Giordando Bruno

Materie:Altro
Categoria:Filosofia

Voto:

2.5 (2)
Download:279
Data:22.03.2007
Numero di pagine:7
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
giordando-bruno_1.zip (Dimensione: 8.64 Kb)
trucheck.it_giordando-bruno.doc     33.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Giordano Bruno
Giordano Bruno nasce a Nola nel 1548,entra a 14 anni nel convento di S. Domenico a Napoli. Insegna in breve tempo a Oxford e nel Collegio di Cambrai attacca a fondo la fisica aristotelica. Nel 1591 torna in Italia denuncia per eresia al tribunale veneziano dell’Inquisizione. Bruno rifiuta ogni religione,nega i dogmi cristiani e addirittura afferma che Cristo era un mago,che aveva sedotto i popoli con miracoli apparenti e che le anime passano da un animale all’altro. Egli rifiuta di ritrattare le sue teorie filosofiche e viene condannato a morte e arso vivo nella piazza di Campo dei Fiori il 17 febbraio del 1600.
L’universo infinito
Bruno si sente investito di una grande missione di rischiaramento filosofico e religioso dell’umanità e vede nella teoria astronomica di Copernico,la premessa e la base per condurre tale opera. Bruno evidenzia che la concezione copernicana della natura era rimasta ancorata ai principi tradizionali. Ma ciò era dovuto al fatto che l’astronomo era più studioso di matematica che della natura e non era stato in grado di sradicare del tutto i vani principi delle dottrine tradizionali. Bruno modifica notevolmente e in più punti la cosmologia copernicana,in particolare riprendendo le teorie del divino Cusano. Egli afferma che l’universo è infinito perché è effetto di una causa infinita che è Dio. Dio è causa dell’universo in duplice senso:da un lato è causa in quanto produce l’universo; dall’altro è principio immanente in esso. Per Bruno l’infinito esiste in atto ed è dimostrato dalla natura infinita di Dio,nel quale appunto l’atto non si distingue dalla potenza. Bruno crede che l’esistenza di un numero infinito di mondi dimostri infinita potenza di Dio,e quindi afferma che chi nega l’effetto infinito,nega la potenza infinita di Dio.
L’universo è infinito non sono perché infinitamente grande,ma anche perché è costituito da infiniti mondo. L’immaginazione di Bruno si dispiega e guarda alla volta celeste non come ad un limite dell’universo,ma come a uno spazio infinito,nel quale ogni stella può essere concepita come un Sole,intorno a cui ruotino pianeti anche essi simili alla Terra. Se è infinito,l’universo non avrà centro,né circonferenza,non è né alto né basso. Quindi è centro del proprio orizzonte e la mancanza di un centro fa si che non esista un ordine gerarchico della natura,né esistano degli aristotelici luoghi naturali. Infine il movimento è intrinseco alla natura stessa.
La libertà di ricerca della ragione
La fede si richiede per il governo e l’educazione delle masse incolte. Le Sacre Scritture servono a prescrivere regole,a ordinare la pratica verso le azioni morali,non a indicare verità filosofiche o scientifiche. La dimostrazione razionale è necessaria all’attività dei filosofi,dei contemplativi che sanno governare se e gli altri. In altri termini si affrontano questioni che attengono alla ricerca e alla conoscenza razionale della realtà,i teologi non devono mettere in discussione la libertà dei filosofi e degli scienziati,cosi come questi ultimi non devono intervenire sulle questioni di fede.
Il nucleo sostanziale delle affermazione di Bruno è costituito da una piena rivendicazione del diritto alla libertà della ricerca,del filosofare da parte delle autorità religiose e delle diverse scuole accademiche.
L’unità della natura
Nei dialoghi De la causa,principio e uno,si distingue l’idea di un Dio assolutamente al di là del mondo sensibile,che è propria della fede,dall’idea che di Dio si fa la ragione,cogliendone il vestigio,la traccia nella natura.
Nel primo caso Dio è Mens super omnis,una Mente al di sopra di ogni cosa,del tutto in conoscibile perché al di là della portata della nostra ragione.
Nel secondo caso Dio è invece una Mens insita omnibus,una mente interna e presente in ogni cosa,ed appare a noi come la natura stessa. Proprio lo studio di questa natura divinizzata è l’oggetto privilegiato della sua riflessione in quanto al filosofo naturale non si chiede di indicare tutte le cause degli eventi della natura,ma solo quelle fisiche.
Come oggetto di riflessione nazionale Dio è la natura stessa. Egli è la causa e il principio di ogni cosa,in quanto la produce come qualcosa di diverso da sé,ma Dio resta nella cosa stessa come suo fondamento.
Dio per Cusano è trascendente,mentre per Telesio è immanente nella natura stessa. E’ l’artefice interno delle infinite realtà che costituiscono la natura. Dio si manifesta come la natura stessa,nella sua totalità e creatività infinita. Nell’universo tutto è vita e la morte è solo apparenza. Poiché ogni cosa partecipa alla vita,innumerevoli individui vivono non solamente in noi,ma in tutte le cose composte, Quando vediamo qualcosa che sembra morire,non dobbiamo tanto credere che essa muoia realmente,quanto che muti,che cioè cambi i suoi aspetti accidentali,restando immutabile nei suoi principi essenziali. Dio si manifesta anzitutto come forma o intelletto universale,come anima che tutto empie,illumina,muove;vita e forza infinitamente produttiva. Inoltre,si manifesta come materia;in tal modo materia e forma sono un’unica realtà,potenza passiva e attiva,potenza del fare e dell’essere fatto. Il concetto di materia risulta profondamente mutato in quanto essa appare dotata di un intrinseco principio attivo e di movimento:è infinita creatività e potenza,ovunque mossa e animata da forza vitali. Proprio questa idea che ogni realtà dell’universo,anche la più piccola,sia vivente e animata,costituisce il fondamento della magia.
Il minimo e la monade
Bruno si chiede come è possibile far coincidere l’unità assoluta del tutto con l’infinita molteplicità di cui è composto. Nel De Triplici egli afferma che nelle cose esiste un elemento-base,il minimo,che costituisce la loro essenza. Esso è l’unità ultima che costituisce la natura propria delle cose. Ogni cosa tende a conservare se stessa,quindi il proprio minimo. Le cose particolari tendono a raccogliersi in unità più vasta,cioè in specie e generi,fino a formare l’unità generale dell’essere.
Nel De monade Bruno afferma che la struttura degli esseri naturali è matematica-geometrica. Egli cerca di descrivere come si formi il molteplice della realtà delle cose. E descrive come dall’Uno si formi la Diade,e come si formi la Triade e via via gli altri numeri fino alla Decade,cercando di stabilire una corrispondenza fra ogni numero ed un aspetto essenziale della realtà naturale e d umana.
Unità del sapere e mnemotecnica
Il presupposto della concezione di Bruno è la corrispondenza fra la struttura della realtà e quella del pensiero. L’attività conoscitiva mira a individuare i nessi esistenti fra diverse rappresentazioni sensibili,ma cerca di andare oltre l’orizzonte sensibile,in quanto si realizza solo nella contemplazione delle idee,dei principi eterni che sono a fondamento dell’ordine naturale. Di tali principi la realtà sensibile è solo l’ombra cioè il segno,la traccia:un’ombra nella quale la mente cerca di cogliere un ordine,una struttura ideale immutabile.
Proprio la convinzione che la struttura e le articolazioni del pensiero riproducano la realtà e lo sviluppo delle cose conduce Bruno a riprendere l’idea dell’ars combinatoria e della mnemotecnica di Lullo.
Questa si basava sulla corrispondenza esistente fra talune nozioni e taluni aspetti essenziali della realtà e su un calcolo combinatorio di quelle nozioni. Questo calcolo permetteva di ricostruire i nessi e le articolazioni della realtà essenziale delle cose,cioè l’ordine stesso della natura. In Bruno c è lo stesso entusiasmo di Lullo nelle infinite possibilità della ragione,quindi la convinzione di poter superare il lento e faticoso processo conoscitivo e conquistare i più riposti segreti della natura. Egli vuole dotarsi di una Grande chiave universale capace di aprire la porta di accesso ad un sapere universale:connettendo sapientemente le nozioni essenziali,gli elementi costitutivi dell’alfabeto della mente,è possibile trovare e ricostruire i nessi e la trama di relazioni del mondo.Quello di Bruno è un sogno della ragione.

Il conflitto,la virtù e il valore del lavoro
I due principali scritti morali di Bruno,i dialoghi Lo spaccio della bestia trionfante e gli eroici furori,sono permeati dalla stessa tensione verso la verità ,dalla stessa passione del conoscere. Anche l’uomo è il prodotto e la contrazione della casualità infinita divina e è vero che l’uomo stesso,come essere finitamente infinito,può cogliere in sé e nel mondo quella infinita potenzialità e cercare di tradurla in atto con la propria azione e con il proprio pensiero.
Nella prima opera si parla della sconfitta di tutti i vizi,accostati ad alcuni segni zodiacali,cioè a quelli che hanno il simbolo di bestie. La vita è conflitto,guerra perenne ed è soprattutto guerra del bene contro il male. Perchè non c è bene se non nella vittoria sul male. Il mondo è il campo dove si dispiega l’attività umana,l’ozio viene cacciato dal lavoro e l’uomo cerca di affermare se stesso con le opere vincendo la propria natura ferina. Egli monta,supera e passa ogni sassosa e ruvida montagna e pur impegnandosi con immenso sforzo,non sente in tale sforzo fatica e dolore.
Bruno esalta la virtù delle mani,oltre che dell’intelletto che ne coordina l’azione. Egli critica il mito dell’età dell’oro,concepito come se fosse esistita un’epoca in cui all’uomo tutto fosse dato senza fatica e descrive la civiltà umana come un prodotto del lavoro,della fatica umana. Ma egli riconduce i vizi alle superstizioni ed accusa le religioni che hanno cercato di accecare l’intelletto. Riprendendo la metafora dello zodiaco,afferma che occorre affermare una nuova tavola dei valori. Tali valori sono anzitutto la verità come principio assoluto,in secondo luogo la prudenza,riflesso della provvidenza che dà ordine al mondo,poi la sofia o sapienza,che è ricerca umana,il suo graduale approssimarsi alla verità ed infine la legge che regola le società umane. Vi è poi una costellazione di Valori che Bruno ricava dalla tradizione umanistica e che costituiscono i principi regolatori della condotta virtuosa.
Gli Eroici Furori
In essa Bruno descrive tre furori o amori,ripresi dalle tre specie di rapto platonico che il filosofo fa proprie:l’amore per la vita dedita al piacere,quello per la vita attiva e quello per la vita contemplativa. I primi due tipi di furore sono propri degli uomini di barbaro ingegno. Il terzo è l’autentico ed eroico furore,perché esso ha come fine supremo la contemplazione della bellezza divina che si manifesta nell’universo intero. Esso consegue da una specie di conversione della mente. Quest’ultima conversione si attua attraverso un distacco dalle cose inferiori,la contemplazione delle specie superiori e infine la contemplazione di Dio,che è ascesa e amore supremo fino alla morte di bacio,cioè fino all’annullamento di se con il quale l’immaginazione e i sensi si annullano. Quella di Bruno è risoluzione dell’individuo nell’infinita e vivente natura:quindi è contemplazione del divino nella realtà e nella coscienza dell’uomo. Questa è come una caccia nella selva del mondo nella quale,più che le fiere selvagge,il cacciatore cattura se stesso. In tal modo da cacciatore diventa preda,come nell’antico mito accadde al cacciatore Atteone,che riuscì a contemplare Diana nuda e venne trasformato in cervo,cioè in preda. E i cani lo divorano:ma così lo fanno solo morire agli occhi del volgo,della moltitudine,in quanto lo rendono libero dal corpo. Cosi il cacciatore guarda Diana non attraverso le fessure degli occhi,ma trasformandosi egli stesso in occhio,in uno sguardo che si dilata e s’identifica con l’intero orizzonte della natura. In altri termini egli vede se stesso come natura,come parte dell’universo infinito. L’eroico furore di Bruno è una vera e propria passione del conoscere,un’inquietudine che riflette l’eterno moto delle cose e che è essa stessa espressione dell’infinito e divino ordine del mondo.

Esempio