Cartesio

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Testo

Cartesio mosse la sua riflessione dalla tradizione scolastica. Sia lui che Galilei assumono la matematica come mezzo più idoneo a penetrare la struttura del mondo, ma Galilei si limita ad ipotizzare che le proprietà dei corpi che non si possono sottoporre a misura siano solo nel soggetto senziente, rifiutando ad indagare le “essenze qualitative”. Cartesio, più sistematico, cerca di dare fondamento della natura elevando la matematica a strumento universale del sapere.
Ordina le discipline paragonandole ad un albero in cui le radici (metafisica) sostengono il tronco (fisica) dal quale si dipartono i rami, rappresentati le altre scienze. La metafisica, seppure nascosta è la base e lo strumento necessario per la sopravvivenza delle altre discipline.
IL PROBLEMA DEL METODO
Il metodo Cartesiano prende in considerazione quattro regole fondamentali, la cui osservanza è rigorosa:
1. REGOLA DELL’EVIDENZA:devono essere accolte come vere dalla nostra mente solo quelle idee che si presentano a noi con chiarezza (cioè sono accolte dalla nostra mente in forma esaustiva, senza che alcuno dei suoi aspetti ci resti ignoto) e distinzione ( cioè che debbano essere nitidamente separate le une dalle altre);
2. REGOLA DELLA SCOMPOSIZIONE: problemi grandi devono essere scissi in parti più semplici, fino a giungere ad un problema la cui soluzione sia più facile, o perché deducibile da premesse evidenti o perché intuitivamente evidente;
3. REGOLA DELLA SINTESI: consiste in un processo di ordinazione dei pensieri secondo il grado di complessità (da una minore ad una maggiore). Una volta giunti alla soluzione è necessario ricostruire sinteticamente il percorso effettuato, partendo dalla soluzione data al problema più semplice;
4. REGOLA DELL’ENUMERAZIONE COMPLETA: fare enumerazioni così complete e revisioni così generali da esser sicuri di non aver omesso alcunché.
Le regole del metodo Cartesiano si modellano sulla matematica. Secondo il filosofo, le certezze materiali sono superiori a quelle conseguite dalla filosofia e dalle altre scienze, per questo la matematica deve essere assunta come modello del rinnovamento di tutto il sapere.
LA METAFISICA
Nelle Meditazioni metafisiche , Cartesio si propone di “trovare” da un lato “un criterio di verità indubitabile, che garantisca l’universale applicabilità delle regole del metodo, sottraendole a possibili obiezioni scettiche”; dall’altro lato di “risolvere alcune grandi questioni di metafisica generale (quali il problema dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima), al fine di mostrare la perfetta compatibilità della scienza moderna con la fede cristiana, dopo il crollo delle vecchie fondamenta offerte dalla metafisica peripatetica”. (Corso di Filosofia, Storia e Testi; di Ciuffi, Luppi, Vigorelli, Zanette; ed.Scolastiche Bruno Mondatori,1997)
Le Meditazioni Cartesiane sono sei.
PRIMA MEDITAZIONE: Cartesio parla del dubbio generale da applicare a tutte le conoscenze; un dubbio che non è simile a quello scettico, in quanto in apertura dell’opera Cartesio premette di aver piena fiducia nella ragione, che è la cosa che comunemente posseggono tutti ; tanto che la divergenza di opinioni dipende solo dal fatto che ognuno la guida in maniera differente.
Il dubbio cartesiano è generalmente inteso come metodico (ossia, come processo mediante il quale eliminare tutte le opinioni non sufficientemente controllate al fine di dare un fondamento razionale al sapere incontrovertibile) e iperbolico.
Si possono distinguere due stadi del dubbio stesso:
a. Il primo stadio si rivolge agli oggetti dei sensi, considerati come la sorgente più comune e certa del nostro sapere (ma non bisogna assolutamente fidarsi dei sensi, in quanto ingannatori);
b. Il secondo stadio si rivolge agli oggetti dell’intelletto, come ad esempio le cognizioni matematiche, che sembrano conservare il proprio valore “sia che io sogni o che si desto2. Al fine di poter dubitare anche di questo, egli introduce la figura di un genio ingannatore che non corrisponde assolutamente al nostro Dio, che è infinitamente buono, ma la cui forza è tale da far sì che ogni qualvolta si sia convinti di qualcosa ci si stia ingannando
Dopo aver portato all’estremo l’esercizio del dubbio, Cartesio giunge ad un primo fondamento
Sicuro nella seconda meditazione.
SECONDA MEDITAZIONE: questo fondamento sicuro è il principio del “cogito” (posso dubitare di tutto tranne del fatto che io stesso stia dubitando e quindi pensando e quindi esistendo). La formulazione completa del principio è cogito ergo sum (penso dunque sono).
Alcuni vedono questo principio come ritorno al precetto Agostiniano contro lo scetticismo, altri come conclusione di un sillogismo. Cartesio sottolinea come questa non sia la conclusione di alcun sillogismo, bensì una verità intuitiva immediatamente certa per esperienza diretta che si ottiene non partendo da un periodo di carattere generale, ma giungendo al generale prendendo avvio dal particolare.
Cartesio considera il concetto di sostanza nelle due accezioni fondamentali di pensiero (res cogitans) ed estensione (res extensa).
Cartesio si chiede “Cosa posso conoscere di me stesso?” e a ciò risponde “Posso dubitare di tutte le mie caratteristiche e facoltà, tranne del pensare.Io son dunque per certo, una cosa che pensa, cioè dubita, intende, afferma, nega, ecc. e può anche sentire. Il sentire relativamente al suo contenuto (le sensazioni) può essere sottoposto al dubbio mentre formalmente è un’attività del pensiero in quanto il soggetto non si limita formalmente ad avere delle sensazioni, ma è cosciente di sentire.
“Cosa posso conoscere con certezza dei corpi?”. Per saperlo mi devo affidare al pensiero. Le qualità sensibili sono mutevoli, però, e devo cercare qualcosa che invece rientri necessariamente nella loro natura e che posso concepire con la mente a priori: tutti i corpi occupano uno spazio, sono cioè estesi. Se la natura del mio essere è una cosa che pensa (res cogitans), quella del corpo è di essere una cosa estesa (res extensa).
TERZA MEDITAZIONE: In questa meditazione Cartesio parla del Criterio di verità, in base al quale una cosa è vera se concepita come chiara e distinta. A porre un limite all’estensione e alla validità di questo criterio è la presenza del dio ingannatore.
Solo se saprò dimostrare che Dio esiste avrò una conferma metafisica del criterio di verità.
Perciò, finché anche il dubbio iperbolico non sarà sconfitto, l’estensione e il valore del criterio di verità sono assai limitati: esso garantisce l’evidenza attuale , per così dire puntuale, del cogito, ma non sa estendersi al di là di ciò che percepisco al presente in me.
Per dimostrare l’esistenza di Dio, Cartesio parte dall’idea innata di Dio, presente alla mente.
Fra le idee, alcune sono innate (infatti la facoltà di concepirle non sembra venir da altro che dalla mia natura); altre sono avventizie, ossia provengono dal mondo esterno, altre ancora sono fittizie, ossia a me ipso factae (prodotti della fantasia).
Tutte le idee possono considerarsi sotto due punti di vista: come modi del pensiero (realtà formale) e in quanto rappresentanti qualche cosa (realtà oggettiva).
In quanto modi cogitandi, le idee non presentano differenza sostanziale e “tutte sembrano procedere da me d’una stessa maniera”. Dal momento che dubito dell’esistenza del mondo esterno, persino la distinzione tra idee innate, fittizie e avventizie viene a perdere di significato.
Dal punto di vista della loro realtà oggettiva, però, le idee sono molto diverse tra loro “quelle che mi rappresentano delle sostanze sono, senza dubbio, qualche cosa di più, e contengono in sé (per così dire) maggiore realtà oggettiva, cioè partecipano per rappresentazione ad un numero maggiore di gradi di essere o di perfezione, di quelle che mi rappresentano solamente dei modi o accidenti.”
Allo stesso modo, l’idea di Dio, un essere infinito, ha più realtà oggettiva dell’idea di una sostanza finita. Secondo Cartesio, la causa di un’idea deve avere tanta realtà formale, quanta è la realtà oggettiva dell’idea. Ora, io che sono una cosa che pensa potrei essere la causa di tutte le idee che sono in me, tranne che dell’idea di Dio, che è idea di qualcosa di infinito.
Secondo Cartesio non avremmo in noi l’idea di Dio, se non ci fosse stata data a sua volta da una sostanza dalla natura infinita e cioè Dio stesso.
La seconda prova dell’esistenza di Dio proposta da Cartesio, si fonda sul principio di causa efficiente.
Io che sono posseditore dell’idea di Dio, potrei esistere se Dio non esistesse? Da chi avrei ricevuto altrimenti il mio essre? Se fossi io stesso generatore del mio essere, non dubiterei e non avrei altro che certezze: sarei Dio.
Secondo cartesio è più difficile darsi l’essere di una sostanza (nel caso dell’uiomo “pensante”), che non perfezionarla mediante accidenti.
E’ un argomento a posteriori che parte dal fatto che io esisto e sfrutta il concetto aristotelico dell’impossibilità di recedere ad infinitum nell’ordine delle cause.
La terza prova che supporta la tesi Cartesiana dell’esistenza di dio, contenuta nella WUINTA MEDITAZIONE, si fonda sull’idea di Dio come essere perfettissimo. A priori, Cartesio afferma che tutto ciò che è nella mia testa come chiaro e distinto è vero 8criterio di verità). L’idea di Dio è da me così concepita, quindi è contraddittorio negarGli l’esistenza: l’esistenza è una perfezione, Dio ha tutte le perfezioni, dunque Dio esiste.
QUARTA MEDITAZIONE: Espone più chiaramente il criterio di verità dimostra l’esistenza di Dio, distruggendo così la tesi del dubbio iperbolico. Se Dio esiste, infatti, Egli non può essere malvagio perché ciò comporterebbe un’imperfezione ed è Lui, invece, Essere perfettissimo.
Dunque, conclude Cartesio, applicando la “facoltà di giudicare” che ho ricevuto da Lui, non mi potrò mai ingannare.
QUINTA E SESTA MEDITAZIONE: Analisi dell’esistenza delle cose materiali e dimostrazione della loro esistenza. Cartesio si chiede cosa posso conoscere delle cose in quanto oggetti di idee chiare e distinte.
Ciò che il mio animo concepisce in maniera distinta dall’essenza delle cose materiali, corrisponde all’estensione dei corpi: le loro qualità geometrico-meccaniche. E’ possibile che tali conoscenze siano derivate dai sensi, poiché vi è una grande differenza qualitativa tra ciò che si percepisce nel pensiero e ciò che si vede nei corpi.
Cartesio opera una distinzione tra pensiero e immaginazione. Pensare qualcosa significa concepirla chiaramente e distintamente; immaginarcela vuol dire invece raffigurarsela sensibilmente.
Anche se non fossi dotato di immaginazione rimarrei così come sono, cosa che non sarebbe possibile qualora fossi privato della facoltà di pensare. L’immaginazione, dunque, non dipende dallo spirito, ma dall’unione dello spirito con il corpo che percepisce.
E’ dunque probabile che ci siano dei corpi (almeno uno, il mio), altrimenti il fenomeno dell’immaginazione resterebbe inesplicato.
La pura cognizione delle proprietà geometriche delle cose materiali ci dà la probabilità dell’esistenza delle cose materiali. L’immaginazione dimostra che l’esistenza delle cose materiali è probabile.
Dio è garante dell’esistenza dei corpi materiali e mi ha dato una grande inclinazione a credere che le idee delle cose corporee siano prodotte in me da corpi realmente esistenti (e pertanto bisogna confessare che le cose corporee esistono).
Anche se sono unito a un corpo, questo è da me distinto perché l’idea di estensione è distinta da quella di sostanza pensante. Immaginazione e sensazione sono due miei modi di essere.
DOMANDE
“Cos’è l’innatismo?! Per Cartesio solo alcune nozioni fondamentali per l’intelligenza sono innate: p.e. la nozione di perfezione e l’esistenza di Dio.
Innato è ciò che appartiene fin dalla nascita alla natura di un essere, ciò che è nato con lui, ciò che non è dovuto all’esperienza o comunque al rapporto con il mondo esterno.
“La gnoseologia cartesiana è diversa da quella scolastica?” Si. Essa capovolge gli schemi della gnoseologia scolastica che vogliono l’adeguatio intellectus et rei e pone la ragione ad un livello superiore rispetto all’oggetto. Io conosco non adeguando l’intelletto alla cosa, ma la cosa al mio intelletto.
Sotto un certo punto di vista Cartesio potrebbe essere visto come un predecessore del razionalismo.
“Perché c’è distinzione tra res cogitans e res extensa?” Cartesio separa la capacità conoscitiva da quello che costituisce uno degli oggetti della conoscenza (il corpo). “Sono assolutamente certo e che posso porre come base per fondare un sistema delle scienze da ciò di cui l’unica cosa certa è che so e che ciò che percepisco è l’estensione”.
La distinzione è necessaria affinché si possa fare scienza.

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