Hobbes: dal linguaggio allo Stato

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Testo

THOMAS HOBBES

ESPERIENZA E LINGUAGGIO
Hobbes distingue due tipi di conoscenza: la conoscenza fattuale, cioè quella di origine sensibile in cui una funzione decisiva è svolta dal linguaggio, e la conoscenza derivata che si fonda sulla rielaborazione di quella fattuale e corrisponde alla conoscenza scientifico-filosofica. La prima si fonda sulle immagini dei singolo corpi e delle azioni, immagini che si formano quando i nostri sensi entrano in contatto con le proprietà meccanico-fisiche dei corpi. Le immagini sono conservate dalla memoria e, proprio come i corpi da cui provengono sono singolari e particolari. Sulla base delle immagini conservate l'uomo determina i propri comportamenti pratici (per questo la memoria originaria è anche detta prudenza); questo è possibile grazie all'abitudine che due immagini si conseguano quasi sempre nella nostra memoria, (per esempio se nella nostra memoria all'immagine del fuoco segue sempre quella del fumo, vedendo il fumo sapremo che deve esserci anche il fuoco).
La concezione del linguaggio: un nominalismo radicale
Il linguaggio è un potente aiuto della memoria. Attraverso i nomi infatti possiamo raccogliere idee singolari e particolari in "famiglie" di nomi. Il nome è quindi un modo per richiamare un pensiero passato e comunicarlo agli altri. Per Hobbes inoltre non esiste niente di reale che corrisponde ai nomi e neanche concetti universali: la scelta di designare alcune idee con un particolare nome è infatti una scelta, del tutto arbitraria, operata dalla comunità dei "parlanti", (ciò è dimostrato anche dal fatto che a cose uguali è dato un diverso nome nelle diverse lingue). L'attribuzione di un nome per raggruppare certe idee ha alla base quindi, solo una convenzione stipulata dai "parlanti".
LA SCIENZA: CONVENZIONE E CALCOLO
Sia la conoscenza originaria che la conoscenza derivata (cioè la filosofia), hanno lo scopo di permettere previsioni e interventi sul corso della natura. In questo senso però la filosofia è più efficace della conoscenza empirica in quanto, mentre quest'ultima ci permette di stabilire solo incerte connessioni fra le immagini sensibili, la filosofia ci garantisce una capacità di previsione e di intervento sugli eventi molto più grande. Hobbes individua infatti nello sviluppo della filosofia in Europa, la causa del maggiore benessere degli europei rispetto agli africani o americani.
L'idea hobbesiana di filosofia
Per Hobbes la filosofia è il ragionamento rigoroso sui fenomeni e gli effetti in base alla conoscenza delle cause che li hanno generati: se per esempio osserviamo una figura piana molto simile ad un cerchio, non potremmo ami essere in grado di stabilire se sia veramente un cerchio solo in base all'immagine sensibile che ne abbiamo, il dubbio invece non ci sarebbe se sapessimo che la figura è derivata dalla rotazione di un corpo su uno dei suoi estremi in quanto da questo movimento può derivare solo un cerchio.
Metodo filosofico e geometrico
Anche Hobbes, come quasi tutti i filosofi del '600, giudica che alla base degli errori dei filosofi ci sia una mancanza di metodo, dovuta al fatto che questi non predefiniscono i termini che utilizzano nelle loro dimostrazioni, generando parecchia confusione. Per Hobbes infatti la filosofia deve, imitando la geometria, definire rigorosamente e univocamente i nomi che si utilizzano. I filosofi devono dunque usare termini propri ed inequivocabili, rifuggendo dall'ambiguo linguaggio metaforico. E' necessario inoltre smettere di,usare tutti quei termini che non significano nulla di preciso ma che la tradizione filosofica ammette acriticamente (come "eterno presente" etc.)
Il carattere convenzionale della scienza
Per Hobbes la filosofia si fonda quindi su una convenzione: il discorso scientifico non può avere luogo senza che la comunità scientifica abbia prima convenuto sulle condizioni e i limiti all'interno dei quali deve restringersi; ciò è necessario per garantire l'universalità del discorso scientifico, cos“ come, in campo politico è necessario che gli uomini convengano sulle condizioni di un contratto per garantire una vita ben regolata.
IL MECCANICISMO MATERIALISTICO DI HOBBES
Per Hobbes la filosofia è conoscenza degli effetti attraverso le cause, e la causa più generale è il movimento dei corpi materiali, ciò è evidente e non ha bisogno di essere scoperto. Alla convenzione spetta il compito di definire rigorosamente il significato dei termini relativi ai moti dei corpi; è per esempio necessario definire il significato di "moto", di "corpo" e anche di "spazio" e "tempo": nozioni implicate nel discorso relativo alla definizione di moto e corpo.
Il ragionamento come calcolo
Le definizioni non prendono in considerazione le qualità dei nomi a cui si riferiscono ma solo le loro proprietà geometrico-meccaniche. Ognuna di queste definizioni quindi si riferisce ad una quantità o ad una somma di quantità. Queste possono quindi essere trattate matematicamente, misurate. Hobbes afferma quindi che il ragionamento è calcolo e che le dimostrazioni filosofiche sono operazioni analoghe a quelle geometrico- matematiche. Solo se i filosofi riusciranno a tradurre gli enti sensibili in definizioni che li rideterminino come enti geometrico-matematici sarà possibile operarvi in modo rigoroso e pervenire quindi a conoscenze certe.
La fondazione convenzionalistica del sistema delle scienze
La fondazione convenzionalistica però in Hobbes non interessa solo la scienza naturale ma riguarda tutta la filosofia. Muovendo dalle definizioni fondamentali sarà possibile arrivare a conoscere, attraverso la conoscenza delle cause tuta la scienza con un ordine di minore a maggiore complessità: per prima si conoscerà la geometria, poi la fisiologia, poi la morale e infine la filosofia civile, che studia le cause necessarie per il formarsi di una comunità.
La realtà come movimento locale dei corpi
Si capisce come Hobbes tenda a voler spiegare ogni ambito del reale in termini di movimento dei corpi, conformemente alla concezione meccanicistica. Il meccanicismo di Hobbes si contraddistingue quindi per il fatto di voler spiegare, in termini rigorosamente meccanici non sol i processi fisici ma anche fenomeni psicologici come la sensazione e il pensiero, fenomeni che sono invece concepiti da Cartesio come proprietà di una sostanza immateriale, la res cogitans, che proprio per questo non è soggetta a leggi fisiche e spiegazioni meccaniche. Il meccanicismo di Hobbes si caratterizza quindi come monismo (in contrapposizione con il dualismo cartesiano) materialistico o corporeistico.
LA NATURA DELL'UOMO E LO STATO DI NATURA
L'impianto meccanicistico del sistema di Hobbes permea, oltre alla fisica anche la morale e la politica, le quali, secondo Hobbes dipendono esclusivamente dagli uomini: il concetto di giustizia è un' effetto delle leggi, secondo Hobbes non esiste un'azione giusta in se ma un'azione e giusta se noi la rendiamo tale con delle leggi, i concetti di "buono" e di "giusto" non rimandano ad alcuna idea ma sono solo dei nomi imposti ad alcune cose che diventano "giuste" o "buone" a causa del comando, della legge che le rende obbligatorie.
L'idea di uno "stato puramente naturale"
Secondo Hobbes l'uomo, per sua natura non è portato alla socializzazione ma ognuno di noi vive secondo il proprio istintivo egoismo. Su queste premesse di tipo antropologico Hobbes costruisce il modello di uno stato "puramente naturale" o "stato di natura", dove ciascun individuo si comporta in base alla propria caratteristica di essere, asociale, egoista e violento, dominato dal solo interesse per l'autoconservazione. In questo stato nessuno ha più diritto di un altro di usufruire delle risorse naturali e tutti hanno diritto su tutto (ius in omnia). Per questo lo stato di natura è considerato da Hobbes come una "guerra di tutti contro tutti" in cui nessuno ha mai piena sicurezza della vita e dei propri beni.
Le tre dimensioni dello stato di natura
Allo stato di natura sono da ricondursi quindi tutte quelle situazioni che, nel mondo, travalicano l'ordine della tranquilla vita associata e cioè:
-una dimensione prestatale rispetto allo stato di natura, ovvero quella dei popoli primitivi non ancora politicamente organizzati;
-una dimensione antistatale, cioè quella dell'anarchia e delle guerre civili.
-una dimensione interstatale, cioè quella, mai del tutto eliminabile, dei conflitti tra stati diversi.
Queste tre condizioni sono comunque sfumature e stadi diversi dello "stato di natura".
IL SUPERAMENTO DELLO STATO DI NATURA
Lo ius in omnia che caratterizza lo stato di natura è causa di una condizione di perenne instabilità e insicurezza, nessuno è infatti mai al sicuro dalle insidie del più forte, l'autoconservazione infatti spinge l'uomo alla lotta violenta e alla competizione con gli altri. Tuttavia l'uomo è dotato della ragione che si esprime nelle "leggi di natura", cioè ragionamenti razionali che guidano l'uomo nel calcolo delle conseguenze delle sue azioni al fine dell' autoconservazione. Il fine ultimo dell'uomo, cioè l'autoconservazione è quindi sempre minacciato, all'interno dello stato di natura dalla guerra di tutti contro tutti. Lo stato di natura è quindi male perché e raggiunta e mantenuta a fatica, è quindi illogico che la vita dell'uomo si svolga in tal modo.
La legge naturale e la sua efficacia
Nello stato di natura l'uomo avverte le leggi naturali, cioè i dettami della ragione ma questa legge rimane inefficace in quanto non attuabile all'interno dello stato di natura, mentre questo infatti è caratterizzato dal diritto di tutti su tutto, la legge naturale contraddice il principio dello ius in omnia in quanto contrario all'autoconservazione. La fondamentale legge di natura è quindi "bisogna ricercare la pace quando la si può avere, quando non si può bisogna cercare aiuti per la guerra", da questa legge fondamentale Hobbes ne ricava altre venti, nelle quali è espresso chiaramente che il diritto di tutti su tutto non si deve conservare, in quanto ne deriverebbe la guerra. All'interno dello stato di natura però queste leggi non verrebbero rispettate, o almeno non si potrebbe essere sicuri che vengano rispettate in quanto manca un'autorità in grado di farle osservare.
STATO E SOVRANITA'
Come ovviare a questo problema? secondo Hobbes la risposta sta nella teoria del patto sociale che sta alla base della società civile e che mette un'autorità superiore al popolo a garanzia della sicurezza del singolo. La società civile è secondo Hobbes frutto dell'esperienza e della cultura degli uomini: per sua natura l'uomo non è infatti portato a vivere in società ma a ciò lo portano la ragione e l'esperienza. L'origine della società civile è dunque in un contratto che metta fine alle storture dello stato di natura. Questo contratto non viene stipulato fra il principe e il popolo ma viene concordato da tutti i singoli individui.
La creazione dello stato
Il contratto, che ha come fine quello di garantire la pace, può essere stipulato solo se tutti i singoli decidono di rinunciare al loro ius in omnia per unirsi in società e delegare il diritto su tutto ad un terzo (il principe). Questo contratto è detto da Hobbes pactum unionis ma è allo stesso tempo anche pactum societatis in quanto tutti gli individui, rinunciando al loro ius in omnia entrano a far parte di una società e pactum subiectionis, perché si sottomettono al principe a cui devono ubbidienza.
Potere del sovrano e sicurezza del cittadino
Il sovrano, cioè quell'autorità superiore (che può essere un singolo o un'assemblea), assume il supremo potere in quanto è l'unico a conservare lo ius in omnia, proprio per questo egli ha la possibilità di garantire a ciascuno la sicurezza e la possibilità dell'autoconservazione, permettendo a tutti di vivere senza il timore di essere sopraffatti da qualcuno più forte. Caratteristiche della sovranità sono l'irrevocabilità, l'assolutezza e l'indivisibilità.

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