Hegel2

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Nello stoicismo l’accento cade sulla soggettività e sulla libertà. La realtà viene considerata ininfluente rispetto alla libertà umana. La libertà del servo, vissuta nella manipolazione degli oggetti, e nella capacità di imprimere, attraverso il lavoro, la volontà e la progettualità del soggetto, viene rielaborata teoricamente e riconosciuta con consapevolezza dalla coscienza stoica, che pone al centro la soggettività.
Con lo scetticismo l’indifferenza nei confronti della realtà diviene esplicita negazione di essa. Lo scettico pone la certezza di sé nella negazione di ciò che è altro. Per un verso s’innalza su tutte le determinazioni dell’essere, nega le situazioni concrete e le prende per quelle che sono (pure accidentalità, differenze inessenziali); ma per un altro resta presa in tali situazioni: come ammette, continua a sentire, a intendere. Così, l’autocoscienza è una coscienza duplice: ora mette il mondo tra parentesi, ora si sente vincolata a questo, di cui risulta semplicemente un frammento accidentale. Vanificando tutte le cose, la coscienza rischia di vanificare anche se stessa. Ne deriva un’autocoscienza smarrita che continua ad oscillare tra i poli dell’immutabile certezza di sé e di una confusa sfiducia. La coscienza infelice è scissa in due realtà: l’una positiva, immutabile ed uguale (nel linguaggio Hegeliano l’intrasmutabile); l’altra negativa, in divenire (il trasmutabile).
Il positivo viene proiettato dalla coscienza fuori di se, in un essere perfetto ed immutabile: è l’idea religiosa della separazione come scissione dolorosa tra particolare ed universale. (Nella figura della coscienza infelice troviamo la problematica del rapporto tra finito ed infinito che rappresenta uno dei nodi caratteristici del romanticismo). Nello sviluppo storico lo spirito incontra questa scissione col cristianesimo medievale. Il cristianesimo è separazione tra Dio e l’uomo, insufficienza dell’uomo di fronte a Dio. La coscienza può superare la scissione soltanto annullandosi, e il suo atteggiamento verso la divinità si caratterizza come devozione. Non vi è ancora consapevolezza che Dio è l’Assoluto (HEGELIANO!), compreso nel suo sviluppo come spirito di cui l’uomo è parte, (e, non cogliendo questo processo, la coscienza si sente ancora separata e subordinata all’assoluto). La coscienza devota non riconosce la dimensione dell’universale:il suo essere ed agire restano per essa inessenziali, non hanno né significato né valore. La nullità del proprio essere spinge la coscienza a negarsi in due momenti (logicamente successivi l’uno all’altro, ma compresenti nell’atteggiamento religioso del cristianesimo medievale):la scelta del rapporto mediato con Dio attraverso i ministri del culto, e la rinuncia all’agire ed al volere autonomi (percepiti come privi di valore), la rinuncia ai piaceri e alla proprietà,al proprio essere come individualità.
Questa scelta non risolve il dolore della coscienza, ma crea le condizioni (per ora in negativo) per il superamento della scissione: rinunciando a sé, infatti,la coscienza si sente parte di una realtà più ampia,che si definirà in seguito come spirito.
Banalizzando,l’individuo arriva a sentire che il proprio sapere ed il proprio agire sono il sapere e l’agire dell’umanità, e diviene consapevole che la propria individualità ha dentro di sé il sapere universale. Dunque, la sua individualità vera ha una dimensione più ampia del suo esistere particolare. L’individuo scopre se stesso come momento dell’universale, e l’universale dentro di sé.

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