Filosofi

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Testo

Fichte
Egli fu un gran rappresentante dell'idealismo.
Noi intendiamo io puro, principio di ogni cosa, pensiero ed attività spirituale. Con Fichte abbiamo la metafisica del pensiero ciò vuol dire che la ricerca della sostanza di una cosa non è nella realtà ma nel pensiero soggettivo.
Fichte considera la filosofia dogmatica degna di persone passive. L'idealismo è per lui la filosofia dei giovani perché l'io è creatore.
Secondo lui, la vera natura umana è quella morale, possiamo definire il suo un idealismo etico.
Dopo la lettura della critica alla ragion pratica, pubblicò un libro anonimo che come stile si avvicinava molto a quello di Kant. Viene riconosciuto ed invitato ad insegnare all'università. Qui un suo assistente aveva proposto nei suoi testi che noi dobbiamo parlare di Dio come ordine morale dell'Universo. Il senato accademico richiamò Fichte il quale disse "se non siamo liberi di scrivere quello che vogliamo, io do le dimissioni". Vennero cacciati dall'università. Fichte cercò lavoro ma ben presto sua moglie che era infermiera si ammalò e lo contagiò di un male che in breve tempo lo portò alla morte.
Importantissimi da ricordare sono i discorsi alla nazione tedesca che egli scrisse per suscitare uno spirito nazionalistico.
Secondo Fichte l'io penso di Kant non può essere solo legislatore della natura, ma deve essere anche creatore.
Esso si struttura:

TESI (realtà*) L'io pone se stesso
ANTITESI (negazione*) L'io pone il non io *vengono sistemate come le categorie di Kant
SINTESI (limitazione*) L'io pone il non io per farsi io * il rapporto tra realtà e negazione è limitazione

L'io pone se stesso secondo il principio logico di identità a=a io=io
Esso ha una natura morale Se io sono messo alla prova è vero che sono moralità? La vita va vissuta. Bisogna cercare di superare il non io, che rappresenta gli ostacoli e ci allontana dalla moralità.
Il non io non è autonomo ma è creato per controbattere l'io. Il non io viene quindi creato da noi.
L'io per realizzarsi come moralità si è trasformato in non io.
Finché viviamo ci limitiamo sempre ad essere morali sapendo comunque che la moralità assoluta non la raggiungeremo mai
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Schelling
Schelling prese il posto do Fichte ma pur avendo avuto successo inizialmente, con l’avvento di Hegel le cose cambiarono.
Le sue opere principali sono: “Bruno o del principio naturale e divino delle cose”, “Il sistema dell’idealismo trascendentale”.
Critica Fichte in quanto l’attività dell’io descritta da lui è infinita, ma questa infinità è cattiva, perché non raggiunge mai una fine. D’altra parte il “non io” è troppo limitato e deve essere rivalutato: tutto deve rispondere a Spinosa, tutto è divinizzato. Il principio di Schelling è l’Assoluto.

ASSOLUTO: unità indifferenziata di natura e spirito
NATURA: spirito incosciente
SPIRITO: consapevolezza

L’interesse di Schelling fu rivolto alla natura che cerca di prendere coscienza di se stessa. Il suo studio si chiama fisica speculativa. Studia il divenire della natura che va avanti per gradi.
Si va avanti per lo scontro di due grandi forze, quella attrattiva e quella repulsiva. Le tre tappe più importanti sono: gravità (magnetismo), luce (elettricità), vita [chimismo (organica)].
Il momento culminante della vita è il finalismo.
La natura è espressione dell’assoluto.

Le tappe dello spirito sono:
1) Attività teoretica
2) Attività pratica
3) La finalità e la storia.

Il suo idealismo è chiamato idealismo “estetico”.
Il momento finale in cui si raggiunge l’assoluto è l’arte. L’arte è l’organo della filosofia e rivela l’assoluto in quanto è spirito che opera come natura.
Hegel sarà d’accordo con Schelling riguardo all’assoluto, dando un momento finale.
Hegel critica l’assoluto di Schelling: “se sono unità indifferenziate di natura e spirito, come si differenziano?”
Per Hegel l’assoluto sarà unità - distinzione di natura e spirito.
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Hegel
Hegel nasce a Stoccarda nel 1770 e studia in scuole religiose. Una volta laureato, viene chiamato a Berna a fare il precettore privato. Nelle famiglie ricche dove lavora ha la possibilità di frequentare grandi biblioteche dove si può accingere alla lettura dei classici. Egli studiò molto la cultura greca e soprattutto Platone. Voleva diventare un grande filosofo come Platone e non come il “genio” (Schelling) che solo in sogno conobbe la filosofia. Proprio mentre era a Berna scrisse le sue prime opere di natura religiosa: “La vita di Gesù”, “La positività della religione cristiana”. Le opere di questo periodo non ebbero grande successo anche se oggi sono state riscoperte e studiate.
Successivamente pubblica: Differenza fra il sistema filosofico di Fiche e quello di Schelling”, “Fenomenologia dello spirito”.
Trasferitosi a Norimberga scrive “Scienza della logica” dove, partendo dall’idea prima di essere cerca di raggiungere la realtà determinata e quindi anche la coscienza.
A Berlino divenne professore universitario facendo, con le sue lezioni, grande successo. Hegel divenne filosofo dello Stato Prussiano, con le “Lezioni Berlinesi”, libro contenente gli appunti delle sue lezioni, raccolti dai suoi alunni, esaltava le doti dello Stato tedesco e lo poneva come guida per gli altri.
Egli sviluppa il suo pensiero tenendo presente il pensiero greco. Per Hegel il principio di ogni cosa è L’assoluto = distinzione di natura e spirito. L’assoluto (unità distinzione) ha un punto finale. “Tutto ciò che è reale è razionale, tutto ciò che è razionale e reale” tutto ciò che si realizza ha una sua razionalità; ciò vuol dire credere alla provvidenza (ottimismo). Tutto ciò che è razionale si deve realizzare.
Per Hegel l’assoluto si sviluppa secondo una struttura dialettica. Di dialettica ne hanno parlato i sofisti, ma era di natura bipolare; ne ha parlato Kant, ma rappresentava la pretesa della ragione di dimostrare le sue idee. Per Hegel invece, la dialettica rappresenta il movimento stesso dell’Assoluto

STRUTTURA DELL’ASSOLUTO
- TESI: momento astratto intellettuale, Momento di posizione
- ANTITESI: opposizione, momento negativo della ragione
- SINTESI: momento positivo razionale.

Movimento circolare
L’antitesi si basa sul principio di opposizione che determina il movimento. La sintesi rappresenta il superamento dei limiti posti nella tesi e nell’antitesi. (SINTESI=AUFHBEN tagliare e conservare)

Esempio:
- TESI: vita
- ANTITESI: morte
- SINTESI: specie (figli) (con i figli si può vivere oltre la morte).
Quindi la tesi e l’antitesi vengono superati per affrontare un momento nuovo di ottimismo.

Nelle opere giovanili già si può intuire questo metodo dialettico.
- TESI: momento rappresentato dalla religione greca; c’era armonia con la natura, la religione rispondeva ai bisogni dell’uomo.
- ANTITESI: rappresentata dalla religione ebraica; si rompe l’equilibrio tra uomo e divinità mostrando l’uomo come schiavo, servo della divinità punitrice. Si ha quindi una scissione (separazione tra uomo e divinità)
- SINTESI: rappresentata dalla religione cristiana; la religione dell’amore. L’amore unisce l’uomo a Dio; come dice Platone: “nell’amore non c’è chi domina e chi è dominato, c’è unità. L’uomo della religione cristiana sa che è unito a Dio attraverso l’amore. Con l’amore si supera qualsiasi scissione (Fedro).
Quindi l’assoluto rappresenta il momento culminante della filosofia. “La filosofia è come l’uccello di Minerva che vola al tramonto”.
Minerva: Dea della sapienza
Tramonto: momento di riflessione; (l’assoluto riflette su se stesso).
Per Hegel la sua filosofia rappresenta il momento culminante e quindi l’assoluto.

IDEALISMO LOGICO: Hegel sarà accusato di Panlogismo (tutto è razionalità)

FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
La fenomenologia dello spirito rappresenta la storia romanzata dello spirito che si racconta attraverso la storia. Lo spirito si presenta come:
- COSCIENZA : SPIRITO
- AUTOCOSCIENZA : RELIGIONE
- RAGIONE : SAPERE ASSOLUTO
Lo spirito cerca di presentarsi:

· COSCIENZA :
o Certezza sensibile
o Percezione
o Intelletto

· AUTOCOSCIENZA:
o Servo – Padrone
o Libertà (Stoicismo, scetticismo, cristianesimo)
o Coscienza infelice

· RAGIONE:
o Osservativa (Rinascimento)
o Attiva (piacere, virtù, cuore)
o Etica

La coscienza è il momento in cui inizia tutto. Lo spirito prende coscienza di se (certezza sensibile). Quando capisce la differenza tra uno e molti, si passa alla percezione.
Con l’intelletto si fa il concetto che permette di cogliere l’universale concreto.
Concetto reale (concreto) ---- razionale (universale).
La coscienza diviene autocoscienza nel rapporto con gli altri. Noi siamo delle coscienze, tra l’una e l’altra si crea un rapporto di “servo – padrone”. C’è chi ha paura della morte, dell’incognito… allora non affronta la vita e si affida a qualcun altro. Chi non ha paura sarà sempre padrone nella vita, chi invece ha paura avrà sempre un atteggiamento di servo.
Il padrone che si serve del servo, non si rende conto però che è lui stesso servo del suo servo poiché ha bisogno di lui. Allora il servo prende coscienza della sua importanza per il padrone, che non potrebbe essere tale senza il suo servo.
Da questa opposizione scaturisce la libertà spirituale. Il Cristianesimo del Medioevo ha portato la coscienza infelice: durante quel periodo infatti, si diceva ai cristiani di vivere in questo mondo pensando sempre che il vero mondo è quello dell’aldilà. Allora il cristiano nel Medioevo, era scisso, lacerato, perché viveva in questo mondo sapendo che non era il suo mondo.
Nel rinascimento ci cogliamo come ragione (universale concreto)=. Ragione osservativi = l’uomo nel Rinascimento vuole fare scienza. Poi da osservativa diventa Attiva (la ragione può agire per piacere, come Faust); o per ragioni di cuore (come Rosseau) o per virtù (come Don Chisciotte). Il momento culminate vede la ragione come etica.

Percorso speculativo
· SPIRITO
- La bella vita etica “Antigone”
- La cultura (Illuminismo, Robespierre, Terrore)
- L’anima bella (Romanticismo, Novalis)
· RELIGIONE
· SAPERE ASSOLUTO

La bella vita etica è il mondo greco. Si rifà alla tragedia di Antigone. Lei era una fanciulla che ha disubbidito a Creonte seppellendo il fratello. Si viene a formare un conflitto tra legge umana e legge del cuore. Ciascuno di noi ha simpatia per Antigone, ma se ciascuno di noi la pensasse come lei, non ci sarebbe Stato. Le leggi vanno rispettate anche se non condivise per mantenere il giusto rapporto individuo-stato.
Da questo conflitto si giunge al poter vivere in società. E’ il caso dell’impero romano. La cultura rappresenta la presenza della legge dello Stato. Ma questo ha comportato il momento del Terrore. Siamo tutti uguali, ma nello stesso tempo nessuno lo era. Il rapporto tra individuo e Stato nell’Illuminismo era di paura.
E’ un anima bella che rischia di impazzire o intisichire. E’ individualistica.
ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO
Assoluto o idea
· Idea in se o logica
- Essere
- Essenza
- Concetto
· Idea fuori di se o Natura
- Meccanica
- Fisica
§ Magnetismo
§ Elettricità
§ Chimismo
- Organica
§ Geologico
§ Vegetale
§ Animale
· Sensibilità
· Irritabilità
· Riproduzione
- Vita
- Morte
- Specie
· Idea in sè e per sé o spirito
- Soggettivo
§ Antropologia (anima)
§ Fenomenologia (coscienza)
§ Psicologia (libertà)
- Oggettivo
§ Diritto
§ Moralità
§ Eticità
· Famiglia
· Società civile
· Stato
- Assoluto
§ Arte (l’assoluto è intuito)
· Idealità
· Intuizione
· Forma
§ Religione (è rappresentato)
· Orientale
· Personale
· Cristiana
§ Filosofia (l’assoluto è pensato come concetto)

Idea in sé o LOGICA

- LOGICA (idea in se)
· Essere
§ Qualità (essere, non essere, divenire)
§ Quantità
§ Misura
· Essenza (contenuto dell’essere)
· Concetto

Per Hegel tutto è logica, tutto è razionalità. “Le mie categorie hanno mani e piedi”; le categorie, forme della logica non sono astratte, ma concrete. Il momento vero è la sintesi, il concetto. Il vero concetto è l’idea, il momento in cui l’idea, partita da essere diviene concetto.

Idea fuori di sé o NATURA
Nella filosofia della natura, l’idea si estranea da sé. Essa rappresenta il momento negativo razionale, quello dell’antitesi. E’ un momento importante, necessario ma che Hegel non ritiene interessante poiché qualunque suo spettacolo, anche se stupendo, è inferiore ad ogni azione dell’uomo, anche se malvagia; perché nell’uomo c’è lo spirito libero.
Non è come Schelling che la studia approfonditamente attraverso la fisica speculativa.
Hegel dice: “io non credo alla natura come ce l’ha presentata il Romanticismo, (“Deus sive natura” Spinoza). Egli la suddivide in meccanica, fisica ed organica.

· NATURA (idea fuori di sé)
- Meccanica
- Fisica
§ Magnetismo
§ Elettricità
§ Chimismo
- Organica
§ Geologico
§ Vegetale
§ Animale
· Sensibilità
· Irritabilità
· Riproduzione
- Vita
- Morte
- Specie

La natura meccanica studia la natura nello spazio e nel tempo (esteriormente).
La natura fisica analizza le leggi della natura. Le leggi sono quelle di Schelling (elettricità, magnetismo, chimismo).
La natura organica ci presenta l’organismo geologico (il fossile).
Hegel studia l’organismo secondo la concezione di Aristotele di funzione vegetativa e sensitiva. L’organismo vegetale ha la funzione vegetativa cioè di crescere, nutrirsi e morire. L’organismo animale ha invece la funzione sensitiva, quindi ha anche la capacità di sentire gli stimoli. L’animale sente; è sensibile; quando sente degli stimoli reagisce ad essi, di qualsiasi natura essi siano, secondo la legge di stimolo e risposta.La riproduzione rappresenta la continuazione della vita (vita, morte, specie).
La specie è il punto culminante della riproduzione. Con la specie vengono superate le barriere della morte con la vita stessa. Ciò determina la Storia dell’umanità.

Idea in sé e per sé o SPIRITO
Lo spirito soggettivo

· Idea in sè e per sé o spirito
- Soggettivo
§ Antropologia (anima)
§ Fenomenologia (coscienza)
§ Psicologia (libertà)
- Oggettivo
- Assoluto

Nell’Antropologia Hegel ci presenta lo spirito soggettivo come anima biologica cioè come funzionalità, come vita (alla maniera di Aristotele). Un’anima primordiale a contatto con l’ambiente (teoria dell’evoluzione).
Nella Fenomenologia dello spirito, si parla di coscienza (certezza sensibile, percezione, intelletto). La Psicologia ci studia dal punto di vista della libertà. La psicologia non viene studiata come scienza; lo diventerà solo nel 1879. Per il momento viene studiata solo come espressione della nostra libertà.

Lo spirito oggettivo

· Idea in sè e per sé o spirito
- Soggettivo
- Oggettivo
§ Diritto
§ Moralità
§ Eticità
· Famiglia
· Società civile
· Stato
- Assoluto

Lo spirito oggettivo riguarda i rapporti che si concretizzano tramite la libertà. La libertà individuale si esplica nelle istituzioni.
Il primo momento è il contratto; si riferisce alla proprietà che è la prima libertà individuale. Quindi il diritto si presenta come un momento esteriore, come rapporto visibile. Il primo rapporto visibile è il contratto, ciascuno di noi si realizza come possesso, e quindi con tutto ciò che comporta avere il contratto e la conservazione della proprietà privata.
Se il diritto è l’aspetto esteriore, quello interiore è la moralità. Per Hegel è sempre un aspetto individuale.
Per superare gli aspetti limitativi l’unico momento vero è la sintesi: individualità in riferimento alla comunità (eticità, organismi etici). La sintesi ci presenta dunque l’eticità, il significato dell’individuo in relazione alla società.
Gli organismi etici sono:

La famiglia. Essa è l’unione che nasce con un contratto quando fra due individui c’è sentimento (si nota quindi l’unione tra tesi ed antitesi).
La famiglia dà l’idea che la moralità individuale è già in rapporto alla moralità del coniuge. Hegel vede questo rapporto come un nucleo chiuso ed armonico al suo interno. Però, questo nucleo chiuso, per necessità si deve rompere, scindere, lacerare (antitesi) quando i figli, diventati grandi, escono dalla famiglia. Quando questi escono rompono l’armonia che c’era all’interno della loro famiglia.

Hegel esamina questa lacerazione e la chiama società civile.
Questa indica una comunità di famiglie aperte. Si crea così un rapporto continuo, dinamico tra i vari individui; questa comunità ha bisogno però di una ricongiunzione armonica e questa si raggiunge solo con lo stato.

Lo Stato rappresenta il momento della sintesi e lo si può considerare come una grande famiglia. Questo rappresenta la “realtà etica consapevole si sé” di un popolo, ossia la consapevolezza del fine cui va indirizzata la vita comune. In questo senso esso è per Hegel Dio in Terra.
Lo Stato quindi rappresenta la sintesi, la realizzazione dell’assoluto dal punto di vista storico.
Lo Stato è vita perché è ragione (“Il Dio che si fa realtà”). La sua vivacità si nota nella guerra. Proprio questa viene vista da Hegel come vento che non permette alle acque di stagnare. “lo capisco che nelle guerre si corrono molti rischi però bisogna affrontarli per permettere agli Stati giovani di affermarsi”.
La guerra quindi è necessaria e come tale è razionalità. Tramite la guerra si affermano le nazioni. La guerra si serve dell’astuzia della ragione degli uomini per fomentare la battaglia, lo scontro. La ragione quando ha suscitato la guerra si serve anche degli eroi (individui cosmico storici).
Gli eroi per Hegel sono l’assoluto. L’assoluto si è realizzato in un individuo che ha sentito lo spirito dell’assoluto e lo ha realizzato nella storia e nello spazio. Es: “Cesare distrutto due Repubbliche fantasma e ha realizzato lo spirito nuovo”.
Una volta che questi eroi compiono il loro compito di mostrare l’assoluto, vengono messi da parte.
Per Hegel l’unica realtà vera è lo Stato che sviluppa la razionalità. Noi possiamo studiare la storia attraverso la libertà, attraverso la realizzazione della libertà.
“Negli Stati orientali la libertà è di uno solo, poi negli Stati greco – romani la libertà appartiene a pochi (il Senato, l’aristocrazia), è solo nello Stato tedesco che da Lutero in poi la libertà appartiene a tutti”. Quindi è solo nello Stato tedesco che tutti sono liberi e quindi è lo Stato tedesco che deve essere lo Stato guida di tutti gli altri Stati, perché è l’unico che ha realizzato l’assoluto. (idea PANGERMANICA – la Germania ha il diritto di guidare gli altri popoli)
Questo fu un discorso pericoloso più dei “discorsi alla nazione tedesca” di Fiche. Mentre questi ultimi furono scritti per necessità, per stimolare i tedeschi contro l’oppressione dello straniero, i discorsi di Hegel sono rivolti allo Stato che viene giustificato attraverso la razionalità.
Naturalmente questo discorso venne ripreso durante la I guerra mondiale.
Hegel tratteggia questo grande scenario (storia --- realizzazione dell’assoluto). Nella storia nulla è fatto per caso, ma tutto ha un suo fine, uno scopo ben determinato. Tutto è razionale, tutto compie un movimento razionale.
Lo spirito assoluto

· Idea in sè e per sé o spirito
- Soggettivo
- Oggettivo
- Assoluto
§ Arte (l’assoluto è intuito)
· Idealità
· Intuizione
· Forma
§ Religione (è rappresentato)
· Orientale
· Personale
· Cristiana
§ Filosofia (l’assoluto è pensato come concetto)

Lo spirito fin’ora è stato soggettivo, oggettivo, ed adesso lo si può cogliere nella sua pienezza. Tutte e tre le funzioni dello spirito hanno per oggetto l’assoluto (lo spirito che si coglie in sé e per sé). Questo è il momento in cui si prende coscienza del giorno cioè rappresenta lo svolgimento dell’assoluto.
L’assoluto può essere intuito nell’arte, rappresentato nella religione e pensato come concetto nella filosofia.

L’arte è il momento di intuizione soggettiva di chi ha una natura sensibile. Schelling ha visto l’arte come momento di intuizione dell’assoluto, per lui l’arte è il momento culminante (unione indifferenziata di natura e spirito). Per Hegel invece, l’arte è un momento particolare che deve essere superato. L’arte si sviluppa attraverso tre momenti particolari dell’artista: idealità, intuizione, forma.
In queste tre fasi si può trovare delineata la storia dell’arte. All’inizio della storia, nell’arte è stata predominante la materia (arte simbolica). L’arte orientale poi, si è manifestata nell’architettura dei templi (uso del marmo, della pietra).
Nell’arte greco – romana, c’è stato invece un equilibrio tra materia e idealità e questa forma di arte si è manifestata nella scultura (armonia tra intuizione dell’artista e forma).
Infine si giunge all’età moderna, all’età tedesca con l’arte Romantica.
In questo tipo di arte predomina la soggettività dell’artista, infatti le espressioni d’arte di questo periodo sono la pittura, la musica e la poesia.
In questo senso, l’arte tedesca è quella superiore a tutte le altre. Nell’arte noi cogliamo in un momento soggettivo l’intuizione dell’assoluto. Hegel, comunque, pur affrontando la distinzione tra bello naturale e bello artistico, ritiene che il soggetto da cui si trae l’ispirazione è sempre superiore.
Ma l’arte in sé è un momento affidato al soggetto. Ma l’assoluto ha bisogno di avere un momento di oggettività.

Questo momento lo si ha con la religione. In essa, l’assoluto è colto da tutti tramite la fede che fa avvertire oggettivamente la presenza dell’assoluto. Anche la religione si può studiare attraverso tre momenti: religione orientale; religione personale; religione cristiana.
La religione orientale, rappresenta il primo momento in cui l’assoluto è visto in un feticcio (in questa religione c’è il culto del Dio Sole, della metempsicosi), al massimo si può avere un certo animalismo (pensare che tutta la natura sia divinizzata).
Ma questa rappresenta l’infanzia dell’umanità, poi si passa alla religione personale (la divinità è vista come persona). Questa religione, di natura personale è tipico della religione ebraica.
Ma anche questo momento, non è quello culminate.
Infatti il momento culminante è dato solo dalla religione cristiana che presenta Dio come trinità: Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo.
Nemmeno la religione è un momento conclusivo, perché oggettivo. L’assolto è colto nella sua pienezza come natura concettuale (concetto).
Il concetto è visto come complemento, coglie l’assoluto nella sua essenza. L’assoluto si può cogliere solo nella filosofia (panlogismo).
Questo momento è il momento finale “E’ come l’uccello di Minerva che vola al tramonto”. C’è solo da riflettere, di prendere coscienza di ciò che è accaduto. Quindi la filosofia è anche storia.
Attraverso i vari filosofi che hanno criticato le filosofie precedenti e le hanno superate si è potuto avere uno svolgimento nella storia, nella ricerca della filosofia finale.
In questo svolgimento l,’assoluto cerca se stesso, cerca di farsi capire, di realizzarsi. La filosofia quindi risponde al tempo in cui si realizza e coglie quel momento storico in cui si sviluppa.
Hegel dice che la sua filosofia è la massima filosofia, e come tale non potrà essere mai superata. Questa sua idea rappresenta il limite della filosofia hegeliana, perché la filosofia procede, come procede lo sviluppo dell’umanità.
E’ importante che la filosofia abbia un rapporto sociale con la storia e che instauri anche un rapporto con la religione.
Però, pur considerando la filosofia come momento speculativo (sintesi), ritiene che la religione e la filosofia stiano sullo stesso piano.
Per lui la filosofia non è superiore alla religione perché entrambe hanno lo stesso soggetto, l’assoluto.
Un gruppo di suoi discepoli riterrà questa affermazione corretta (destra hegeliana), mentre un altro gruppo di studenti dirà che la religione e l’arte, non stanno sullo stesso piano della filosofia perché hanno lo stesso oggetto.
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La Reazione ad Hegel
Arthur Schopenhauer
Alcuni caratteri del pensiero Hegeliano saranno criticati:
1) L’identità di reale e razionale. Come si spiega dunque il male? Il negativo? Non lascia spazio alla caducità, all’incidente.
2) La mancanza dell’individualità, ciascuno di noi è inserito nell’assoluto razionale.
Il primo che esamina questi aspetti fu Schopenhauer. Egli ebbe contrasti con Hegel accusandolo di avere prostituito la filosofia. Quella di Hegel era la più vuota chiacchierata che potevano fare delle teste di legno.
Schopenhauer nasce a Danzica nel 1778, i suoi ideali sono Platone, Kant la sua filosofia sarà irrazionalismo e pessimismo.
Egli ha conosciuto la filosofia orientale, ciò è anche riscontrabile nel suo pensiero.
La sua opera più grande fu “Il mondo come volontà e rappresentazione”, la tesi di laurea “Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente” cioè la causalità.
La causa si esprime nell’essere, nel divenire, nel conoscere e nell’agire. Studia la causa e ritorna alla distinzione di fenomeno e noumeno.
Il noumeno è la volontà, essa è l’unica vera realtà, è cieca, irrazionale e non sa nemmeno lei quello che vuole. Essa si estrinseca prima in un mondo di idee platonico, poi nel nostro mondo (spazio, tempo, causalità) e poi in ciascuno di noi, perché noi vogliamo in ogni momento, è un bisogno muscolare. Abbiamo un pensiero fisso, fino a quando non lo soddisfiamo. Dopo averlo soddisfatto, viviamo nella noia, e cerchiamo un altro bisogno, un altro dolore: la vita è un pendolino dalla noia al dolore.
Sentirsi vivi per Schopenhauer è sentire la volontà.
Ma non si può vivere così, dobbiamo tentare di non sentire più la volontà di vivere: potrebbe essere una soluzione il suicidio, ma non è così, perché facciamo ciò che vogliamo, cioè liberarsi dalla vita. Liberarsi significa squarciare il velo di Maya. Maya è la verità: ma noi non possiamo mai vedere la verità nuda, il noumeno.
Ma Schopenhauer dice che possiamo liberarci dalla volontà di vivere in 4 gradi:
1) L’arte: è un modo per non pensare a noi stessi. In particolare la musica di Wagner. La musica ci fa dimenticare noi stessi.
2) Compassione: patire insieme, rendersi partecipi ai problemi degli altri.
3) La giustizia: è una compassione legalizzata infatti la legge prevede il rispetto per tutti.
4) Nirvana: equivale alla beatitudine, non avvertire nessun dolore, cioè l’annullamento della volontà, il non sentire. Questo è la noluntas (negativo di voluntas).
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Sören Kierkegaard
Fu l’altro rappresentante della reazione ad Hegel. Kierkegaard è una personalità sensibile. Era il più piccolo di tanti figli, nato nel 1813. E’ figlio di un pastore protestante, quindi sin da piccolo è cresciuto nel timore del peccato. Non ha mai fatto le cose dei giovani, non ha mai toccato la vita.
Hegel ha sempre parlato di dialettica, razionalità, necessità, ma per Kierkegaard la categoria fondamentale è la possibilità: da lui deriva l’esistenzialismo del ‘900: noi abbiamo la libertà e la possiamo gestire. Lo scrive nel “Concetto di possibile”: tutto è possibile, la nostra esistenza è tra la possibilità positiva e negativa, dipende dalla nostra scelta, che è chiave dell’esistenza. Noi siamo al punto 0.
Ma ciascuno di noi deve vivere, allora egli pensa che la fede sia un modo per vivere, ma non il cristianesimo, ma una fede personale.
Il fondamento di ciascuno di noi è la possibilità. La possibilità riferita al mondo esterno è l’angoscia (avere rapporti con gli altri); riferita al nostro io è la disperazione.
Nel “Concetto di angoscia” egli scrive che l’angoscia è esemplificata bene nella frase di Gesù a Giuda: “Ciò che tu fai, affrettalo”. L’angoscia lega il presente al futuro.
Se noi non sappiamo chi siamo, cosa vogliamo, noi siamo disperati.
Kierkegaard ci presenta tre stadi di vita, non in forma dialettica (et, et) ma “aut, aut” (o, o) 3 stadi dell’esistenza (= venir fuori dalla massa): il primo di tutti è Adamo, venuto fuori tramite il peccato, che è nostro e personale. Ogni singolo fa una sua esistenza la sua filosofia è quella del singolo.
Gli stadi sono tre:
1) Stadio di vita estetico: ne parla nel suo “diario di un seduttore” protagonista è Don Giovanni che vive la vita cercando emozioni e piacere alla ricerca di nuove esperienze: “che lo sappia o no è un disperato”: o rimane così, o cambia la sua vita, fa un salto (dialettica del salto).
2) Stadio di vita etico: è caratterizzato dalla figura del marito, dalla fedeltà: può rimanere così o può anche prendere in considerazione la vecchia vita e fare un altro salto.
3) Stadio di vita religioso: rappresentato da Abramo. Egli rappresenta la solitudine dell’uomo di fronte a Dio l'obbedienza per Kierkegaard.
Abramo rappresenta la fede: essa è un paradosso. La verità non è rivelata, essa lo è per me (anche nella verità c’è singolarità). In “Timore e Tremore” parla di Abramo; egli è il capostipite di tre religioni. Suo figlio Isacco è un dono di Dio. Quando gli viene chiesto di sacrificarlo, egli non si rifiuta, non discute, perché rappresenta una fede religiosa cieca.
Il racconto significa che lo stadio di vita religioso per Kierkegaard rappresenta un rapporto privatissimo con Dio.
La vita è fatta di istanti e va vissuta istante per istante. La libertà che abbiamo dobbiamo regolarcela noi, non abbiamo né leggi né regole, dobbiamo inventarci la nostra vita. Si vede la reazione ad Hegel perché esalta l’individuo nel suo lato precario.
REAZIONE AD HEGEL
1) Irrazionalismo
2) Individualismo
3) Autistoricismo Schopenhauer e Kierkegaard
4) Sinistra
5) Rapporto Filosofa-Religione (trascendenza-immanentismo)
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La Sinistra Hegeliana
Strauss
Nei Vangeli non ha ricavato il Gesù storico, la figura della religione rivelata, ma solo il Cristo della Fede, ovvero la figura che era attesa dal popolo. La religione è quindi mito: non è una leggenda, ma una trasfigurazione della realtà; la religione non è altro che un’aspettazione di un popolo.

Stirm
Pubblica “l’unico e la sua proprietà” è considerato il teorico dell’anarchismo. Protagonista della storia è l’unico, cioè ciascuno di noi preso singolarmente, è legge a se stesso, e la regola è che ciascuno di noi è la regola e che ciascuno di noi è la sua proprietà, la mia ricchezza sono io steso. Ciascuno di noi deve rifiutare i condizionamenti sociali.

Fauerbach
E’ la figura più importante della sinistra Hegeliana. Scrive “l’Essenza del Cristianesimo”. Parte con una critica al pensiero di Hegel.
Hegel ha visto l’uomo solo come testa, razionale; per egli l’uomo è tutto, dalla testa al calcagno, cioè nell’uomo oltre alla razionalità c’è la caducità, l’imperfezione.
Il suo pensiero è umanesimo integrale, guardare cioè tutto l’uomo. “l’uomo è ciò che mangia” la verità di un uomo è soddisfare i suoi bisogni fisiologici. Dobbiamo anzitutto soddisfare i bisogni dell’uomo.
L’uomo si presenta con queste necessità materiali e con due attributi: l’uomo è possibilità e volontà, potenza e volontà.
Come potenza (possibilità) è limitato, ma come volontà è illimitato.
Come potenza l’uomo è dunque finito, ma come volontà è infinito. Il finito potrebbe essere la tesi e l’infinito l’antitesi. Nella volontà l’uomo traccia Dio, perché l’uomo vuole essere eterno, onnipotente, onnisciente. Tutti i desideri dell’uomo sono Dio. Esso è l’ottativo dell’uomo portato al massimo grado. La religione è la coscienza dell’uomo, è il prodotto dei desideri dell’umanità. Porta alcuni esempi:
Gli ebrei erano un popolo disprezzato, schiavo, hanno progettato un Dio superiore a quello degli altri popoli per cercare un riscatto (che non hanno avuto e non lo avranno mai).
I Greci si crearono divinità razionali, come loro.
Il Cristianesimo è la religione che presenta l’unione tra umano e divino.
Cristo è quello che vorrebbe essere ciascuno di noi. Ha sofferto come umano e operato come Dio. Esso potrebbe essere la sintesi (potenza-volonta-Cristo).
“Ogni teologia è antropologia” Ogni religione ci fa capire il popolo che l’ha creata.
La coscienza che ogni uomo ha di Dio, è quella che ciascuno ha di se stesso.
L’ultima parola da dire è quella di chiamare l’umanità ad essere solidale gli uni con gli altri. Noi dobbiamo comprendere che “ogni io è un tu”, cioè il rapporta vicendevole tra gli uomini, e non lo deve dimenticare se deve continuare a vivere.

Marx scrive le tesi su Fauerbach
Marx riconosce a Fauerbach di essere partito dai bisogni materiali. Marx dice che Hegel ha fatto ideologia ma ha sbagliato il soggetto e il verbo: è l’uomo che fa lo stato, che crea la religione, ma ha bisogno pero Fauerbach non ha fatto che interpretare la realtà bisogna invece trasformare la realtà (filosofia della prassi rivoluzionaria).
Quando l’uomo crea Dio, sta facendo alienazione religiosa, trasferisce cioè se stesso in dio. Per Marx l’uomo si alienerà nel lavoro.
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Karl Marx
Nasce nel 1811 a Treviri, figlio di avvocato ebreo ma che si sentiva tedesco, viene inscritto all’università ma non ebbe ottimi risultati. Si laureò con una tesi in filosofia “Sulle differenze tra la filosofia di Democrito e di Epicuro”. Si spose, e scrive su dei giornali entrando in collaborazione con la sinistra hegeliana. Ogni suo scritto veniva censurato.
Gli offrono di collaborare con gli “annali Franco-tedeschi” e viene nuovamente censurato.
In Francia conosce Proudhon e si lega a Frederic Engels, benestante che lo mantiene. Viene cacciato dalla Francia e lo ritroviamo nel 1848 a Bruxelles per il manifesto del partito comunista.
Anche qui viene condannato ed insieme ad Engels si ritirava definitivamente a Londra dove scrive il “Capitale”. Lì organizza nel 1864 la “I internazionale” dove si trovarono Proudhon, Backmin anche Mazzini che quando sapra di cosa si tratta si ritirerà.
Nel 1871 in Francia c’è la Comune, governo socialista represso nel sangue. Ci fu un conflitto tra Backmin e Marx che culminò con il fallimento della “I internazionale” (1876).
Dopo avere lavorato tutta la vita al “Capitale”, morì a Londra.

Formazione Culturale
- Rapporto tra Marx ed Hegel. Gli dedica l’”Ideologia Tedesca”. Egli afferma che Hegel aveva ragione quando affermava che la struttura della realtà è una struttura dialettica. La realtà è opposizione. Non ha detto bene quando ha fatto ideologia, cioè quando ha sbagliato il soggetto con il predicato. Hegel è partito dall’assoluto ed ogni manifestazione l’ha giudicata razionale in quanto reale: ciò è assurdo perché tante cose che si realizzano non sono razionali (vedi maggiorascato). “Hegel sta facendo il più crasso dei materialismi” perché sta sollevando a razionalità qualsiasi cosa materiale dimenticando che il soggetto di ogni cosa è l’uomo, con i suoi bisogni, è il popolo che si fa la costituzione, non viceversa.
- Rapporto con la sinistra hegeliana. Scrive la “Sacra famiglia”. “Essi si sono atteggiati a radicali. Ma radicali significa cogliere le cose alla radice”. Hanno ricondotto il fenomeno religioso alla coscienza dei popoli, ma non si sono chiesti perché la coscienza dei popoli ha bisogno di religione. “Coscienza, teologia, religione: tutte queste cose sono ciarpame” ossia immondizia inutile.
- Tesi su Fauerbach. Fauerbach ha detto bene quando dice che protagonista della ricerca filosofica dell’essere è l’uomo con i suoi bisogni. Il pensiero di Marx è dunque il materialismo dialettico. In realtà questo materialismo fu di Engels (diamat) mentre Marx lo chiamerà mat. Storico. Fauerbach ha capito che l’alienazione religiosa, ma anche lui come tutti ha solamente interpretato la realtà adesso bisogna trasformarla. Il compito della filosofia è trasformare la realtà. La sua è la filosofia della Prassi, ossia trasformazione rivoluzionaria.
- Socialisti utopistici e Proudhon. Essi si sono posti il problema della questione sociale, ma si sono riempiti solo la bocca di belle parole, senza organizzare niente. Proudhon in particolare è il rappresentante del socialismo piccolo- borghese: egli vuole che nella proprietà privata partecipino tutti; non ha capito che la proprietà privata deve essere abolita.
- Economisti classici (Say e R. Smith). Smith aveva esaminato il rapporto tra salario e rincaro di vita e si accorse che essi erano tra di loro direttamente proporzionali. Essi hanno capito il senso della vita, hanno capito che il valore di una merce è dato dal lavoro necessario per produrla. Loro lo presentano come una legge, vedendo un’equazione di due termini astratti ( valore – lavoro ): ma non lo sono, perché dietro c’è gente che lavora e soffre, non è quindi una legge ma può cambiare e può essere rivoluzionata.

Pensiero
Il suo concetto principale è il materialismo. Per Marx il punto nevralgico di tutta la filosofia, della storia è la struttura economica. Essa è un insieme di individui in relazione tra loro per produrre e distribuire merci. Tutte le altre cose (il diritto, l’arte, la filosofia, la religione) si chiamano sovrastrutture perché non sono altro che la produzione di quella determinata struttura economica. Engels modificò questo rapporto e disse che non è così determinato (strutture determina sovrastrutture): le sovrastrutture servono anche alle strutture, è dunque un processo circolare.
Il suo pensiero si presenta come materialismo dialettico, ma è una posizione più di Engels. Per Marx sarà materialismo storico, ossia la struttura economica della storia.
Storicamente si possono individuare prima i rapporti nella società tribale, pi nel mondo feudale (cominciano le divisioni tra padrone e servo: il primo è padrone dei mezzi di produzione. La produzione è sociale, la proprietà è invece di uno solo). Tutta la storia è divisione di classe. L’ultimo momento si chiama Capitalista-operaio.
In futuro deve essere eliminata la proprietà privata per non esserci più lotta di classe. Ecco i momenti:
1) Proprietà tribale (tesi): gli uomini primitivi. Essi si spostavano, sfruttavano i territori. Qui non c’era una struttura economica in quanto non c’era produzione di bene. Essi avevano un solo mezzo: la mano. Questo era un mezzo di impossessamento e non produzione.
Ad un certo punto si scontrano per impadronirsi dei territori migliori. Dal contrasto ci saranno vincitori che faranno i padroni e vinti che saranno servi.
2) Divisione della società in classi (antitesi): tutta la storia è antitesi. Il padrone tratta lo schiavo come strumento di produzione, come una cosa, reificazione (riduzione a cosa), da questa particolare struttura economica noi originiamo le sovrastrutture.
- Ad esempio la religione. L’uomo pensa che ci sarà un momento in cui verrà premiato per i sacrifici, pensa che c’è un Dio che soffre vicino agli emarginati . La religione è dunque una sovrastruttura. “La religione è l’oppio dei popoli” significa che con la religione i popoli non si ribellano. Ma la religione non è inventata, essa è un bisogno del popolo. In un primo momento i padroni temono la religione, poi però capiscono che non cambierà il loro modo di vivere e decidono di abbracciare il fenomeno religioso facendo magari carità.
- Un’altra sovrastruttura è il diritto. Questo l’hanno inventato i proprietari per mantenere unita la propria ricchezza. Hanno inventato il testamento, i contratti ecc.; il diritto non è altro che la tutela della loro ricchezza e della proprietà.
- L’arte la si fa solo per motivi economici, è anch’essa una sovrastruttura .
Tutta la storia, dice nel “Manifesto”, è percorsa da lotte di classe: padroni-servi, patrizi-plebei, fino ad arrivare alla borghesia come padrona. La borghesia è la classe rivoluzionaria per eccellenza. Essa per mantenere il potere inventa sempre cose nuove. E’ per spirito borghese che Colombo scoprì l’America, che i fu la rivoluzione industriale, che fu inventato il treno per occupare sempre più mercati.
Da questo punto di vista, la guerra è voluta proprio dalla borghesia capitalista che vuole il monopolio del proprio prodotto, non solo nel territorio nazionale, ma anche in quello straniero. Le guerre accadono solo per motivi economici. Nella guerra gli operai, che erano trattati sempre come carne da macello, diventano carne da cannone. La borghesia è dunque sommamente rivoluzionaria.
Il Manifesto si conclude dicendo che il proletario non ha nulla da perdere se non le proprie catene.
Nel “Capitale” affronta il rapporto economico vero e proprio. Engels diceva che il socialismo scientifico si deve a Marx, che ha saputo analizzare il rapporto economico che ha generato lo sfruttamento dei lavoratori.

M. D. M. (merce, danaro, merce) [feudalesimo]

D. M. D1 (Capitale variabile e costante, merce, plusvalore) questi devono essere sempre maggiori [Capitalismo].

Investo un capitale per aprire una banca:
- Capitale costante: macchinari
- Capitale variabile: personale.
Noi compriamo l’operaio ma il suo valore è personale, variabile; egli vende un lavoro che produce valore. L’operaio nel suo rapporto di lavoro è alienato in esso, l’operaio odia il suo lavoro.
Il capitalista paga il tempo all’operaio ma non il valore: questo è plusvalore.

- Merce di uso (tutto ciò che usiamo)
- Merce di scambio ( è dovuto al valore della merce, cioè dal lavoro necessario a produrlo)

L’operaio dà la forza, il tempo, ma anche la produttività, che il capitalista non paga: questo è plusvalore.

Il D1 (plusvalore), dice Marx, serve a pagare la rendita fondiaria, gli interessi bancari e per permettere nuovi investimenti. Il capitalista preferisce investire in capitale costante (macchine).
Qui abbiamo la prima contraddizione del sistema perché in questo modo si ottiene una caduta tendenziale del saggio di profitto. Il guadagno del capitalista è dato dal capitale variabile e non da quello costante. Continuando così il capitalista non avrà più guadagno in quanto più si affida alle macchine più il prodotto si abbassa di prezzo con il rischio di restare invenduto a causa delle crisi cicliche di sovrapproduzione. Perché avvengono queste? La voglia spasmodica del capitalista di aumentare le proprie entrate lo convince ad investire di più per produrre maggiormente. Ma se si produce troppo la merce non viene venduta e non può essere comperata dal salariato che ha un guadagno di sussistenza. Il salariato si trasforma in questo modo in becchino del proprio padrone costringendolo al fallimento.
Un’altra contraddizione è la formazione dei sindacati che organizzano scioperi. Questi per il capitalista sono un danno perché scioperando lui perde giorni in cui avrebbe potuto produrre.
Cosa fare per evitare tutto ciò?
3)Comunismo (tesi): Bisogna rompere le leggi del capitalismo cioè bisogna eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione. Tutti dobbiamo essere i proprietari perché tutti siamo i responsabili della produzione sociale.
Il proletariato si deve unire alla piccola borghesia per lottare uniti contro la grande borghesia organizzando la dittatura del proletariato. Questo deve rappresentare un momento di transizione in quanto dopo si dovrà arrivare al comunismo di tutta la società civile.
Egli pero non vuole uno stato comunista poichè questo si sostituirebbe ai vecchi padroni delle macchine. Deve essere la società protagonista, lo Stato non ha una funzione etica esso nasce solo per interessi economici, e qui riattacca Hegel che vedeva lo stato superiore alla società.
In una società comunista non ci saranno più guerre perché nessuno avrà bisogno di prevalere sull’altro; l’istruzione sarà gratuità ed ognuno avrà secondo le proprie capacità e i propri bisogni.
Non dice più nulla, non voleva essere un profeta. Tutto ciò che sperava però non è successo: la borghesia esiste ancora, il socialismo si è organizzato solo in sistemi ancora non industrializzati ma solo a carattere agricolo.
Dopo Marx, nella storia, si è cominciato a vedere pure l’effetto economico dei fatti.
Poincaré Henri (1854 – 1912)
Secondo Poincaré il compito principale della scienza non è quello di informarci sulla natura delle cose, ma sui rapporti, sulle relazioni tra oggetti; le leggi fisiche rappresentano appunto le relazioni esistenti tra oggetti e solo in queste relazioni consiste l’oggettività della scienza.
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Croce Benedetto (1866 – 1952)
Verso la fine dell’800 si ricomincia a studiare Hegel nella scuola di Napoli. Tra i maggiori esponenti del neo hegelismo, possiamo ricordare Augusto Vera e Spaventa zio di Croce.
Croce nasce nel 1866 ma ben presto a causa di un incidente rimase orfano. Così in età ancora adolescenziale, fu accolto in casa dallo zio Spaventa. Ciò gli permise di entrare a contatto con personalità molto importanti e di conoscere pienamente il pensiero hegeliano.
Egli non fece mai parte della vita accademica; fu grande amico di Gentile, almeno fino a quando dopo l’avvento del fascismo, questo decise di sostenere il governo autoritario mentre Croce si schierò all’opposizione.
Le opere scritte da Croce, sono tantissime, tra le più importanti ricordiamo: “La storia come pensiero e azione”, “Teoria e storia della storiografia”.
L’enorme eredità lasciatogli dalla famiglia gli permise, senza altre distrazioni, di dedicarsi agli studi.
Croce arriva ad Hegel attraverso lo studio dell’economia di Marx e della struttura dialettica. Di Hegel egli accetta l’interpretazione della realtà come movimento dello spirito però non accetta che l’attività di quest’ultimo sia solo dialettica. Secondo lui infatti, l’attività dello spirito sarebbe regolata da categorie fondamentali legate insieme da un rapporto di “distinzione”.
· Attività teoretica
o Del Particolare (intuizione) “estetico”
o Dell’Universale (vero) “logica”
SPIRITO
· Attività pratica
o Volizione del particolare (utile) “economia”
o Universale “etica”
Secondo Croce le categorie fondamentali dello spirito sono quattro: due appartenenti all’attività teoretica e due invece all’attività pratica. La storia è attività teoretica e pratica. Il movimento dello spirito quindi è storia ed è circolare.
Fra le due categorie appartenenti all’attività teoretica, la prima, ossia l’estetica, denota la forma dello Spirito rivolta alla visione. L’opera d’arte è libera, è manifestazione dello spirito umano. Tutti siamo poeti, tutti possiamo creare, però non tutti siamo artisti, in quanto l’artista è colui che riesce ad avere un’intuizione “lirica” che riesce ad esprimere i sentimenti dell’artista, trasfigurandoli e purificandoli da ogni contenuto passionale. Ciò non vuol dire che,non rappresenta la realtà con tutti i suoi aspetti contrastanti, ma che riesce a ricomporli in una forma più armoniosa. Quindi l’opera d’arte è un tutt’uno tra intuizione ed espressione; è sintesi a priori.
La logica, denota invece la forma riflessiva, razionale e dà luogo alla filosofia. Per Croce la filosofia però ci insegna dei concetti che in effetti sono dei “pseudoconcetti”. Il vero concetto è l’universale cioè lo spirito e quindi l’arte.
L’economia dà luogo alla ricerca “dell’utile”. Nell’utile ci rientra lo Stato in quanto questo nasce solo per utilità (come sosteneva Machiavelli) e non per etica (come invece affermava Hegel).
I vari movimenti fino al bene appartengono alla storia. Per “storicismo” si intende una interpretazione della filosofia che voglia cogliere i valori. Quello di Croce possiamo chiamarlo storicismo assoluto; infatti per lui tutto il movimento dello spirito è “storia”.
Tutta la storia è contemporanea in quanto viene studiata sempre secondo la mentalità contemporanea. La storia non fa mai morale, non è mai giustiziera, ma tutto comprende. Davanti al tribunale della storia tutto è giustificato. Quando studiamo avvenimenti della storia non possiamo fare giudizi; nella storia non si possono mai mettere “se”.
“Ritengo che liberale sia la stessa vita umana”, egli ritiene che ci deve essere sempre rispetto delle libertà umane infatti è proprio della natura umana rispettare gli altri e le proprie libertà.
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La Scuola di Francoforte
Nel 1922 un gruppo i intellettuali di orientamento marxista fondò a Francoforte “l’Istituto per la Ricerca Sociale”. Esso fu diretto dall’economista Kurt Gerlach, a cui successe nel 1924 il professore si scienze politiche Karl Grunberg, fondatore dell’“Archivio per la storia del socialismo e del movimento operaio”. Un impulso nuovo all’Istituto fu impresso da Max Horkheimer quando nel 1930 fu nominato direttore. Nella “Rivista per la ricerca sociale” da lui fondata, venne elaborata la “teoria critica della società” che si apprestò a fornire delle acute analisi della società contemporanea.
Dopo l’avvento del nazismo, il gruppo si trasferì a Ginevra e poi a Parigi, stabilendosi infine negli Stati Uniti. Nel 1950 Horkheimer ritornò in Germania ridando vita all’Istituto.
I contributi sociologici collettivi più significativi sono stati gli “studi sull’autorità e la famiglia” e quelli su “La personalità autoritaria”. Fecero parte dell’Istituto pure Franz Neuman e Herbert Marcuse.
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Marcuse Herbert (1898 – 1979)
Il pensiero di Marcuse ha ottenuto un largo consenso, specie da parte dei giovani durante la fine degli anni sessanta. Le sue opere fondamentali sono: “Eros e civiltà” e soprattutto “l’Uomo ad una dimensione”.
In essa Marcuse sostiene tre tesi:
- La società contemporanea reprime i desideri e la creatività dell’uomo;
- Tale società è andata via via integrando tutti i ceti sociali e pertanto nega l’autonomia e la libertà individuale;
- Esistono determinate forze sociali in grado di condurre un processo di liberazione sociale.
Secondo Marcuse tale repressione è legata allo sviluppo dell’odierna società “opulenta”. L’inconscio è il luogo ove si trovano le tracce delle nostre fantasie e dei nostri desideri repressi, e l’arte è la forma di comunicazione che dà voce a queste esigenze di libertà.
L’eros è creatività non repressa né utilizzata a fini di dominio ma di espansione della libertà umana, e la filosofia ha un compito eminentemente critico, cioè quello di indicare gli ostacoli da superare per raggiungere la liberazione umana.
Nella seconda opera citata, egli sostiene che il controllo esercitato dalla società è oggi così elevato che l’uomo si può definire a una sola dimensione: quella si supina accettazione del potere, essendogli stata sottratta la facoltà di decidere autonomamente.
Di fronte a questa situazione, l’unica possibilità di liberazione è affidata a quei gruppi sociali emarginati: ceti e uomini del tutto estranei a questa società pertanto disposti a opporvi un “rifiuto totale”.
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Bergson Henri (1859 – 1941)
Bergson è universalmente considerato il maggiore filosofo francese della prima metà dal XX secolo. Egli rappresenta il punto conclusivo del movimento spiritualista francese. Caratteristica fondamentale di questa corrente è la critica al positivismo per mettere in luce i tratti dello spirito umano. Il Positivismo si è interessato dello spirito come qualcosa di scientifico da poter analizzare ed è per questo che sono nate le varie scienze umane.
Ma lo spirito vuole essere libero, non vincolato da regole fisse.
Lo spirito ha come caratteristica l’asculatazione interiore cioè la riflessione interiore: riguarda il nostro stare con noi stessi. Lo Spiritualismo vuole mettere in luce questa riflessione interiore non soggetta a leggi universali. Esso prende spunto da filosofi quali S. Agostino e Cartesio i quali hanno basato la loro filosofia sulla riflessione interiore.
Punto fondamentale di questo movimento è la superiorità dell’infinito rispetto al finito. Per Bergson essenza della vita, dell’universo e della realtà è lo slancio vitale (cioè l’eros di Platone), un’energia che dà la vita; Leibniz avrebbe parlato di monadi.
Il mondo però resta mistero: si avverte nei rapporti con questo, uno slancio vitale per cui il dinamismo del mondo non è l’evoluzione tipica del Positivismo ma un evoluzione creatrice.
(Evoluzione è un termine tipico di un interpretazione materialista della vita, mentre, evoluzione creatrice sembra quasi l’accostamento di due termini antitetici a cui Bergson da un’interpretazione mistica).
Per Bergson l’uomo conosce attraverso due facoltà: l’istinto e l’intelletto. Qualsiasi espressione dello slancio vitale come evoluzione creatrice si presenta sempre con due biforcazioni che lui chiama istinto (parte materiale) e intelligenza (parte spirituale).
L’aspetto dell’intelligenza si presenta per Spinosa come memoria, come ricordo. Bergson si sofferma molto sul ricordo che può essere puro o immagine.
L’istinto si presenta più come percezione per sottolineare il nostro aspetto legato alla sensibilità. Quest’attività dell’uomo avviene nelle nostra coscienza, dato essenziale dell’uomo, dato fondamentale.
La coscienza deve essere vista come fluire continuo in cui le immagini, i ricordi, l’istinto, appartengono alla coscienza che lui chiama durata reale (tempo della coscienza).
Il tempo non esiste di per sé ma come tempo della coscienza, e lo spazio non è che il tempo spazializzato cioè un insieme di istanti messi vicini. Tempo e spazio non sono altro che l’essere della coscienza. S. Agostino diceva che il tempo è la distensione dell’anima. Il tempo non è oggettivo ma assolutamente soggettivo.
Il momento finale in cui tutti e due gli aspetti si risolvono in un tutt’uno, è il momento dell’intuizione (aspetto del Decadentismo, non consente di conoscere ma rappresenta il tener presente tutta la persona).
Intuere vuol dire comprendere se stessi immersi nella realtà. Questo si ritrova nelle “Due sorgenti della morale”. Bergson ci presenta due tipi di morale: la morale aperta e quella chiusa.
La morale chiusa è quella basata su leggi e norme tradizionali seguite pedessiquamente.
La morale aperta è basata sull’evoluzione creatrice; è una morale che si mette in discussione, è critica (rivoluzionaria).
Alle due morali corrispondono due tipi di religione:
La religione chiusa cioè quella del cerimoniale, del rito (la religione riesce ad incantare).
La religione aperta cioè quella dei grani mistici, di S, Francesco, di Santa Caterina, di S. Teresa, dei personaggi che sono stati eroi della religione e che hanno avuto una forza evolutiva, rivoluzionaria.
I grandi santi rappresentano la morale aperta perché vanno avanti.
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Husserl Edmund Edmund Husserl nasce in Moravia e precisamente a Friburgo nel 1859 (morirà nel 1938). I suoi interessi iniziali sono matematici, comincia i suoi studi con Frege, uno dei più grandi matematici del ‘900. Nel 1891 pubblicò anche un compendio matematico: “Filosofia dell’aritmetica”.
Dallo studio dell’analisi matematica Husserl elabora la sua analisi della realtà che chiama Fenomenologia.
Mentre per Hegel il termine fenomenologia aveva significato tracciare il cammino della coscienza, per Husserl e Brentano significherà proprio lo studio della coscienza. Quindi punto chiave della filosofia di Husserl sarà la coscienza.
Per lo spiritualismo la coscienza era una sostanza, un ente ma Husserl si vorrà differenziare anche in questo prendendo le distanze da Cartesio.
Husserl dice che la coscienza non è un essenza, un ente, ma è attività (erlebniz = fluire incessante; un continuo avere coscienza).
La coscienza però è pure intenzionalità (dal termine della scolastica “intentio” che significa dirigersi verso; avere coscienza di). Noi parliamo di coscienza solo perché abbiamo coscienza di qualche cosa. Ma di che cosa? Husserl dice che la coscienza è sempre coscienza di noesis e noema [noesis = soggetto che conosce (il sogg. ricorda); noema = oggetto conosciuto (noema è il ricordato)]. Da ciò deriva che la coscienza è sempre una coscienza soggettiva (protagonista sarà sempre il soggetto).
Per Husserl la filosofia è:
- TEORETICA
- EDETICA
- NON OGGETTIVA
- Teoretica in quanto è una filosofia di riflessione, di contemplazione perché riguarda sempre il soggetto conoscente.
- Edetica poiché la filosofia si occupa delle essenze. La filosofia non ha un rapporto con la realtà come essa è, ma come alla coscienza appare. Ogni coscienza ha una percezione Analogica = non è la realtà vera e propria che vede (quella oggettiva), ma è la propria realtà (quella soggettiva).
In questo modo la coscienza si organizza le cosi dette Analogie regionali = delimitare la conoscenza a ciò che ci pare, noi ci facciamo degli schemi (appare qui una ripresa di Liebniz).
Husserl, nei rapporti con le altre persone, dice che si può avere solo Empatia cioè delle corrispondenze: noi giudichiamo l’altro con la nostra coscienza, attraverso ciò che corrisponde in noi, cioè attraverso ciò che io nell’altro voglio vedere.
- Non oggettiva, in quanto la filosofia sarà sempre più soggettiva. Per questo lui scrive “Le crisi delle coscienze europee” in cui lui vuole vedere la crisi delle scienze. Husserl prende le masse da Spengler con il suo libro “Il tramonto dell’occidente” e da Nietzsche che già aveva parlato di crisi delle coscienze e delle certezze.
Il ‘900, in effetti, presenta una crisi un po’ generale, si ci ritrova in un mondo in decadenza, di tenebre, dove i valori tradizionali perdono tutta la loro importanza.
“Il sonno della ragione genera mostri” aveva detto Gramsci. E’ quindi il periodo della crisi della coscienza della scienza. Per Husserl questa crisi è dovuta al fatto che si è dato troppo valore alla Natura. Le varie scienze non hanno avuto altro oggetto che la natura. Ma l’oggetto della ricerca di ognuno di noi deve essere la coscienza.
Non esiste una realtà oggettiva per tutti, ma la natura è solo ciò che noi vogliamo vedere in essa.
Quindi la scienza si deve occupare solo della coscienza perché tutta la realtà è in essa.
Il suo riferimento è quindi l’ascultazione interiore. Quello che lui sta smantellando è la rappresentazione reale. Potremmo parlare quindi pure di soggettivismo Husserliano.
La filosofia di Husserl si presenta come Apofantica: la coscienza è solo la manifestazione dell’essere. Solo la coscienza può rivelare l’essere: essere è solo ciò che è per la coscienza: ognuno quindi ha una sua interpretazione della realtà.
Riguardo al momento della maturità, Husserl riprenderà il termine Epochè, ma mentre inizialmente questo termine indicava una totale sospensione dei giudizi, lui lo interpreterà come il mettere tra parentesi: per Husserl quindi il mondo della natura sarà tra parentesi (cioè sarà messo in secondo piano, come qualcosa di meno importante).
Husserl fa riferimento anche a Kant; per Kant il soggetto conosceva apriori e la conoscenza era sintesi apriori. Husserl invece per la sua concezione di conoscenza userà il termine trascendentale.
Per lui base e condizione per fare conoscenza non è basarsi sulla realtà. Infatti la sua filosofia non si basa sulla realtà oggettiva ma sulla realtà soggettiva di ogni singola coscienza: siamo noi a dare le leggi alla realtà.
L’esistenzialismo prenderà spunto da Husserl ma vedrà la coscienza soprattutto come angoscia. Husserl non farà parte di nessun gruppo, la sua filosofia rimarrà isolata, chiusa.
Edet Starlen, israelita, una sua alunna, dallo studio della coscienza arriverà a San Tommaso e quindi alla religione cattolica, diventando pure suora carmelitana.
Lo stesso faranno altri suoi alunni: faranno un salto arrivando alla religione cattolica. Ad Husserl però non interessa la religione. La coscienza è solo il nostro essere presente nella realtà. Quindi Husserl ha dato della coscienza un’interpretazione personale.
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Martin Heidegger
Martin Heidegger (1889-1976) è il massimo rappresentante dell’esistenzialismo europeo. Professore universitario ha legato la sua vita al nazismo.
Un giorno, mentre scartabellava nella biblioteca dell’università, trova delle opere interessantissime di Kierkegaard. E’ infatti a Heidegger che si deve la riscoperta di Kierkegaard e del suo pensiero filosofico.
Per Heidegger questa scoperta fu fondamentale perché secondo lui, Kierkegaard è riuscito a capire l’uomo nella sua categoria fondamentale: la possibilità; infatti la vita dell’uomo è caratterizzata dall’angoscia (sentirsi abbandonati nel mondo). Questo aspetto sarà la caratteristica fondamentale dell’esistenzialismo.
Questa corrente si basa sull’analisi dell’esistenza umana. Quindi l’esistenzialismo è quella corrente che ha come oggetto l’esistenza, sullo studio di questa, incidono il pensiero di Husserl, Kierkegaard, Nietzsche (per l’interpretazione della vita come irrazionalità), Pascal (che parla dell’uomo visto come canna al vento), ma anche scrittori come Dostoieski e Kafka.
I caratteri principali dell’estetismo sono: interpretare l’esistenza umana come “abbandonata nel mondo” e vedere la ragione nell’interpretazione “apofantica” di Husserl.
Questo movimento si sviluppa nel periodo compreso tra le due guerre; in Italia come rappresentanti avremo Abbagnano ed Enzo Paci.
Le opere fondamentali per Heidegger sono “Essere e tempo” e “Cos’è la metafisica”.
Prima fase del suo pensiero
Egli affermava che l’“Essere” per ciascuno di noi è sempre un “Esserci” = Dasein (non esistere il mio essere ma un essere nel mondo).
Noi possiamo essere in due modi nel mondo:
- Con angoscia “vita autentica” essere abbandonati nel mondo, non avere alcuna certezza, vita abbandonata nell’indeterminato.
- Con cura “vita inautentica” ci prendiamo “cura” di qualsiasi cura per non pensare all’angoscia; ci creiamo tanti pensieri. Però questa è una vita inautentica perché non ci riporta al nostro vero essere. Caratteristica di questa vita inautentica è la “chiacchiereta” = vuoto (parlare a uoto, parlare di niente, di cose vuote).
La vita autentica invece ci dovrebbe fare capire la nostra vera condizione, che è quella di esseri abbandonati nel mondo.L’angoscia è modalità di presenza nel nulla, comporta il delineare la nostra esistenza che è “vivere per la morte”: la morte è l’unica nostra vera certezza; “Noi camminiamo, ma dove conducono i nostri passi? Da nessuna parte, solo verso la morte”.
Se ci divertiamo, se lavoriamo, se facciamo qualsiasi cosa, allora stiamo conducendo una vita non autentica perché ci discosta dal nostra vero essere che è la morte.
Però, si può passare tutta la vita pensando solo alla morte, senza far nulla per non condurre una vita inautentica? E’ impossibile vivere così e ognuno quindi si dà da fare.
Allora Heidegger afferma: “La morte è lo scacco del nostro esistere”. Se io tutta la vita conduco un’esistenza inautentica, qual è allora il mio momento autentico? Solo la Morte. Ma io non ci sono più nel momento della morte, ma in effetti è il momento della morte, ma in effetti è il momento in cui io ci sono veramente.
“Quindi io sono nel momento in cui non sono” che cosa sono allora io? Nella mia solitudine esistenziale il vero essere è la morte.
Seconda fase del suo pensiero.
Ma per scoprire l’essere di ognuno di noi, in questa seconda fase, lui delinea una via alternativa. Durante questo periodo Heidegger scopre Holderlin e la poesia (linguaggio dell’essere e l’uomo è il custode della casa dell’essere. Quindi la poesia è l’espressione del nostro essere. (Ogni manifestazione dell’uomo è poesia). L’uomo con la poesia esprime la sua esistenza. Ognuno di noi si deve sentire custode di se stesso, della sua poesia. L’uomo deve cercare di valorizzare la sua propria vita : il valore della sua vita è fare poesia (linguaggio come poesia).
Il nostro valore è la ricerca dell’essere come linguaggio poetico. “La poesia è il linguaggio dell’essere < l’uomo è il custode della casa dell’essere >”. Tutti noi possiamo fare poesia perché è espressione del nostro essere. L’uomo deve cercare di valorizzare la propria vita. Il valore dell’uomo è il linguaggio ed egli se ne deve fare custode.
La tecnica via via uccide l’uomo che diviene oggetto della tecnica. Il tempo per Heidegger è l’orizzonte dell’essere (è una linea non definitiva).
Nei momenti conclusivi del suo pensiero fece degli attacchi a ciò che succedeva intorno a lui. Fu sconvolto dalla scienza e dalla tecnica (in questo periodo si crea la bomba atomica). Lui fa delle riflessioni sui prodotti che si stavano realizzando in senso critico: ha paura del valore che sta assumendo la tecnica la quale si è ormai inserita in tutti i campi della vita.
La tecnica per Heidegger uccide l’uomo perché sposta lo sguardo dal problema esistenziale dell’uomo alla scienza.
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Il circolo di Vienna
Caratteri generali del neopositivismo
Durante il secondo quarto del XX secolo emersero due scuole di pensiero inspirate al filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein. La prima di queste scuole, l’empirismo logico, o neopositivismo logico, ebbe origine a Vienna diffondendosi successivamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Gli empiristi logici sostenevano l’esistenza di un solo tipo di conoscenza, la conoscenza scientifica; la verificabilità empirica di ogni conoscenza valida; il fatto che ciò che è stato ritenuto filosofia non è né vero né falso ma letteralmente insensato.
Quindi la filosofia viene ridotta a logica e si arriva a studiare la filosofia attraverso i simboli matematici.
Avviene quindi una ripresa di Leibiniz riguardo ai principi logici di identità e di non contraddizione. La filosofia all’interno del circolo di Vienna, assume un carattere prevalentemente matematico (Rossa fu un grande rappresentante del circolo viennese a cui si deve la nascita della più moderna logica matematica fondata su principi atomici e proposizioni molecolari).
I principi utilizzati dai neopositivisti sono di verificabilità e di confutabilità (confutabili e quindi scientifici). Questi principi usati in matematica servono a dimostrare delle tesi e lo stesso ora avviene in filosofia. “Dobbiamo avere elementi logici su cui basare le nostre discussioni” (es. le geometrie non euclidee si basavano sulla validità logica; non importa se vera o falsa).
Il filone del positivismo logico si basa sul linguaggio riprendendo le teorie di Hume. I neopositivisti dicono: “Se Hume ha usato come criterio l’esperienza, noi usiamo come criterio di conoscenza il linguaggio” “Se noi studiamo il linguaggio come logica scientifica allora siamo di fronte al positivismo logico, se noi invece cerchiamo di studiare il linguaggio nelle sue regole quotidiane siamo di fronte alla filosofia analitica di Ayer e Wittgestein”
Wittgestein scrive il trattato logico analogico e parla i tautologia (partire da un discorso in cui poi si rimane intrappolati). Lui parla di “giochi linguistici”.
Sia il neoempirismo logico che il positivismo logico fanno una distinzione tra le proposizioni che concernano i fatti e le proposizioni che concernano le idee.
Le proposizioni che si riferiscono ai fatti non hanno necessità, sono probabili; le proposizioni che concernano le idee sono tutte ipotesi (non ci sono certezze).
Popper dirà: “Nella scienza si va avanti senza certezze”. Egli fu vicino al circolo di Vienna ma non ne fece mai arte, rimase sempre isolato.
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Popper
Nasce a Vienna nel 1902, muore nel 1994; appartiene ad una famiglia ebraica. Si avvicinò ben presto al Circolo di Vienna ma non vi partecipò mai. In seguito alle leggi razziali si trasferì prima a Cambridge, poi ad Oxford e in Nuova Zelanda tenendo conferenze sul suo razionalismo critico. Popper rappresentò il punto di riferimento della riflessione scientifica e filosofica di tutto il ‘900. Fu un grande musicista. Le sue opere più importanti sono: “La logica della ricerca”, “Congetture e confutazioni”, “Città aperta”.
Il pensiero di Popper
Egli afferma che è finito il tempo dell’empirismo classico che si basava sulla raccolta dei dati dall’esperienza, ma per Popper non ha importanza il metodo induttivo. La conoscenza si basa sulle intuizioni: anche Einstein si basa sull’intuizione soggettiva, su ipotesi. Il metodo induttivo non ha a che fare con la scienza, con Einstein ha inizio la rivoluzione scientifica; il nucleo è stato l’argomento cosmologico.
Tutta la conoscenza scientifica ha questo nucleo: quale deve essere la linea di demarcazione tra la scienza e ciò che non lo è?
Spesso la conoscenza scientifica arriva fino ad un certo punto dove si ferma e lascia che ognuno dia la sua risposta. Quindi lascia il campo alla metafisica e all’etica.
Per Popper la linea di demarcazione è costituita dal principio di fallibilità. Al contrario del principio della certezza noi dobbiamo dire che qualcosa è scienza solo se è fallibile.
Nella scienza noi procediamo sempre per congetture e confutazioni.
Le congetture sono proposizioni, ipotesi non spiegate. Le confutazioni sono risposte critiche alle congetture.
“Più nelle ipotesi che io vado avanzando trovo critiche, più vado avanti”.
Il nostro procedere scientifico è basato su:
1) Il problema
2) Ipotesi di risoluzione del problema
3) Orizzonte prospettico (si aprono nuove prospettive)
La scienza quindi non può dare la risoluzione finale, ma permette di andare avanti infatti: “Nella scienza si procede senza certezze”.
Cosa significa essere fallibile? Essere come Socrate: “Io so di non sapere” (dotta ignoranza). In questo senso ogni scienziato deve essere come dice Socrate: deve essere sempre n prospettiva di superare se stesso.
La nostra società deve essere una società aperta (riprende Berson).
Popper va contro tutte le politiche dette solistiche (Marxismo, Stalinismo,…) cioè organiche, non consone ala natura umana, che ha bisogno di libertà e di democrazia.
La società aperta
“Noi abbiamo tre mondi: il primo è il mondo degli enti fisici (la natura, il mondo, l’universo); il secondo è il mondo dello spirito, delle coscienze; il terzo mondo, è quello dell’arte e della produzione dell’uomo, è il mondo di tutto ciò che fa l’uomo.
I primi due mondi non sono atti per noi e quindi noi non li possiamo padroneggiare. Solo il terzo mondo è tutto nostro, perché solo questo riguarda la produzione dell’uomo.”
(Vico dice che la storia è l’unica scienza, una scienza tutta nuova perché l’abbiamo fatta tutta noi).
L’ultima sua parola fu: “Noi possiamo definire solo quello che esce dalle nostre mani, ma la nostra coscienza ci presenta l’orizzonte prospettico che si va spostando sempre di più”.

Esempio



  


  1. valentina

    il pensiero di marx horkheimer nel libro autorità e famiglia

  2. gabriella

    sto cercando appunti su antigone e la philia