Appunti di letteratura

Materie:Appunti
Categoria:Filosofia

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Testo

Contesto Storico Culturale
La letteratura italiana (in volgare) compare agli inizi del ‘200, ma ha già alle proprie spalle numerosi modelli e punti di riferimento, quindi è già una produzione sofisticata e adulta.
MODELLI:
- patrimonio culturale dell’antichità classica (testi dei grandi autori latini dalla seconda metà del I sec. a. C. al II d. C.. VIRGILIO, ORAZIO, LIVIO, CICERONE);
- patrimonio dei testi cristiani in latino d’epoca medievale (dal V al X sec. d. C.). E’ un latino meno controllato rispetto a quello classico e ricco di neologismi;
- letterature straniere, soprattutto in volgare francese (lingua d’oïl della Francia settentrionale → “Canzoni di gesta”. “Cortese cavalleresco” romanzo dell’XI – XII sec. _ Lingua d’oc della Francia meridionale → produzione lirica provenzale del XII sec.).
EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE POLITICHE
Durante il Medioevo (termine inizialmente usato con accezione negativa _ 476 - XV sec.), a partire dal V sec. si verifica un’accentuazione della crisi cominciata nel II sec. e si affermano i regni romano-germanici (a causa della totale disgregazione dell’Impero romano d’Occidente) nei quali vengono mantenuti elementi dell’antica struttura amministrativa romana (amministrazione e cultura affidate ai Romani, controllo politico e militare ai Germani). I popoli germanici però portano la loro mentalità, le loro leggi e costumi, quindi vi è una mescolanza tra elementi preesistenti e elementi apportati dai Germani. Una temporanea unificazione di questi regni si ha, ad opera di Carlo Magno, col Sacro Romano Impero (VIII sec.) in cui è ripreso l’universalismo dell’Impero Romano e dove inoltre è presente la componente religiosa (cattolicesimo). Con i suoi successori si determina una disgregazione del regno (inizialmente formato da Francia, Germania, parte dell’Italia e della Spagna). Il regno resta nelle mani dei Germani, mentre la Francia diventa indipendente. Dal IX all’XI sec. si afferma definitivamente il feudalesimo: è un periodo di grande frammentazione territoriale e politica a causa della mancanza di un potere centrale. I feudatari, soprattutto dopo la concessione dell’ereditarietà dei feudi (maggiori nel 977, minori nel 1037) acquistano sempre più potere e divengono come sovrani sulle loro terre. Il superamento del feudalesimo si ha con l’affermazione degli stati nazionali (a partire dal XIII sec.). L’autorità monarchica si consolida e attenua il potere dei feudatari. DA FRAMMENATZIONE CENTRIFUGA A CENTRALITÀ DEL POTERE.
Dall’anno 1000 si assiste a un superamento della crisi dell’Alto Medioevo. Grazie ad un miglioramento delle condizioni di vita (dovuto ad un innalzamento della temperatura e ad una cessazione delle invasioni) si determina un incremento demografico che porta all’estensione delle aree coltivate e al passaggio, da un’economia di sopravvivenza, silvo-pastorale, ad un’economia di scambio. Le città si ripopolano e vedono lo sviluppo di attività artigianali e commerciali (comparsa della figura del BORGHESE, che col tempo acquista sempre più potere in campo prima solo economico poi anche politico-sociale). Successivamente le città acquisteranno autonomia, diventando COMUNI. Sempre a partire dall’anno 1000 si accentuano le tensioni tra chiesa e impero (a causa dell’intromissione dell’autorità imperiale negli affari della chiesa) che esplodono nella lotta per le investiture quando Gregorio VII vieta ai chierici di ricevere e ai laici di dare il titolo di vescovo e afferma la superiorità del potere spirituale su quello temporale. Si conclude nella prima metà del XII sec. (1122) con la separazione dei poteri papali e imperiali e quindi la “vittoria” della chiesa.
STRUTTURA SOCIALE
Nell’ALTO MEDIOEVO è una struttura statica, ferma, gerarchizzata, che vede la presenza di tre ordini. In vetta c’è il clero (o oratores _ che controlla religione e cultura), al livello inferiore si trova l’aristocrazia militare (bellatores _ che gestiscono guerra e armi), al livello più basso ci sono i contadini che lavorano per fornire il sostentamento alle altre classi sociali (laboratores). Si tratta di classi pressoché impermeabili. I membri di ogni classe danno il loro contributo per il buon funzionamento della società. Questo ordinamento sociale è considerato sacrale. Uno dei primi teorizzatori di questa società tripartita è Sant’Agostino (V sec. _ col trattato “De trinitate”) che paragona la società alla trinità divina, ma il più famoso è il vescovo Adalberone di Laon (XI sec.). La società diseguale tra gli individui è considerata legittima con i suoi rapporti di subordinazione, nessuno la considera ingiusta.
(QUESTO TIPO DI MENTALITÀ NOI LA CONSIDERIAMO INGIUSTA MA PER COMPRENDERE UN’EPOCA BISOGNEREBBE ASSUMERNE LE PROSPETTIVE CULTURALI).

ISTITUZIONI CULTURALI, INTELLETTUALI, PUBBLICHE
La Chiesa, durante l’Alto Medioevo è l’unico punto di riferimento culturale, l’unica detentrice della cultura, visto che dopo la frammentazione del Regno Romano d’Occidente, l’istruzione statale scompare. Sono presenti scuole annesse alla sede vescovile, nelle chiese di campagna (poche) e all’interno dei monasteri (*)(che svolgono un ruolo primario nella conservazione del patrimonio culturale).
(*)Il monachesimo orientale è caratterizzato dall’isolamento mentre quello occidentale dà il suo contributo alla vita circostante (soprattutto i benedettini che si occupano sia di cultura, ricopiando testi, che di artigianato)
L’insegnamento all’interno delle scuole è impostato sulle 7 arti liberali.

DIALETTICA (arte di argomentare)
TRIVIO RETORICA (arte di parlare e scrivere elegantemente) GRAMMATICA
ARTI LIBERALI
ALGEBRA
QUADRIVIO GEOMETRIA
MUSICA
ASTRONOMIA
Gli intellettuali sono quasi esclusivamente chierici, sono gli unici a conoscere la littera (lingua latina). La trasmissione della cultura (quella cristiana che consiste nei valori cristiani e nei contenuti di fede) in linea verticale (tra classi diverse) avviene oralmente, attraverso la comunicazione orale o le immagini (affreschi, mosaici e sculture delle chiese). Invece la trasmissione della cultura orizzontalmente (tra colti) è ristretta e limitata, coinvolge sempre e solo chierici e avviene anche mediante testi rigorosamente in latino.
Inizialmente gli intellettuali (medievali) cristiani rifiutano la produzione pagana del passato. Per esempio Tertulliano (II-III sec. d.C.), intellettuale cristiano, apologista (ovvero che difende il cristianesimo dalle accuse pagane) sostiene che i testi pagani del passato debbano essere rifiutati, non presi in considerazione, perché veicolo di istigazione al peccato e perché conterrebbero valori contrari a quelli del cristianesimo. Col passare del tempo tale rifiuto scomparve, in particolare con Sant’Agostino (laico convertito al cattolicesimo) che invita ad operare una selezione, una ricerca di quei testi antichi che possano essere interpretati in modo allegorico, ovvero che contengano concetti che possono essere assorbiti e inglobati dal cristianesimo (immortalità dell’anima, senso della giustizia). Si tratta della teoria del “sacro furto”, che implica una lettura strumentale dei testi, che si traduce in una lettura allegorica (allegoria = dire altro), ovvero si cercano altri significati, concetti astratti, che in realtà in quei testi non c’erano, al di là di quelli letterali, che riguardino le verità della dottrina cristiana. A quel tempo Un esempio può essere Fulgenzio (intellettuale cristiano del XI sec.) che, nell’opera “sui contenuti dell’opera virgiliana” riprende l’”Eneide” di Virgilio (che affronta le vicissitudini di Enea) e ne dà un’interpretazione: i viaggi e le difficoltà che Enea deve affrontare per giungere alle coste del Lazio rappresentano i vari ostacoli che l’anima deve affrontare per conseguire la salvezza eterna.
Tutta la realtà terrena viene vista in quel periodo in modo simbolico, ogni elemento, ogni cosa, rimanda a un ulteriore significato morale o religioso. L’universo (secondo la concezione medievale) è un cosmo in cui ogni elemento ha una collocazione e una funzione specifica, e si carica di ulteriori sensi, significati ulteriori. Ogni animale allude a un cero significato: il leone ha il significato della fierezza e della violenza, l’unicorno della purezza. Esistono vere e proprie opere in cui si specifica di ogni cosa il suo valore religioso e morale.
In epoca medievale la storia è interpretata in modo figurale. La figura una sorta di allegoria in cui il primo elemento è un fatto reale e anche il secondo, che dal primo viene richiamato, è un fatto reale. Il primo è una prefigurazione, un’anticipazione, il secondo lo recupera, ne esplicita completamente i significato e lo porta a compimento.
FIGURA = 1° ELEMENTO = SIGNIFICANTE
COMPIMENTO = 2° ELEMENTO = SIGNIFICATO (sempre di carattere religioso)
Esempi:
- Mosè che libera gli ebrei dall’Egitto anticipa un altro fatto: la liberazione dal peccato originale degli uomini da parte di Cristo che si sacrifica sulla croce.
- In Dante il Virgilio in terra è il significante e il suo completamento avviene nella dimensione ultraterrena (in cui sono recuperate le qualità più eminenti e il completamento si ha anche con la dimensione ultraterrena in quanto eterna).
Nell’allegoria il primo dei due elementi può essere reale o no, ma il secondo è sicuramente astratto, mentre nella figura entrambi gli elementi sono considerati reali.
Sia figura che allegoria sono diffuse nel Medioevo per la mentalità medievale che cerca sempre qualcosa al di là di ciò che è visibile.
In epoca altomedievale il criterio dell’originalità creativa, non esiste il concetto di autore: spesso si fa confusione tra chi copia, chi trascrive un testo, chi lo correda di glosse (note a margine di commento o interpretazione) e chi elabora il testo, perché non si valorizza chi lo produce, infatti fare cultura significa riprodurre ciò che è già stato prodotto senza scarti originali, recuperare la tradizione. E per riprendere la tradizione ci si rifà agli AUCTORES (da augeo = crescere) ovvero a dei modelli a cui ci si appoggia e ci si ispira e che danno veridicità ai propri scritti. I più importanti sono le sacre scritture e le alte personalità (cristiane_i padri della chiesa o pagane_autori classici) che hanno accresciuto il patrimonio culturale.
Per questo motivo molti dei testi medievali sono anonimi (non importava il produttore ma il prodotto).
COMPONENTE DOGMATICA→ La verità è già stata data e si ritrova negli auctores e quindi conoscere significa conoscere e adeguarsi a quella verità e non è mettere in discussione ciò che è dato, non esiste dubbio, critica, voglia di modificare la cultura precedente. Ci sono limiti alla conoscenza umana oltre a cui non si può andare.
Esempio: Ulisse desideroso di andare oltre la conoscenza già acquisita dall’uomo è considerato folle, superbo.
SAPERE ENCICLOPEDICO→ La persona dotta deve essere esperta di ogni settore del sapere (no approfondimento su uno specifico settore).
LA VITA TERRENA E’ CONSIDERATA UNA DIMENSIONE PASSEGGERA E IMPERFETTA→ Dio sommo e perfetto si colloca in una dimensione metafisica a cui l’uomo deve arrivare, deve tendere. Ciò porta ad una svalutazione di ciò che è mondano, terreno, materiale, anche il corpo è considerato materiale. Infatti spesso si ricorre a pratiche di mortificazione del corpo (digiuni, …) e si ricorre alla meditazione per distaccarsi dalla dimensione terrena. In questo senso è molto diffuso l’ASCETISMO ovvero l’esercizio di rinuncia al corpo, ai beni materiali, per sviluppare la spiritualità e avvicinarsi a Dio. Sempre coneguente alla ricerca di distaccamento dai beni terreni, viene praticato il misticismo: superare i beni materiali, dimenticare l’io per inabissarsi nella contemplazione di Dio (l’ascetismo risulta utile alle pratiche del misticismo).
Ciò porta ad un tipo di religiosità che vede il mondo e la vita terrena negativamente. Ma esiste anche un tipo di religiosità che li vede in modo positivo (benedettini, francescani).
Durante il Medioevo, compare un altro tipo di intellettuale (XI sec.): il CLERICUS VAGANS (chierico vagante). Sono o studenti falliti o monaci che hanno rinunciato al monastero (che hanno abbandonato la chiesa ufficiale). Sono persone colte la cui produzione era in latino, si spostano di luogo in luogo, perché hanno bisogno di finanziamenti per la loro produzione (i maggiori finanziatori sono i signori ecclesiastici). E’ una produzione dissacratoria dei valori imperanti all’epoca. Irridono i valori religiosi e valorizzano la dimensione della materialità, della fisicità spesso diventando scurrili e volgari. Nelle loro opere si trova l’esaltazione dell’amore fisico, della vita gaudente, del vino, del gioco e sono volutamente critici della produzione letteraria ufficiale.
Accanto ad una produzione colta ne esiste anche una ad essa parallela dissacratoria e parodistica.
DAL LATINO AL VOLGARE
La lingua utilizzata ufficialmente nella produzione letteraria è il latino. Il volgare in ambito letterario compare all’inizio del XIII sec. in Italia e nell’XI in Francia.
Nei secoli dell’antichità latina classica esistevano due varietà di latino:
- quello colto, utilizzato alivello letterario e ufficiale;
- quello parlato quotidianamente dalle persone non colte (SERMO VULGARIS = lingua del popolo).
Nel processo espansionistico della Roma imperiale si diffonde il secondo tipo di latino. Qesto sermo vulgaris, a contatto coi popoli conquistati (mescolanza tra sermo vulgaris e le lingue di sostrato), si trasforma, ma, nonostante le diversità che si creano, rimane una base comune, grazie ad una diffusione capillare del latino dovuta a intensi traffici commerciali, all’opera degli eserciti, della scuola e ad un’amministrazione piuttosto ramificata.
Quando si assiste alla frammenatzione dell’Impero Romano (V sec.) si determina anche una frammentazione linguistica perché vengono meno gli elementi che avevano impedito tale frammentazione. Da quel momento si determina una trasformazione linguistica (a livello di lingua parlata) attraverso cui si approda a delle lingue che non sembrano avere più niente a che fare col latino anche se da esso derivano. Si tratte delle lingue parlate nelle aree un tempo soggette alla dominazione romana (francese, provenzale, diversi volgari italiani, rumeno, ladino, srdo, portoghese, spagnolo e catalano). A livello di lingua e comunicazione scritta vige ancora il latino.
Il primo documento che attesta l’incapacità di comprensioen del latino da parte delle diverse popolazioni, è un documento redatto durante il Concilio di Tours (voluto da Carlo Magno_IX sec.) in cui si esortano i vescovi a pronunciare l’omelia in lingua romana rustica (volgare).
Il primo documento in cui compare una parte in volgare è il trattato del giuramento fatto a Strasburgo da Ludovico il Germanico (che controlla la Baviera) e Carlo il Calvo (IX sec.). Si giurano fedeltà e alleanza di fronte ai loro eserciti e pronunciarono il giuramento nella loro lingua poi in quella dell’altro (e fu così trascritto dallo storico Nitardo).
In Italia, uno tra i primi documenti in volgare è un indovinello in veronese (VIII-IX sec.):
SE PAREBA BOVES
ALBA PRATALIA ARABA
ET ALBO VERSORIO TENEBA (arava bianchi prati)
ET NEGRO SEMEN SEMINABA
che allude all’arte dello scrivere.
Un altro documento è il Placito (sentenza di tribunale) di Capua (960 d.C.) emesso dal giudice Arechisi. La causa è intentata da un privato contro una persona del monastero di Monte Cassino, per appropriarsi di parte delle sue terre e viene persa dal privato. La sentenza è redatta in latino, ma una delle testimonianze è riportata in lingua volgare.
A livello letterario i primi testi in volgare compaiono in Francia nell’XI sec.

La Produzione Lirica Provenzale
IL CONTESTO STORICO-CULTURALE
Durante l'Alto Medioevo, tutto il patrimonio culturale era in mano alla chiesa e la produzione di testi scritti era in latino (destinato a poche persone). Ma ben presto si svilupparono le lingue volgari, derivate dal latino e parlate dai laici.
Quando esiste un gruppo sociale cosciente della propria rilevanza, desideroso di comunicare la propria concezione del mondo, dei propri ideali, dei propri valori, ed esiste anche un potenziale pubblico di destinatari, desideroso di cultura si sviluppa un nuovo genere letterario: ciò avvenne in Francia alla fine dell'XI sec., dove la società feudale si è affermata nettamente e lo stato di continua conflittualità che ne consegue necessita di esperti nell'uso di armi ed i signori feudali si avvalgono di nuovi individui esperti nell'uso delle armi che offrano il loro servizio in cambio di terre, denaro o privilegi. Si tratta di esperti d'armi a cavallo (MINISTERIALES_appartenenti alla nobiltà minore o di umili origini che vanno a far parte del seguito del signore), poiché è la cavalleria che costituisce il nerbo dell’esercito, ed essi faranno della cavalleria una vera e propria classe sociale, che nel XII sec. si chiuderà in se stessa per formare una sorta di casta.
GLI IDEALI CAVALLERESCHI E LE CANZONI DI GESTA
La cavalleria voleva dare di sé un’immagine idealizzata ed eroica. I valori su cui si basava (a livello teorico) questa autorappresentazione, autocelebrazione sono:
- prodezza (coraggio, disprezzo del pericolo, capacità militare);
- sete di gloria (per il proprio signore e per sé stessi);
- onore (rispetto delle norme cavalleresche e delle regole dei combattimenti);
- fedeltà e lealtà (rispetto ai vincoli che legano il singolo al signore)
Su questi valori successivamente intervenne la chiesa, orientandoli in senso religioso e cristiano: sosteneva che fosse compito del cavaliere difendere gli inermi e combattere in difesa della fede e per la sua affermazione contro i nemici interni (eretici) ed esterni (mussulmani). E' proprio in questo periodo e per questi motivi, nel XI-XII sec., che vengono bandite le prime crociate.
Questi ideali, valori, comparvero in un particolare tipo di produzione letteraria: canzoni di gesta, nate nella Francia del nord, in lingua d’OIL e celebravano le imprese militari del passato reinterpretate, rivisitate in chiave cristiana (attribuendovi valori che non esistevano a quel tempo).
LA CORTESIA
Nel corso del XII sec. (dalla fine dell’XI) gli ideali cavallereschi subirono un processo di raffinamento e di ingentilimento che portò all'affermazione degli ideali cortesi, elaborati nelle corti feudali nel nord ma soprattutto nel sud della Francia dove i grandi signori potevano contendere per prestigio, potere e estensione dei possedimenti, con il sovrano stesso. La corte era un piccolo mondo (microcosmo) nel quale si elaboravano rituali, codici di comportamento che facevano leva su valori laici (non più religiosi):
- liberalità o larghezza (disinteresse verso i beni materiali, capacità di donare agli altri, in quanto erano persone che non basavano il proprio lavoro sulla produzione di beni: la loro era una posizione di consumatori, non di produttori)
- magnanimità (grandezza d'animo nel compiere azioni significative, importanti)
- senso della misura (rifuggire dagli eccessi, essere sempre equilibrati)
- il culto dell’eleganza (delle belle cose, della raffinatezza, del conversare raffinato, delle belle forme e della bellezza)
Tutti questi elementi costituivano la cortesia, sistema di valori da usare a corte, che si contrapponevano alla villania, propria dei villani, dei contadini (rozzi, volgari, meschini, piccoli d'animo).
Altri elementi degli ideali cortesi erano:
- il senso di nobiltà, non legato all'appartenenza dinastica, all’appartenenza ad una determinata famiglia, bensì alle virtù interiori dell'uomo
- la profonda valorizzazione della donna, che divenne il fulcro della vita a corte, personificazione degli ideali su cui si basava la cortesia e ispiratrice di quegli ideali.
L'AMOR CORTESE
Dal culto della donna, essere impareggiabile ed irraggiungibile, presentata con attributi divini e dotata di ogni virtù, nacque una nuova concezione dell’amore: l'amore cortese (che troviamo nelle produzione provenzale), caratterizzato dal fatto che gli amanti si ponevano in una dimensione di subordinazione, sottomissione, obbedienza e servizio rispetto alla donna amata. L'amore dell’amante, con forti elementi di fisicità e sensualità, si traduceva in una tensione perennemente inappagata (quindi non si arrivava mai all’atto carnale), perché se l’amore fosse stato consumato, trasformato in termini concreti, avrebbe fatto cessare il processo di nobilitazione interna e raffinamento morale tipico di esso. Si parla, infatti, di amore fino, rigorosamente adultero, fuori del vincolo del matrimonio, poiché l’amore coniugale non poteva comportare un amore di questo tipo, in quanto i matrimoni erano fatti a fini utilitaristici. Questo tipo di amore poteva portare a tormento e sofferenza, ma che di solito era gioia, ebbrezza, energia e pienezza vitale. Il nome della donna amata era tenuto celato e si utilizza un nome fittizio per tutelarla, proteggerla dalle maldicenze.
L’amore fino era però una passione dominante e totalizzante in contrasto con i valori cristiani, inconciliabile con la fede (poiché spesso la donna era vista come una divinità e il suo culto “sostituiva” quello di Dio), il che spesso provocava un senso di colpa, in quanto la chiesa condannava l'amore fino.
Tutti questi elementi, caratterizzanti l’amore fino, si possono trovare nella lirica Trobadorica, provenzale.
LA LIRICA PROVENZALE O TROBADORICA
Nella lirica provenzale che fiorisce nel XII sec. Nella Francia meridionale uno dei temi dominanti è l’amore fino.
Fiorisce ad opera di poeti chiamati trovatori che compongono i testi e la musica da cui i testi vengono accompagnati. (trobar →comporre poesia sia in versi che musica).
Recuperano la tradizione latina e greca della poesia.
E’ una produzione destinata alla produzione orale nelle corti che veniva attuata o dal trovatore o da un giullare che era un mimo - buffone, ma non privo di cultura.
Nel XIII sec. I componimenti incominciarono ad essere redatti in forma scritta e raccolti in canzonieri che contemplavano la presenza di vidos e razos, cioè informazioni biografiche sui poeti trasfigurate leggendariamente e i commenti delle poesie.
Molti dei componimenti non sono anonimi e questo dimostra che comincia ad essere valorizzata la componente creativa individuale.
I poeti sono di classi sociali diverse (potenti, feudatari, nobili, umili).
La poesia diventa strumento di affermazione nella corte anche per gli individui più umili.
I temi sono vari: l’amore (predominante) che vede affermarsi alcune convenzioni topiche (luoghi comuni), politico, militare, satirico – politico.
Le due modalità che si affermano sono:
1-Trobar leu→ il poetare leggero, esplicito, scorrevole in cui si usa un linguaggio semplice e in cui l’uso delle figure retoriche è scarso.
2-Trobar clus→ è il poetare chiuso, difficile da comprendere, ambiguo, enigmatico e caratterizzato dall’uso di termini preziosi e da sovrabbondanza di figure retoriche.
La Poesia o Lirica Siciliana
All’inizio del XIII sec, la crociata indetta da papa Innocenzo III contro gli Albigesi (o Catari di Albi) in Provenza e le violenze che questa comportò, determinarono la decadenza delle corti feudali della Francia merdionale (dove si era sviluppata la lirica provenzale). A causa di ciò, i poeti trovatori abbandonarono la Francia meridionale e trovarono accoglienza in diverse parti d’Europa, soprattutto in Germania, nella penisola iberica e nell’Italia nord orientale. Proprio nell’Italia nord orientale, dietro il loro modello, si sviluppò un tipo di produzione lirica che recuperava i temi convenzionali, i procedimenti stilistici e la lingua d’OC della produzione lirica provenzale (Sardello da Goito).
Alla corte di Federico II (Sicilia) dal 1230 al 1250, circa, si sviluppò, la prima produzione letteraria in volgare in Italia ad opera di poeti di varia provenienza che erano i funzionari di corte di Federico II: burocrati, amministratori, quindi erano professionisti, ma dilettanti colti, esperti di diritto e di retorica che si dedicano alla poesia come evasione, elegante esercizio intellettualistico.
Federico II promosse all’interno della propria corte qualsiasi stimolo culturale valorizzando anche la tradizione culturale araba soprattutto in ambito medico, filosofico e matematico. Inoltre tentò di determinare un forte accentramento del potere politico attraverso un capillare apparato burocratico e cercò di affermare la propria egemonia in Italia (anche se non vi riuscì) entrando in conflitto con la chiesa e di rivendicare la legittimità del potere laico autonomo da quello pontificio. Anche la scelta di promuovere un tipo di produzione laica (quella provenzale) si può ricondurre ad un desiderio di autonomia dalla chiesa.
Nella sua corte fiorì un tipo di produzione poetica che aveva come modello la lirica provenzale ed è probabile (non è sicuro, è un’ipotesi) che il contatto tra Federico II e la lirica trobadorica sia avvenuto nell’Italia nord–orientale (in Veneto) alla corte di Ezzelino da Romano che divenne signore di Verona grazie all’aiuto di Federico II.
Il contesto socio-politico in cui si sviluppò la lirica siciliana era diverso rispetto a quello della lirica provenzale, poiché il potere in Sicilia era accentrato, mentre in Francia il potere era fortemente decentrato. Inoltre in Francia i poeti erano vassalli dei signori, mentre in Italia erano funzionari del re. Nonostante queste differenze, i temi erano gli stessi, o meglio, venne considerata solo la tematica amorosa, affrontata secondo le stesse modalità della lirica provenzale (culto della donna, idealizzazione della bellezza della donna, la nobilitazione interiore dell’amore fino). Ma i temi non erano più affrontati in modo realistico, ma astratto, stilizzato (poiché non corrispondevano più a situazioni concrete, in quanto i funzionari non avevano tempo per l’amor fino). Inoltre, le poesie erano destinate alla lettura, quindi sono prive di accompagnamento musicale.
La lingua era un volgare di tipo illustre, aulico, raffinato che comportava l’eliminazione di tutte le espressioni correnti, basse e colloquiali. Era un volgare regolare nella sintassi, ricco di latinismi e provenzalismi. Era una produzione destinata a un pubblico ristretto, d’élite, quello gravitante intorno alla corte di Federico II.
Questa lirica aveva esclusivamente fini d’arte, nessun fine didascalico-religioso, politico o pedagogico.
Uno dei maggiori poeti siciliani fu Giacomo da Lentini (o Jacopo), notaio alla corte di Federico II a cui si attribuisce l’invenzione del sonetto, forma metrica costituita da 14 endecasillabi articolati in 2 quartine denominate nell’insieme ottava e in 2 terzine denominate nell’insieme sestina.
Nella produzione siciliana lo schema metrico delle 2 quartine era a rime alternate (ABAB ABAB), delle 2 terzine a rime replicate (CDE CDE) o rime alterne – alternate (CDC CDC) o rime incatenate (CDC DCD).

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