Galileo Galilei

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Testo

Galileo Galilei
Stefano R***
IV O
Lo scienziato filosofo
Galileo Galilei é lo scienziato che più di ogni altro ha contribuito alla riformulazione delle basi metodologiche della scienza moderna. Nello stesso tempo le sue innovazioni non interessano soltanto l'ambito tecnico-scientifico, ma hanno importanti risvolti filosofici : in base ad esse risulta notevolmente ridimensionata l' influenza del pensiero aristotelico sulla filosofia moderna e, contemporaneamente, viene definito un nuovo rapporto tra filosofia e scienza, da un lato, e filosofia e religione, dall'altro.
Innanzitutto va detto che Galileo Galilei propriamente non é un filosofo, ma uno scienziato; tuttavia quando egli si pone problemi metodologici egli si spoglia delle vesti di scienziato per assumere quelle di filosofo; e soprattutto dei problemi metodologici ci si deve occupare in ambito filosofico. Va poi detto che se é vero che la sua riflessione metodologica é filosofica, é altrettanto vero che alcune scoperte scientifiche sono importanti e arrivano ad interessare la filosofia stessa.
Ad esempio, nel " Sidereus Nuncius " Galilei ci descrive le sue osservazioni tramite il cannocchiale, o, meglio, il telescopio. Telescopio e cannocchiale concettualmente sono la stessa cosa: sono entrambi dati dalla combinazione di lenti concave e lenti convesse in modo tale da ingrandire gli oggetti lontani; le lenti convesse ingrandiscono, ma solo da vicino; é solo tramite l' apporto di quelle concave che si può ingrandire ciò che é lontano. La differenza tra cannocchiale e telescopio consiste nel fatto che con il primo si osservano esclusivamente realtà presenti sulla Terra ( anche se magari molto distanti ), con il secondo invece si possono arrivare ad osservare realtà che non sono sulla Terra: astri, pianeti e stelle. La differenza non é solo quantitativa ( con il cannocchiale posso vedere meno cose , con il telescopio di più ), ma anche qualitativa: ciò che vedo col cannocchiale, per quanto distante possa essere, lo potrò sempre verificare empiricamente: se osservo una casa in lontananza posso avvicinarmi e verificare se davvero ciò che vedevo col cannocchiale era vero. Col telescopio non ci può essere ( siamo nel 1600 ) verifica empirica: ciò che vedo sulla Luna, per esempio, devo prenderlo per buono , senza poterlo verificare di persona. A noi pare una cosa ovvia che ciò che vediamo in un telescopio o in un cannocchiale é effettivamente così , ma ai tempi di Galileo non era così. In altre parole , Galileo non ha inventato il cannocchiale, ma il telescopio perchè per primo ha creduto a ciò che vedeva al di fuori della Terra; il cannocchiale diventa cioè telescopio nel momento in cui con esso osservo realtà che non posso verificare empiricamente. Ha cioè perfezionato uno strumento elaborato in modo grossolano da artigiani olandesi ( molto abili nel produrre lenti ottiche ); negli stessi anni Keplero, con cui Galilei era in contatto, aveva elaborato una teoria ottica per capire quale precisa combinazione di lenti usare per un ingrandimento preciso. Gli artigiani olandesi e Keplero facevano contemporaneamente e separatamente due " pezzi " che Galileo ha il merito di aver unificato. La grande intuizione di Galileo fu infatti quella di mettere insieme questi due " pezzi " ( dopo aver convocato alcuni artigiani in grado di farlo ), ossia di creare un rapporto biunivoco tra scienza e tecnica, cosa peraltro tipica della rivoluzione scientifica : é un rapporto biunivoco nel senso che un maggiore sviluppo tecnologico permette alla scienza di conseguire risultati più apprezzabili, ma un maggiore sviluppo scientifico consente la creazione di strumenti sempre più precisi. Emerge poi nella elaborazione del telescopio un aspetto che avrà modo di emergere più volte in Galilei, ossia quelle che lui chiama " le sensate esperienze e le certe dimostrazioni ", dove sensate sta per " sensibili " e certe sta per " dimostrazioni rigorose ", di tipo matematico. Queste due espressioni vanno intese come la prima formulazione del metodo della scienza moderna, il quale si avvale non solo di calcoli matematici , non solo di osservazioni fisiche, ma di tutte e due le cose insieme. La matematica “pura”, secondo Galileo, non è in grado di presentare la realtà: la realtà naturale è presentata dall’esperienza e deve essere spogliata di qualità soggettive per studiare soltanto i rapporti quantitativi e matematici. Ma è l’azione a riprodurre tramite l’esperimento un certo fenomeno e a consentire di verificare se esso produca o meno l’effetto previsto dall’ipotesi. Questa sintesi di esperienza, ragione matematica e azione costituisce il fondamento del metodo galileiano.
Metodo Sperimentale
Riassumiamo il metodo sperimentale: si parte dall' esperienza attraverso la formulazione di un' ipotesi ( formulata in termini matematici, di rapporti che legano dinamicamente due fenomeni), poi si passa alla verifica sperimentale ( si tolgono gli elementi di disturbo per poter effettivamente misurare in termini matematici ), se possibile si dimostra subito l' ipotesi, altrimenti si dimostra il teorema ( che é la conseguenza matematica dell' ipotesi ); dalla verifica del teorema si considera dimostrata l' ipotesi e quindi la legge. E se il teorema non fosse un dato verificato? Dovremmo eliminare l' ipotesi e cercarne un' altra? Ma Galileo fa un' affermazione apparentemente sconcertante: " sì e no "; l' ipotesi sul piano fisico é evidentemente da scartare , non corrisponde a come funziona il mondo; però per Galileo essa continuerebbe a rimanere valida sul piano matematico. Mettiamo il caso che l'ipotesi di prima non sia stata correttamente dimostrata; dell' ipotesi risultata indimostrata, perchè indimostrato il teorema. Una cosa é la realtà fisica , un' altra é la realtà matematica. E' un pò la stessa questione del sistema tolemaico: fisicamente é senz'altro sbagliato, ma matematicamente quadra perfettamente. Nell'ammettere che le realtà matematiche corrette non debbano per forza essere corrette fisicamente, emerge ancora il platonismo di Galileo: Galileo attribuisce come aveva fatto Platone valore autonomo alla coerenza interna delle teorie. La dimensione delle certe dimostrazioni in Galileo finisce per essere più importante rispetto a quella delle sensate esperienze.
E' interessante quello che Galileo ci dice sulla costruzione del telescopio in una lettera: anche qui finiscono per risultare più importanti le certe dimostrazioni; non descrive affatto dei concreti tentativi come avrebbero potuto fare gli artigiani olandesi; Galileo invece ci descrive un puro e semplice ragionamento su quali risultati si sarebbero potuti ottenere da una determinata combinazione di lenti concave e lenti convesse. Quello che descrive nella lettera é un puro e semplice calcolo mentale: anche su questo piano prevalgono le certe dimostrazioni. Poi, sempre riguardo alla questione del telescopio, quando guarda sulla Luna e vede cose di cui non può avere una verifica empirica , ecco allora che ritorna in gioco il concetto già trattato della estrapolazione ( da dati disponibili ricavarne uno che non si ha ): infatti non appena Galileo arrivò a dichiarare pubblicamente ciò che aveva visto in cielo, la prima cosa che gli obiettarono fu: " la lente ha deformato la realtà; ciò che dici non é vero! "; poi ci furono obiezioni più sottili , per esempio ci fu chi disse " ciò che vedi é vero, ma può essere interpretato in modo diverso ". Galileo per difendersi da coloro che dicevano che ciò che vedeva era falso, un errore della lente dovette appunto ricorrere all' estrapolazione, che implica il ricorso all' esperienza, ma fino ad arrivare ad un limite che si colloca oltre l' esperienza stessa. Per usare l' estrapolazione con il telescopio si deve prima osservare qualcosa verificabile concretamente: faccio osservazioni e poi le verifico andando ad esaminare l'oggetto in questione di persona; ciò che avevo visto col telescopio era effettivamente vero. Poi ripeterò l'operazione con un oggetto più distante di quello esaminato prima e vedrò che effettivamente ciò che vedo col telescopio corrisponde alla realtà perchè posso verificare di persona; aumenterò sempre più la distanza degli oggetti presi in esame. A questo punto posso fare un' estrapolazione: se quello che osservo a 10, 20, 100 metri é vero quando poi vado a verificarlo concretamente, che cosa mi impedisce di credere che quello che vedrò alla distanza Terra - Luna non sia anch' esso vero? E' lo stesso ragionamento della densità con l' olio, l' acqua e l' aria.
Rapporto tra la Sacra Scrittura e la scienza
Esaminiamo ora il rapporto tra la Sacra Scrittura e la scienza; dobbiamo innanzitutto dire che Galileo era e si sentiva un buon cristiano e il suo atteggiamento nei confronti della Chiesa fu ben diverso rispetto a quello di Giordano Bruno. Egli é convinto della verità della Chiesa e non deve assolutamente " sconfessare ". Fu a partire dal novembre 1612 che la teoria copernicana venne proclamata eresia e anche le posizioni di Galileo vennero attaccate : sostenere l' eliocentrismo significava indubbiamente mettere in discussione la veridicità delle Scritture; c' é infatti un passo nella Bibbia in cui Giosuè ordina al Sole di fermarsi; se il Sole deve fermarsi é ovvio che é concepito in movimento ed é però altrettanto ovvio che questo é in contrasto con la teoria copernicana che lo vuole fermo al centro dell' universo. Galileo dovette così intraprendere la difesa delle sue teorie e lo fece in alcune lettere in cui affrontava la questione del rapporto scienza - Scrittura. Le sue sono e rimangono comunque posizioni ortodosse, di rispetto per la Chiesa. Galileo deve riuscire a fondare l' autonomia della ricerca scientifica, sciogliendola dal vincolo delle Scritture: il pensiero di Galileo é pervaso dalla convinzione che scienza e Scrittura abbiano un' unica fonte. Già Agostino, uno dei padri della Chiesa, sosteneva che il Logos fosse l' origine sia della ragione, sia della rivelazione e anche della creazione; riprendendo in parte queste idee di fondo Galileo arriva a dire che scienza e Scrittura hanno un' unica origine, quella divina. In altre parole, ciò che l' uomo scopre nella natura non può essere in contrasto con la rivelazione: il libro della Scrittura e quello della natura finiscono per essere la stessa cosa, quasi come se Dio volesse comunicare con l'uomo tramite la rivelazione e in più tramite tutto ciò che ci circonda : é come se Dio si fosse rivelato a noi parallelamente con questi due libri , quello della Scrittura e quello della natura. Tuttavia risulta stridente la contraddizione tra natura e Scrittura nel caso della teoria copernicana, da Galileo sostenuta e dimostrata autentica : la Scrittura mi dice che il Sole ruota intorno alla Terra, la natura mi dice invece che é la Terra a girare intorno a lui. Galileo cerca di risolvere il problema sottolineando come gli obiettivi del libro della Scrittura e quelli del libro della natura siano diversi. Il libro della natura ci insegna come é fatto il mondo, il libro della rivelazione ( la religione ) ci mostra invece come comportarci per ottenere la salvezza dell' anima: il libro della natura é latore di un messaggio teoretico, quello della Scrittura di un messaggio etico - religioso. Non a caso Galileo ripeteva sempre: " la Scrittura non ci insegna come vada il Cielo, ma come si vada in Cielo ". Essendo diversi gli obiettivi, spiega Galileo, é evidente che la Bibbia per perseguire il suo abbia dovuto adattarsi alla mentalità delle persone dell' epoca per rivelare l' onnipotenza divina: se a quei tempi si pensava che il Sole girasse intorno alla Terra, per mostrare l' onnipotenza di Dio bisognava dire che egli era in grado di fermare il Sole. Non ha un valore teoretico questa asserzione, ma solo etico: non mi dice come é il mondo, vuole solo dimostrare come Dio possa tutto. D' altronde nella Bibbia ci sono altre espressioni che fanno ben intendere come le finalità siano quelle di mostrare la potenza di Dio e non di spiegare come effettivamente sia il mondo; la figura stessa di Dio nella Scrittura é antropomorfica: si parla dell' occhio di Dio , della mano di Dio: non mi si vuol dire che Dio ha gli occhi o le mani! La Scrittura arriva perfino a dire che Dio si pente: un pentimento presume un errore, ma é impossibile che Dio commetta errori. Quello della Bibbia, per Galileo, é un messaggio che non va preso alla lettera. Anche il non prendere alla lettera la Bibbia é comunque ortodosso e non va contro la Chiesa: la Bibbia, é risaputo , può essere letta con significati diversi e con diverse interpretazioni. Quindi quando si dice che Dio fa fermare a Giosuè il Sole, si vuole solamente sottolineare l' onnipotenza divina e non la struttura architettonica dell' universo. E' Dio che si é adattato al linguaggio degli uomini di allora ( che non sapevano che il Sole non girasse intorno alla Terra ) per farsi capire. Va senz' altro ricordato che Galileo scrisse le lettere in cui difendeva le sue teorie avvalendosi dell' aiuto di alcuni teologi cristiani, rappresentanti delle fasce più moderne del Cattolicesimo; sfruttò i loro suggerimenti per sostenere le sue posizioni contro la Chiesa più retrograda. Del rapporto di Galileo con la Scrittura ce ne parla lui stesso: " Se bene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de' suoi interpreti ed espositori in vario modo: tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole, perché così vi apparirebbero non solo diverse contraddizioni, ma gravi eresie e bestemmie ancora ”. Sembra quindi che Galileo si sia difeso correttamente e abbia dimostrato di non essere un eretico , ma ciononostante la Chiesa continuò ad essergli. Ebbene, alla Chiesa cattolica non andava giù che Galileo si intromettesse in questioni religiose , vedeva in lui una specie di Protestante, che applicava la teoria propugnata da Lutero del libero esame: la figura del prete che legge le Scritture é inutile; ognuno é libero di esaminarle e di interpretarle da sé ( e questo contribuì moltissimo all' alfebitizzazione dei paesi protestanti a discapito di quelli cattolici ).
L’Auctoritas di Aristotele
Per quel che concerne il rapporto di Galileo con l'altro testo all' epoca ritenuto inconfutabile, ossia il testo di Aristotele, va detto che qui le cose cambiano notevolmente: se in Galileo non c'é rifiuto per la Scrittura, c' é però rifiuto per l' autorità dei testi aristotelici. Si tratta di un rifiuto all' autorità di Aristotele, non ad Aristotele: egli polemizza contro il mondo di carta degli aristotelici in quanto afferma la necessità dello studio diretto della natura. Egli dice: “niente è più vergognoso che far ricorso nelle dispute scientifiche a testi che spesso furono scritti con altro proposito e pretendere di rispondere con essi ad osservazioni ed esperienze dirette”. E’ proprio di ingegni volgari e servili rivolgere gli occhi ad un mondo di carta piuttosto che a quello vero e reale, che, fabbricato da Dio, ci sta sempre dinanzi per nostro insegnamento.

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