"Ione" di Platone

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Testo

Platone, Ione
Cos'è l'arte
Lo Ione è stato a lungo considerato dalla critica come un dialogo "minore" all'interno della produzione letterario-filosofica di Platone. La poesia, soprattutto tramite l'arte rapsodica, costituiva l'educazione tradizionale dei Greci. Platone, negando la scientificità dell'arte rapsodica, basata sulla oralità, non contraddice il primato dell'oralità sulla scrittura tematizzato nel Fedro. L'obiettivo della critica platonica concerne invece il tipo di oralità del rapsodo, che sì pur definire oralità "mimetica" e che corrompe gli animi facendoli partecipi delle passioni espresse poeticamente, mentre lascia intatto e, anzi, riafferma per contrasto il valore educativo dell'oralità' dialettica, basata sulla ricerca filosofica del vero.

Ione viene descritto all'inizio con l'articolo premesso al suo nome ("tòn Iona"), che indica personaggio noto (come anche in Italiano, ad esempio, si dice il Manzoni, il Petrarca...) Tuttavia, paradossalmente, il personaggio non é noto da altre fonti. Rappresenta in modo emblematico il rapsodo e la sua professione (come Timeo rappresenta il). Il rapsodo per parecchio tempo presso i Greci ebbe il ruolo di recitare le poesie, e in particolare i poemi omerici. Recitavano a memoria su una specie di palco, anche con abilità di attori, con attraenti vesti e ben adornati. Dapprima accompagnarono la recitazione dei poemi con il suono della lira; successivamente tennero in mano una verga a mò di scettro. Nelle grandi feste partecipavano a gare organizzate nelle maggiori città greche. Ebbero all'inizio molta importanza nella società greca in quanto costituirono uno strumento di comunicazione efficace nell'ambito della cultura consegnata prevalentemente all'oralità. La loro massima diffusione avvenne nei secoli quinto e quarto; ma non tardarono le critiche, col nascere e diffondersi di una cultura critica. Erano giudicati in possesso di non adeguate e poco attendibili conoscenze. Lo Ione é appunto un documento esemplare di queste critiche, che sono poi particolarmente severe in Senofonte (Memorabili, 4, 2, 10). Tuttavia non é il rapsodo come tale il centro focale del dialogo: Platone, partendo dal rapsodo, mira a chiarire quale sia la natura del fatto artistico e del poeta. Fondamento della poesia non é la scienza, ma l'ispirazione. Il luogo e il tempo dello Ione sono lasciati indeterminati. Invece, c'è un elemento che potrebbe aiutarci a datarne la composizione in modo abbastanza preciso. Ione dice che Efeso, la sua città natale, era governata dagli Ateniesi. Ora, nel 412 a.C. Efeso era contro Atene; nel 394 a.C. fu invece ancora sotto il dominio di Atene. Ma nel 390 a.C. tornò ad essere alleata di Sparta contro Atene. Dunque, la composizione del dialogo va collocata tra il 394 e il 391 a.C. Perciò Platone dovette avere circa 35 anni quando compose lo Ione e quindi dovette già essere in pieno possesso di una ben matura concezione della poesia (e degli interpreti dei poeti) quale frutto di ispirazione e non di scienza, come invece é la filosofia. Sull'autenticità del dialogo non ci sono più dubbi e i pregiudizi ottocenteschi sono stati definitivamente dissipati. Ione dice di saper parlare di Omero meglio di chiunque altro; Socrate gli chiede se é esperto anche su Esiodo, ma lui dice di no. Socrate cerca di spiegargli che l'attività del rapsodo non é un'arte e chiede a Ione se non é vero che anche gli altri poeti han cantato le stesse cose di Omero (le guerre, i rapporti tra gli uomini, etc.) e lui dice che é vero, ma che Omero l'ha fatto in modo superiore. Ma, dice Socrate, se dice che Omero é superiore agli altri vuol dire che deve per forza conoscere anche gli altri, altrimenti come potrebbe fare un paragone? Ione riconosce che Socrate ha ragione. Socrate gli spiega poi che i poeti sono tali per divina ispirazione e non per scienza personale: é la Musa che rende " invasati " i poeti , che parla per bocca loro: la poesia é una forma di pazzia positiva. E la divina ispirazione, continua Socrate, dopo aver preso i poeti, colpisce anche i rapsodi e poi gli ascoltatori: Ione ammette che ha ragione, e anche lui dal palco vede spesso gli spettatori guardare attoniti e allibiti, quasi come se fossero fuori di sé. La divina ispirazione innesca una catena alla quale é difficile sottrarsi, ma che in ogni modo non é poi negativa: é una sorta di pazzia positiva in fin dei conti. Ma Ione continua ad essere del parere di avere scienza e per difendersi recita a memoria qualche verso di Omero, ma Socrate gli spiega che questo non dimostra che la sua sia una scienza. Poi, riprendendo i versi appena citati da Ione (che erano dedicati all'arte del cavalcare), gli chiede se a riguardo ne sa più lui che li ha recitati in modo impeccabile o un auriga? Senz'altro un auriga. E senz'altro lo stesso confronto varrebbe tra un auriga e Omero stesso, che quei versi li ha scritti: ne saprebbe sempre più l'auriga. Dunque la poesia tratta di molte cose di cui né i poeti né i rapsodi sono conoscitori specifici. Dunque, in buona fine, in che cosa consisterà l'arte del rapsodo, chiede Socrate? Riguarda ciò che é conveniente dire, risponde Ione, quali ad un servo, quali ad un uomo libero, quali ad uno che comanda, quali ad uno che é comandato. Ma ciò che va detto a un comandato lo sa meglio il rapsodo o il condottiero? E ciò che va detto ad un servo lo sa meglio il rapsodo o il padrone? Dunque un buon rapsodo sarebbe anche un buon condottiero? Ione non può far altro che ammettere la propria disfatta e dar ragione a Socrate, che conclude il dialogo dicendo: "Sii lodatore di Omero come un uomo divino e non come uno che ha l'arte".

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