Cartesio

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Testo

Cartesio

La personalità di Cartesio segna la svolta decisiva dal Rinascimento all’età moderna. Egli è il fondatore del razionalismo, ossia di quella corrente della filosofia moderna che vede nella ragione il fondamentale organo di verità e lo strumento per elaborare una nuova visione complessiva del mondo.
Cartesio ha scoperto il suo metodo mediante la considerazione del procedimento matematico: "quelle lunghe catene di ragionamenti, tutti semplici e facili, di cui i geometri hanno l'abitudine di servirsi per giungere alle loro più difficili dimostrazioni, mi avevano dato l'occasione di immaginare che tutte le cose di cui l'uomo può avere conoscenza si seguono nello stesso modo e che, dato solo che ci si astenga dall'accettare per vera una cosa che non lo sia e che si rispetti sempre l'ordine necessario a dedurre una cosa dall'altra, non vi sarà nulla di così lontano che alla fine non si possa giungervi né di così nascosto che non si possa scoprire". Le scienze matematiche sono dunque già praticamente pervenute in possesso del metodo. Il fatto che le matematiche siano già in possesso della pratica del metodo ha senza dubbio facilitato il compito di Cartesio; ma questo compito comincia veramente con la giustificazione delle regole metodiche, giustificazione che sola acconsente a autorizza l'applicazione di esse a tutti i domini del sapere umano. Cartesio doveva dunque:1° formulare le regole del metodo tenendo soprattutto presente il procedimento matematico nel quale esse erano già presenti e operanti; 2° fondare con una ricerca metafisica il valore assoluto e universale del metodo; 3° dimostrare la fecondità del metodo nelle varie branchie del sapere. Cartesio definisce il metodo come l'insieme di "regole certe e facili che, da chiunque siano esattamente osservate gli renderanno impossibile prendere il falso per vero, senza alcun sforzo mentale, ma aumentando sempre gradatamente la scienza, lo condurranno alla conoscenza vera di tutto ciò che sarà capace di conoscere". Il metodo deve condurre facilmente e sicuramente l'uomo, non solo alla conoscenza vera, ma anche "al più alto punto" al quale può giungere: cioè nello stesso tempo al dominio sul mondo e alla saggezza della vita. Nelle "Regulae ad directionem ingenii" Cartesio aveva esposto non solo, m le regole fondamentali ma anche le modalità o gli accorgimenti della loro applicazione, aveva così enunciato ventuno regole e aveva poi interrotto la sua opera. Nella seconda parte del "Discorso sul metodo" egli riduce a quattro le regole fondamentali:
1) La prima è quella dell'evidenza. Cartesio dice: "La prima era quella di non accettare mai nessuna cosa per vera se non la riconoscessi evidentemente per tale: cioè di evitare al partecipazione e la prevenzione; e di non comprendere nei miei giudizi niente di più di ciò che si presentasse così chiaramente e distintamente al mio spirito che io non avessi alcuna occasione di metterlo in dubbio". L'evidenza è da Cartesio opposta alla congettura, la cui verità non appare allo spirito in un modo immediato. L'atto con cui lo spirito raggiunge l'evidenza è l'intuito. Cartesio intende per intuito "non la fluttuante testimonianza del sensi o il giudizio fallace dell'immaginazione malamente combinatrice, ma un concetto non dubbio della mente pura ed attenta che nasce dalla sola luce della ragione ed è più certo della stessa deduzione". L'intuito è dunque l'atto puramente razionale col quale la mente coglie il suo proprio concetto e diviene trasparente a se stessa. La chiarezza e la distinzione costituiscono i caratteri fondamentali di un idea evidente: intendendo per chiarezza la presenza e l'apertura dell'idea alla mente che la considera e per distinzione la separazione da tutte le altre idee in modo che essa non contenga nulla che appartiene alle altre. Invece la deduzione è la congiunzione delle cose semplici in modo da formare cose composte. Perciò Cartesio definisce come due soli atti dell'intelletto: l'intuito e la deduzione.
2) La seconda regola è quella dell'analisi. Cartesio dice : "Dividere ciascuna delle difficoltà da esaminare nel maggior numero di parti possibili e necessarie per meglio risolverle". Una difficoltà è un complesso di problemi nei quali è mescolato insieme il vero e il falso
3) La terza regola è quella della sintesi. Cartesio dice: "Condurre i miei pensieri per ordine cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscersi, per salire a poco a poco, come per gradi, fino alle conoscenze più complesse ;supponendo che vi sia un ordine anche tra gli oggetti che non precedono naturalmente gli uni dagli altri". Questa regola suppone il procedimento ordinato che è proprio della geometria e suppone anche che ogni dominio del sapere sia ordinato analogamente. L'ordine così presupposto è, secondo Cartesio, l'ordine della deduzione, che è l'altro dei due atti fondamentali dello spirito umano. Nell'ordine deduttivo, sono prime le cose che Cartesio chiama assolute cioè provviste di una natura semplice e come tali indipendenti dalle altre; sono invece relative quelle che devono essere dedotte dalle prime attraverso una serie di ragionamenti.
4) La quarta regola è quella dell'enumerazione. Cartesio dice: "fare dappertutto enumerazioni così complete e revisioni così generali da essere sicuro di non omettere nulla". L'enumerazione controlla l'analisi, la revisione controlla la sintesi. Questa regola prescrive l'ordine e la continuità del procedimento deduttivo e tende a ricondurre questo procedimento dell'evidenza intuitiva.
Queste regole non hanno in se stesse la loro giustificazione. Cartesio deve quindi istituire una ricerca che le giustifichi risalendo alla loro radice; e questa radice non può essere che il principio unico e semplice di ogni scienza e di ogni arte: la soggettività razionale o pensante dell'uomo. Questa ricerca è il pensiero, perché il fatto che il soggetto dubiti, e quindi pensi, garantisce l'esistenza di esso. "Cogito ergo sum", "Penso, quindi sono" è la prima salda certezza che il dubbio non può scalfire, proprio perché il dubitare è pensare. Ma la certezza di "me pensante", di me come "res cogitans" non mi può dare la certezza che i contenuti del mio pensiero, cioè il mondo, i rapporti logici, ….siano altrettanto validi. Cartesio perciò esamina i contenuti del pensiero, cioè le idee, che divide in tre classi:
1) idee innate, che cioè ritrovo in me, nate assieme alla mia coscienza. L'idea innata di Dio, in particolare, è la più evidente e contiene in sé più realtà oggettiva di ogni altra: essa garantisce l'oggettività e verità di tutte le altre idee innate e di quelle avventizie; l'idea di Dio è l'idea della perfezione totale, dell'onnipotenza, dell'onniscienza e pertanto il soggetto non può averla creata da sé;
2) idee avventizie o inventive, che cioè mi vengono dal di fuori e mi rinviano a cose del tutto diverse da ma;
3) idee fittizie, che sono costruite da me stesso.
In Cartesio la ricerca del divino non nasce da un'esigenza teologica, quanto piuttosto dalla necessità di trovare una garanzia dell'esistenza e della concreta realtà oggettiva del mondo; Dio, infatti, in quanto essere perfetto, buono e verace non può ingannare il pensante e la sua esistenza garantisce che tutto ciò che appare come chiaro ed evidente esiste realmente. In questo senso possiamo veramente applicare a tutti i campi del sapere il metodo geometrico- matematico.
Il mondo esterno è per Cartesio riducibile all'estensione corporea, la res extensa, che coincide rigorosamente con lo spazio e che quindi esclude in modo assoluto l'ipotesi del vuoto. Pertanto la filosofia cartesiana sfocia in un dualismo tra pensiero (res cogitans) e materia (res extensa) che crea una serie di gravi difficoltà, perché l'estensione corporea, che è meccanismo e passività, non può agire sul pensiero e viceversa.

Durante la formulazione del metodo Cartesio si dà una morale che chiama provvisoria ma che resterà l'unica da lui formulata. Si compone di tre regole.
1) Bisogna obbedire alle leggi del proprio paese rispettando le leggi dei potenti.
2) Una volta presa una decisione bisogna restare fermi e risoluti nel seguirla.
3) Bisogna cercare di adattare se stessi al mondo piuttosto che il mondo a noi.
Alla morale provvisoria non seguirà mai quella definitiva, però, Cartesio scrive “Le passioni dell'anima” nella quale opera sono presenti spunti di etica. Cartesio distingue nell'anima le azioni (che dipendono dalla volontà) e le affezioni (involontarie e sono costituite da percezioni, sentimenti ed emozioni). La forza dell'anima consiste nel vincere le emozioni, mentre la sua debolezza nel farsi dominare da queste. Le emozioni non sono essenzialmente nocive in quanto incitano l'anima ad acconsentire alle azioni che conservano il corpo e lo rendono perfetto. Le emozioni fondamentali sono la gioia e la tristezza. L'uomo deve lasciarsi guidare dall'esperienza e dalla ragione e questa è la sua saggezza.

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