Gramsci tra partito e prassi

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Testo

Antonio Gramsci
Il principale esponente della lotta al Fascismo.

A
ntonio Gramsci, nato ad Ales in Sardegna nel 1891, dedicò la sua vita alla lotta al Fascismo durante gli anni del regime rimettendo la sua stessa vita per l’affermazione dei suoi ideali.
Nel 1921 fonda il PCd’I e un anno dopo si trasferisce in Russia per rappresentarlo nella Terza Internazionale Comunista (1919). Tornato in Italia, verrà nel 1926 incarcerato dai fascisti a Turi, dove incominciò a scrivere quaderni di vario argomento e liberi dai limiti della politica. Non pensava di pubblicare l’opera quindi non è stato dato un titolo, per convenzione sarà utilizzato “Quaderni dal carcere” che comprende 33 quaderni scritti dal 1929 al 1935 e divisi in tre fasi corrispondenti alle tre crisi di salute del filosofo. Tra i molti temi trattati, troviamo quello dell’idea di una società governata da un partito che rappresenta la collettività e che è formata da intellettuali. Gramsci per esprimere la sua idea parte da un’analisi molto innovativa del Principe di Machiavelli, attribuendoli la volontà di formare una società nuova simbolo della volontà collettiva e definendolo preannunciatore della filosofia della prassi. Per lui, però, questo Principe non è una persona reale ma un organismo identificato con il partito, che è l’unico punto di riferimento e forza effettiva per compiere la rivoluzione. Mentre nell’introduzione troviamo le virtù del leader politico, nell’epilogo è trascritto il programma politico. Il partito per Gramsci deve essere mente e braccio ovvero diffondere le ideologie ma anche attuarle, e sarà proprio questa la critica che muoverà il filosofo alla società italiana, perché mentre in Inghilterra (1648), in America (1783) e in Francia (1789) erano avvenute delle rivoluzioni, delle riforme e dei cambiamenti, in Italia nessun partito,a parte la destra storica con l’unificazione geografica,era riuscito a riunire sotto un'unica lingua e cultura tutta la popolazione. Lo stesso Risorgimento è definito solo il prodotto di pressioni esterne e non come movimento nazional-popolare, inoltre la popolazione non era stata mai coinvolta attivamente in nessuna azione patriottica, solo costretta a combattere duramente nella prima guerra mondiale. Per completare il quadro di una società mancata, l’autore aggiunge dicendo che non ci erano mai state delle riforme agrarie e il distacco tra nord e sud, borghesi e popolo, industriali e contadini, aumentava sempre più eliminando un altro possibile legame alla formazione di una cultura italiana comune. Altra critica sarà rivolta a Benedetto Croce e ad altri intellettuali che come lui pur avendo una grande influenza, invece di rappresentare il popolo e soprattutto il meridione, si erano uniti agli altri intellettuali, preferendo cosi il cosmopolitismo allo spirito nazional-popolare, sarà anche loro la colpa della mancata rivoluzione in Italia. Da qui possiamo capire quanto sia fondamentale che la classe operaia sia intrecciata alla società civile per arrivare a un effettivo cambiamento, e questo sarà il compito degli intellettuali che devono avere la capacità di farsi comprendere e smuovere le masse, perché altrimenti senza il loro lavoro non sarebbe possibile nessuna organizzazione. Per Gramsci tutti gli uomini possono essere intellettuali perché ognuno ha una propria concezione del mondo, ma non tutti hanno la funzione d’intellettuale, infatti, per l’esercizio di tale funzione si formano delle categorie specifiche formate da intellettuali tradizionali (non legati al gruppo dominante e quindi autonomi) e intellettuali organici (facenti parti della società dominante). La classe dominante cerca di utilizzare gli intellettuali per esercitare la supremazia sulla società, questa può manifestarsi con il dominio, come in dittatura, o in direzione, con il consenso. L’egemonia è il controllo della classe dominante attraverso la cultura e l’influenza di pensiero, diffuse tramite strutture ideologiche come scuola, chiesa e stampa, l’esercizio di tal egemonia deve essere sempre un insieme tra forza e consenso, che deve essere cercato sia nelle masse sia nella borghesia. Parallelo al concetto di consenso troviamo quello di blocco storico che è la necessità di formare un’alleanza che porti alla modernizzazione del paese, tale blocco è controllato nella società capitalista dalla borghesia con la forza di persuasione, quando la borghesia non riuscirà più a dominarlo, allora gli operai saranno autonomi. Gramsci rivede i concetti del marxismo che vedevano una supremazia della struttura (l’economia) sulla sovrastruttura (la politica), spiegando che anche se la politica è legata all’economia,essa ha delle sue caratteristiche. Prendendo per esempio la società occidentale non si può negare l’esistenza di parti avverse a essa. Un altro concetto marxista rivisto è la preferenza del termine egemonia al termine dittatura del popolo, perché per Gramsci le altre forze possono cooperare con il proletariato per la costruzione di una società più libera. Questo processo di egemonia avverrà attraverso una rivoluzione, modificando i rapporti tra le classi e creando nuove istituzioni e valori popolari. Questa rivoluzione in Italia sarà paragonata a un fiume carsico che rode e solca il suolo, avanzando in maniera molto lenta. Quando il soggetto (operai) si sarà unito con l’oggetto (crollo del capitalismo) allora sarà possibile la rivoluzione con l’affermazione di un’identità popolare e con un passaggio economico non più legato agli interessi personali ma a quelli collettivi. Sarà appunto questa la Filosofia della Prassi, attraverso la quale il popolo grazie all’aiuto degli intellettuali arriva all’egemonia e all’affermazione della collettività sull’autoritarismo. Solo coso sarà possibile attuare una nuova società su modello russo, con l’affermazione di una democrazia consigliera, dei consigli di fabbrica come quelli sorti a Torino, con un’alleanza tra contadini e operai e con la rappresentanza di ogni strato sociale in politica.

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