L'isola di Arturo vs I canto Purgatorio

Materie:Altro
Categoria:Divina Commedia

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Testo

Confronto tra “L’isola di Arturo” e il primo canto del Purgatorio dantesco

Nella descrizione dell’isola di Procida che Elsa Morante fa nei primi passi del libro si riscontrano parecchie analogie ed alcune differenze con la descrizione della visione del paesaggio che Dante ha all’entrata del Purgatorio.
Da notare innanzitutto le caratteristiche geografiche simili dei due luoghi: si tratta in entrambi i casi di isole circondate da un mare pieno di pesci con tratti di piaggia dalla sabbia chiara e luccicante e tratti con scoscese scogliere; nell’isola del Purgatorio se innalza una ripida montagna, anche a Procida tra le varie collinette presenti ce n’è una molto più alta delle altre; molte varietà di fiori e tratti ricchi di vegetazione sono presenti nei due paesaggi, oltre ad alcune specie animali.
Sicuramente si capisce dalle due descrizioni che l’isola del Purgatorio è irreale, con un paesaggio che non potrebbe mai esistere nella realtà, al contrario di quello dell’isola di Procida, caratteristico di alcune altre isole del Mediterraneo.
Riferimenti al canto si trovano in entrambi gli autori, in Dante con il ricordo dell’episodio leggendario della sfida tra le Piche e le Muse, nella Morante con l’immagine dei gabbiani e degli altri uccelli che offrono il loro canto ai pochi ascoltatori disinteressati dell’isola.
In Dante abbiamo una descrizione che punta molto di più al verticale, al contatto con Dio (isola piccolissima, montagna altissima) mentre la Morante basa la sua descrizione su un livello molto più orizzontale, dando una veduta molto più estesa dell’isola e descrivendo anche i particolari che la circondano, come le navi che continuamente attraccano al porto per poi partire ed allontanarsi fino a sparire.
Anche il topos del viaggio compare nei due testi, nella Commedia introdotto dalla metafora del viaggio inteso come navigazione guidata dall’ingegno e dalla ragione, che sono la barca, nell’“Isola di Arturo” accennato con la descrizione proprio del porto e del continuo passaggio di navi dalle quali salgono e scendono molte persone.
Due diverse immagini, in contrasto tra loro, ci attendono quando giungiamo sulla cima pianeggiante delle due zone sopraelevate delle isole: da una parte il paradiso terrestre, stupenda oasi inimmaginabile con una vegetazione mai vista prima, dall’altra una rovina di un antico castello da tempo disabitato riadattato a funzione di carcere, esteriormente orrende con delle piccolissime finestre sbarrate e parti che quasi cadono a pezzi. Anche le persone che si trovano in questi due luogo sono ovviamente molto diverse, da un lato i redenti da Dio, coloro che da Dio sono stati perdonati e grazie a Dio vivono nella felicità, dall’altro persone condannate a stare chiuse in delle celle per aver commesso dei crimini ritenuti imperdonabili, persone che molto probabilmente in Dio hanno perso ogni speranza (che forse non hanno mai avuto).
Una delle principali differenze sta nel diverso modo che gli abitanti delle due isole hanno di relazionarsi con i forestieri che arrivano lì per la prima volta: nel Purgatorio qualunque estraneo subito genera curiosità e dopo l’iniziale conoscenza che occupa la prima parte di tutti i dialoghi viene considerato sullo stesso piano di chi sta colloquiando con lui (esempio Dante e Virgilio con Catone); nell’isola di Procida qualunque forestiero non genera curiosità ma diffidenza ed ognuno cerca di rivolgergli la parola il meno possibile, rispondendo gelidamente ad ogni sua domanda. I procidani sono taciturni, schivi, solitari e scontrosi, non in armonia come invece sono gli “abitanti” dell’isola del Purgatorio.
Sicuramente due paesaggi totalmente diversi sotto l’aspetto umano, che di prim’impatto danno entrambi un’impressione diversa, che forse sono il contrario di ciò che sembrano…il Purgatorio, apparentemente freddo e disabitato, riserva un grande calore umano nelle persone che vi abitano; Procida, paradiso terrestre ai primi sguardi, bellezza unica, quasi rara, svela la scarsissima cordialità dei suoi padroni, che la vogliono apprezzare indisturbati.

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