Il superuomo Nietzscheano

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Testo

Il tema della diversità, nella sua ampiezza, coinvolse anche il campo filosofico. Uno dei filosofi che meglio delinea, a mio parere, tale questione fu Friedrich Nietzsche.
Il filosofo tedesco fece della sua opera, Così parlò Zarathustra, il manifesto della sua filosofia del “superuomo” o “oltre–uomo”. Il superuomo Nietzscheano (Übermensch) non era altro che un nuovo tipo umano che riassumesse in sé il primitivo spirito dionisiaco, che si ponesse ‹‹al di là del bene e del male››, la cui morale fosse basta sulla volontà, sulla ‹‹fedeltà alla terra›› e sul ripudio di qualunque consolazione metafisica. È ben visibile come tale “tipo umano”, teorizzato da Nietzsche, e l’uomo reale che circondava il filosofo fossero due realtà diametralmente opposte; egli stesso afferma che ‹‹l’uomo è qualcosa che deve essere superato››1 per dare spazio al nuovo stadio della evoluzione umana.
Riprendendo la teoria evoluzionistica, Nietzsche afferma anche: ‹‹Che cos’è la scimmia per l’uomo? Qualcosa che fa ridere, oppure che suscita un doloroso senso di vergogna. La stessa cosa sarà dunque l’uomo per il superuomo: un motivo di riso o di dolorosa vergogna››.2 Questa affermazione chiarisce bene il pensiero che l’autore voleva far trapelare: il superuomo, nella sua diversità, è decisamente migliore dell’uomo, risulta essere quasi una evoluzione di esso (c’è da dire che Nietzsche non aderisce alla teoria evoluzionistica darwiniana, ma la utilizza ugualmente per rendere il concetto più chiaro).
La figura dell’oltre–uomo è un’immagine centrale della filosofia nietzscheana, e che pertanto risulta strettamente correlata a tutti gli aspetti del pensiero filosofico dello stesso pensatore tedesco.
Uno degli ideali che caratterizza il superuomo è senza dubbio la fedeltà alla terra: l’ateismo è caratteristica costante del pensiero di Nietzsche; conseguenza di tale ateismo è la convinzione che la cosa più giusta sia un ripudio dello spiritualismo ascetico e di qualsiasi consolazione metafisica, con conseguente accettazione e attaccamento incondizionati alla materialità e alle cose terrene. Dunque il superuomo non crede in un mondo trascendente, in quanto cerca la felicità nell’unica vita che può vivere, quella terrena. In questo senso, dunque, il maggior peccato non è tradire Dio, ma tradire la terra.
A conferma di tutte queste sue convinzioni, Nietzsche pone l’evento, importantissimo nell’economia della sua filosofia, della “morte di Dio” (Gott ist tot!- Dio è morto!).
Questa è una espressione che allude al venir meno di tutte le certezze assolute che sono state dei punti di riferimento alla base dell’esistenza umana per millenni, capaci di fornire agli uomini riparo dagli eventi terreni e una consolazione, risedente in un mondo metafisico e indimostrabile.
Nel contesto generale delle convinzioni di Nietzsche trova ampio spazio l’inevitabile “trauma” che la morte di Dio costituisce per l’uomo; il filosofo tedesco però tiene a precisare che l’evento della “morte di Dio” costituisce un trauma solo per quegli uomini che non sono ancora superuomini. Tuttavia proprio il “grande annuncio” costituisce l’inizio di una serie di processi che porteranno l’uomo, guardando in faccia il mondo, ad accettarne l’a-razionalità e quindi a trovare il coraggio per fare il primo passo verso l’evoluzione in superuomo.
Si può, in conclusione, affermare che ‹‹la “morte di Dio” costituisce l’atto di nascita del superuomo››.3
Altra caratteristica dell’”oltre-uomo” nietzscheano è l’identificazione con lo spirito dionisiaco.
Nietzsche riscontra nel mondo greco una dialettica di base tra lo spirito dionisiaco e quello apollineo: il dionisiaco, che, come detto, è caratteristica del “superuomo”, è simbolo dell’ebbrezza orgiastica, della forza creativa, espressione dell’adesione entusiastica all’essenza della realtà, che è fondamentalmente irrazionalità e dolore; l’apollineo, invece, è l’espressione della calma imperturbabile, della serena armonia, della proporzione equilibrata.
Nel contesto della filosofia di Nietzsche, entrambi gli stati ritrovano una loro applicazione. Egli collega i due spiriti al mondo della tragediografia: il dionisiaco si cala nella tragedia di Eschilo e Sofocle, mentre con l’età di Socrate, di Platone e di Euripide si afferma l’apollineo, contraddistinto da una concezione della vita basata sull’intelletto e sulla ragione e sintomo del decadimento della civiltà greca. L’opera nietzscheana che si occupa della dialettica appena presentata è La nascita della tragedia (1872), nella quale, il filosofo tedesco si preoccupa anche di dare i natali alla tragedia greca, facendola derivare dalla commistione dei due spiriti appena presentati: ‹‹questi due istinti così diversi camminano l’uno accanto all’altro, per lo più in aperto dissidio, stimolandosi reciprocamente a sempre nuove e più gagliarde reazioni per perpetuare in sé incessantemente la lotta di quel contrasto, [...] finché in ultimo, riuniti insieme da un miracolo metafisico, prodotto dalla ‹‹volontà›› ellenica, essi appaiono finalmente in coppia e generano in quest’accoppiamento l’opera d’arte della tragedia attica, che è tanto dionisiaca quanto apollinea.››
Altro legame che il concetto di “superuomo” permette all’interno dell’economia dello stesso pensiero nietzscheano è quello con la concezione del tempo; essa è basata sulla ripetizione eterna di tutte le vicende dell’uomo. La teoria dell’Eterno ritorno è strettamente legata all’immagine del superuomo. Essa presenta delle caratteristiche decisamente selettive che risultano essere lo spartiacque tra l’uomo e il superuomo. Infatti, una reazione impostata sullo spaesamento, sul terrore e sul senso di “peso” è tipica dell’uomo “normale”; invece la sensazione di gioia entusiastica e di accettazione totale della vita è tipica del “superuomo”.
Nietzsche, nella sua opera La gaia scienza, presenta così il concetto dell’Eterno ritorno e la differenza tra le reazioni dell’uomo e del superuomo:

Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!”? Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: “Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina”? Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: “Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?” graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun’altra cosa che quest’ultima eterna sanzione, questo suggello?4

Da quest’ultimo estratto, come dalle altre caratteristiche sopra menzionate, si evince come Nietzsche volesse sottolineare la superiorità sotto qualsiasi punto di vista dell’oltre–uomo. La definizione stessa, con il prefisso “oltre” (in tedesco über), serve proprio ad evidenziare meglio la diversità tra il superuomo del futuro e l’uomo del presente.
1 da “Così parlò Zarathustra”, 1884, pag. 242
2 Ibidem
3 da ‹‹La gaia scienza››, 1882
4 da La gaia scienza, 1882
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Esempio



  


  1. gabriele

    appunti semplificati su nietzsche