Il manifesto

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Testo

MARX E ENGELS
"IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA"
Uno spettro si aggira per l'Europa, lo spettro del comunismo.
I
BORGHESI E POPOLARI
La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe. Libero e schiavo, patrizio e plebeo, barone e servo della gleba, mastro artigiano e garzone, in breve oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto; una lotta che è sempre finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta.
Nelle epoche passate della storia troviamo quasi dappertutto una completa divisione della società in vari ordini, una complessa gerarchia delle posizioni sociali.
La nostra epoca, l'epoca della borghesia, si distingue però dalle altre per aver semplificato i conflitti di classe. L'intera società si va sempre più scindendo in due grandi campi nemici: borghesia e proletariato.
Il ceto medio industriale soppiantò i mastri artigiani; la divisione del lavoro tra le diverse corporazioni scomparve dinanzi alla divisione del lavoro interna al singolo opificio. La grande industria ha prodotto il mercato mondiale.
Vediamo dunque come la stessa borghesia moderna sia il prodotto di un lungo processo di sviluppo. Col costruirsi della grande industria e del mercato mondiale, la borghesia si è conquistata il dominio politico esclusivo nel moderno Stato rappresentativo.
La borghesia ha giocato nella storia un ruolo altamente rivoluzionario. Dove è giunta al potere, la borghesia ha distrutto tutti i rapporti feudali, ha lacerato spietatamente tutti i variopinti legami feudali, ha posto come unica libertà quella di un commercio privo di scrupoli. In una parola, in luogo dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche, ha introdotto lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido.
La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali. prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l'immutata conservazione del vecchio sistema di produzione.
Il bisogno di sbocchi sempre più estesi per i suoi prodotti spinge la borghesia su tutto il globo terrestre. Ovunque essa deve insediarsi, ovunque stabilirsi, ovunque allacciare collegamenti.
Con lo sfruttamento del mercato mondiale, la borghesia ha dato un'impronta cosmopolita alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ai vecchi bisogni, soddisfatti con i prodotti nazionali, subentrano nuovi bisogni. All'antica autosufficienza e all'antico isolamento locali e nazionali subentra un commercio universale. Ciò vale sia per la produzione materiale che per quella spirituale.
Col rapido miglioramento di tutti gli strumenti di produzione, con le comunicazioni rese infinitamente più agevoli, la borghesia trascina nella civiltà tutte le nazioni. Costringe tutte le nazioni ad adottare il sistema di produzione della borghesia. In una parola, essa si crea un mondo a propria immagine e somiglianza.
La borghesia ha assoggettato la campagna al dominio della città. Essa ha ammassato la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione e concentrato la proprietà in poche mani. Ne è scaturita, come conseguenza necessaria, la centralizzazione politica. Nel suo dominio di classe, che dura appena da un secolo, la borghesia ha creato forze produttive ingenti.
Abbiamo visto che i mezzi di produzione e di scambio sulla cui base si è formata la borghesia furono prodotti nella società feudale. Ad un certo stadio di sviluppo i rapporti feudali di proprietà non corrisposero più alle forze produttive ormai sviluppatesi. Inceppavano la produzione. Si erano trasformate in altrettante catene. Esse dovevano essere spezzate e furono spezzate. Subentrò la libera concorrenza con il dominio economico e politico della classe borghese.
Sotto i nostri occhi si stava svolgendo un processo analogo con i rapporti borghesi di produzione e di scambio. Sono decenni ormai che la storia dell'industria e del commercio è soltanto la storia della ribellione delle moderne forze produttive contro i moderni rapporti di produzione, contro i rapporti di proprietà che costituiscono le condizioni di vita della borghesia e del suo dominio. Basti ricordare le crisi commerciali, che col loro periodico ripresentarsi sempre più minacciosamente mettono in discussione l'esistenza di tutta la società borghese. Durante la crisi scoppia l'epidemia della sovrapproduzione perché la società possiede troppa civiltà, troppi mezzi di sussistenza, troppa industria, troppo commercio. I rapporti borghesi sono diventati troppo angusti per poter contenere la ricchezza creata dalle forze produttive. Con quale mezzo la borghesia supera la crisi? Per un verso imponendo la distruzione di una grande quantità di forze produttive; per un altro verso conquistando nuovi mercati.
Le armi con cui la borghesia ha abbattuto il feudalesimo si rivolgono ora contro la stessa borghesia.
Ma la borghesia non ha soltanto forgiato le armi che le arrecheranno la morte, ha anche generato gli uomini che impugneranno quelle armi - gli operai moderni, i proletari.
Nella stessa misura in cui si sviluppa la borghesia, cioè il capitale, si sviluppa anche il proletariato. Questi operai sono costretti a vendersi al minuto, sono una merce come ogni altro articolo di commercio.
Con la diffusione delle macchine e con la divisione del lavoro, il lavoro dei proletari ha perduto ogni carattere autonomo e quindi ogni attrattiva per l'operaio. Egli diventa un semplice accessorio della macchina. gli operai non sono solo servi della classe borghese, dello Stato borghese, ma vengono ogni giorno e ogni ora asserviti anche dalla macchina. quanto meno il lavoro manuale esige abilità e sforzo fisico, cioè quanto più si sviluppa l'industria moderna, tanto più il lavoro degli uomini viene rimpiazzato da quello delle donne e dei bambini.
I tradizionali ceti medi, i piccoli industriali e negozianti e coloro che vivono di piccola rendita, gli artigiani e i coltivatori diretti, tutte queste classi sprofondano nel proletariato, in parte perché il loro esiguo capitale non basta per l'esercizio della grande industria e soccombe alla concorrenza dei capitalisti più potenti, in parte perché la loro qualificazione perde valore coi nuovi metodi produttivi. In questo stadio gli operai formano una massa dispersa per tutto il paese e frantumata dalla concorrenza. Lo stringersi in massa degli operai non è ancora la conseguenza della loro propria unione, ma dell'unione della borghesia.
Ma con lo sviluppo dell'industria il proletariato non cresce soltanto di numero; esso viene concentrato in masse via via più imponenti, la sua forza cresce. È cos' che gli operai cominciano a formare coalizioni contro i borghesi e si uniscono per difendere il loro salario. Fondano persino associazioni permanenti.
Il vero risultato delle loro lotte non è il successo immediato ma la loro unione, che sempre più si diffonde. Essa viene agevolata dai mezzi di comunicazione. Questa organizzazione dei proletari in classe, e quindi in partito politico, viene ad ogni istante spezzata dalla concorrenza fra gli stessi operai, ma finisce sempre col risorgere più forte. Approfittando delle divisioni all'interno della borghesia, la costringe al riconoscimento legale dei singoli interessi degli operai. Inoltre il progresso dell'industria fa sprofondare nel proletariato interi settori della classe dominante.
Nei periodi in cui la lotta di classe si avvicina al momento decisivo, il processo di dissoluzione all'interno della classe dominante assume un carattere impetuoso, aspro, tanto che una piccola parte della classe dominante si stacca da essa per unirsi alla rivoluzione. Di tutte le classi che oggi stanno di fronte alla borghesia, solo il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria.
Gli ordini medi combattono tutti la borghesia, per premunire dalla scomparsa la propria esistenza come ordini medi. Quindi non sono rivoluzionari ma conservatori. Anzi, sono reazionari. Le condizioni di esistenza della vecchia società sono già annullate nelle condizioni di esistenza del proletariato. Il proletariato è senza proprietà; il suo rapporto con moglie e figli non ha più nulla in comune con il rapporto familiare borghese. Leggi, morale, religione sono per lui altrettanti pregiudizi borghesi, dietro i quali si nascondono altrettanti interessi
borghesi. I proletari possono conquistarsi le forze produttive della società soltanto abolendo il loro sistema di appropriazione avuto sino a questo momento.
Tutti i movimenti precedenti sono stati movimenti di minoranze. Il movimento proletario è il movimento indipendente della immensa maggioranza. La lotta del proletariato contro la borghesia è in primo tempo lotta nazionale.
Ma l’operaio moderno, invece di elevarsi man mano che l’industria progredisce, scende sempre più al di sotto delle condizioni della sua classe. L’operaio diventa povero, e il pauperismo si sviluppa anche più rapidamente. Da tutto ciò appare manifesto che la borghesia non è in grado di rimanere ancora più a lungo la classe dominante della società. La condizione più importante per l’esistenza e per il dominio della classe borghese è l’accumularsi della ricchezza nelle mani di privati, la formazione e la moltiplicazione del capitale; condizione del capitale è il lavoro salariato. Il lavoro salariato poggia esclusivamente sulla concorrenza degli operai tra di loro. Il progresso dell’industria fa subentrare all’isolamento degli operai risultante dalla concorrenza la loro unione rivoluzionaria, risultante dall’associazione. Con lo sviluppo della grande industria, dunque, vien tolto di sotto ai piedi della borghesia il terreno stesso sul quale essa produce e si appropria dei prodotti. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono del pari inevitabili.
II
PROLETARI E COMUNISTI
I comunisti non sono un partito particolare di fronte agli altri partiti operai; non hanno interessi distinti dagli interessi di tutto il proletariato; non pongono principi speciali sui quali vogliono modellare il movimento proletario. I comunisti mettono in rilievo e fanno valere gli interessi comuni, indipendenti dalla nazionalità, dell’intero proletariato. Quindi in pratica i comunisti sono la parte progressiva più risoluta dei partiti operai di tutti i paesi.
Lo scopo immediato dei comunisti è la formazione del proletariato in classe, l’abbattimento del dominio della borghesia, la conquista del potere politico da parte del proletariato.
Le proposizioni teoriche dei comunisti sono semplicemente espressioni generali di rapporti di fatto di una esistente lotta di classi,, cioè di un movimento storico che si svolge sotto i nostri occhi.
Quel che contraddistingue il comunismo non è l’abolizione della proprietà in generale, bensì l’abolizione della proprietà borghese.
1- Ci si è rinfacciato, a noi comunisti, che vogliamo abolire la proprietà acquistata personalmente, frutto del lavoro diretto e personale; la proprietà che costituirebbe il fondamento di ogni libertà, attività, e autonomia personale. Non c’è bisogno che aboliamo noi la proprietà del minuto cittadino, l’ha abolita e la va abolendo di giorno in giorno lo sviluppo dell’industria. O parlate della moderna proprietà privata borghese? Ma il lavoro salariato crea la proprietà a questo proletario? La proprietà nella sua forma attuale si muove entro l’antagonismo fra capitale e lavoro salariato. Essere capitalista significa occupare nella produzione non soltanto una pura posizione personale, ma una posizione sociale. Dunque il capitale non è una potenza personale, è una potenza sociale. Dunque se il capitale viene trasformato in proprietà collettiva non c’è trasformazione di proprietà personale in proprietà sociale. Si trasforma solo il carattere sociale della proprietà, che perde il suo carattere di classe. Il prezzo medio dl lavoro salariato è il minimo del salario del lavoro, cioè la somma dei mezzi di sussistenza che sono necessari per mantenere in vita l ’operaio. Vogliamo eliminare soltanto il carattere miserabile di questa appropriazione. Nella società borghese il lavoro vivo è soltanto un mezzo per moltiplicare il lavoro accumulato. Nella società comunista il lavoro
accumulato è solo un mezzo per ampliare il ritmo d’esistenza degli operai.
2- Voi inorridite perché vogliamo abolire la proprietà privata. Ma nella vostra società attuale la proprietà privata è abolita per i nove decimi dei suoi membri. Il comunismo non toglie a nessuno il potere di appropriarsi prodotti della società, toglie soltanto il potere di assoggettarsi il lavoro altrui mediante tale appropriazione. Le vostre idee sono prodotti dei rapporti borghesi di produzione e di proprietà, come il vostro diritto è soltanto la volontà della vostra classe elevata a legge.
3- Abolizione della famiglia. Su che cosa si basa la famiglia attuale, la famiglia borghese? Sul capitale.
4- Ci rimproverate di voler abolire lo sfruttamento dei figli da parte dei genitori?? Confessiamo questo delitto. Ma voi dite che sostituendo l’ educazione sociale a quella familiare noi aboliamo i rapporti più cari.
5- Tutta la borghesia ci grida contro in coro: ma voi comunisti volete introdurre la comunanza delle donne. Il borghese vede nella moglie un semplice strumento di produzione. Non sospetta neppure che si tratta di abolire proprio la posizione delle donne come semplici strumenti di produzione. In realtà, il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli. Tutt’al più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre una comunanza delle donne ufficiale al posto di una dissimulata.
6- Si è rimproverato ai comunisti ch’essi vorrebbero abolire la patria, la nazionalità. Gli operai non hanno patria. Il dominio del proletario farà scomparire gli antagonismi nazionali.
Il primo passo sulla strada della rivoluzione operaia consiste nel fatto che il proletariato si eleva a classe dominante. Il proletariato adopererà tutto il suo potere politico per strappare a poco a poco alla borghesia tutto il capitale. In un primo momento questo può avvenire tramite interventi dispotici nel diritto di proprietà e nei rapporti borghesi di produzione. Tuttavia nei paesi più progrediti potranno essere applicati i provvedimenti seguenti:
1. Espropriazione della proprietà fondiaria ed impiego della rendita fondiaria per le spese dello stato
2. Imposta fortemente progressiva
3. Abolizione del diritto di successione
4. Confisca della proprietà di tutti gli emigrati e ribelli
5. Accentramento del credito in mano dello stato mediante una banca nazionale con capitale dello stato e monopolio esclusivo
6. Accentramento di tutti i mezzi di trasporto in mano allo stato
7. Moltiplicazione delle fabbriche nazionali, degli strumenti di produzione, dissodamento e miglioramento dei terreni secondo un piano collettivo
8. Eguale obbligo di lavoro per tutti, costituzione di eserciti industriali, specialmente per l’agricoltura
9. Unificazione dell’esercizio dell’agricoltura e dell’industria, misure atte ad eliminare gradualmente l’antagonismo tra città e campagna.
10. Istruzione pubblica e gratuita di tutti i fanciulli. Eliminazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche nella sua forma attuale. Combinazione dell’istruzione con la produzione materiale e così via.

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Esempio