Dall'Umanesimo a Bacone

Materie:Riassunto
Categoria:Filosofia

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Testo

Umanesimo e Rinascimento
Umanesimo e Rinascimento sono due concetti che vanno considerati insieme. Da alcuni il rinascimento è stato paragonato ad un fiore sbocciato dal nulla, invece la critica moderna parte dalla rivalutazione del medioevo e vede una continuazione tra e due epoche. Dal punto di vista storico fu un periodo molto importante; il baricentro dell’economia mercantile si sposta, la borghesia si afferma anche se il processo di affermazione di tale classe era già iniziato con la crisi del feudalesimo. Il sapere diventa laico e elitario; si afferma nelle corti e spesso il rapporto tra intellettuale e potere non è dei più felici. La culla della cultura umanistico-rinascimentale è l’Italia che però risulta spezzata sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista culturale perché questo pensiero assume connotazioni differenti a seconda dei luoghi. Su queste due epoche si è discusso a lungo e le opinioni degli studiosi sono molteplici. Burdach sostiene la continuità tra Medioevo e Rinascimento altri sono contrari a questa ipotesi. Per quanto riguarda l’umanesimo, i tre grani iniziatori dell’epoca furono Dante Petrarca e Boccaccio. Gli umanisti propongono il recupero dell’humanitas come grande rispetto dell’umanità, predica la tolleranza, la pace. Erasmo da Rotterdam scrive “Il lamento della Pace” in cui la pace si lamenta di non essere stata ascoltata. Tra Dio e l’uomo si stabilisce uno stretto rapporto a causa di un grande bisogno di religiosità, è Dio che anima la natura, vista con caratteri vicini a quelli della scuola ionica. Gli stessi ideali che vengono proposti in questo periodo vengono poi ripresi come punti di riferimento nel 700 con gli illuministi che si considerano eredi di tale pensiero.
Rinascimento e Platonismo
Con l’umanesimo si ha una vera e propria riscoperta di Platone, che prende corpo dal Platonismo rinascimentale. Si vide in lui il più artista tra i filosofi, la figura più affascinante della classicità, lo si stilizzò come ideale antagonista di Aristotele, come il filosofo che appariva più adatto a esprimere l’inquetudine dell’uomo. Questo fervore di interessi per Platone si concretizzò nella traduzione completa delle sue opere da parte di Marsilio Ficino. Poiché nel Rinascimento, parallelamente alla riscoperta di Platone si ha un rinato interesse per Aristotele, si comprende come sia potuta nascere la disputa sulla superiorità dell’uno o dell’altro filosofo che costituisce uno dei tratti caratteristici di questo periodo. L’antitesi fra platonici e aristotelici è un antagonismo tra due interessi culturali differenti. I platonici pongono in primo piano l’esigenza della rinascita religiosa mentre gli aristotelici tendono alla rinascita della ricerca razionale e specialmente della filosofia naturale.
Cusano
Il punto di partenza di Cusano è una precisa determinazione della natura della conoscenza. La possibilità della conoscenza risiede nella proporzione tra l’ignoto e il noto. Si può giudicare solo di cio che ancora non si conosce solo in relazione a quello che già si conosce ma questo è possibile se solo ciò che non si conosce ha una certa proporzionalità con quello che si conosce. Da ciò deriva che quando quel che è ignoto e si cerca non ha nessuna proporzionalità con quel che è noto sfugge a ogni possibilità di conoscenza e non rimane che ammettere la propria ignoranza. Questo riconoscimento dell’ignoranza che Cusano ricollega alla sapienza di Aristotele e Socrate, è la dotta ignoranza. L’atteggiamento della dotta ignoranza è l’unico possibile di fronte a Dio. Dio è infatti ciò di cui niente può essere maggiore, è l’infinito e tra l’infinito e il finito non c’è proporzione. L’uomo può indefinitamente avvicinarsi alla verità per gradi finiti di conoscenza ma poiché Dio è infinito la verità sfuggirà allo sforzo finito di comprenderla. Cusano spiega i rapporti fra Dio e il mondo ricorrendo ai concetti ci complicatio, implicatio e contractio. Il mondo è un Dio contratto, l’Universo è Dio che si è moltiplicato nelle cose. In Dio tutte le cose esistono nella loro complicazione perché in lui tutte si uniscono e fanno uno. Dio è poi la possibilità di tutto ciò che diviene ed è creato. L’uomo non può guardare a Dio se non attraverso la sua soggettività, perciò egli non deve uscirne per poter conoscere realmente Dio, anzi deve rafforzarla e approfondirla. Cusano nega che la parte celeste del mondo possegga una perfezione assoluta e che quindi sia ingenerabile e incorruttibile. Tutte le parti del mondo hanno lo stesso valore ma nessuna raggiunge la perfezione che è propria solo di Dio. Il mondo non ha un centro perché ha centro dappertutto, è privo di confini e di limiti ma non è infinito perché infinito può essere solo Dio. Non essendovi un centro nemmeno la terra può aspirare ad esserlo. Ci sono due movimenti fondamentali per cusano; i corpi pesanti tendono alla terra, quelli leggeri tendono verso l’alto; ogni movimento per quanto è possibile tende a quello circolare e ogni figura per quanto è possibile tende ad avvicinarsi alla forma sferica.
Ficino
Tradusse in latino i Dialoghi di Platone che egli commentò ampiamente e poi anche le Enneadi di Plotino. Si proponeva di trovare una saldatura tra filosofia e religione e questa unità per lui ha lo scopo di rinnovare l’uomo e il suo mondo. Tutta la realtà è distinta in cinque gradi: il corpo, la qualità, l’anima, l’angelo e Dio. L’anima è in mezzo ed è perciò l’essenza media. Questa funzione mediatrice si esplica con l’amore che unisce armonicamente le varie parti della creazione. Si basa indubbiamente sulle dottrine neoplatoniche ma allo stesso tempo utilizza delle varianti; il centro della speculazione neoplatonica era Dio, Ficino invece pone al centro della sua speculazione l’uomo.
Pico della Mirandola
La sua speculazione mirò a conciliare e sintetizzare le dottrine più diverse, principalmente quelle di Platone e Aristotele. Questo suo desiderio di una sintesi del sapere attraverso cui si rigenerassero la vita religiosa e la vita filosofica dell’uomo, si rivelò nell’idea di bandire a Roma una grande discussione tra dotti provenienti da tutto il mondo. Questa però non potette tenersi perché alcune idee parvero eretiche. L’orazione “De homini digitate”, che doveva essere l’introduzione a quella discussione, verte intorno alla superiorità dell’uomo sulle altre creature. All’uomo, giunto ultimo nella creazione, non era rimasto disponibile nessuno dei beni che erano stati tutti distribuiti alle altre creature e Dio allora stabilì che a lui fosse comune tutto ciò che aveva assegnato alle altre creature. L’uomo può degenerare nelle cose inferiori e rigenerarsi nelle superiori e questa rigenerazione può accadere solo con il ritorno a quella sapienza originaria che si è dispersa nelle varie religioni e dottrine filosofiche.
Rinascimento e Aristotelismo
Il centro dell’aristotelismo è a Padova dove erano stati tradotti i testi del filosofo. L’aristotelismo si spacco in due tronconi (alessandrismi e averroismi). Gli averroismi sostenevano l’esistenza di un unico intelletto separato e quindi immortale a differenza dell’uomo che è mortale. Gli alessandrismi negavano invece l’esistenza di un intelletto separato. Entrambe le correnti però presentano una mentalità naturalistico - razionalistica, portata a vedere nella natura il campo privilegiato della filosofia e nella ragione l’unico metodo di ricerca. L’aristotelismo è importante perché ha indirizzato la ricerca sul problema della natura e ha difeso i diritti della ragione concependola come strumento primario della ricerca filosofica.
Erasmo da Rotterdam
Fu il più famoso umanista del suo tempo, si laureò in teologia ma si dedicò all’attività di scrittore e filologo. Nella lotto provocata dalla riforma di Lutero volle rimanere neutrale attirandosi così l’ostilità sia dei protestanti che dei cattolici. Morì nel 1536 a Bsilea. L’opera più importante è “L’elogio della Pazzia”. La pazzia, che Erasmo personifica e introduce a tessere il proprio elogio, è l’illusione, l’incoscienza, l’ignoranza contenta di sé, la menzogna di cui la vita singola e associata dell’uomo si serve per nascondere la sua cruda realtà. L’elogio della pazzia nasce in un viaggio tra l’Italia e l’Inghilterra e fa delle considerazioni perché, con il suo atteggiamento aristocratico, dice che piuttosto di parlare con compagni di viaggio antipatici preferisce abbandonarsi alla fantasia. Erasmo fa un’indagine molto lucida, molto fredda della pazzia. I bambini per la loro spontaneità sono deliziosamente pazzi, secondo Erasmo ci si sposa e ci si innamora per una follia che non ha limiti.
Botero
L’insegnamento di machiavelli viene raccolto alla fine del 500 da Botero, uno dei teorici della ragion di stato. Con tale termine, usando le parole di Botero, si indicano quei mezzi che servono a fondare, conservare e ampliare un dominio. Con ciò riconosce all’arte politica una sua autonomia, una sua logica che ne fanno una disciplina a sé stante. Per conservare lo stato preferisce la prudenza, condanna le grandi ambizioni e i grandi progetti e diffida dall’astuzia. Per quanto riguarda la religione essa viene considerata come uno dei fondamenti dello stato e consiglia al principe di circondarsi di un consiglio di teologi e di dottori in diritto canonico.
Tommaso Moro
Le sue vedute filosofiche e politiche sono espresse nell’Utopia, un specie di romanzo filosofico che espone la descrizione di un’isola immaginaria chiamata appunto Utopia. Il suo punto di partenza è la critica delle condizioni sociali dell’Inghilterra del suo tempo. In quest’isola la proprietà privata è abolita, la terra è coltivata a turno dagli abitanti che sono tutti addestrati nell’agricoltura e ridanno il cambio nelle campagne ogni due anni, l’oro e l’argento non hanno alcun valore e servono per fabbricare gli utensili più umili; ognuno ha un proprio mestiere e appositi magistrati (sifogranti) vigilano affinché nessuno stia ozioso e ognuno eserciti l’arte sua. I cittadini dell’isola lavorano sei ore al giorno e dedicano il resto del tempo alle lettere, alle scienze positive e alla filosofia. La caratteristica fondamentale dell’isola è la tolleranza religiosa. Tutti riconoscono l’esistenza di un Dio creatore ma ognuno lo concepisce e lo venera a suo modo; ognuno può cercare di persuadere l’altro ma senza violenza e nessuno può violare la libertà di religione dell’altro. L’unica dottrina vietata è quella che nega l’immortalità dell’anima ma chi la professa non viene punito ma gli viene solo imposto di non diffonderla.
Giusnaturalismo
Lo scopo di questa corrente, iniziata da Grozio, è quello di rinnovare lo stato in generale e non uno in particolare e farlo ritornare al suo fondamento universale. Si cerca il principio ultimo che da forza ad uno stato e si prospettano delle riforme che possono ricondurlo alla sua forma ideale. Il giusnaturalismo comincerà a combattere l’assolutismo delle monarchie nazionali indicando i diritti naturali che uno stato deve rispettare opponendosi così all’invadenza del sovrano. Il primo teorico dell’assolutismo era stato Bodin. Riconobbe come caratteristica principale di uno stato la sovranità, cioè una potenza predominante, indivisibile, perpetua, non soggetta ad alcuna legge se non a quella di Dio. Bodin è inoltre fautore della tolleranza religiosa; tutte le religioni hanno un fondamento razionale e a questo si uniscono le cerimonie e i riti che provocano l’assenso del volgo. Lo stato si divide in stato di natura in cui homo homini lupus che deve essere tutelato perché non assicura i diritti primari della persona. Lo stato nasce per contratto: gli uomini decidono di associarsi e delegano il potere a qualcuno che dovrà tutelare i loro diritti. Questo contratto serve a giustificare il potere del sovrano. Possono nascere diverse forme di stato da tale contratto, Hobbes e altri ad esempio danno vita ad uno stato assoluto.
Naturalismo
L’uomo viene considerato parte integrante del mondo naturale e quindi nel Rinascimento lo studio del mondo naturale non appare più come la fuga dell’uomo di fronte alla propria interiorità. L’indagine naturale comincia ad apparire come uno strumento indispensabile per la realizzazione dei fini umani nel mondo ed è la parte fondamentale della filosofia del Rinascimento. Si possono distinguere due fasi di essa: la prima è la magia che vede la natura dominata da forze occulte, la magia cerca quindi di dominare la natura e proprio per questo spesso viene condannata; la seconda fase è una filosofia naturale che vede la natura animata da forze divine e secondo questo tipo di filosofia devo conservare la natura per poter conservare anche il mio essere (morale dell’autoconservazione). La filosofia naturale si afferma per la prima volta in Telesio che insieme a Bruno e Campanella è il filosofo più importante del periodo.
Telesio
Considera la natura come un mondo a sé che si regge su principi propri e può essere spiegata solo in base a questi principi, escludendo ogni forza di tipo metafisico. Il pensiero di Telesio può essere definito con materialismo e sensismo. Sensismo perché per lui, come per tutti i materialisti la conoscenza è sensibile; materialismo perché secondo lui tutto e materia e su questa materia agiscono due forze: il caldo e il freddo. Il caldo ha sede nel sole e rende le cose leggere, il freddo ha sede nella terra e rende le cose pesanti e immobili. A questa distinzione corrisponde la distinzione tra amore e odio; l’amore vivifica e da calore, l’odio distrugge e raggela le cose. Il concetto che Telesio ha di Dio può essere sintetizzato nel fatto che egli vede in lui il garante dell’ordine della natura. Qualcuno ha voluto vedere nel pensiero di Telesio un’anticipazione della teoria geocentrica che vede la terra immobile; infatti la terra è fredda e come tutti gli oggetti freddi è immobile. Non ci sono però prove attendibili di questa teoria.
Bruno
Viene ricordato più per la sua morte avvenuta sul rogo in Capo dei Fiori a Roma nel 1600 che per la sua vita. Nel 2000 si è aperto un dibattito che ha sottolineato l’importanza di Bruno come filosofo e Giovanni Paolo II ha fatto ammenda a nome della Chiesa nei confronti dell’errore dell’Inquisizione che ha condotto alla morte del filosofo. Viaggia molto per l’Europa e si sposta da Ginevra a Parigi, fino in Inghilterra dove insegnò a Oxford, a Wittemberg fino a raccogliere l’invito di Giovanni Mocenigo, un patrizio veneziano, credendosi al sicuro presso di lui mentre questo lo denunciò e venne quindi arrestato dall’Inquisizione. Rimase in carcere 7 anni e non volle mai ritrattare le sue dottrine. Il 17 febbraio del 1600 veniva bruciato sul rogo in Capo dei Fiori. Tutti gli scritti di Bruno hanno l’aspetto comune dell’amore della vita e da questo suo amore per la vita nasce l’interesse della natura che però non sfocia in lui, a differenza di Telesio, in un pacato naturalismo. Bruno considerò e volle la natura tutta viva e animata da forze. L’opera di Bruno segna un punto di arresto nello sviluppo del naturalismo scientifico ma esprime quell’amore della natura che fu indubbiamente uno degli aspetti fondamentali del Rinascimento. Bruno parla di Dio in duplice modo: come mens super omnia (mente al di sopra di tutto) e come mens insita omnibus (mente presente in tutte le cose). Per il primo aspetto Dio è fuori dal cosmo e dalla portata delle capacità razionali dell’uomo e quindi in quanto sostanza trascendente Dio è oggetto di fede e di lui ci parla solo la Rivelazione. Per il secondo aspetto Dio è invece il principio immanente del cosmo e risulta accessibile alla ragione umana, costituendosi come oggetto del discorso filosofico. Sempre per questo secondo principio Dio è forma ossia anima del mondo che opera tramite l’intelletto universale e plasma la materia. Secondo i concetti di potenza e di atto propri della filosofia di Aristotele Dio è infinito in atto, il mondo è infinito in potenza. L’infinito di Bruno non è solo infinito spaziale ma anche infinito di Dio che si riflette nel mondo. Concepisce l’universo come qualcosa di illimitato ospitante in sé una molteplicità inesauribile di mondi. Per quanto riguarda il problema della conoscenza in Bruno è differente da quello di Telesio e di Campanella. Questi ultimi hanno privilegiato una conoscenza sensibile ma Bruno dice che rimanendo legati ai sensi non riusciamo a cogliere tutta la realtà. Il centro della conoscenza è per lui l’intelletto poichè solo con esso possiamo raggiungere l’infinito e conoscere quindi Dio. La morale di Bruno è la morale dell’etico furore. La esplica tramite il mito di Atteone; Atteone che giunge a contemplare Diana viene trasformato in cervo, diventando preda invece che cacciatore, è la metafora dell’anima umana che, andando in cerca della natura e giunta finalmente a vederla, diventa essa stessa natura. L’eroico furore è paragonabile all’Eros di Platone (Eros rappresentava lo sforzo di filosofare). L’eroico furore è ciò che permette di superare lo stato di bestialità e di raggiungere la virtù. Da uno stato di bestialità l’uomo si eleva ad una condizione che lo avvicina a Dio. All’infinito dobbiamo tendere attraverso la morale dell’eroico furore.
Campanella
Passò gran parte della sua vita ma anche qui non smise la sua attività di intellettuale. Campanella ritiene che tutta la conoscenza si riduce alla sensibilità. La vera sapienza è quella fondata sui sensi, i quali soli possono verificare, correggere o confutare ogni conoscenza incerta. Si presenta però il problema che deve stabilire in che modo l’anima può conoscere. La conoscenza innata di sé è la condizione di ogni altra conoscenza. Ma questa conoscenza originaria non è propria soltanto dell’anima umana ma appartiene a tutte le cose naturali. Nell’anima questa è offuscata dalla conoscenza acquisita che è prodotta dalle cose esterne. Secondo Campanella siamo dotati di tre sensi: senso innato, senso additus che riceviamo dall’esterno e che offusca il senso innato facendolo diventare abditus e cioè nascosto. I principi fondamentali della sua metafisica sono le cosiddette tre primalità dell’essere e sono potenza, sapienza e amore. Ogni cosa è in quanto può essere; ogni cosa è dotata della conoscenza di sé e della altre cose perché è provvista di sensibilità; tutti gli enti amano il loro essere e desiderano conservarlo (morale dell’autoconservazione). Vi sono poi le tre primalità del non-essere che sono impotenza, insipienza e odio. Solo in dio sono solo le tre primalità dell’essere senza quelle del non essere. Fu autore di un’utopia chiamata la Città del Sole. È qui delineata la struttura di uno stato perfetto, costituito da tanti cerchi concentrici quanti sono i pianeti, costruita in modo da convogliare al suo interno tutti gli effetti benefici del mondo grazie a un tempietto posto alla sommità in grado di convogliare la luce del sole all’interno per illuminare tutta la città. Governata da un principe sacerdote (detto Sole) assistito da tre principi (Pon, Sin e Mor ossia potestà, sapienza e amore). Le caratteristiche di questo stato sono la comunanza dei beni, la devozione alla religione dettata dalla pura ragione. Non ammette nessuna divisione in classi e nessuna distinzione di dignità tra arti liberali e meccaniche. Le sette cerchia di mura che circondano questa città sono tutte istoriate in modo da costruire una vera e propria enciclopedia visiva estesa a tutte le scienze e a tutte le arti e i bambini imparano semplicemente passeggiando lungo queste mura. Non si trascurano le attività agricole e si incoraggia ciascuno a coltivare parecchie arti e scienze, tutte quelle in cui riesca bene. Studi e occupazioni sono comuni a maschi e femmine. I migliori diventeranno sacerdoti-filosofi per il bene di tutti senza invidia.
Utopia
Il termine utopia significa non luogo ma anche luogo felice e fu utilizzato per la prima volta da Giordano Bruno. Esso indica la descrizione di una dimensione politica non esistente i atto ma auspicabile per il bene comune. Si possono indicare alcuni elementi comuni alle varie utopie:
1. Riferimento a una legge presente in tutti gli uomini e in tutte le epoche.
2. Auspici di pacificazione universale fra i popoli e di concordia all’interno delle singole realtà politiche.
3. Ideale di tolleranza e di comprensione.
4. Struttura organica e gerarchica dello stato che viene inteso come un corpo vivente le cui parti hanno senso solo se in relazione al tutto.
5. Ruolo privilegiato attribuito alla filosofia, alla cultura e alla scienza.
6. Pianificazione attente attorno al problema della famiglia e della proprietà privata.
7. Descrizione di luoghi esotici e isolati, lontani dalla civiltà europea.
8. Professione di una religiosità naturale e razionale.
9. Attenta e metodica regolamentazione dall’alto della vita quotidiana fino agli aspetti più minuti.
Popper critica le utopie perché dice che hanno la pretesa di descrivere aspetti particolari della vita isolandoli da tutto il resto.
Bacone
Ha intravisto per primo il potere che la scienza offre all’uomo sul mondo e ha concepito la scienza diretta a realizzare il dominio dell’uomo sulla natura. Tutte le sue opere tendono ad illustrare il progetto di una ricerca scientifica che portando il metodo sperimentale in tutti i campi della realtà faccia della realtà stessa il dominio dell’uomo. Quando nella Nuova Atlantide volle dare l’immagine di una città ideale, ricorrendo al processo dell’Utopia, non si fermò a vagheggiare forme di vita sociali o politiche perfette ma immaginò un paradiso della tecnica dove fossero portati a compimento le invenzioni e i ritrovati di tutto il mondo. L’isola della Nuova Atlantide è descritta come un enorme laboratorio sperimentale nel quale gli abitanti cercano di conoscere tutte le forze nascoste della natura. I numi tutelari dell’isola sono i grandi inventori di tutti i paesi. L’aspetto utopico si manifesta nel fatto che vuole una scienza neutra, al servizio dell’uomo, libera da condizionamenti politici ed economici quando la scienza invece non è neutra perché è al servizio del potere sia politico che economico. Altra opera importante di Bacone è il Nuovo Organo, una logica del procedimento tecnico scientifico che viene contrapposta alla logica aristotelica, ritenuta adatta soltanto a riportare vittorie verbali. Il compito preliminare di Bacone nel suo tentativo di stabilre il Nuovo organo della scienza è l’eliminazione delle anticipazioni e a questo scopo è diretta la purificazione dell’intelletto da quelli che lui chiama idola. Le anticipazioni che si radicano nella stessa natura umana sono quelle che bacone chiama idola tribus e idola specus.
1. Gli idola tribus sono quelli comuni a tutti gli uomini
2. Gli idola specus sono quelli propri di ciascun individuo
L’intelletto umano è portato a supporre nella natura un’armonia molto maggiore di quella che c’è, a dare importanza più a certi concetti che ad altri e vuol procedere sempre al di là di ciò che gli è dato; tutte questi disposizioni naturali sono fonte di idola tribus. Gli idola specus invece dipendono dall’educazione, dalle abitudini e dai casi fortuiti in cui ciascuno viene a trovarsi. Oltre a queste due specie di idola vi sono quelli provenienti dal di fuori: gli idola fori e gli idola teatri.
1. Gli idola fori derivano dal linguaggio, dalle convenzioni umane ree necessarie dai rapporti fra uomo e uomo.
2. Gli idola Teatri derivano dalle dottrine filosofiche del passato o da dimostrazioni errate che per Bacone sono nient’altro che favole perché ci ingannano solo.
Fra le cause che impediscono agli uomini di liberarsi dagli idoli e di procedere nella conoscenza effettiva della natura Bacone pone in primo luogo la riverenza verso la sapienza antica. Bacone è importante perché è il padre del metodo induttivo sperimentale. Paragona i razionalisti ai ragni che ricavano la ragnatela da se stessi, paragonano gli empiristi alle formiche che portano il cibo alla loro tana mentre paragona il suo metodo alle api che rielaborano delle sostanze per produrne di nuove. La ricerca scientifica non si fonda né solo sui sensi né solo sull’intelletto; bisogna quindi cercare di riunire questi due elementi e il procedimento che realizza questa esigenza è quello dell’induzione che procede senza salti e per gradi risalendo dai fatti particolari ai principi via via più generali e solo da ultimo giunge agli assiomi generalissimi. Per favorire questo processo e per evitare di confondere l’intelletto Bacone introduce delle tavole che sono coordinazioni dei particolari aspetti di un fenomeno. Le tavole di presenza saranno le situazioni in cui un determinato fenomeno si presenta; le tavole di assenza raccoglieranno i casi in cui quel fenomeno non si presenta; le tavole dei gradi raccolgono i casi in cui il fenomeno si presenta nei suoi gradi decrescenti. Queste tavole consentono la formulazione di una prima ipotesi che poi ha il compito di guidare lo sviluppo del lavoro di ricerca. Il metodo di Bacone non vuole quindi essere né una pura raccolta di fatti (empirismo) né un astratto ragionamento (razionalismo) ma una razionale interpretazione e selezione dei dati. Bacone però non utilizzando la matematica non può darci delle prove scientifiche dei fatti ed è quindi ancora molto vicino ad Aristotele perché fa un’analisi qualitativa e non quantitativa. Il suo metodo sarà poi criticato da Popper e non essendo teso a ricercare una legge la figura di Bacone non può essere posta all’interno della rivoluzione scientifica.
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