposta all'attacco condotto da Hume è duplice:
a) scienze naturali: per quanto concerne le matematiche (aritmetica e geometria) e la fisica, Kant rifiuta lo scetticismo scientifico di Hume. Secondo Kant infatti queste discipline mostrano di fatto, con i loro successi ed il loro progresso inarrestabile, il loro carattere di conoscenze universali e necessarie. Pertanto riguardo a queste non sussiste il problema di dimostrare "se siano possibili in quanto scienze", dal momento che di fatto esse sono scienze. Tuttavia rimane aperto il problema in linea di diritto, ovvero occorre stabilire "in che modo matematica e fisica riescano a realizzare un sapere universale e necessario".
b) metafisica: riguardo alla metafisica Kant concorda invece con lo scetticismo metafisico di Hume, egli infatti parte dalla constatazione dell'insuccesso di fatto della metafisica. Rispetto alla metafisica occorrerà quindi stabilire: se sia possibile la metafisica come scienza.
Il problema è anche formulabile in questo modo: "se la metafisica non è una scienza, questo dipende dal fatto che finora i filosofi hanno seguito un metodo sbagliato nelle loro indagini metafisiche, oppure dipende dal fatto che la metafisica non può in nessun caso dar luogo ad un sapere universale e necessario ?" Prima di poter rispondere al problema riguardante la scientificità della matematica, della fisica e della metafisica, Kant deve stabilire a quali condizioni un dato sapere deve essere conforme per poter essere definito scientifico. E' necessario quindi definire quali siano i requisiti propri di una conoscenza scientifica. Solo dopo questo esame sarà possibile stabilire se la metafisica sia possibile come scienza e come le scienze esatte (aritmetica e geometria) e le scienze della natura (fisica) possano essere “scientifiche”. Kant si propone di individuare queste caratteristiche attraverso l'esame delle concezioni empirista e razionalista del sapere.
1.3a IL GIUDIZIO
Prima di procedere in tale indagine Kant ritiene necessario chiarire quale sia la natura della conoscenza oggettiva e scientifica. La conoscenza è costituita, da un punto di vista logico da una serie di giudizi che pretendono di affermare con verità qualcosa intorno alla realtà. Nell’introduzione alla Critica Kant conduce quindi un’indagine sul giudizio. La conoscenza risulta dalla relazione tra i tre piani del linguaggio, del pensiero e della realtà.
a) linguaggio: il linguaggio è il piano in cui si esprime il pensiero e costituisce lo strumento principale della conoscenza umana. Il giudizio costituisce l'elemento principale del linguaggio nel suo uso conoscitivo. Nella sua forma più elementare il giudizio risulta costituito dalla connessione tra un soggetto, ed un predicato, operata grazie alla mediazione della copula. Nel giudizio si ha quindi l’attribuzione di un soggetto ad un predicato:
FORMA ELEMENTARE DEL GIUDIZIO
"X è P"
dove "X" sta per un qualsiasi soggetto (per es. la mela), "P" sta per un qualsiasi predicato (per es. "rossa"), la copula rappresentata dal verbo "essere" sta invece per una "funzione".
E' evidente che senza la mediazione della copula il giudizio, e quindi la conoscenza, sarebbe impossibile, sua funzione è infatti quella di attribuire al soggetto il predicato (es. "la mela è rossa).
b) pensiero: si è detto come il linguaggio sia espressione del piano del pensiero. Pertanto al soggetto ed al predicato corrispondono sul piano del pensiero dei concetti (es. il concetto di mela e di rosso).
c) realtà: a sua volta il pensiero appare in relazione alla realtà. Infatti il soggetto si riferisce attraverso un concetto ad un oggetto (es. l'oggetto indicato dal nome "mela"), il predicato invece si riferisce ad una proprietà (es. quella indicata dal nome "rosso").
LINGUAGGIO = SOGGETTO - COPULA - PREDICATO
| | |
PENSIERO = CONCETTO FUNZIONE CONCETTO
| | |
REALTÀ' = OGGETTO INERENZA PROPRIETÀ

Si può allora definire il giudizio come la connessione del concetto di un oggetto espressa dal soggetto con il concetto di una proprietà che è invece espressa dal predicato, connessione resa possibile dalla copula che esprime la inerenza sul piano della realtà della proprietà all'oggetto.
La conoscenza sarà "vera" quando vi sarà corrispondenza tra i tre piani considerati, cioè quando l'oggetto indicato dal nome "mela" goda effettivamente della proprietà indicata dal nome "rosso".
1.3b MODELLO EMPIRISTA DELLA CONOSCENZA
L'empirismo è quella teoria che fa derivare la totalità della conoscenza dalla esperienza sensibile, negando che esistano conoscenze a priori.
Il tipo di giudizio che secondo Kant caratterizza la concezione empirista della conoscenza è il "giudizio sintetico a posteriori":
empirismo = giudizio sintetico a posteriori, o estensivo, viene definito da Kant come quel giudizio in cui il concetto espresso dall'oggetto (la proprietà), aggiunge qualcosa al concetto del soggetto, è quindi estensivo di esso. In questo caso infatti il concetto del predicato non è contenuto o implicato nel concetto del soggetto, cioè la connessione tra i due è pensata senza identità. Questo giudizio sarà quindi:
a) sintetico: perché in esso si realizza una "sintesi o somma" tra soggetto e predicato, ovvero il concetto del soggetto viene sommato a quello del predicato. La principale conseguenza è che si viene cosi ad ottenere un incremento della conoscenza empirica. La conoscenza, costituita dal concetto del soggetto, cresce in quanto viene aggiunta una nuova proprietà ad essa;
b) a posteriori: è tale perché deriva dall'esperienza e anche perché si può stabilire la verità di tale giudizio, solo dopo aver osservato se l'oggetto cui il giudizio si riferisce possiede realmente la proprietà che nel giudizio il predicato gli conferisce.
Si assuma come esempio il giudizio “Marte ha un’orbita ellittica” esso risulta "sintetico" perché il concetto di “orbita ellittica” non è contenuto nel concetto di “Marte”, infatti l’orbita di Marte potrebbe anche essere circolare, come per millenni si è creduto. Quindi in questo caso il giudizio è la somma o sintesi tra il concetto di “Marte” e quello di “orbita ellittica”. Il risultato di tale somma quindi costituisce un incremento delle nostre conoscenze sui pianeti, tale concetto risulta ampliato in seguito al giudizio. Inoltre il giudizio "Marte ha un’orbita ellittica” è anche "a posteriori" perché non è possibile sapere "a priori " che come sia l’orbita di Marte, lo si può stabilire solo dopo (a posteriori) averne verificato con l'osservazione il movimento.
1.3c VALUTAZIONE KANTIANA DELL'EMPIRISMO
L'analisi kantiana del "giudizio sintetico a posteriori", che costituisce, secondo Kant, il modello del giudizio scientifico per l’empirismo, viene conclusa con una valutazione degli aspetti positivi e negativi che tale concezione possiede.
L'aspetto positivo è dato dal fatto che il "giudizio sintetico a posteriori" permette di giustificare il carattere "sintetico" della conoscenza, spiega cioè come sia possibile incrementare la nostra conoscenza empirica. Esso spiega quindi il carattere oggettivo della nostra conoscenza.
L'aspetto negativo, già posto in evidenza da Hume, è dato dalla impossibilità di giustificare il carattere "universale" e "necessario" che la conoscenza scientifica deve possedere. Infatti in questo giudizio la conoscenza deriva dall'esperienza, ma si è già visto, parlando della critica humiana all'induzione ed alla causalità, come non sia possibile giustificare l’universalità e la necessità della conoscenza a partire dall'esperienza. In questo modo l’empirismo demoliva la pretesa del razionalismo metafisico di poter giungere ad una conoscenza assoluta della realtà in se stessa e riconduceva il sapere all’abitudine ed alla credenza, fattori irrazionali. Ritornando all'esempio del giudizio "Marte ha un’orbita ellittica", l'empirismo è in grado di giustificarne la verità perché si ha a che fare con un solo pianeta, ma se il giudizio fosse espresso nella sua forma universale: "tutti i pianeti hanno un’orbita ellittica”, non sarebbe possibile verificarne la verità attraverso l’esperienza perché sarebbero necessarie un numero infinito di osservazioni empiriche.
1.3d MODELLO RAZIONALISTA DELLA CONOSCENZA
Il razionalismo è caratterizzato secondo Kant dal "giudizio analitico a priori". La metafisica razionalista di tradizione leibniziano-wolffiana era fondata sulla premessa della possibilità, per la ragione, di conoscere a priori l’essenza della realtà, la realtà stessa si conforma ai principi razionali ed è pertanto determinabile a priori, indipendentemente dall’esperienza.
Razionalismo = giudizio analitico a priori, viene da Kant definito come quel giudizio in cui il concetto espresso dal predicato è già implicito o contenuto nel concetto espresso dal soggetto. In altri termini “la connessione del predicato col soggetto è pensata per identità”.
Tale giudizio è quindi:
a) analitico = poiché l'attribuzione al soggetto di una certa proprietà deriva da una analisi del concetto del soggetto in cui quella proprietà è già contenuta.
Sia dato il giudizio "ogni quadrato ha quattro lati", tale giudizio sarà analitico in quanto la proprietà di "avere quattro lati" è già contenuto nel concetto di "quadrato" espresso dal soggetto. Se infatti si opera l'analisi del concetto di "quadrato", si otterrà l'elenco delle proprietà la cui somma forma il concetto di "quadrato", tra queste proprietà ("l'essere una figura geometrica", "l'avere i lati perpendicolari tra loro", ecc.) si troverà anche quella di "essere quadrilatero". Kant chiama questo giudizio anche esplicativo in quanto, per suo tramite, viene compiuta una spiegazione delle proprietà che caratterizzano il concetto del soggetto. È evidente che tale tipo di analisi non produce nuove conoscenze oggettive.
b) A priori = questo giudizio sarà anche a priori perché non deriva dall'esperienza, infatti per determinare la sua verità non è necessaria alcuna verifica empirica. Tale giudizio risulta vero necessariamente in quanto risulta impossibile pensare il suo contrario poiché si incorrerebbe in una contraddizione. Tornando all'esempio del giudizio "tutti i quadrati hanno quattro lati", definire a priori tale giudizio significa, secondo Kant, che non è necessario osservare i quadrati che esistono realmente per sapere che essi hanno quattro lati, essendo impossibile pensare il contrario – cioè pensare un quadrato con un numero di lati diverso da quattro – il giudizio risulterà necessariamente vero. Quindi la certezza della verità di questo giudizio viene acquisita indipendentemente dall'esperienza. Secondo la tradizione metafisica la conoscenza è interamente analitica.
1.3e VALUTAZIONE KANTIANA DEL RAZIONALISMO
Anche la valutazione che Kant fornisce dei giudizi "analitici a priori", da cui è formata secondo i razionalisti la conoscenza scientifica, è duplice:
a) l'aspetto positivo è costituito, in questa forma di giudizio, dal fatto che non dipendendo la sua verità dall'esperienza, i giudizi analitici a priori saranno universali e necessari;
b) l'aspetto negativo risiede invece nel loro carattere analitico, infatti in tali giudizi non si ha alcun incremento delle nostre conoscenze empiriche, perché non fanno altro che attribuire al soggetto una proprietà che si sapeva essere già da esso posseduta.
CONCLUSIONE:
Dal razionalismo metafisico Kant deriverà la tesi secondo cui i requisiti della vera conoscenza sono da ricercare nella necessità ed universalità e che queste possono essere raggiunte solo se il sapere non è interamente derivabile dall’esperienza. Dall’empirismo Kant deriverà la necessità di fondare la conoscenza sull’esperienza per spiegarne il carattere sintetico, la ragione da sola non può asserire alcunché sul mondo, pertanto la conoscenza può dirci qualcosa sulla realtà solo se è, almeno parzialmente, derivabile dall’esperienza.
Giudizio Sintetico A Posteriori: estende la conoscenza ma non ne garantisce la universalità e necessita;
Giudizio Analitico A Priori = garantisce universalità e necessita della conoscenza, ma non la incrementa;
Sia l'empirismo che il razionalismo sono, per motivi opposti, insoddisfacenti. La conoscenza non può coincidere interamente né con l'uno, né con l'altro. L'unica possibilità che secondo Kant rimane a questo punto è quella di verificare se sia possibile che esista un giudizio che combini gli aspetti positivi del razionalismo e dell'empirismo, senza possederne anche i limiti. Questo giudizio dovrebbe giustificare sia la capacita del sapere di ampliare ed estendere la conoscenza della realtà empirica, sia universalità e necessità di questa conoscenza. In pratica occorre verificare se esista un giudizio che combini il carattere sintetico con quello a priori, ovvero il problema è: "esistono i giudizi sintetici a priori ?"
Tutto il problema della conoscenza che si è fin qui esaminato si riduce secondo Kant alla domanda intorno alla esistenza del giudizio sintetico a priori: “il vero e proprio problema della ragion pura è contenuto nella domanda: come sono possibili i giudizi sintetici a priori?” Solo dopo aver chiarito la possibilità e validità di questo tipo di giudizi si potrà confutare lo scetticismo di Hume dimostrando che è possibile una conoscenza scientifica.

1.3f GIUDIZIO SINTETICO A PRIORI
Il modello della conoscenza è quindi dato dal "giudizio sintetico a priori", tale giudizio dovrà essere tale da possedere le seguenti proprietà:
universalità: le conoscenze espresse da tale giudizio dovranno essere valide in ogni luogo e ogni tempo;
necessità: inoltre tale giudizio dovrà essere valido allo stesso modo per qualsiasi soggetto;
sinteticità: la conoscenza espressa da tale giudizio dovrà ampliare il nostro sapere empirico;
Ponendo il problema della possibilità del giudizio sintetico a priori, Kant opera una innovazione rivoluzionaria nella filosofia. Nella filosofia tradizionale si era infatti sviluppato, a partire dal '600, un dibattito tra empirismo e razionalismo che non aveva condotto, secondo Kant, ad alcuna conclusione positiva, avendo entrambe queste tendenze mostrato di possedere limiti insuperabili.
RAZIONALISMO -> IDEE INNATE -> CONOSCENZA
EMPIRISMO -> ESPERIENZA -> CONOSCENZA
Ammettere la possibilità di giudizi sintetici a priori significava cercare una diversa "teoria della conoscenza" che pur riconoscendo la necessità di porre alla base della conoscenza alcuni principi innati o a priori, non commettesse l'errore di considerarli trascendenti, come faceva il razionalismo. Tali principi dovrebbero essere:
- a priori: non derivanti dall'esperienza ma innati, cioè facenti parte della struttura mentale dell’umanità, questo infatti spiegherebbe la loro universalità e necessità;
- sintetici: questi principi dovrebbero inoltre essere applicati solo all'esperienza sensibile e non, come voleva il razionalismo metafisico, alla realtà in se che trascende l'esperienza. Applicandosi solo all'esperienza sensibile questi principi permetterebbero di ampliare la nostra conoscenza di questa, sarebbero cioè sintetici.
La possibilità della scienza dipende dalla esistenza dei "giudizi sintetici a priori" che conferiscono ad essa i suoi requisiti di "universalità", "necessità" e "sinteticità", tali giudizi sono a loro volta possibili se esistono dei "principi sintetici a priori" da cui derivarli. Tali principi sono da Kant definiti "trascendentali". Kant così definisce questo concetto: “Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli oggetti in quanto questa deve essere possibile a priori”. Trascendentale indica quindi:
a) l’elemento a priori su cui si fonda la conoscenza oggettiva. Non si tratta però delle “verità innate” di cui parlava la metafisica, tali principi non derivano dall’esperienza ma sono a priori nel soggetto, tuttavia non trascendono l'esperienza in quanto hanno senso solo se applicati ad essa. Viceversa con le “idee innate” si pretendeva di conoscere la realtà delle sostanze in se stessa, al di là dell’esperienza.
b) Il concetto di trascendentale si distingue quindi da quello di trascendente che indica ciò che trascende l'esperienza, ma anche da quello di empirico che indica ciò che deriva dall'esperienza e non può quindi essere universale e necessario.
c) Con esso si indica non la conoscenza delle cose ma il modo in cui noi le conosciamo, non esiste prima l’oggetto di cui noi poi facciamo conoscenza, ma gli oggetti sono costruiti applicando ai dati sensibili strutture a priori che li organizzano, tali strutture consentono di ordinare il materiale sensibile e di costruire l’esperienza. Esse rappresentano quindi delle funzioni a priori ma vuote se non applicate all’esperienza. In questo senso sono né empiriche, né trascendenti, ma trascendentali. È quindi l’esperienza a adeguarsi, almeno in parte, alle forme e categorie a priori dell’intelletto e non l’intelletto ad essa. È per questo che è possibile una conoscenza a priori della realtà empirica, perché essa è il risultato di una costruzione trascendentale ad opera del soggetto.

GIUDIZI PRINCIPI > SPAZIO-TEMPO
CONOSCENZA SCIENTIFICA -> SINTETICI -> SINTETICI =
| | PRIORI A PRIORI > CATEGORIE
UNIVERSALE SINTETICA
NECESSARIA
Tali strutture sono le forme a priori dello spazio e del tempo e le categorie dell'intelletto, grazie a tale soluzione Kant potrà risolvere il problema della "critica della ragion pura".
1.4 STRUTTURA DELL'OPERA
Kant cominciò a lavorare alla critica della ragion pura a partire dal 1771, allora aveva intenzione di intitolare l'opera "I limiti della sensibilità e della ragione". La prima edizione dell'opera fu edita nel 1781, nel 1787 compariva la seconda edizione che per molti aspetti differisce dalla prima. La struttura dell'opera risulta dalla applicazione del "principio critico" alle tre facoltà in cui si articola la "conoscenza razionale". Si tratta in altri termini di stabilire se le facoltà che nel loro insieme costituiscono la ragione (sensibilità, intelletto e ragione), sono in grado di elaborare conoscenze a priori della realtà empirica, cioè conoscenze pure. Kant chiama tale tipo di indagine "analisi trascendentale delle facoltà conoscitive", poiché essa mira a stabilire se esistono principi trascendentali, cioè principi che, pur non derivando dall'esperienza (a priori e quindi universali e necessari), parlino della realtà empirica (sintetici). Si può ora comprendere perché Kant chiami l'oggetto della critica "ragion pura", si tratta infatti di verificare le possibilità della ragione di elaborare una conoscenza a priori degli oggetti.
SCHEMA DELL'ANALISI TRASCENDENTALE DELLE FACOLTÀ'
1) SENSIBILITÀ' INTELLETTO RAGIONE
| | |
2) MATEMATICHE FISICA METAFISICA
| | |
3) ESTETICA LOGICA DIALETTICA
TRASCENDENTALE TRASCENDENTALE TRASCENDENTALE
| | |
4) FORME A PRIORI CATEGORIE IDEE
SENSIBILITÀ' INTELLETTO RAGIONE
| | |
SPAZIO-TEMPO QUALITÀ' DIO
5) QUANTITÀ' MONDO
+
DATI SENSIBILI RELAZIONE IO
MODALITÀ'
spiegazione schema:
livello 1: facoltà conoscitive esaminate;
livello 2: scienze che derivano da tali facoltà;
livello 3: parti della critica che esaminano tali scienze;
livello4: principi trascendentali su cui si fondano le scienze corrispondenti;
livello 5: elenco dettagliato dei principi trascendentali o puri;

Tenendo presente lo schema precedente si può ora definire l'impianto generale dell'opera:
CRITICA DELLA RAGIONE PURA
DOTTRINA DEGLI ELEMENTI DOTTRINA DEL METODO
| |
ESTETICA LOGICA
TRASCENDENTALE TRASCENDENTALE
| |
ANALITICA DIALETTICA
definizioni:
"dottrina degli elementi": individuazione degli elementi formali della conoscenza (principi a priori);
"dottrina del metodo": esame dell'uso di tali elementi nella loro applicazione all'esperienza;
"critica della ragione pura": esame critico generale della possibilità, della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi elementi puri a priori.
10
1

Esempio