Introduzione alla Filosofia

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

FILOSOFIA
Introduzione:
Nostro scopo è incoraggiare in noi qualità filosofiche che sono:
1) L’attitudine all’ascolto.
2) La ponderazione di giudizio.
3) La coerenza nelle argomentazioni.
4) La capacità di guardare alle cose da punti di vista alternativi.
5) L’apertura alle possibilità.
6) La capacità di rimanere fedeli ad un’ipotesi traendone con coerenza tutte le conseguenze.
7) La possibilità di sospendere il giudizio.

Nostro obbiettivo è raggiungere la disponibilità ad accogliere qualsiasi ipotesi, anche la più eccentrica che può contribuire a gettare una luce nuova ed imprevista sul problema ed ad invidiare la direzione che orienti la ricerca del problema.
Nostro obbiettivo è raggiungere la conoscenza della percezione dell’esistenza dei nostri processi mentali di pre-comprensione della realtà e della comprensione che alcune cose in determinate circostanze possono rappresentare un blocco cognitivo.

Filosofia è una parola greca che deriva da: FILO → φίλω + SOFIA → σοφία
= Amore per la sapienza. Essa nasce in Grecia dal filosofo Talete (τάλετε) che diceva che tutto era nato dall’acqua (τάλαττα).

Cos’è la storia?
La storia è una materia di studio riguardante gli avvenimenti del passato. Su può studiare sui libri oppure con dei documenti. Sono gli storici che stabiliscono date di inizio e fine dei periodi storici. Le informazioni sui libri vanno comunque analizzate con cognizione di causa. È importante conoscere la storia Europea perché è legata alla sedimentazione cioè l’aggiunta di nuove informazioni storiche a quelle vecchie.

Sapere: conoscere, sapere dire, sapere fare.
Ci sono due modi per risolvere i problemi: il Mito e il Pensiero.
Più la cultura è evoluta maggiore è la complessità del linguaggio, meno la cultura è evoluta minore è la complessità del linguaggio.

Che cos’è la lingua?
1) Quando noi parliamo di lingua usiamo un concetto astratto, alla cui base stanno dei fatti reali, che sono i singoli atti linguistici dei singoli individui. La lingua è la modalità di esprimere il proprio pensiero e di esprimere la realtà. 2) La comunicazione esige una doppia azione creativa da parte di chi parla e di chi ascolta: il primo, compiendo l’atto linguistico dall’intuizione crea l’espressione; il secondo dall’espressione ricrea in sé l’intuizione. 3) I segni linguistici, cioè le parole in cui si traduce l’espressione linguistica, sono mediati e convenzionali. Per permettere la comunicazione occorre che tali segni abbiano per chi parla e per chi ascolta un valore pressoché uguale. 4) l’apprendimento della lingua materna da parte di un bambino, o di una lingua straniera da parte di un adulto non è altro che l’identificazione dei segni, parole e nessi, negli atti linguistici altrui, e l’appropriarsene come di modelli da seguire nella creazione linguistica: questo apprendimento non cessa mai poiché ogni uomo trova continuamente, negli atti linguistici propri e altrui, modelli uguali agli antichi e nuovi. In tal modo gli appartenenti ad una comunità linguistica, creano, nei loro atti linguistici singoli, un certo numero di segni identici in fondo tra loro.

Dal saggio sull’intelletto umano di John Locke.
Introduzione: e’ probabilmente Francesco Bacone nel “Digitate et augmentis scientiarum” (1623) tra i primi a osservare che tra le lingue del mondo esistono differenze che non riguardano la semplice forma esterna, ma coinvolgono i procedimenti di formazione delle parole e strutturazione della frase. John Locke è il primo a studiare sistematicamente il problema, e a osservare che alcune parola esistono solo in certe lingue, ossia non hanno corrispettivi nelle altre, e devono essere tradotte con delle perifrasi. Locke, coerentemente con la sua teoria della conoscenza di tipo strettamente empirista (seguace dell’empirismo → qualsiasi dottrina che ritenga l’esperienza unico fondamento del conoscere), ritiene che tutte le parole derivino da parole che stanno per idee sensibili.
Prima tesi: Dio ha fatto l’uomo socievole, come gli altri animali ma diverso da loro, gli ha donato il linguaggio, destinato ad essere il comune legame della società. La natura gli ha donato organi per parlare ma ciò non bastava siccome le parole possono essere riprodotte da alcuni uccelli.
Seconda tesi: era necessario che l’uomo si servisse di questi suoni per esprimere concezioni interiori e per fissarli come contrassegni alle idee nella sua mente. Contrassegni mediante i quali si possono trasmettere i pensieri degli uomini dall’uno all’altro.
Terza tesi: ma anche questo non bastava infatti il linguaggio è utile solo se comprende termini generali in quanto altrimenti la funzione comunicativa del linguaggio risulta impossibile.
Quarta tesi: tutte le idee non sensibili derivano comunque da idee sensibili, così vale anche per le parole.
Precisazione: per meglio intendere l’uso e la forza del linguaggio bisogna considerare: a che cosa sono applicati i nomi nell’uso del linguaggio; poiché tutti i nomi sono generali e indicano delle categorie, che cosa siano queste categorie.
Ampliamento prima tesi e ripresa seconda: i pensieri dell’uomo sono nascosti agli altri e poiché senza comunicarli non si potrebbero avere i vantaggi della società, l’uomo rende note agli altri le sue idee mediante i suoni. Così l’uomo utilizza le parole per esprimere le proprie idee. Lo scopo delle parole è di essere segni sensibili delle idee.
Quinta tesi: il fulcro del significato della parola è il soggetto conoscente, non la realtà.

Da “Linguaggio e problemi della conoscenza” di Noam Chomsky:
Chomsky avanza l’ipotesi che ogni individua possieda una specifica facoltà mentale del linguaggio. Da essa si delineano alcune conseguenze: la capacità di usare il linguaggio fa parte del bagaglio biologico della specie, e non stata inventata dagli uomini e tramandata, ma è, appunto, una facoltà innata del genere umano. In secondo luogo, seguendo la prima conseguenze, si deduce che ogni lingua ha una struttura comune, dei principi generali di formazione delle frasi, anche se ogni lingua differisce sostanzialmente dalle altre.

Il Mito:
Dal greco (Мίτοs), significa “parola”, è una situazione fantastica, al quale l’uomo si riferisce, si rapporta, si modella. Spesso in esso compare un Dio che risolve la situazione proposta. Il primo a differenziare mito e realtà è Tucidite (fondatore della scienza storica). Il mito nasce dal bisogno dell’uomo di rapportarsi a qualcosa di non fisico (metafisica → μετάταφςύkά) e esso implica l’idea dell’immortalità e della non mortalità, riferite entrambi agli dei (vita dopo la morte). Il mito racchiude infatti tutto ciò che riguarda gli dei e la creazione dell’universo (secondo Platone nel “Timeo”) perché non è possibile costruire un “logos” (discorso corretto e coerente) intorno ad essi. Durante l’età primitiva era il sacerdote che si preoccupava di ammaestrare la comunità riguardo al mito e alle conseguenti “leggi” che regolavano la vita quotidiana. Nel medioevo il mito fu considerato pieno di sapienza, nascosta all’interno di esso.

La civiltà orale ~ il linguaggio:
Partendo dalla preistoria la parola acquista sempre più convenzionalità, essendo sorretta prima dalle emozioni e in seguito, sino ad ora, dalla semplice necessità comunicativa. Ma come nasce il linguaggio? Il linguaggio risponde al bisogno di poter esprimere attraverso suoni un concetto, un’idea, un oggetto o qualsiasi altra cosa. Prima di arrivare al linguaggio l’uomo scoprì il disegno e attraverso ad esso esprimeva i suoi concetti, senza però interagire con gli altri, senza soddisfare il suo bisogno primario. In seguito riuscì a contrassegnare le idee, e le immagini sino ad ora riprodotte, con dei suoni. Era però necessario che ogni essere umano contrassegnasse con gli stessi suoni le stesse idee affinché fosse possibile la comprensione. In seguito, dopo aver tramandato le idee e i pensieri oralmente, l’uomo riuscì a fissare questi attraverso dei segni, le parole, rendendoli uguagli per tutti gli uomini, aggiungendo così alla comunicazione gli scritti.

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