Appunti di politica economica

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Categoria:Economia
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Testo

La scelta tra i differenti strumenti di politica economica.
Un altro problema da affrontare riguarda la scelta degli strumenti di politica economica, vale a dire in condizioni di incertezza, quando l’incertezza riguarda la natura dello shock imprevedibile che può colpire un’economia, uno strumento può essere ottimale anziché un altro nel perseguire un certo obiettivo.
Questo punto lo si può esemplificare con un grafico IS-LM di questo tipo:

In un’economia aperta il regime di cambi, in qualche modo condiziona la disponibilità degli strumenti di politica economica, nel senso che in un’economia aperta che opera in un regime di cambi fissi l’autorità monetaria perde il controllo dello stock di moneta in circolazione quindi in questo sistema la moneta è endogena e lo strumento che ha un obiettivo per la politica economica è il tasso di interesse.
Viceversa, in un’economia aperta con regime di cambi flessibili, c’è una maggiore possibilità per la Banca Centrale di usare lo strumento della politica economica semmai per determinare le diverse parità del tasso di interesse interno con quello internazionale e poi la curva IS che endogenamente si muove per recuperare l’equilibrio complessivo.
Perché questo è utile ricordarlo quando si parla di incertezza soprattutto quando questa incertezza riguarda la natura dello shock che colpisce l’economia?
Supponiamo che un’economia descritta dall’equilibrio del grafico di sopra sia colpita da uno shock che riguarda la parte reale dell’economia, ad esempio un’innovazione tecnologica o un
peggioramento della competitività delle merci sui mercati internazionali,
o meglio uno shock che non sappiamo se ha segno positivo o negativo e che riguarda la tecnologia del paese.
Questo vuol dire che in presenza di questo possibile shock del quale non riusciamo a prevedere il segno, cioè che effetti ha questo shock sull’equilibrio reale del sistema, noi non riusciamo a disegnare una curva IS precisa ma dovremmo dire che è ragionevole ritenere che la curva IS giaccia nell’intervallo Qa- Qb, cioè se lo shock è positivo la IS può essere al massimo posizionata nel punto Qa e se lo shock è negativo la IS può essere al più posizionata nel punto Qb.
Se l’autorità di politica economica usa come strumento lo stock di moneta in circolazione e quindi controlla lo stock di moneta in circolazione, vuol dire che il punto di equilibrio oscilla tra il punto A e il punto B, cioè il punto di equilibrio finale in cui si può trovare l’economia è dato dall’intervallo Qa- Qb che corrisponde al punto di equilibrio tra la curva LM che rimane ferma perché l’autorità di politica economica controlla lo stock di moneta e anzi lo usa come strumento, e le due curve IS che costituiscono gli estremi di questo intervallo all’interno del quale può capitare la vera curva IS.
Che cosa accade invece se la Banca Centrale decide di rinunciare a controllare lo stock di moneta in circolazione e quindi lasciare che lo stock di moneta in circolazione sia endogeno e decide di controllare il tasso di interesse?
Quello che dobbiamo vedere in questo caso è il punto di intersezione tra le curve IS e il tasso di interesse che rappresenta l’obiettivo e strumento della Banca Centrale.
In questo caso i punti di intersezione sono C e D e quindi l’intervallo di variazione del reddito in questi casi è dato dagli estremi Qc e Qd.
Come si vede: se l’obiettivo dell’autorità di politica economica è quello di minimizzare gli scostamenti dal livello di equilibrio iniziale della produzione che supponiamo corrisponda al livello di produzione Q di piena occupazione sul mercato del lavoro compatibile con un tasso di inflazione nullo, allora se lo shock riguarda la parte reale dell’economia, è ottimale per l’autorità di politica economica scegliere di controllare lo stock di moneta in circolazione anziché il tasso di interesse, perché se scegliesse di controllare il tasso di interesse le fluttuazione attorno al livello ottimale della produzione sarebbero più ampie e quindi la variabilità sarebbe maggiore.
Cosa succede invece se lo shock che colpisce l’economia riguarda la parte monetaria? In questo caso dobbiamo riferirci a quest’altro grafico:

In questo caso noi non sappiamo di preciso dove si posiziona nel piano la curva LM ma possiamo ragionevolmente individuare gli estremi di questo campo di variazioni.
Quindi la vera curva LM si posiziona all’interno dell’intervallo Qa – Qb.
Se la Banca Centrale decide di controllare lo stock di moneta in circolazione, cioè di fissare esogenamente lo stock di moneta nominale in circolazione, l’equilibrio avverrà in un intervallo compreso tra il punto A e il punto B e quindi il reddito di equilibrio sarà compreso tra Qa – Qb.
Se invece la Banca centrale decide di controllare il tasso di interesse e lascia che lo stock di moneta nominale in circolazione si adegui endogenamente alle mutate condizioni dell’economia, allora vuol dire che il punto di equilibrio in presenza di uno shock che colpisce il lato monetario dell’economia, non si sposterà più e quindi il reddito di equilibrio non si sposta dall’intervallo di prima.
Questo perché: supponiamo che ci sia uno shock sul mercato monetario che comporta ad esempio un aumento della domanda di moneta e questo equivale ad uno spostamento verso l’alto della curva LM. Se la Banca Centrale controlla il tasso di interesse e accetta che lo stock di moneta nominale in circolazione sia endogenamente determinato, allora questo shock sul mercato monetario è assorbito da un aumento dello stock di moneta nominale in circolazione che fa spostare di nuovo la curva LM nella posizione iniziale.
Se invece, in presenza di uno shock sul mercato monetario, la Banca Centrale decide di controllare lo stock di moneta nominale in circolazione, allora se per qualche motivo la LM si è spostata verso l’alto, non c’è nulla che consenta alla LM di ritornare verso il basso perché lo stock di moneta nominale deve essere uguale nei due casi.
Quindi se lo shock è di natura monetaria conviene controllare il tasso di interesse e lasciare che lo stock di moneta nominale sia endogeno, conviene dal punto di vista di minimizzare la variabilità attorno all’obiettivo in termini di produzione reale, se lo shock invece riguarda la parte reale del sistema, allora conviene all’autorità di politica economica scegliere di controllare lo stock di moneta nominale e in questo caso si minimizzare le fluttuazioni rispetto all’obiettivo.
Critica di Lucas
Un’ulteriore osservazione che riguarda l’uso degli strumenti di politica economica va sotto il nome di critica di Lucas.
Lucas sostiene che se lo Stato agisce in modo discrezionale, vale a dire usa in senso attivo gli strumenti di politica economica, decide oggi di aumentare lo stock di moneta del 10%, domani di diminuire la spesa pubblica del 3% e così via, e se è ragionevole pensare che gli individui siano razionali nel senso di avere lo stesso set informativo di cui dispone il governo quando decide la variazione di politica economica e usano nel modo ottimale questa informazione, cioè la usano senza commettere errori sistematici, allora non è lecito pensare che l’intervento dell’autorità di politica economica non influenzi il comportamento del settore privato.

Fin’ora abbiamo detto che con una politica fiscale espansiva finanziata con titoli dal punto di equilibrio A si arriva in B perché se la spesa pubblica viene finanziata con titoli e quindi lo stock di moneta rimane costante, l’aumento di domanda di moneta indotta dall’aumento del reddito per effetto del moltiplicatore, richiede finanziamenti con titoli, aumento del tasso di interesse diminuzione della domanda di moneta e degli investimenti e si raggiunge il punto B.
Però se gli individui sono razionali dovrebbero in qualche modo pensare che se l’espansione fiscale viene finanziata con titoli, questi titoli per esempio danno vita ad un’imposizione fiscale nel periodo successivo;
il fatto che oggi sia aumentata la ricchezza perché lo Stato spende di più, deve essere bilanciato dal fatto che domani saranno gravati da una maggiore imposizione fiscale.
Questo significa che gli individui razionali riducono già ora il loro consumo e non aspettano il periodo in cui lo Stato imporrà una maggiore imposta per restituire il debito contratto e la curva IS non si sposta di questo ammontare.
Se gli individui sono razionali e hanno le stesse informazioni che ha il governo quando usa in senso discrezionale uno strumento di politica economica che può essere la politica fiscale, allora non è più lecito fermarsi nel punto B e quindi ipotizzare esplicitamente che questa decisione dell’autorità di politica economica non modifichi il comportamento del settore privato.
Se per esempio gli individui sono razionali e capiscono che lo Stato dovrà gravare di imposte per un ammontare esattamente pari all’ammontare di spesa pubblica che ora viene finanziata con titoli, addirittura la IS potrebbe ritornare nel punto di partenza e quindi la politica fiscale può essere del tutto inefficace.
Quindi questo significa che se siamo disposti ad accettare che governo e settore privato hanno entrambi le stesse informazioni e nessuno imbroglia l’altro e se siamo disposti ad accettare anche che gli individui siano razionali, allora è possibile che un uso discrezionale della politica economica non abbia alcun effetto.
Quei modelli che invece attribuiscono efficacia all’intervento discrezionale dell’autorità di politica economica è perché trascurano questo punto importante cioè che l’intervento di politica economica modifica le aspettative del settore privato e modifica quindi la scelta ottimale del settore privato; in questo consiste la critica di Lucas all’uso dei modelli di politica economica.
Un altro aspetto sotteso a questo e di grande importanza è che a questo punto i comportamenti del governo e del settore privato sono tra di loro strategicamente interdipendenti.
Che cosa comporta il fatto che non siano indipendenti le decisioni del Governo e le decisioni del settore privato e che anzi, la posizione ottimale del settore privato dipende non solo da ciò che fa il Governo ma da come il Governo pensa che il settore privato reagirà a sua volta alle sue decisioni, questo è il senso dell’interdipendenza strategica.
Per capire il senso di tutto questo facciamo un esempio che è esattamente quello riportato sul libro.
Supponiamo che il governo possa decidere tra due diversi tassi di creazione dello stock di moneta in circolazione, ovviamente se sceglie un tasso di creazione della moneta più sostenuto il tasso di inflazione che ne risulterà sarà più elevato, questo perché supponiamo che ci sia qualcosa tipo teoria quantitativa della moneta.
M 2% 6%
E supponiamo che a seconda di quale sarà la decisione del governo circa il tasso di creazione monetario, i sindacati che sono interessati a determinare un salario reale per i propri rappresentanti ma sono obbligati a contrattare il salario monetario, allora quando si aspettano un’inflazione elevata perché si aspettano che il Governo aumenti di molto lo stock di moneta in circolazione chiederanno un forte aumento dei salari per i propri rappresentanti, viceversa, se si aspettano una bassa inflazione ridurranno le pretese salariali e quindi i salari aumenteranno di meno e la struttura dell’economia è tale per cui quando il tasso di crescita dei prezzi (ovviamente indotto dalle decisioni dell’autorità di politica monetaria circa il tasso di creazione dello stock di moneta in circolazione è uguale al tasso di crescita dei salari monetari allora abbiamo un tasso di disoccupazione pari al 5%:
P^ = W^ U (disoccupazione) = 5%
Quando invece il tasso di inflazione è maggiore del tasso di crescita dei salari monetari quindi quando il salario reale sta diminuendo, il tasso di disoccupazione è minore ed è pari ad esempio al 3%:
P^ > W^ U= 3%
Se invece il tasso di crescita dei prezzi è inferiore ai salari monetari ci aspettiamo un tasso di disoccupazione maggiore e ad esempio pari al 7%:
P^ < W^ U = 7%
È ragionevole ritenere che le decisioni del governo e dei sindacati non avvengono in modo simultaneo, ma è possibile che i sindacati siano costretti a contrattare salarti monetari prima poi di osservare la decisione dell’autorità di politica economica.
La matrice dei play-off collegata a queste decisioni dei sindacati e dell’autorità di politica economica è:
L (livello basso contrattazione salariale) H (livello elevato contrattazione salariale)
L 5 (A) 3 (B)
(livello basso di
creazione di
moneta decisa
dal governo)

H 7 (D) 5 (C)
(livello alto di
creazione di
moneta decisa
dal governo)
Se partiamo dal punto in cui il tasso di crescita dei salari monetari è uguale al tasso di crescita del livello dei prezzi abbiamo un tasso di disoccupazione del 5%:
W^=P^ U=5%
Se, invece i sindacati contrattano un piccolo aumento dei salari monetari, ma in realtà poi il Governo decide per un alta creazione di moneta e quindi per un’elevata inflazione, abbiamo il caso in cui
P^ > W^ e quindi U= 3%.
Se invece i sindacati decidono per una esasperata contrattazione salariale e poi il governo aumenta di poco lo stock di moneta in circolazione e quindi c’è bassa inflazione, accade che P^ < W^ e quindi U = 7%.
Se i sindacati contrattano forti aumenti salariali e il governo aumenta di molto lo stock di moneta in circolazione e quindi l’inflazione, di nuovo si ha P^ = W^ e U = 5%.
Questa matrice dei play-off ci dice che qualunque sia la decisione presa dai sindacati la strategia migliore per il governo è scegliere un’alta inflazione.
Se i sindacati si accordano per un basso aumento dei salari monetari, se il tasso di inflazione è basso il tasso di disoccupazione è 5, se il tasso di inflazione è basso il tasso di disoccupazione diminuisce e diventa pari al 3%.
Se i sindacati invece riescono a spuntare cospicui aumenti dei salari monetari e il tasso di inflazione è basso, il tasso di disoccupazione è del 7%, se invece il tasso di inflazione aumenta, il tasso di disoccupazione diminuisce del 5%.
Quindi qualsiasi sia la scelta del sindacato, la strategia ottimale del governo è quella di creare inflazione, cioè aumentare il tasso di crescita dello stock di moneta in circolazione.
E quindi quella soprassegnata con una freccia è quella che si chiama la strategia dominante per il governo perché qualsiasi sia l’azione che intraprende l’altro giocatore, l’autorità di politica economica decide sempre la stessa scelta cioè l’alta inflazione.
Rappresentiamo graficamente questa matrice dei play - off

Questa è una matrice dei play-off che abbiamo rappresentato in funzione del tasso di disoccupazione che corrisponde a seconda delle scelte del governo e del sindacato, e supponiamo che quando il tasso di disoccupazione è del 5%, questo corrisponde al un livello di produzione Q , e quindi se indico questa combinazione di scelte col punto A.
Che cosa accade se , punto B, i sindacati decidono per una moderazione salariale, ma la Banca Centrale e il Governo decidono per un’elevata inflazione? Abbiamo detto che il tasso di inflazione è maggiore del tasso di crescita dei salarti monetari e diminuisce il tasso di disoccupazione, ma qui non ho il tasso di disoccupazione bensì la
produzione e questo vuol dire che mi devo trovare in qualche punto lungo la retta passante per A , per esempio in B che è un punto che ha un livello di produzione maggiore del punto A e questo è incompatibile e incoerente col fatto che il tasso di disoccupazione del punto B è inferiore di quello del punto A, ma mi devo trovare anche con un tasso di inflazione nel punto B che è maggiore col tasso di inflazione del punto A.
Rappresentiamo ora il punto C: le caratteristiche di questo punto sono che il tasso di disoccupazione è del 5% è uguale a quello del punto A, quindi mi trovo lungo la semiretta K , e che ha lo stesso livello di produzione di A, ma diversamente al punto A, in C ho un tasso di inflazione maggiore e in particolare ho lo stesso tasso di inflazione del punto B.
Quindi in corrispondenza del punto C avrò un’altra curva di trade- off tra tasso di inflazione e disoccupazione o tra tasso di inflazione e produzione, cioè avrò un’altra curva di Phillips inclinata diversamente dal modo in cui noi siamo abituati a rappresentarla.
Rappresentiamo ora il punto D: le caratteristiche di questo punto sono: stesso tasso di inflazione del punto A, però un livello di disoccupazione che è maggiore del punto A e che quindi corrisponde a un livello di produzione inferiore del punto A.
Vediamo che siccome la strategia dominante è quella di avere alta inflazione il punto C è il punto in cui noi andremo a finire, perché la Banca Centrale sceglie sempre, qualsiasi sia la decisione del sindacato, di avere alta inflazione e quando questo accade, C è il punto in cui andremo a finire.
C però non è la strategia ottimale per la collettività, perché lo stesso risultato in termini di disoccupazione e produzione lo otteniamo a costo di un’inflazione più elevata. Potremmo ottenere lo stesso obiettivo in termini di disoccupazione e produzione a un tasso di inflazione più basso, ad esempio del 2% anziché del 6%.
Il punto è che però il punto A non è un punto credibile; se la Banca Centrale quando i sindacati devono contrattare il salario monetario dice “non ti preoccupare, contratta il salario monetario e sappi che io poi creerò moneta pari al 2% e il tasso di inflazione sarà del 2%”, i sindacati dicono “ non ci credo perché una volta che accetto la tua proposta e contratto un basso salario, tu autorità di politica economica saresti stupida se confermassi la tua promessa iniziale e, per forza di cose, per te sarà ottimale creare inflazione”.
Quindi quando c’e interdipendenza strategica tra i giocatori di questa economia, sindacati, settore privato e autorità di politica economica, la soluzione ottimale può essere una soluzione non credibile e la soluzione di equilibrio può essere una soluzione non ottimale per la collettività.
A è anche un punto detto “dinamicamente non coerente”, vale a dire una volta che si tiene conto del fatto che il gioco tra sindacato e autorità di politica economica non si esaurisce in un istante di tempo mas ha una sua dinamica che si evolve nel tempo, il punto A non è più un punto coerente perché i sindacati non avranno più nessun incentivo a mantenere basse le richieste salariali, capiranno che nel tempo l’autorità di politica economica sarà indotta a creare inflazione ad un ritmo più sostenuto e subito aumenteranno le richieste salariali.
E quindi dal punto A schizziamo in C perché la curva di Phillips si sposta verso l’alto.
Questo è un argomento molto importante quando invece di vederlo dal basso un alto, lo osserviamo dall’alto in basso, cioè:

Supponiamo che il punto A sia quello rappresentato nel grafico.
Proviamo a vedere cosa accade se lo stesso schema di prima lo ripetiamo ma supponendo che l’autorità di politica economica consideri P^a un livello non ottimale del tasso di inflazione e voglia ridurre il tasso di inflazione per esempio a P^b.
Per far ciò l’autorità di politica economica se non vuole sfruttare il trade off, deve fare in modo da convincere il settore privato che la sua decisione di ridurre il tasso di inflazione è credibile e deve far spostare la curva di Phillips nella posizione indicata in figura in modo che il passaggio sia da A a B.
Il punto è che se questa è la matrice dei play-off, il punto B non è un punto credibile, il settore privato di fronte all’intenzione dell’autorità di politica economica di spostarsi da A a B dirà : “un momento, se io ora accetto di posizionarmi in B, chi mi dice che poi tu non sei tentata di fare nuova inflazione e di ritornare in A? quindi io non credo alla tua promessa in B e resto in A” e l’autorità di politica economica non riesce quindi a spostare verso il basso la curva del trade-off.
La questione che sorge ora è come un’autorità di politica economica può acquistare credibilità?
Ci possono essere vari sistemi per modificare la stringenza di questo vincolo per l’autorità di politica economica che è rappresentato dalla retta del trade off.
• Una cosa che per esempio si potrebbe fare è cercare di modificare l’inclinazione di questa retta che è una curva di Phillips ed inoltre altro non è che una retta dell’offerta aggregata che mette in relazione tasso di inflazione e quantità. Se la retta è meno inclinata vuol dire che si può avere lo aumento della produzione sopportando un tasso di inflazione più basso. Per modificare l’inclinazione di una AS, si devono modificare le condizioni che determinano l’equilibrio sul mercato del lavoro, quindi agendo sulla flessibilità del mercato del lavoro.
Interventi che mirano ad crescere la flessibilità del mercato del lavoro, mirano a rendere più piatta questa curva e meno stringente il trade off per l’autorità di politica economica, quindi consentono alla autorità di politica economica di perseguire riduzioni della disoccupazione e aumento della produzione a un costo più basso in termini di inflazione.
Un altro aspetto da non sottolineare è che se ci posizioniamo in A che è il punto di tangenza tra la curva del trade off e la curva di indifferenza della l’autorità di politica economica.
• Un altro modo per acquisire credibilità per l’autorità di politica economica è quella di modificare la forma delle curve di indifferenza, in particolare possiamo avere una curva di indifferenza con una curvatura inferiore.
Se la curvatura della curva d’indifferenza dell’autorità di politica economica è meno accentuata allora questa è una l’autorità di politica economica che rivela attraverso le preferenze una minore tolleranza in termini di tasso di inflazione.
Come si modifica la forma di una curva di indifferenza?
Per esempio questa è una questione che è stata lungamente ribattuta al momento della costituzione della Banca Centrale Europea.
Come fanno i paesi Europei che rispetti agli altri paesi sono considerati in media dei paesi inflazionisti cioè dove c’è poca cura del tasso di inflazione fatta eccezione della Germania e dei suoi paesi satelliti.
Bisogna delegare la conduzione della politica monetaria a una autorità di politica monetaria che pesi di più il costo dell’inflazione, che abbia una curva di indifferenza con una curvatura meno accentuata; per far questo bisogna nominare governatore della Banca Centrale un conservatore perché a differenza di un progressista, avrà a cuore le sorti dell’inflazione. Ora il punto B diventa un punto credibile.
Un altro modo per acquisire credibilità è quello di vincolare l’autorità di politica economica al rispetto di patti esterni alla vita del governo da cui emana la politica economica; per esempio, in Italia i motivi per cui si è riusciti in pochi trimestri a dimezzare il tasso di inflazione dal 12% al 6%, è stato dovuto a due circostanze:
una è il patto del lavoro del 1993, di fronte ad una crisi finanziaria di vastissime dimensioni, l’allora governatore della Banca D’Italia istituisce con i sindacati un accordo sulla crescita del costo del lavoro che ha consentito di moderare radicalmente la rivendicazione salariale dei sindacati e ha consentito di acquistare credibilità all’intervento dell’autorità di politica economica, nel senso che l’autorità di politica economica attraverso questo patto è riuscita a convincere il settore privato, i sindacati dell’effettiva intenzione di voler perseguire quello detto.
Il punto è che poi l’autorità di politica economica e il governo non ha imbrogliato i sindacati, nel senso che effettivamente quel tasso di inflazione è diminuito altrimenti ora ci troveremo con un tasso di inflazione ancora maggiore perché i sindacati avrebbero reagito a questo imbroglio dell’autorità di politica economica.
Per dare credibilità si può obbligare la banca centrale e l’autorità di politica economica per legge a non aumentare il tasso di crescita dello stock di moneta oltre una certa percentuale annua; quest’ultima è una proposta di FRIEDMAN, scritta nelle carti costituzionali e che risolve il problema dell’incoerenza dinamica .

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