Fichte, Shelling e idealismo tedesco

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia
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Testo

Fichte e Shelling sono i fondatori dell'idealismo tedesco, che si divide in due versioni che sono l'idealismo etico(Fichte) e l'idealismo estetico(Shelling).
IL loro pensiero è stato interpretato all'interno del clima culturale dell'epoca, segnato dal complesso fenomeno del Romanticismo. Nato in Germania tra il XVIII e il XIX secolo, il Romanticismo si è diffuso in tutta Europa, conservando, pur nella varietà degli spunti e dei motivi, alcune caratteristiche di fondo comuni, quali l'esaltazione dell'io come sforzo e tensione verso l'infinito, la rivalutazione della storia e della tradizione ed infine l'esaltazione dell'intuizione artistica.
Fichte:
è il fondatore dell'idealismo nella versione etica. Egli, infatti, discutendo la posizione kantiana, verso cui si sente fortemente attratto, giunge al superamento del criticismo, del quale rifiuta la presupposizione di qualcosa di inconoscibile per l'io (o soggetto conoscente). Ritenuta assurda e contraddittoria la kantiana "cosa in sé", Fichte procede sulla via dell'idealismo, ossia della riduzione di tutto il reale a creazione dell'Io puro o spirito. Fichte sostiene che l'Io non essendo limitato dalle cose, è assoluto e infinito. Questo "Grande Io" costituisce il punto di partenza del sistema fichtiano che, proprio muovendo dall'Io puro, deve dimostrare con una rigorosa deduzione tutti gli oggetti.
A chi voglia intraprendere la via della riflessione filosofica, si impone una scelta radicale tra dogmatismo e idealismo: il primo afferma l'esistenza della "cosa in sé", ossia ammette una delimitazione dell'io e quindi una negazione di libertà, attività, autonomia dell'io; l'idealismo afferma invece la libertà assoluta del soggetto sostenendo la tesi dell'infinità dell'io, il quale è non limitato dalle cose, è creatore del senso del mondo e fusione di reale e ideale.
La vita dell'io si dispiega, poi, in un processo triadico, inteso in senso logico e non cronologico. Nel primo atto di tale processo l'Io pone se stesso in quanto principio assoluto, incondizionato e originario. Esso è infatti pura attività creatrice e Io puro (o Autocoscienza). In tal modo l'Io si determina.
Nel secondo atto, l'io pone a sé un non-io ossia pone l'oggetto(che è rappresentato dalla natura e dal mondo) in quanto limitazione dell'altro da sé. Questa è per l'Io una condizione di autorealizzazione e al tempo stesso rappresenta una reciproca limitazione tra Io e non-io.
Nel terzo atto l'io finito si contrappone al non-io finito. L'io prende coscienza della propria realtà e si rende conto che sia l'Io finito (persone) sia il non-io finito (cose) esistono solo all'interno dell'Io puro.
In sintesi, dunque, la realtà è un perenne processo, in cui l'Io pone il diverso da sé per un motivo prettamente etico, ossia per esercitare il proprio sforzo morale di superamento degli ostacoli (la natura) al fine di perseguire il perfezionamento di se stesso.
Per Fichte l'uomo ha una missione. Pur essendo un Io finito, egli deve sforzarsi di realizzarsi come Io puro. In ciò è aiutato dalla cultura. Sebbene il fine ultimo dell'uomo consista nel reprimere in sé tutto ciò che è irragionevole, tuttavia esso non è completamente raggiungibile. Nell'idea stessa di uomo è implicito che il suo fine non possa esser raggiunto e che la via verso di esso sia infinita. La missione dell'uomo, dunque, non è di raggiungere un fine così elevato, ma sforzarsi di raggiungerlo, tendere ad esso. Quella appena descritta è la missione dell'uomo, considerato come un individuo isolato. Ma l'uomo non è mai solo, perché è un essere che vive con gli altri. Fichte sostiene che l'uomo (essere razionale e morale) deve collaborare con gli altri al fine di impegnarsi nel comune perfezionamento morale. Tale missione di vivere in società si realizza nel rispetto di due norme: la prima consiste nel trattare gli altri come fini e mai come mezzi, la seconda prevede il perfezionamento tramite l'educazione in quanto il fine della società è l'unità di tutti. Ne consegue che la società è il fine dell'uomo mentre lo Stato è un "mezzo" per garantire l'ordine, quindi esso tende a divenire superfluo, per lasciare posto alla libera collaborazione tra gli uomini. Ciò rappresenta l'ideale di una società perfetta. La missione più delicata spetta al dotto il quale deve porsi come guida per tutti gli uomini, sul difficile cammino della libertà. La storia e la filosofia rappresentano i contenuti essenziali del patrimonio conoscitivo del dotto. La storia è importante perchè ci fa cogliere i fatti, ma senza la filosofia è incapace di interpretarli e orientarci verso il futuro.
Shelling:
è il più romantico degli idealisti tedeschi, per l'importanza che attribuisce all'arte e alla religiosità. L'insoddisfazione per le tesi di Fichte,segna il punto di partenza della sua filosofia. A differenza di Fichte, Shelling è appassionato ammiratore della natura. Egli la rivaluta, affermando che non è mero oggetto di rappresentazione della coscienza essendo dotata di autonomia e intrisa di infinito in tutti i suoi aspetti. Per Shelling la natura è spirito solidificato e addormentato nel senso che contiene in sé la spiritualità anche se in modo inconscio. Dunque, all'origine non c'è l'io fichtiano nella sua unilateralità, ma l'assoluto, ossia l'unità di natura e spirito, che dà origine al mondo e al pensiero. Questa manifestazione non equivale alla concezione cristiana della creazione ma si avvicina, pù precisamente, ad una concezione panteistica.
Tale assoluto non può essere conosciuto adeguatamente dalla filosofia speculativa, che procede per distinzioni ed opposizioni, ma solo dall'intuizione estetica che sa cogliere la totalità. La filosofia ha bisogno dell'arte al fine di ricomporre le scissioni spirito-natura, uomo-mondo, generate dalla filosofia speculativa.
L'arte per Shelling ha un compito divino, in quanto essa è capace di imprimere nelle forme sensibili della rappresentazione, il senso infinito della bellezza. Egli insiste sul carattere di genialità dell'artista, il quale compie il miracolo della fusione di infinito e finito, di conscio e inconscio, di materia e forma. L'arte è, dunque, qualcosa di sublime, perché è l'unità di conscio e incoscio, mirabilmente armonizzati nella personalità del genio, che assomiglia in ciò al divino creatore del mondo. L'artista incarna meglio l'assoluto, ossia l'infinita attività creatrice di Dio.
L'arte, supremo organo dell'assoluto, viene così ad armonizzarsi con la religione.

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