I Sofisti

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Testo

I Sofisti
Essi hanno operato una vera e propria rivoluzione nel campo filosofico, spostando l'attenzione dal "principio" del cosmo all'uomo. Questo anche a causa di cambiamenti dal punto di vista storico. Siamo nel V sec., Atene, dopo aver sconfitto i Persiani, attraversa un momento di floridezza, caratterizzato dal regime democratico.
E' proprio all'interno della democrazia che operano i Sofisti, una democrazia dentro la quale bisogna partecipare alle assemblee, prendervi la parola, far valere la propria opinione. Ed essi ritenendosi "sapienti", credono di possedere quei criteri mediante il quale far prevalere una verità su un'altra. Il metodo per far sì che ciò avviene è la retorica, disciplina che essi insegnarono, facendosi pagare, ai ceti più alti.
I Sofisti non costituiscono una scuola compatta di pensatori, perché presentano dottrine distinte o anche opposte. Per questo è bene distinguere i Sofisti della "prima generazione" e quelli della seconda (gli eristi).

Protagora: è il primo ed il più importante esponente della sofistica. Il suo pensiero fu probabilmente influenzato dal quello di Eraclito.
La tesi fondamentale di Protagora è che l'uomo è misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono, in quanto non sono. Su questa tesi esistono varie interpretazioni a seconda del valore che si attribuisce a "uomo" e "cose".
1. (di Platone) uomo = individuo singolo/cose = oggetti percepiti dai sensi.
Cioè le cose appaiono diversamente a seconda degli individui e ai loro stati fisici e psichici.
2. uomo = umanità, natura umana/cose = realtà in generale
Cioè gli individui giudicano la realtà tramite parametri comuni tipici della specie umana.
3. uomo = comunità o civiltà cui l'individuo appartiene/cose = i valori o gli ideali che ne stanno alla base.
Cioè ognuno valuta le cose secondo la mentalità del gruppo sociale cui appartiene.
Con Protagora siamo quindi di fronte ad una sorta di umanismo (uomo soggetto del discorso), di fenomenismo (non siamo mai alla realtà in sé stessa, ma alla realtà quale essa "appare" a noi), di relativismo conoscitivo e morale (non esiste una verità assoluta, ma ogni verità è relativa e quindi soggettiva).
E' stato ritrovato uno scritto (ragionamenti doppi) che vuole dimostrare che le stesse cose possono essere allo stesso tempo buone e cattive. La malattia per i malati è male, ma per i medici è un bene, la morte per chi muore è un male, ma per i becchini è un bene. Nello scritto si parla anche di "relativismo culturale", ossia la molteplicità delle credenze e dei costumi degli uomini. Presso i Traci il tatuaggio per le fanciulle era un ornamento, presso gli altri popoli era considerato un pena. I Massageti mangiavano i propri genitori poiché credevano che la sepoltura dentro i corpi dei figli fosse la migliore, invece se qualcuno lo faceva in Grecia, sarebbe morto con infamia.
Nel vuoto delle verità forti, l'unico criterio cui l'uomo può attenersi per trovare una verità comune, è il principio dell'utilità e quindi, l'utile, in quanto principio di scelta, diviene lo strumento di verifica e di legittimazioni delle teorie stesse. Quindi il sofista, per Protagora, si presenta come propagandista dell'utile.
Anticamente si credeva che le norme sociali derivassero da una dimensione extra-umana, mentre ora i Sofisti proclamano la loro origine sia tutta umana. Ma se ciò fosse vero, cosa obbliga a rispettare le legge? Secondo Protagora l'uomo diventa uomo soltanto entrando in società e inventando le tecniche. Ma la società non può vivere senza quell'insieme di regole che sono le leggi e senza la politica. Le leggi devono essere rispettate perché senza di essa non ci sarebbe quindi la società e con essa l'uomo.
Gorgia: altra grande figura della Sofistica che porta avanti una dottrina più negativa rispetto a quella di Protagora circa le possibilità conoscitive e pratiche dell'uomo.
Le sue tre tesi fondamentali sono:
1. Nulla c'è (se qualcosa esiste, esso sarà o l'essere o il non essere o entrambi insieme. Ma in non-essere non c'è, ma neanche l'essere c'è. Se ci fosse dovrebbe essere o eterno o generato o tutti e due. Ma se è eterno non ha alcun principio e quindi è infinito, quindi non è in alcun luogo e se non è in nessun luogo non esiste. Ma non può essere neanche generato perché dovrebbe essere nato o dall'essere o dal non essere; ma non può essere nato dall'essere perché se è essere è già; ma neanche dal non-essere perché non può generare)
2. Se anche c'è qualcosa, questa non è conoscibile né pensabile dall'uomo (visto che le cose pensate non sono esistenti, sarà vero anche l'inverso, cioè che l'essere non è pensato).
3. Se anche questo qualcosa fosse conoscibile, non è comunicabile agli altri (se ci fosse qualcosa e fosse pensabile, non potrebbe essere comunicata agli altri, poiché non c'è rapporto tra le parole che usiamo per parlare delle cose e le cose medesime.
Sembra che il messaggio fondamentale di Gorgia sia l'agnosticismo e lo scetticismo metafisico, cioè la persuasione dell'impotenza umana a parlare dell'essere e della realtà cioè le impossibilità conoscitive della nostra mente.
Altro aspetto importante di Gorgia è la sua visione tragica della vita contrapposta all'ottimismo dei filosofi precedenti. Per Gorgia l'esistenza è qualcosa di irrazionale e di misterioso; le azioni degli uomini non sembrano rette dalla logica o dalla verità, ma dalle circostanze, dalle passioni o forse da un ignoto destino che fa si che gli individui si rivelino sempre "determinati ed incolpevoli".

Socrate
Personaggio di spicco dell'antica Grecia, la cui vita ha avuto un eco profondo in tutta la società del tempo, che è stata paragonata a quella di un Cristo o di un Buddha. Fu l'unico filosofo a non scrivere nulla, poiché ritenne che la ricerca filosofica non potesse essere continuata dopo di lui da uno scritto. Infatti uno scritto può comunicare una dottrina, non stimolare la ricerca. Quindi non avendo scritti possiamo venire a conoscenza della sua filosofia soltanto attraverso testimonianze indirette di filosofi contemporanei di Socrate. Fra questi abbiamo:
Aristofane: Socrate è il peggior sofista. Ce ne parla nella commedia "Le Nuvole" in cui Socrate viene presentato come un chiacchierone perdigiorno che da suo pensatoio, a mezz'aria, in direzione delle nuvole, infonde insegnamenti corruttori ai giovani per bene, negando gli dèi patri
Policrate: "Accusa contro Socrate". Vede Socrate con il filosofo che ha disprezzato le procedure della democrazia e che ha corrotto i giovani con insegnamenti di credenze contrari allo stato.
Platone: ce ne parla nei suoi dialoghi, in cui viene fuori la più suggestiva presentazione di Socrate da cui è scaturita l'immagine tradizionale

Sicuramente Socrate affonda le sue radici in quell'Illuminismo greco di cui i sofisti erano i maggiori esponenti. Sono infatti molti i rapporti che lo legano alla sofistica, ma esistono anche alcuni contrasti. Ciò che egli trae dalla Sofistica è: l'attenzione per l'uomo e il disinteresse per le indagini intorno al cosmo, la tendenza di cercare nell'uomo e non fuori da esso i criteri del pensiero e dell'azione, un atteggiamento spregiudicato, una mentalità anticonformista. Ciò che lo distacca dai sofisti è invece un più sofferto amore per la verità, il rifiuto a ridurre la verità a semplice retorica, il tentativo di andare oltre il relativismo conoscitivo e morale a causa del quale la sofistica finì per divenire conoscenza di tipo soggettivo e si finì per corrompere la verità.

In un primo periodo anche Socrate seguì con attenzione le ricerche riguardo il principio del cosmo ma ne restò ben presto deluso poiché capì che alla mente umana non è permesso di conoscere con certezza l'essere e i principi del cosmo.
Abbandonati quindi questi studi, cominciò ad intendere la filosofia come un'indagine in cui l'uomo, attraverso la ragione, tenta di chiarire sé a sé stesso, cercando il significato profondo del suo esser uomo. Poiché secondo Socrate non si è uomini se non fra uomini, in quanto ciò che ci fa tali è proprio il rapporto con gli altri, la sua filosofia assunse il carattere di un dialogo in cui ognuno con-filosofando con gli altri, discute le questioni sulla sua umanità.
Socrate parte, al contrario dei filosofi che si ritenevano sapienti, col presupposto di non-sapere e sapiente è solo colui che sa di non sapere. Ma il non-sapere non va visto come ostacolo, ma anzi come stimolo ad indagare i problemi fondamentali dell'uomo poiché chi sa di non sapere cerca di sapere.

Il dialogo Socratico, si costituisce di due momenti: uno distruttivo (l'ironia) ed uno costruttivo (la maieutica).
- L'ironia: consiste nel rendere consapevoli gli altri della loro ignoranza, quindi è il metodo usato da Socrate per svelare all'uomo la sua ignoranza, per gettarlo nel dubbio e nell'inquietudine, impegnandolo così nella ricerca. Dopo una finta adulazione del sapere del personaggio cui Socrate si rivolge, comincia a martellarlo di domande. Utilizzando l'arma del dubbio, Socrate giunge a mostrare alla persona l'inconsistenza delle sue persuasioni.
- Dopo aver fatto ciò, dopo aver preparato il campo per una migliore indagine, può ricorrere alla maieutica. Egli non vuole comunicare dall'esterno la sua dottrina ma vuole stimolare l'ascoltatore a ricercarne dall'interno una propria, vuole spingerlo a partorirne una propria. L'arte della maieutica veniva proprio per questo paragonata all'arte delle levatrici. Quindi la verità è una conquista personale.
Ma qual è per Socrate l'essenza dell'uomo?
L'essenza dell'uomo è l'anima che fa sì che l'uomo si distingua dagli altri animali. Per anima egli intende la nostra ragione, la sede della nostra attività pensante, l'io consapevole. Quindi se l'essenza è l'anima, curare se stessi significa curare la propria anima e insegnare agli uomini la cura della propria anima è il compito supremo dell'educatore. L'uomo si avvale del corpo come di uno srtrumento, quindi il soggetto che è l'uomo e lo strumento che è il corpo sono cose distinte. Quindi alla domanda "cos'è l'uomo" non bisogna rispondere il corpo, bensì ciò che si serve del corpo, ossia l'anima. Ciò che permette all'anima di essere pienamente sono le virtù. In Grecia questa era intesa come ciò che rende una cosa buona e perfetta in ciò che è. Da Socrate questa è vista come scienza, come conoscenza, perché è appunto la scienza e la conoscenza che perfeziona l'anima e la ragione, e deve essere quindi cercata.
Quindi per Socrate le virtù essenziali sono quelle dell'anima (sapienza, giustizia, fortezza, temperanza). Il vizio è invece ignoranza. Le virtù interiori sono tante, diverse, ma non vanno considerate divise ma vanno colte nella loro unità. Infatti non altro che modi di essere al plurale di quell'unica virtù al singolare che è la scienza del bene. Inoltre esse non sono soggettive ma esse, nella loro unità vanno considerate uniche per tutti.
Socrate opera una rivoluzione nella tradizionale scala dei valori, i valori veri non sono quelli legati alle cose esteriori, come la ricchezza, la fama, né quelli legati al corpo, ma i valori dell'anima che si assommano tutti nella conoscenza.
Altro punto fondamentale di quello che è stato definito l'intellettualismo socratico è quello secondo il quale l'uomo, per sua natura ricerca sempre il proprio bene e, quando fa il male, in realtà non lo fa perché male, ma perché si aspetta di ricavarne il bene. Il male è quindi involontario, cioè l'uomo si inganna di aspettare da esso il bene ma in realtà sbaglia, è vittima della sua ignoranza, Quindi, la conoscenza è una condizione necessaria per fare il bene (perché, se non conosco il bene, non posso non farlo) ma non è sufficiente (Socrate sbaglia in questo), infatti occorre anche la volontà.
Inoltre per Socrate non basta che ciascuno sappia il suo mestiere e sia esperto solo in particolari tecniche, bisogna che ciascuno impari il mestiere del vivere, la scienza del bene e del male.
La religione di Socrate:
Egli considera il filosofare come una missione che gli è sta affidata dalla divinità. Egli parla di un demone che lo consiglia in tutti i momenti decisivi della vita. Questo demone è stato interpretato più spesso come voce della coscienza, ma è forse la guida trascendente e divina della condotta umana. Il demone è un concetto religioso. Egli ammetteva gli dei perché ammetteva una divinità della quale gli dei sono manifestazioni. La divinità è vista come Intelligenza e Bene. La divinità è custode del destino degli uomini.
Fu proprio la sua tesi religiosa che portò a ad una vera e propria accusa. Presentata da Meleto, essa accusava Socrate di non aver riconosciuto come dei quelli tradizionali, ma di introdurre divinità nuove, ed è anche colpevole di aver corrotto i giovani. Si voleva dunque la sua condanna a morte. Socrate avrebbe potuto cercare di scagionarsi o avrebbe potuto lasciare Atene. La sua difesa fu un'esaltazione del compito educativo che egli si era preso nei confronti degli ateniesi. Durante il processo Socrate fu riconosciuto colpevole. Egli, pur disposto a pagare tremila dracme, dichiarò di preferire essere nutrito a spesa del Pritaneo. Si decise allora a larga maggioranza di condannarlo a morte.

Platone
Mentre nel primo periodo, Platone difende la dottrina di Socrate e porta avanti una polemica contro i Sofisti, è propria del secondo periodo, la dottrina delle idee che dà poi l'avvio a quella fase in cui il filosofo elabora le proprie dottrine al di là di quelle che Socrate aveva insegnato.
Per comprendere questa dottrina è necessario esaminare la concezione che Platone aveva della scienza. Questa è stabile, immutabile e quindi perfetta e, poiché Platone credeva che il pensiero riflettesse l'essere, cioè la mente è uno specchio di ciò che esiste, si chiese quale sia l'oggetto proprio della scienza. Non potevano essere le cose sensibili in quanto sono mutabili e quindi imperfette ma le idee, dei valori assoluti, delle entità immutabili e perfette, le essenze delle cose. Il luogo ideale dove sono collocate tutte le idee, è l'iperuranio.
Nonostante le idee abbiano caratteristiche notevolmente differenti dalle cose, entrambe hanno uno stretto rapporto, infatti secondo Platone le cose sono copie o imitazioni imperfette delle idee. Le idee sono inoltre criteri di giudizio delle cose (per giudicare gli oggetti non possiamo fare a meno di riferirci alle idee), causa delle cose (per esempio noi diciamo che le realtà sono belle in quanto imitano la Bellezza, che rappresenta quindi la causa per cui esse sono ritenute belle). Ma c'è da notare che il rapporto idee-cose non è stato ben definito da Platone in quanto è rimasto piuttosto incerto pur parlando di mimesi (le cose imitano le idee), di metesi (le cose partecipano delle idee), di parusia (presenza delle idee alle cose)
Egli pensava che le cose fossero state costruite e non create da una divinità, il Demiurgo il quale ha copiato le idee sulla materia grezza: la . Infatti abbiamo che nel mondo esistono cose belle o giuste, ma nel mondo delle idee esistono la Bellezza e la Giustizia.

Quindi possiamo dire che in Platone esistono due gradi di conoscenza, l'opinione e la scienza ai quali fanno riscontro due tipi di essere: l'essere materiale e l'essere intelligibile o ideale.
Possiamo dunque capire che la filosofia di Platone è una sorta di integrazione fra eraclitismo ed eleatismo. Da Eraclito accetta la teoria che il mondo è il regno della mutevolezza, mentre da Parmenide accetta l'immutabilità dell'essere autentico. A differenza di Parmenide, l'essere platonico risulta però multiplo.
Ma quali sono le idee? Esistono due tipi fondamentali: le idee-valori e le idee-matematiche.
- Idee-valori: corrispondono ai supremi principi etici, estetici e politici. Es. Il Bene, la Bellezza, la Giustizia.
- Idee-matematiche: corrispondono alle entità dell'aritmetica e della geometria. (Poiché nella
realtà non troviamo mai l'uguaglianza perfetta o il quadrato perfetto di cui parla il matematico.
Insieme a questi due tipi di idee, Platone parla di idee di cose naturali (l'Umanità) o di cose artificiali (il letto).

Pur essendo molteplici, le idee non sono una pluralità disorganizzata, al vertice abbiamo l'idea del Bene (idea-valore). Infatti se le cose partecipano delle idee, le idee a loro volta partecipano del bene, che è l'idea delle idee.

Nel terzo periodo Platone fa un po’ una revisione ed un approfondimento di quella che era stata la sua dottrina giungendo ad esiti in parte nuovi. I principali problemi che si pone sono due: come deve essere pensato il mondo delle idee? Come va concepito il rapporto tra le idee e le cose.

Il confronto con Parmenide: Il problema fondamentale che emerge nel Parmenide e che trova risoluzione nel Sofista è il confronto-scontro con la filosofia parmenidea.
La logica fondamentale dell'eleatismo è il principio per cui solo l'essere è mentre il non-essere non è. Platone si rende conto che presa alla lettera, quest'affermazione risulterebbe un vero suicidio della teoria delle idee. Infatti l'inesistenza assoluta di ogni forma di non-essere pregiudicherebbe la molteplicità delle idee e i loro rapporti reciproci, poiché, ogni idea, non essendo l'altra, implicherebbe, dal punto di vista parmenideo, l'illogica ammissione del non essere. Ma nonostante questi ostacoli Platone manifesta di non voler rinunciare alla teorie delle idee in quanto senza idee non si potrebbe né pensare, né filosofare. E' proprio nel Sofista che trova allora una soluzione.
Per spiegare come possano esistere più idee e come possano comunicare fra loro, Platone elabora la teoria dei generi sommi, cioè gli attributi fondamentali delle idee che sono cinque: l'essere, l'identico, il diverso, la quiete e il movimento.
Ogni idea è o esiste e quindi rientra nel genere dell'essere. Ogni idea è identica a sé stessa e quindi rientra nel genere dell'identico. Essere e essere identico sono quindi due generi diversi e non coincidenti. Infatti tutte le idee pur esistendo non per questo sono identiche, altrimenti si avrebbe la fusione di tutte quante le idee in un'unica idea. Se ogni idea è identica a sé, ma distinta dalle altre, significa che essa è diversa da loro, per cui ogni idea rientra anche nel genere del diverso.
Secondo Platone l'errore più grave di Parmenide è stato quello di confondere il diverso con il nulla. Infatti, quando parliamo della molteplicità delle cose ed usiamo la parola "non", per esempio che A non è B, non intendiamo alludere al niente assoluto, che per l'appunto non esiste, ma solo a ciò che è diverso dall'essere, ossia al niente relativo. Cioè l'unico modo in cui può esistere il non-essere è il diverso che, in quanto tale non è il nulla assoluto. Quindi, attribuendo una forma di essere al non-essere, Platone si è liberato del fantasma del nulla e ha anche superato il problema dell'errore che secondo gli eristi non poteva esistere poiché implicherebbe un dire il nulla che non è. Platone dice che l'errore non consiste nel pronunciare il nulla ma semplicemente nel dire le cose in modo diverso da come esse stanno.
Dopo aver giustificato la pluralità delle idee, ai tre generi sommi considerati, aggiunge i generi della quiete e del movimento. Ogni idea è in quiete poiché può starsene in essa, isolata, oppure può entrare in comunicazione con le altre idee (=movimento)
Alla teoria dei generi sommi, Platone aggiunge una ridefinizione del concetto di essere. Alcuni materialisti lo riducono a corporeità, altri (fra i quali Platone) lo identificano con le idee. Platone ritiene che la materialità e l'immaterialità non possono entrare nella definizione di essere poiché sono sia le cose corporee, sia le entità incorporee (come le virtù). Platone ritiene che l'essere è possibilità: è qualunque cosa si trovi in possesso di una qualsiasi possibilità o di agire o di subire, da parte di qualche altra cosa, un'azione anche minima e anche solo per una volta. Bisogna rendersi conto che Platone sottointende qui il concetto di relazione: quello che egli dice significa che esiste tutto ciò che è capace di entrare in un campo di relazione qualsiasi. Infatti il nulla, il quale non può entrare in rapporto con qualcosa, risulta inesistente.

Il bene per l'uomo:
In un primo tempo Platone aveva concepito il bene come l'idea delle idee, l'oggetto supremo del pensiero, paragonandolo anche al Sole. (il solo rende visibili e fa sussistere le cose, il bene fa sussistere e rende conoscibili le idee). Ma dopo che Platone ha riconosciuto che lo stesso mondo dell'essere include la soggettività non poteva più mantenere questa natura puramente oggettiva del bene. Platone si ripropone il problema del bene nel Filebo.
Il bene per l'uomo è una forma di vita, la forma di vita propriamente umana. La vita umana sarà una vita mista di piacere e intelligenza. Bisogna rendersi conto di questa proporzione, bisogna rendersi conto di questa misura, facendo divenire l'indagine di Platone a sfondo matematico. Egli ricorre ai concetti pitagorici del limite e dell'illimitato. Bisogna imporre un ordine, una misura del piacere (funzione del limite). L'illimitato che mediante il limite acquista una misura o un ordine diventa qualcosa di armonico, di proporzionato, un numero. Ciò che pone il limite è l'intelligenza la quale trasforma ciò che è illimitato in un ordine e in una proporzione numerica. Quindi alla vita deve far parte l'intelligenza, causa dell'ordine e della misura ma anche il piacere (puro: quello dovuto alla contemplazione delle belle forme, dei bei colori,…..) che dovrà essere disciplinato e proporzionato con un limite.
La gerarchia dei valori viene allora sistemata così:
1° l'ordine, la misura.2° ciò che è proporzionato 3° l'intelligenza 4° scienza e opinione. 5° i piaceri puri.

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