Il Parlamento

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Testo

IL PARLAMENTO
LA CAMERA E IL SENATO
Il Parlamento si compone di 2 camere:
• la camera dei deputati, formata da 630 deputati elettivi;
• il senato della Repubblica, formata da 315 senatori elettivi e da un piccolo numero di senatori a vita.
Il Parlamento italiano è quindi un Parlamento bicamerale.
Le due camere si riuniscono sempre separatamente, tranne in alcuni casi particolari stabiliti dalla Costituzione.
Ogni decisione del Parlamento deve ottenere, separatamente, l'approvazione di ciascuna camera.
Le due camere hanno esattamente gli stessi poteri e le stesse funzioni: questo tipo di bicameralismo viene detto uguale o paritario.
MODELLI DI PARLAMENTI BICAMERALI
I Parlamenti moderni nacquero in forma bicamerale sulla base di due distinti modelli:
• secondo il primo modello le due camere rappresentavano classi sociali diverse: una camera elettiva esprimeva gli interessi “innovatori” della borghesia, l'altra non elettiva, ma di nomina regia o ereditaria. Lo stesso sistema vigeva in Italia prima dell'avvento della Repubblica: la camera dei deputati e elettiva, mentre senatori erano nominati dal re.
• In base al secondo modello il bicameralismo risponde uno scopo diverso. Una camera rappresenta l’insieme dei cittadini; la seconda rappresenta gli stati membri della federazione.
IL SISTEMA BICAMERALE ITALIANO
Il sistema bicamerale italiano non corrisponde a nessuno dei due modelli storici.
Entrambe le camere durano 5 anni e sono formate da membri eletti col suffragio universale diretto.
Nel senato e esistono, oltre ai membri elettivi, 2 tipi di senatori a vita:
• 5 cittadini che possono essere nominati dal presidente della Repubblica tra coloro che “hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, artistico, letterario”;
• tutti gli ex presidenti della Repubblica che sono, di diritto, senatori a vita (art. 59 Cost.).
Per la camera dei deputati sono elettori tutti cittadini che hanno raggiunto la maggiore età (artt. 48 e 56 Cost.), per il senato occorre avere compiuto il 25° anno di età (art. 57 Cost.).
Un'altra differenza è stabilita per l'età necessaria per l’eleggibilità che è fissata a 25 anni per i deputati e a 40 per i senatori.
Le due camere sono elette con due sistemi elettorali leggermente diversi, ma entrambi di tipo maggioritario con correzione proporzionale.
LE RAGIONI DEL BICAMERALISMO
Scomparse le ragioni che avevano fatto nascere le due camere allo scopo di rappresentare interessi o gruppi sociali diversi, l'unico motivo che può spiegare il mantenimento di due camere quasi uguali e con gli stessi poteri, è quello di assicurare un maggiore approfondimento nell'elaborazione delle leggi.
La doppia discussione e la doppia approvazione di ogni testo di legge dovrebbero consentire un lavoro più accurato: una camera può correggere gli errori compiuti dall'altra, introdurre modifiche, effettuare ripensamenti, prima che la legge entri in vigore.
GLI INCONVENIENTI
Con l'esperienza sono venuti alla luce, in misura maggiore, i difetti di questo sistema: eccessive lungaggini, inutili ripetizioni, scarsa efficienza delle assemblee legislative.
Inoltre, poiché nelle due camere si formano le stesse maggioranze politiche, il reciproco controllo appare di scarso rilievo.
Alcuni paesi hanno adottato un Parlamento monocamerale.
Altri hanno mantenuto il Parlamento bicamerale ma differenziando la composizione e le funzioni delle due camere.
La prima camera, che è sempre eletta a suffragio universale diretto, è dotata di maggiore poteri.
La seconda camera svolge in prevalenza funzioni ausiliarie o integrative rispetto alla prima e non è quasi mai eletta direttamente dal corpo elettorale.
I suoi membri sono designati per lo più dagli enti territoriali o da altri organi statali.
In Inghilterra la camera dei Lords è ancora di nomina regia.
Va aggiunto che in nessuno paese e parlamentari sono così numerosi come in Italia.
Anche in Italia si discute perciò da tempo sull'opportunità di abbandonare l'attuale sistema bicamerale paritario.
Non ha avuto finora molto successo la proposta di abolire una delle due camere (in particolare il senato che è meno rappresentativo) trasformando così il Parlamento italiano in un Parlamento monocamerale.
Il dibattito si è piuttosto sviluppato attorno due proposte:
• differenziare la composizione delle due camere trasformando il senato in una camera delle regioni;
• differenziare le funzioni delle due camere attribuendo, per esempio, alla prima la funzione legislativa e alla seconda la funzione di controllo sul governo.
IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE
La camera dei deputati e il senato si riuniscono e deliberano sempre separatamente.
Ma in alcuni casi, tassativamente stabiliti dalla Costituzione, le due camere si riuniscono insieme e agiscono come un unico organo.
Si dice, in tali casi, che il Parlamento si riunisce in seduta comune.
Il caso più importante è l'elezione del Presidente della Repubblica che è effettuato, insieme, dai deputati di senatori; a essi si aggiungono 3 delegati per ogni regione (1 per la Valle d'Aosta)(art. 83 Cost.).
Sempre seduta comune il Parlamento riceve il giuramento del nuovo Presidente della Repubblica subito dopo la sua elezione (art.91 Cost.).
Il Parlamento si riesce seduta comune anche:
• per eleggere 5 giudici costituzionali (art. 135 c. 1 Cost);
• per eleggere 10 componenti del consiglio superiore della magistratura (art. 104 c. 4 Cost);
• per mettere in stato di arresto il Presidente della Repubblica per “alto tradimento e attentato alla Costituzione” (art. 90 Cost).
I PARLAMENTARI
Non occorrono particolari requisiti per diventare parlamentari.
Tutti i cittadini che hanno il diritto di voto possono presentarsi candidati e quindi essere eletti al Parlamento.
Devono inoltre avere compiuto 25 anni per essere eletti deputati e i 40 anni per essere eletti senatori.
IL DIVIETO DI MANDATO IMPERATIVO
In una democrazia rappresentativa il popolo non esercita la sua sovranità direttamente, ma indirettamente attraverso i propri rappresentanti che sono, appunto, i membri del Parlamento.
Ogni parlamentare deve la sua elezione al partito che ha deciso di presentarlo alle elezioni e ai voti che ha ricevuto dagli elettori del proprio collegio, e sarà fortemente tentato di ricompensare l'uno e gli altri, per garantirsi la rielezione.
Per contrastare tale tendenza, che trasformerebbe il Parlamento in una sede dove si rappresentano interessi particolaristici, la costituzione ha stabilito, art. 67, il principio del divieto di mandato imperativo: “ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
In altre parole i parlamentari non sono vincolati al mandato ricevuto dagli elettori.
Benchè essi siano stati eletti in base a particolari programmi politici o per rappresentare interessi di gruppi sociali o di correnti di opinione, una volta entrati in Parlamento non sono giuridicamente tenuti a rispettarli.
I parlamentari non sono i rappresentanti di interessi particolari, ma rappresentano gli interessi della nazione nel suo complesso.
Da questo principio discendono alcuni importanti conseguenze: i parlamentari non sono revocabili in nessun caso dagli elettori; sono liberi di assumere in Parlamento posizioni diverse da quelle sostenute nella campagna elettorale; se un parlamentare abbandona il partito nel quale è stato eletto rimane egualmente membro del Parlamento fino al termine del suo mandato.
A parte tali conseguenze formali, il principio del “divieto di mandato imperativo” trova, in pratica, un'applicazione molto limitata.
Si ogni parlamentare è formalmente libero di assumere qualsiasi posizione politica, in pratica è fortemente condizionato dal partito di appartenenza e dagli interessi locali che hanno contribuito alla sua elezione.
Non c'è quindi alcun vincolo formale rispetto agli elettori, ma c'è un vincolo sostanziale rispetto al partito e agli altri eventuali interessi organizzati.
LE IMMUNITA’ PARLAMENTARI
I cittadini italiani che diventano membri del Parlamento acquistano una speciale protezione giuridica che non spetta nessun altro cittadino.
Tale protezione giuridica è costituita dalle immunità parlamentare.
Si tratta di prerogative antiche, nate con il sorgere dei Parlamenti moderni con lo scopo di difendere i parlamentari dal potere del re che, disponendo del potere esecutivo e del controllo sul potere giudiziario, avrebbe potuto facilmente limitare la libertà dei rappresentanti del popolo.
Il fine di questa protezione non è quello di conferire privilegi individuali ai parlamentari, ma di permettere al Parlamento di agire in piena libertà e indipendenza al riparo delle pressioni del potere esecutivo.
Esistono due tipi di immunità parlamentare:
• L'irresponsabilità per le opinioni date i veri voti espressi: “in membro del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle proprie funzioni” (art. 68 c. 1 Cost.). In altre parole i deputati e i senatori hanno piena e totale libertà di parola ed opinione; non sono possono essere in nessun caso imputati, per esempio, di diffamazione o di qualsiasi altro reato di opinione. Perché parlamentari dispongono di tale libertà di opinione superiore ai “normali cittadini” è facilmente comprensibile. Essendo rappresentanti del popolo essi devono avere la possibilità di dire tutto ciò che ritengono utile senza timore di incorrere in qualche sanzione.
• Le immunità processuale riguarda invece i reati di qualsiasi tipo commessi dai parlamentari anche al di fuori delle loro funzioni. Secondo la nuova formulazione dell'art. 68 della costituzione introdotta dalla legge costituzionale 3/993, i giudici possono procedere liberamente contro membro del Parlamento che sia sospettato di aver commesso un reato, possono indagare su di lui, interrogarlo e svolgere il relativo processo. Tuttavia essi devono ottenere la preventiva autorizzazione della camera alla quale il parlamentare appartiene prima di sottoporlo a misure che limitano la sua libertà personale, ossia all'arresto, a perquisizioni domiciliari o personali, a intercettazioni telefoniche con sequestro della corrispondenza.
Prima della riforma del 1993 l’immunità parlamentare era molto più estesa: l'autorizzazione della camera era necessaria per avviare qualsiasi indagine a carico di un membro del Parlamento.
Di conseguenza le camere avevano la possibilità di sottrarre alla giustizia i propri membri, attraverso la negazione dell'autorizzazione e vi ricorrevano con una certa frequenza.
In questo modo l’immunità parlamentare, nata per proteggere i membri del Parlamento dagli abusi del potere giudiziario, aveva finito per trasformarsi in un ingiustificato privilegio.
Oggi questo uso abnorme dell'immunità parlamentare non è più possibile dal momento che giudici non hanno più bisogno dell'autorizzazione della camera per procedere contro il parlamentare, ma soltanto per disporre provvedimenti limitativi della sua libertà personale.
L’INDENNITA’
I membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita per legge.
Il fatto che parlamentari possono fissare essi stessi il proprio “stipendio” suscita facili ironie tra la “gente”; tuttavia si tratta di un ulteriore garanzia di autonomia e di indipendenza delle assemblee legislative.
Infatti, nel secolo scorso l'ufficio di parlamentare era completamente gratuito; allora, infatti, il suffragio era ristretto e potevano arrivare al Parlamento soltanto i possidenti che erano in grado di mantenersi con le proprie rendite.
Ma la progressiva democratizzazione dello Stato ha portato in Parlamento esponenti delle classi lavoratrici che non possono permettersi di non lavorare per tutta la durata del loro mandato.
L'istituzione dell'indennità ha quindi consentito anche agli strati meno abbienti di avere propri rappresentanti in Parlamento.
Attualmente l'indennità parlamentare è “agganciata” allo stipendio dei massimi funzionari dello Stato.
ORGANIZZAZIONE E FUNZIONAMENTO
I REGOLAMENTI PARLAMENTARI
La costituzione affida a ciascuna camera il potere di stabilire in piena autonomia le norme per il proprio funzionamento interno.
Ogni camera adotta a questo fine il proprio regolamento parlamentare che deve essere approvato a maggioranza assoluta.
I PRESIDENTI
Ciascuna camera elegge un presidente che è coadiuvato da un ufficio di presidenza.
Egli dirige la discussione, mette in votazione le deliberazioni, ne proclama i risultati.
Provvede al buon andamento della camera e della sua organizzazione.
L’ASSEMBLEA PLENARIA E LE COMMISSIONI
Per le questioni più importanti le camere si riuniscono in assemblea plenaria, con la presenza di tutti i loro componenti (nel gergo parlamentare si dice “in aula”, le riunioni che si svolgono nelle grandi aule di Montecitorio per la camera dei deputati e di Palazzo Madama per il senato), ma gran parte del lavoro parlamentare si svolge all'interno di organismi più ristretti: le commissioni.
Mentre l'assemblea plenaria è la sede naturale per lo svolgimento dei dibattiti politici più importanti, le commissioni costituiscono una sede specializzata per affrontare le questioni con maggiore approfondimento.
Esistono diversi tipi di commissioni parlamentari:
• Le commissioni permanenti, che sono 14 alla camera e 13 al senato, si occupano ciascuna di una specifica materia: per esempio esteri, sanità, cultura, secondo una ripartizione simile a quella dei ministeri. I parlamentari sono distribuiti fra di esse in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Le commissioni sono dunque organi specializzati e ristretti. Svolgono importanti funzioni nel procedimento legislativo, cioè nella formazione delle leggi: in questo ambito esse possono riunirsi, a seconda del compito a loro assegnato, in sede referente o in sede deliberante. Ma possono riunirsi anche al di fuori del procedimento legislativo, per discutere liberamente su qualsiasi questione o per formulare eventualmente risoluzioni. In questo caso esse possono svolgere un importante ruolo nel determinare l'indirizzo politico del Parlamento sugli argomenti di loro competenza ed esercitare un più stretto controllo politico sul governo.
• Le commissioni bicamerali sono formate congiuntamente da deputati e da senatori e hanno specifici compiti di controllo in particolari settori della vita politica e amministrativa: così, per esempio, la commissione per il controllo sui servizi segreti, la commissione bicamerale di vigilanza sul servizio radiotelevisivo, la commissione bicamerale per gli affari regionali. Appartiene a questo tipo la commissione bicamerale per le riforme istituzionali che nel 1997 ha elaborato una proposta di revisione della seconda parte della costituzione.
• Le commissioni d'inchiesta, previste dall'art. 82 della costituzione, vengono appositamente costituite per legge allo scopo di condurre indagini sui problemi di rilevanza sociale o politica e hanno poteri più estesi delle normali commissioni: possono infatti chiamare obbligatoriamente i cittadini a testimoniare di fronte a loro. Il loro scopo non è quello di approvare leggi, nè risoluzioni, né tanto meno di emanare sentenze, ma quello di ricostruire la verità su certi fatti di grande rilievo politico e di farla conoscere all'opinione pubblica. Appartengono a questo tipo la commissione d'inchiesta sulla mafia e la commissione d'inchiesta sulle stragi. In passato sono state condotte per questa via importanti indagini tra cui quelle sull'assassinio di Aldo Moro, sull'affare Sindona e sulla loggia segreta P2.
I GRUPPI PARLAMENTARI
Un ulteriore articolazione organizzativa del Parlamento è costituita dai gruppi parlamentari che sono, in pratica, i partiti in Parlamento.
Tutti deputati e i senatori di ciascun partito formano, nell'ambito della camera di appartenenza, un gruppo parlamentare.
I loro presidenti (o capigruppo), hanno un ruolo istituzionale molto importante.
Sono i portavoce ufficiali del proprio partito all'interno di ciascuna camera; riuniti insieme formano la conferenza dei presidenti di gruppo, o conferenza dei capigruppo, cui spetta il compito di programmare i lavori di ciascuna camera e quindi di stabilire priorità politiche nella discussione parlamentare.
LE DELIBERAZIONI DELLE CAMERE
Le camere sono organi collegiali formati da una pluralità di persone che agiscono in modo unitario.
S'impone perciò il problema di stabilire le regole in base alle quali imputare all'organo la volontà espressa dei singoli membri.
Le deliberazioni delle camere sono adottate mediante votazione, seguono secondo le seguenti regole:
• Numero legale: perché le deliberazioni delle camere siano valide occorre che sia presente la maggioranza dei loro componenti (art. 64 c. 3 Cost.); i regolamenti parlamentari aggiungono però che la maggioranza si presume e che si procede a contare il numero dei parlamentari presenti solo quando ne venga fatta esplicita richiesta. In pratica il numero legale è obbligatorio solo quando si procede ad una votazione che richieda il conteggio dei voti.
• Maggioranze richieste: di regola, come stabilisce la costituzione (art. 64 c. 3), è sufficiente che la deliberazione sia approvata a maggioranza semplice, ossia dalla maggioranza dei parlamentari presenti in aula al momento della votazione. Questa regola vale anche per l'approvazione delle leggi. Può capitare che, quando gli assenti sono molti, una minoranza di voti sia sufficiente a far approvare una legge. Si può capire la ragione di questa norma: in caso contrario gli assenti potrebbero bloccare funzionamento del Parlamento. In casi particolari, indicati nella costituzione, la maggioranza dei presenti non è sufficiente: occorre la maggioranza assoluta, cioè la metà più uno dei membri della camera, indipendentemente dal numero dei presenti. Tale maggioranza è richiesta per quelle deliberazioni, particolarmente importanti, per cui si ritiene necessaria la garanzia di una maggioranza effettiva; per esempio per le leggi costituzionali (art. 138 c. 1 Cost.), per i regolamenti parlamentari (art. 64 c. 1 Cost.), per l'elezione del presidente della Repubblica dopo il terzo scrutinio (art. 83 c. 3 Cost.). In altri casi sono richieste maggioranze ancora più elevate, per esempio i due terzi dei voti (art. 79 c. 1, art. 83 c. 3, art. 138 c. 3 Cost.).
• Metodii di votazione: le votazioni si svolgono, di regola, a scrutinio palese; ciascun parlamentare esprime il proprio voto pubblicamente, assumendosi con ciò la responsabilità delle sue scelte davanti agli elettori e all'opinione pubblica. Lo scrutinio segreto non è ammesso che per questioni di particolare delicatezza, per esempio votazioni sulle persone e sui diritti di libertà, indicate le regolamenti parlamentari.
LA PUBBLICITA’
Tutto ciò che avviene all'interno del Parlamento può essere conosciuto all'esterno.
Questo principio, chiamato della pubblicità, è essenziale e tipico del Parlamento.
È necessario infatti che i cittadini possono sapere come agiscono i loro rappresentanti, quali posizioni politiche prendono, con quali modalità e con quali contrasti essi giungono a deliberare.
La pubblicità è prevista dalla costituzione (art. 64 c. 2) ed è disciplinata da regolamenti parlamentari: le sedute sono aperte al pubblico, anche se con alcune limitazioni e controlli; è assicurata la presenza dei giornalisti che possono poi riferire sulla stampa l'andamento dei lavori; la televisione può effettuare riprese anche in diretta; il resoconto stenografico delle sedute viene pubblicato negli “Atti parlamentari”.
LA DURATA DELLE CAMERE
E IL LORO SCIOGLIEMENTO ANTICIPATO
Ciascuna camera resta in carica per 5 anni; tale periodo di tempo viene chiamato legislatura.
Alla fine della legislatura il presidente della Repubblica dichiara lo scioglimento delle camere e contemporaneamente indice le elezioni che devono avvenire entro 70 giorni dalla fine delle camere precedenti (art. 61 Cost.)
LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLE CAMERE
Le camere possono anche essere sciolte prima della scadenza prevista in questo caso, sempre entro 70 giorni, si tengono elezioni anticipate.
Mentre lo scioglimento delle camere dopo cinque anni è un fatto fisiologico, lo scioglimento anticipato è un rimedio eccezionale.
Peraltro è stato adottato con frequenza in Italia: la maggior parte delle legislature è durata meno di 5 anni.
La costituzione (art. 88) stabilisce che lo scioglimento delle camere e disposto dal presidente della Repubblica, sentiti i loro presidenti; tale facoltà non può essere esercitata negli ultimi 6 mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con ultimi 6 mesi della legislatura.
Lo scioglimento anticipato può aver luogo soltanto quando il Parlamento non è più in grado di esercitare le sue funzioni.
Ciò accade quando risulta assolutamente impossibile formare, all'interno del Parlamento, una maggioranza in grado di proporre e sostenere un governo.
Spesso sono gli stessi partiti a proporre le elezioni anticipate quando si accorgono che i dissensi tra di loro sono così ampi da non permettere un accordo di maggioranza.
L'ultima parola spetta però il presidente della Repubblica che, essendo titolare di questo potere, può accogliere subito tale richiesta o insistere perché si trovi la strada dell'accordo.
Lo scioglimento delle camere rappresenta quindi una valvola di sicurezza del sistema costituzionale: serve per sbloccare una situazione che appare senza vie di uscita.
In Italia il ricorso alle elezioni anticipate è stato molto frequente: 8 legislature su 13 si sono concluse prima della scadenza naturale.
È un segno delle difficoltà incontrate da sistema politico italiano.
LE FUNZIONI DEL PARLAMENTO
Nelle forme di governo parlamentare il Parlamento ha una posizione centrale nell'ordinamento costituzionale, perché l'unico organo costituzionale che è diretta espressione della sovranità popolare.
Tale posizione centrale si riflette nelle funzioni che gli sono attribuite.
LA FUNZIONE DI DIRITTO E CONTROLLO POLITICO
Consiste nel definire gli orientamenti politici dello Stato.
Poiché nel Parlamento siedono i rappresentanti eletti direttamente dal popolo, il Parlamento è luogo naturale in cui gli interessi, le esigenze, i punti di vista che emergono dalla società civile vengono posti a confronto e discussi per dar vita a un indirizzo politico generale.
Al momento della sua formazione, il governo deve presentare il proprio programma politico Parlamento che lo prova con la mozione di fiducia.
In qualunque momento il Parlamento può dare la sfiducia al governo, e quindi obbligarlo a dimettersi, quando si trovi in disaccordo con indirizzo politico portato avanti dal governo stesso.
Durante la vita del governo il Parlamento possiede diversi strumenti per controllarne l'operato.
Ogni parlamentare può presentare interpellanze o interrogazioni ai membri del governo, mediante le quali vengono chieste informazioni sul comportamento del governo e della pubblica amministrazione oppure sulle iniziative che il governo intende prendere in relazione a determinati argomenti.
Il Parlamento può chiedere che i membri del governo rendano conto del loro operato di fronte alle camere e in questo caso essi hanno l'obbligo di intervenire (art. 64 c. 4 Cost.)
Il Parlamento può anche prendere l'iniziativa di discutere su qualunque tema politico e formulare propri indirizzi politici che prendono il nome di risoluzioni o mozioni, cui il governo deve attenersi, pena il rischio di incorrere nella sfiducia del Parlamento.
Un aspetto importante del controllo del Parlamento sul governo è costituito dal controllo finanziario (art. 81 Cost.): tutte le entrate e le uscite dello Stato devono essere autorizzate dal Parlamento mediante l'approvazione del bilancio preventivo, che si effettua ogni anno entro il 31 dicembre.
Gli indirizzi da seguire nella redazione del bilancio e in generale della gestione finanziaria dell'anno successivo sono contenuti nella legge finanziaria, che il Parlamento approva entro la fine dell'anno precedente.
Data l'ampiezza delle risorse prelevate (imposte) e impiegate (spesa pubblica) dallo Stato, la discussione sulla legge finanziaria in Parlamento costituisce, ogni anno, l'appuntamento centrale per definizione della politica economica e finanziaria del paese.
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
La funzione legislativa consiste nel fare le leggi. Essa spetta esclusivamente Parlamento, nel senso che nell'ordinamento giuridico un atto normativo assume il nome di legge, o legge ordinaria, soltanto se è adottato dal Parlamento attraverso particolare procedimento.
Anche altri apparati pubblici hanno il potere di emanare norme che hanno, in tutto o in parte, la stessa forza di leggi, ma tali atti normativi assumono una denominazione diversa: decreti-legge, decreti legislativi, leggi regionali.
Il potere legislativo del Parlamento non è un potere assoluto.
Esso incontra 3 tipi di limiti:
• rispetto all'unione europea: il Parlamento non può emanare leggi nelle materie che rientrano nella competenza esclusiva dell'unione europea (per esempio non può emanare disposizioni in materia monetaria) e non può emanare norme in contrasto con le leggi europee (regolamenti o direttive). In caso di conflitto, la legge europea prevale sulla legge italiana e il giudice è tenuto a disapplicare quest'ultima;
• rispetto alla costituzione italiana: il Parlamento non può emanare leggi in contrasto con quanto stabilisce la costituzione. Si è voluto in questo modo evitare che il Parlamento, benché espressione del popolo sovrano, possa modificare principi che sono considerati assolutamente essenziali e che quindi sono stati posti al di sopra della legge stessa. Se così non fosse, una maggioranza parlamentare potrebbe alterare a suo vantaggio le regole del gioco, privare l'opposizione dei suoi diritti e limitare arbitrariamente le libertà dei cittadini; è evidente che l'ordinamento democratico non può basarsi sul potere assoluto della maggioranza ma che anch'essa deve essere soggetta a regole di limiti;
• rispetto alle regioni: il Parlamento non può emanare leggi nelle materie di competenza delle regioni. In base all'art. 117 della costituzione, dopo le modifiche introdotte nel 2001, il Parlamento ha competenza speciale, ossia può regolare con legge solo quelle materie che sono riservate alla competenza esclusiva dello Stato, e deve limitarsi a fissare principi di carattere generale nelle materie soggette alla competenza concorrente tra Stato e regioni. Tutte le altre materie sono di competenza esclusiva delle regioni e quindi il Parlamento non può regolare con proprio leggi.
Le leggi in contrasto con la costituzione e quelle che invadono la competenza delle regioni sono ugualmente efficaci, una volta approvate con le dovute forme e sono, dunque, pienamente operanti.
Possono però essere dichiarate incostituzionali e quindi annullate dalla corte costituzionale.
Oltre a fissare limiti invalicabili, la costituzione stabilisce anche che alcuni argomenti possono essere regolati solo dal Parlamento.
Si parla in questo caso di riserva di legge, nel senso che certe materie sono riservate alla legge.
Gli esempi sono numerosi nella costituzione.
Tutte le volte che la costituzione usa espressioni del tipo: “nei soli casi e modi stabiliti dalla legge”, ”se non in base alla legge”, “la legge determina…”, intende imporre altrettante riserve di legge.
È come se dicesse: questo argomento deve essere disciplinato dal Parlamento con la legge e soltanto da esso.
Il motivo per cui la costituzione impone numerose riserve di legge è quello di impedire che su argomenti che considera di grande importanza, possa decidere governo in via amministrativa o qualsiasi altro apparato pubblico.
Non a caso tutte le materie più delicate che concernono la libertà dei cittadini e l'organizzazione dello Stato sono coperte dalla riserva di legge.
IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO
Perché una decisione del Parlamento diventi legge, è necessario che sia stato eseguito uno specifico procedimento, e cioè che diversi atti giuridici siano stati compiuti nella sequenza prescritta; soltanto al termine di tale procedimento la legge ha esistenza nell'ordinamento giuridico, cioè entra in vigore ed è obbligatoria per tutti.
Poiché in Italia vige un sistema bicamerale paritario ogni legge deve essere approvata da ciascuna camera con lo stesso testo.
Il procedimento può iniziare indifferentemente dalla camera dei deputati o dal senato; quando la prima camera ha approvato la legge, deve trasmetterla alla seconda che inizierà da capo la discussione e alla fine approverà il testo a sua volta.
Se però la seconda camera approva il testo con alcune modifiche dovrà ritrasmetterlo alla prima perché lo approvi nella nuova versione.
Quest'ultima è però libera di modificarlo ancora, il che renderà necessario un nuovo intervento dell'altra camera, e così via finché lo stesso testo non verrà approvato da ciascuna delle due camere.
La spola tra una camera all'altra può durare teoricamente all'infinito.
Anche a prescindere da questo inconveniente è chiaro che la doppia discussione-approvazione rende molto lunghi tempi necessari per l'adozione delle leggi.
È questo uno degli inconvenienti del bicameralismo, almeno nella forma paritaria.
LA FUNZIONE LEGISLATIVA
L'iniziativa di legge è la facoltà di proporre una legge alla discussione del Parlamento.
La proposta di legge non può consistere in una indicazione generica, ma deve essere redatta in articoli.
L'art. 71 della costituzione elenca i soggetti che hanno tale facoltà.
Il più importante è senza dubbio il governo.
Esso non può fare le leggi, ma in genere ha la necessità di nuove leggi per realizzare il suo programma politico; nel formulare al Parlamento le sue proposte di legge, i disegni di legge, manifesta pienamente il proprio potere di indirizzo politico.
Tale facoltà spetta governo nel suo insieme e non ai singoli ministri: i disegni di legge devono perciò essere approvati nella seduta del consiglio dei ministri.
L'iniziativa legislativa spetta inoltre a ciascun deputato e a ciascun senatore.
Le proposte di provenienza parlamentare sono molto numerose: in parte si tratta di proposte avanzate dai partiti dell'opposizione sugli stessi argomenti di disegni di legge governativi; più spesso di proposte particolari che interessano singoli collegi o specifiche categorie di cittadini alle quali alcuni membri del Parlamento sono legati.
Meno rilevante è l'iniziativa degli altri organi ed enti a cui fa riferimento all'art. 71 della costituzione: si tratta dei consigli regionali e del consiglio nazionale dell'economia del lavoro, che raramente hanno usato questa facoltà.
È prevista, infine, l'iniziativa popolare: occorre che la proposta di legge sia sottoscritta da 50.000 elettori.
Lo scopo di questo diritto è quello di far arrivare al Parlamento proposte sentite nella società civile, ma di cui partiti sarebbero poco propensi a farsi portatori.
E sia stato esercitato con notevole frequenza, negli ultimi anni, da associazioni private, da gruppi ed a partiti politici minori.
Ma tali iniziative hanno finora avuto effetto solo sul piano propagandistico perché Parlamento non ha quasi mai discusso le leggi proposte per questa via.
DISCUSSIONE E APPROVAZIONE: IL PROCEDIMENTO NORMALE
Una volta giunta a una camera, la proposta di legge può essere discussa e approvata secondo 2 procedimenti diversi: quello normale e quello speciale.
La scelta tra i due procedimenti spetta al presidente della camera, o del senato.
Se egli sceglie di adottare il procedimento normale, invia il progetto di legge a una commissione permanente a seconda dell'argomento che viene trattato nel progetto di legge stesso.
In questo caso le commissioni permanenti si riuniscono in sede referente: discutono cioè il progetto in via preliminare e poi ne riferiscono all'assemblea plenaria.
Questa prima fase serve per confrontare le opinioni dei diversi gruppi parlamentari e trovare punti comuni, se possibile; spesso si conclude con la riscrittura del nuovo testo di legge.
In aula, una volta sentita la relazione della commissione, si procede ad una nuova discussione e poi alla votazione.
Essa avviene separatamente per ciascun articolo della legge e poi al termine, sulla legge nel suo complesso.
Prima dell'inizio delle votazioni, ogni parlamentare ha il diritto di presentare emendamenti (proposte di modifica, di integrazione, di soppressione) che vengono anch’essi votati uno per uno.
Si tratta di un meccanismo complesso che ha lo scopo di garantire a tutti i membri del Parlamento la possibilità di esprimersi su ogni aspetto della legge e di contribuire alla sua elaborazione.
Può capitare che i parlamentari dell'opposizione usino questi diritti per ritardare il più possibile l'approvazione di una legge che essi ritengono politicamente inaccettabile: per esempio presentando per ogni articolo centinaia di emendamenti e parlando a lungo per illustrarli.
Questa pratica, chiamata ostruzionismo, è stata soggetta a notevoli restrizioni dei regolamenti parlamentari che hanno fissato limiti rigorosi per il numero e la durata degli interventi.
DISCUSSIONE E APPROVAZIONE: IL PROCEDIMENTO SPECIALE
Il procedimento normale richiede tempo e inoltre consente l'approvazione di un numero limitato di legge, dal momento che ognuna di esse deve essere discussa e votata nel assemblea plenaria.
La costituzione ha perciò previsto la possibilità di adottare un procedimento speciale, che richiede tempi assai più brevi.
Se presidente della camera sceglie questa strada, trasmette il progetto di legge a una commissione permanente e nello stesso tempo dalla commissione il potere di approvare in via definitiva il progetto senza doverne riferire in aula.
In questo caso si dice che la commissione si riunisce in sede deliberante: la legge viene discussa approvata esclusivamente dai membri della commissione.
Sono evidenti vantaggi di questo procedimento, ma anche i rischi che comporta: in questo modo una legge finisce per essere discussa e decisa da un numero limitato di parlamentari, con minori garanzie di pubblicità.
La costituzione a perciò fissato due regole per limitare questo inconveniente:
• una volta iniziato il procedimento speciale è sempre possibile passare procedimento normale: basta però che lo chieda il governo, 1/10 dei componenti della camera o 1/5 dei membri della commissione. In questo caso la commissione che aveva iniziato i suoi lavori in sede deliberante si trasforma automaticamente in commissione in sede referente e trasmette il progetto della lega di legge all'assemblea plenaria per la discussione e l'approvazione;
• il procedimento speciale non può essere mai adottato per un certo numero di materie indicate dall'art. 72 della costituzione.
Il procedimento speciale appare più adatto per le leggi che trattano le questioni meno importanti che riguardano ristrette categorie di cittadini, mentre il procedimento normale viene generalmente preferito per le leggi di portata generale o di grande rilevanza politica. Le leggi approvate in commissione con il procedimento speciale vengono spesso chiamati, nel gergo parlamentare, “leggine”.
LA PROMULGAZIONE
Una volta che la legge è stata approvata da entrambe le camere con lo stesso testo, essa deve essere promulgata dal presidente della Repubblica entro 30 giorni.
La promulgazione è una dichiarazione solenne e formale con cui il presidente della Repubblica afferma l'avvenuta approvazione della legge da parte delle due camere e l'obbligo di cittadini di osservarla.
La promulgazione avviene secondo una formula rituale che sempre uguale e che compare, quindi, in tutte le leggi.
La costituzione ha voluto offrire al presidente della Repubblica la possibilità di rifiutare la promulgazione: egli può infatti rinviare la legge alle camere con messaggio motivato e chiedere una nuova deliberazione.
Se però le camera approvano nuovamente la legge questa deve essere promulgata (art. 74 Cost.).
Si tratta di un potere di veto, ma limitato perché la seconda volta il presidente è obbligato a promulgare la legge: viene infatti chiamato veto sospensivo.
La costituzione non dice per quali motivi presidente può rifiutare la promulgazione, ma l'interpretazione che finora tutti i presidenti della Repubblica hanno dato di questo potere è stata nel senso di considerarlo un atto del tutto eccezionale.
Dal 1948 al 1992 infatti il veto sospensivo è stato usato solo 44 volte per bloccare leggi palesemente in contrasto con la costituzione o privi di copertura finanziaria.
LA PUBBLICAZIONE
Dopo la promulgazione la legge viene pubblicata (art. 73 c. 3 Cost.) sulla gazzetta ufficiale che è il giornale ufficiale dello Stato.
La pubblicazione ha uno scopo pratico evidente: dare ai cittadini la possibilità di conoscere, attraverso una fonte ufficiale, il contenuto della legge.
Ma anche uno scopo particolare effetto sul piano giuridico: dopo la pubblicazione nessuno può invocare come scusante l'ignoranza della legge.
La legge entra in vigore, di regola, il 15° giorno successivo alla data della pubblicazione.
Questo periodo di tempo è stabilito per dar modo, a chi lo vuole, di informarsi sulle disposizioni contenute nella legge.
La legge stessa può stabilire un termine più breve un termine più lungo.
LE LEGGI COSTITUZIONALI
Al Parlamento compete anche la funzione di approvare le leggi costituzionali.
Le norme in esse contenute hanno lo stesso rango delle norme costituzionali in quindi possono modificare o integrare la costituzione.
Vi sono 2 tipi di leggi costituzionali:
• le leggi costituzionali che modificano la costituzione, o leggi di revisione della costituzione;
• le leggi costituzionali che regolano particolari materie per le quali la stessa costituzione ha posto una riserva di legge costituzionale (artt. 116, 132 e 137 Cost.).
Anche in tale funzione il Parlamento incontra alcuni limiti.
Uno di essi è espressamente stabilito dalla costituzione (art. 139): “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”.
Un altro limite è la contenuto esplicitamente nell’arti. 2 della costituzione dove si afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo”.
Le leggi costituzionali si distinguono dalle leggi ordinarie per il procedimento necessario per la loro formazione.
Esso si svolge attraverso le stesse fasi, ma con 2 differenze che rendono questo procedimento aggravato, cioè più complesso di quello richiesto per le leggi ordinarie (art. 138 Cost.):
• l'approvazione, che deve sempre avvenire nel assemblea plenaria e ma in commissione, deve essere ripetuta da ciascuna camera due volte; da una votazione all'altra devono intercorrere almeno 3 mesi;
• per l'approvazione è necessaria la maggioranza dei due terzi dei membri di ciascuna camera; se l'approvazione avviene con la maggioranza assoluta, entro 3 mesi la stessa legge può essere sottoposta a referendum popolare, se lo stesso viene richiesto da 1/5 dei membri di una camera, dal 500.000 elettori o da 5 consigli regionali.
Tali aggravamenti hanno l'evidente funzione di garantire che le leggi costituzionali siano approvate con una sufficiente meditazione, che si basi su di un consesso particolarmente ampio delle forze politiche e che in mancanza di questo sia data al popolo la possibilità di esprimersi.
LA PUBBLICAZIONE
Dal 1948 a oggi sono stati modificati 31 articoli della costituzione, quasi tutti i relativi alla 2° parte.
La riforma di maggiore portata è intervenuta tra il 1999 e il 2001 quando, con 2 diverse leggi costituzionali, è stato interamente riscritto il titolo V della costituzione.
Sono stati inoltre emanate alcune leggi costituzionali sulle materie previste dalla costituzione: per disciplinare le funzioni della corte costituzionale e per gli statuti delle 5 regioni a statuto speciale.
Il referendum costituzionale è stato tenuto una sola volta, nel 2001, sulla legge regionale che modificava numerosi articoli del titolo V; la riforma è stata confermata dagli elettori.
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