Fichte

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia
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Testo

FICHTE

F. è il primo pensatore idealista, anche se si muove ancora nella prospettiva kantiana, infatti F. sottolinea il carattere contraddittorio della cosa in sé, mettendola in discussione, senza però concludere che la cosa in sé sia inesistente, non la cancella (anche se è contraddittoria), ma il “toglimento” della cosa in sé viene rinviato all’infinito.
La filosofia di F. è contenuta nella “Dottrina della scienza” e il suo concetto centrale è l’Io, scritto con I maiuscola perché, a differenza dell’io kantiano finito e limitato dall’esperienza sensibile e dal noumeno (da ciò che è esterno all’io), l’Io di F. è un principio non solo formale ma anche materiale della conoscenza, esso è quindi finito e infinito perché viene meno la cosa in sé.
Con F. la filosofia torna ad essere la vera scienza. Il compito della filosofia, per tutti gli idealisti, è costruire un sistema che comprenda tutto il sapere, unendo i vari aspetti della realtà (materia, finito, infinito…), partendo dall'Io: tale concezione sistematica della realtà è tipica degli idealisti (mentre l’opera di Kant si può separare in parti: la “Critica della ragion pratica”, la “Critica della ragion pura”, la “Critica del giudizio”…).
Il punto di partenza è l’Io, dal quale si procede poi in maniera deduttiva secondo una logica triadica, cioè composta da tre momenti, da tre tappe che tengono insieme tutto il mondo, unendo il pensiero alla realtà sensibile:
1) L’Io è inteso come autocoscienza, perché il mondo esiste solo all’interno di una coscienza e una coscienza è tale solo se è coscienza di sé s “l’Io pone se stesso”, cioè, in quanto autocoscienza, si autocrea. Il pensiero (Io) è un’attività, poiché si autocrea, non una contemplazione.
2) Perché si autocrei, l’Io deve trovare degli ostacoli, ovvero il non-Io “l’Io pone il non-Io”. Il non-Io è l’oggetto, la natura, la realtà non ancora assimilata dal pensiero, quindi esso è posto all’interno dell’Io, all’interno del pensiero.
3) “L’Io oppone nell’Io (in sé) all’Io indivisibile un non-Io divisibile”. Il terzo momento rappresenta la realtà in cui siamo gettati e che è una realtà frammentaria, caratterizzata dalla molteplicità degli Io finiti e dei non-Io finiti; questo scenario di infinitezza cade dentro l’Io infinito.
L’Io è sia infinito che finito: l’Io è finito perché è delimitato dal non-Io, ma l’Io è anche infinito perché il non-Io nasce solo dentro all’Io; l’Io infinito è l’insieme degli Io finiti della storia (non solo di quelli attualmente presenti). La cosa in sé non è però del tutto tolta, quindi l’Io infinito non è attuale bensì ideale, poiché rappresenta l’assoluta libertà, perciò occorre conquistare sempre più regioni del non-Io (processo inarrestabile) per liberare l’uomo dai vincoli del mondo e della natura, al fine di migliorare la conoscenza della realtà. I limiti dell’uomo (dell’Io) sono rappresentati dalla realtà che non conosciamo fino in fondo, dalle passioni, dagli istinti, dalla soggettività, dai quali l’Io deve liberarsi; esso ha quindi un compito morale, perciò il significato del conoscere sta nel principio morale. Secondo Kant non si diventa uomini se non si partecipa al regno dei fini (l’uomo è fine a se stesso), per F. invece l’uomo è se stesso nella misura in cui è libero, la conoscenza diventa quindi lo strumento per raggiungere la libertà: prima viene la morale poi la conoscenza. Per liberarsi l’uomo deve incontrare degli ostacoli, perciò i limiti non si eliminano mai del tutto, infatti F. rinvia all’infinito il superamento del noumeno, della cosa in sé: quindi l’uomo è uomo non perché supera la cosa in sé, ma perché si sforza di superare i propri limiti.

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