Gli universali

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Testo

Gli Universali
Si chiamano universali quei concetti generali che possono fungere da predicato per più oggetti. Essi vennero trattati ampiamente dai Sofisti, ma nel medioevo questo problema venne ripreso. Si doveva stabilire se essi fossero concetti autonomi o dovessero per forza essere applicati ad un soggetto.
Gli ammiratori di Platone, chiamati realisti sostenevano che gli universali fossero idee appartenenti all’iperuranio e dunque indipendenti. I sostenitori di Aristotele erano detti nominalisti, e secondo costoro gli universali erano attributi che dovevano tassativamente essere applicati ad una sostanza. Dunque in Aristotele il predicato non ha una realtà autonoma, mentre in Platone il predicato esiste autonomamente nell’iperuranio. Esistevano quattro gruppi di pensatori: nominalisti moderati, nominalisti radicali, realisti radicali e realisti moderati. C’è da dire però che spesso fra realismo moderato e nominalismo moderato c’era meno differenza che fra un polo radicale e il suo singolo moderato (es. fra realismo moderato e nominalismo moderato c’erano meno differenze che fra nominalismo moderato e nominalismo radicale).
Il Realismo Radicale
Guglielmo di Champeaux, studioso all’università (o studio) di Parigi, sosteneva che gli universali siano extra rem e ante rem. Ciò comporta che gli universali abbiano la loro realtà distinta dagli oggetti e quindi gli oggetti sono solo delle copie imperfette (ripreso da Platone), solo che l’iperuranio secondo Guglielmo era la mente divina.
Il Realismo Moderato
Per Tommaso D’Aquino gli universali sono in rem quindi costituiscono la forma sostanziale di un oggetto (vedi Aristotele). Però Tommaso afferma anche che gli universali sono anche extra rem su un livello razionale. Questo vuol dire che esistono nella nostra mente come strumenti di classificazione. Erano però anche ante rem poiché preesistenti nella mente del padre eterno (prima della creazione).
Il Nominalismo Moderato
Per Abelardo di Palais e Guglielmo di Ockham gli universali esistono solo nell’intelletto e hanno soltanto un valore post rem perché hanno una funzione simbolica e fanno parte del dominio del significato (vedi stoici).
Il Nominalismo Radicale
Secondo Rocellino di Campiegne gli universali non possiedono nessuna esistenza autonoma come era stato già affermato dagli epicurei e dagli atomisti, ma sono solo dei flatis vocis, cioè dei nomi che per analogia vengono attribuiti a più oggetti simili fra loro.
Abelardo di Palais
Visse verso il 1100, fu allievo di Giulielmo di Champeaux e Rocellino. Era professore all’università di Parigi. I principali temi da lui trattati sono 2: il rapporto fede – ragione e il problema degli universali.
Rapporto Fede-Ragione
Per quanto riguarda il primo tema, già affrontato da Sant’Agostino e Sant’Anselmo, viene concepito da Abelardo in modo molto diverso. Secondo Sant’Agostino bisognava sviluppare con la fede le nostre capacità conoscitive (credo ut intelligam). Quindi per Sant’Agostino la fede era un presupposto della conoscenza. Secondo Sant’Anselmo invece la fede era un dato su cui si fondava la nostra conoscenza. Abelardo invece vede la conoscenza come conquista della ragione che diventa cosciente dei propri limiti. Attraverso la ragione si arriva alla fede poiché si capisce che la ragione è limitata.
Trinità
Abelardo cerca anche di spiegare il mistero della Trinità, Secondo Abelardo
1. il padre equivale alla dunamis aristotelica, quindi alla potenza e alla capacità di fare.
2. Il figlio invece corrisponde alla sapienza, quindi alla facoltà dell’immaginazione e della progettazione.
3. Lo spirito santo infine viene concepito come l’amore tra padre e figlio, e quindi come rapporto sapienza / dunamis.
Tale dottrina è chiamata modalista che viene criticata fortemente dalla chiesa perché secondo la dottrina tradizionale la Trinità sarebbe composta da tre persone uguali e distinte. In Abelardo invece la trinità alla fine sarebbe una sfaccettatura di una materia unica.
Problema degli universali
Tenta anche di spiegare il problema degli universali. La teoria riguardante gli universali richiama la teoria stoica e il problema del significato. Il significato non può essere una sostanza perché non può essere predicato di più sostanze prime. Quindi si allontana dalla teoria realista radicale, dall’altra parte afferma però che il significato non poteva essere un semplice segno come aveva affermato Rocellino, perché anche un segno è pur sempre una realtà sostanziale. Secondo Abelardo non può essere né una res né una vox, ma un sermo cioè un termine che intenzionalmente indica l’elemento comune ad una classe di oggetti (la potremmo definire un topos, elemento comune). L’universale è una relazione significativa fra segno e oggetto.
Abelardo introduce anche il concetto di status: un termine universale denota un dominio che include tutti gli oggetti simili per condizione, quindi simili per funzione e carattere. Dall’altra parte però Abelardo non affronta il problema della somiglianza.
Per quanto riguarda l’etica Abelardo riprende Anselmo al quale si richiama esplicitamente. Secondo Abelardo le azioni devono essere valutate a seconda del loro scopo, non a seconda dei loro effetti. E’ questo infatti che può rendere un’azione più o meno peccaminosa.
Tommaso d’Aquino
Era cugino di Rinaldo d’Aquino, poeta porno della scuola siciliana.
Rapporto Filosofia – Teologia
Secondo Tommaso filosofia e teologia sono distinte per l’oggetto che trattano e per gli strumenti che usano. Infatti la filosofia tratta il mondo, il creato, e usa come mezzo la razionalità, mentre la teologia riguarda il creatore e si basa su quanto il creatore ci ha rivelato. Dato che la filosofia si fonda sulla razionalità umana, che è limitata spesso non è adeguata a descrivere il mondo. Perciò per spiegare l’assoluto bisogna utilizzare la teologia. Quindi Dio con la sua rivelazione ci ha fornito i risultati della creazione, ma non il procedimento e dunque si cerca di riprodurre questo attraverso la filosofia ma spesso il risultato è poi diverso rispetto alla rivelazione e cosi sappiamo che abbiamo sbagliato (es. problema di matematica).
Rapporto Fede – Ragione
La fede se usata in modo adeguato può far comprendere le prime verità: Dio è, è unico, è perfetto.
Inoltre la fede può aiutarci a capire alcuni errori derivanti dalla ragione, visto che essa è limitata. Quindi si può dire che la teologia che ci fornisce i risultati e ci permette anche di evitare errori di ragionamento in quanto la discordanza fra verità rivelate e verità razionali è segno di errori razionali. Questa concezione del rapporto tra fede e ragione è quindi anche fra teologia e filosofia si chiama concezione giustificazionista: la ragione serve esclusivamente per chiarire verità religiose ma mai a confutarle.
La Conoscenza Umana
La conoscenza umana è lo strumento che consente di interpretare il mondo. La conoscenza si sviluppa attraverso un procedimento di astrazione ovvero attraverso un proseguimento di individuazione di oggetti da altri (vedi atomisti). Attraverso il processo di astrazione si arriva ad un universale che non è disgiunto dagli oggetti perché li classifica. Però secondo Tommaso a differenza di Aristotele pensa che il predicato abbia anche una realtà ante e extra rem. La realtà ante rem riguarda solo il campo logico in quanto Dio ha pensato l’oggetto prima di crearlo. Ciò implica che il predicato esistesse logicamente prima della creazione. La dimensione extra rem del predicato è data dal fatto che una volta visto un determinato oggetto il suo predicato persiste nella nostra mente senza collegamento a particolari soggetti e serve come criterio di classificazione.
La Materia
Tommaso riprende la teoria di Aristotele dicendo che c’è un’unica materia, una materia elementare che è scomponibile nei quattro elementi tradizionali: acqua, aria, terra, fuoco. La materia elementare costituisce la prima determinazione dell’indeterminato. In seguito, durante la creazione la materia elementare viene scomposta nei quattro elementi (e luce fu). La materia elementare è suddivisa in elementi specifici ed ognuna occupa uno spazio a seconda del suo peso. Tommaso teorizza inoltre che ci sia una materia individuale che è delimitata e collocata nello spazio e nel tempo. Inoltre è individuata grazie ai criteri categoriali di Aristotele. Quindi la materia elementare consente di attivare i principi di individuazione e consente l’esistenza della materia individuale. La materia individuale aiuta poi a distinguere gli individui distinti in categorie. Però c’è una differenza sostanziale rispetto ad Aristotele: le categorie hanno anche una dimensione temporale e una dimensione spaziale. Quindi il luogo aristotelico è meglio definibile.

Rapporto Conoscenza - Materia
Attraverso l’astrazione, che consente di individuare i caratteri si può individuare elementi o caratteri che a loro volta consentono di unire più oggetti in classi diverse. Per Tommaso la facoltà di astrazione coincide con l’intelletto agente e quindi con l’anima individuale.
L’Anima
Per Aristotele l’anima coincideva con l’intelletto agente ed era mortale. E’ chiaro che Tommaso deve trovare una giustificazione per l’immortalità dell’anima. Tommaso afferma che l’anima è la forma sostanziale dell’uomo ma che l’intelletto ha anche la funzione di arrivare ad una conoscenza sempre più completa. Infatti afferma che la funzione dell’anima è quella di procedere verso l’infinito. L’animo sarebbe in grado di acquisire una conoscenza assoluta ma viene impedita dai limiti del corpo materiale (es. ora sono qui). Pertanto bisogna ipotizzare che l’anima abbia anche una realtà diversa da quella terrestre, una realtà priva di limiti nella quale l’anima si può dedicare interamente alla visione della verità, di Dio dunque (l’anima è una forma non un soggetto).
Distinzione Essenza – Esistenza
Il punto di partenza di Tommaso è un filosofo arabo chiamato Avicenna, panteista e aristotelico. Questo filosofo esclude la creazione ex nihil. Secondo lui l’essere è unitario e gli individui sono solo aspetti particolari dell’essere assoluto. quindi la creazione non c’è perché l’universo si esplica tramite una esplicazione di individui. Tommaso però deve tenere conto della rivelazione che afferma che dio ha creato dal nulla, e quindi cerca di sviluppare le teorie di Aristotele. Viene dunque spiegata la teoria della concordità (secondo la quale dio a creato tutto dal nulla) con la teoria dell’atto e della potenza di Aristotele introducendo un’ulteriore distinzione: quella fra essenza ed esistenza. Tramite questa teoria si sostiene che un ente definibile anche se non esiste, infatti delineiamo con predicati concepibili un ente che è possibile ma non necessariamente esistente. (es: Ippogriffo) In poche parole: l’essenza è la potenzialità dell’esistenza, mentre l’esistenza è l’attualità dell’essenza. Aristotele passava dalla potenza all’atto tramite la teoria della causalità. La catena causale deve però avere un inizio incausato: la creazione. Per spiegare ciò, Tommaso individua cinque prove:
1. Prova cosmologica: si fonda sul divenire, il quale deve avere una causa che ne determina l’attuazione.
2. Prova delle serie causali: essendo tutti gli oggetti limitati nessuno è causa di sé e quindi bisogna ammettere una causa perfetta.
3. Prova della possibilità e della necessità: siccome nessun essere è necessario bisogna ammettere una causa infinita e dunque necessaria.
4. Prova dei gradi: si basa sulla perfezione e sulla somiglianza: il termine perfezione presuppone un modello perfetto.
5. Prova dell’armonia cosmica: si basa sul filosofo arabo Averroè ed è fondata sulla teoria che tutto l’universo agisce in base a norme volte a conservarne l’armonia: queste norme sono regolate da un principio regolatore.
Etica e Politica
Secondo Tommaso, riprendendo Aristotele, l’uomo è razionale e tende a Dio ma essendo limitato è limitata la sua conoscenza del bene. Gli uomini tuttavia possedendo il libero arbitrio possono scegliere fra il bene e il male. Se uno spaglia volontariamente, commette peccato mortale, se invece sbaglia involontariamente o ‘in buona fede’, commette un peccato irrilevante.
Esistono tre tipi di leggi nel creato
1. lex aeterna: disegna il creato e ne mantiene l’armonia.
2. lex naturalis: sono le leggi note agli uomini. Fra queste vi è anche l’istinto di preservazione e gli impulsi naturali (da qui deriva il precetto di fare il bene e di evitare il male).
3. lex humana: costituisce il modo di evitare ai singoli di sbagliare attraverso lo ius (il diritto), che si divide in ius gentium (che proibisce ciò che è male ed è ivariabile) e lo ius civile che rende efficace lo ius gentium attraverso una serie di punizioni, ma che però può variare da epoca a popolo.
Se i principi dei due iures sono simili, essi varieranno da popolo a popolo, da epoca a epoca. La legge umana riguarda aspetti prescrittivi e non pedagogici. Ciò che rende prescrittiva la legge è la limitatezza dell’uomo: essendo i legislatori umani, possono commettere errori nella scrittura delle leggi. Dunque lo ius civile può rivelarsi a tratti ingiusto e inadeguato. Quindi una legge non dovrà essere applicata se potrà compromettere l’intera legalità costituzionale.
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