Torino: progetti e realizzazioni per Vanchiglia

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Testo

POLITECNICO DI TORINO
FACOLTA’ DI ARCHITETTURA I
ANNO ACCADEMICO : 2001-2002
PROF.: SERGIO PACE

TORINO: PROGETTI E REALIZZAZIONI PER VANCHIGLIA.
INDICE
PREMESSA STORICA
LA PRIMA META’ DELL’OTTOCENTO
LE PROPOSTE DI ANTONELLI

LA SECONDA META’ DELL’OTTOCENTO
IL
IL PIANO DI PROMIS PER VANCHIGLIA

PREMESSA STORICA
A partire soprattutto dai primi anni quaranta dell’ottocento, la regione Vanchiglia (area situata tra piazza Vittorio Veneto ed il fiume Dora), fu soggetta, come vedremo, a più piani di sviluppo allo scopo di utilizzarla sia come area ad uso residenziale, sia come area a sviluppo produttivo.
Ma perché tanti piani per una zona che doveva anche essere soggetta a bonifica?
Per capire meglio questa vicenda è bene rifarsi alla storia di Torino e del Piemonte in generale a partire da pochi decenni prima degli anni quaranta dell’ottocento.
Infatti già dal 1815 e cioè dal Congresso di Vienna e quindi nel periodo della restaurazione (che durerà fino a poco prima dell’anno 1848, l’architettura e l’urbanistica ,furono argomenti soggetti a grande interesse.
Questo anche grazie ai re che caratterizzarono questo periodo e cioè Vittorio Emanuele I (dal 1814 al 1821),Carlo Felice (dal 1821 al 1831) ed infine Carlo Alberto (dal 1831 al 1849)1.
Il congresso di Vienna sancì il ritorno della Monarchia Sabauda e
questa,una volta riacquistato il potere, si impegnò a ripristinare sia la lagislazione che la politica le quali erano state modificate in seguito all’occupazione francese.
Già Vittorio Emanuele I infatti,con l’editto del 21 maggio 1814 ripristinò duramente leggi e istituzioni dell’Antico Regime, con un netto colpo di spugna sull’apparato legislativo che aveva caratterizzato il Governo francese.2
Fu così che il Consiglio degli Edili perse i propri poteri (a questo spettava infatti prima la stesura dei piani di intervento); Invece i lavori già realizzati nel quindicennio di occupazione francese e dettate dal Plan General d’Embellissement del 1809 rimasero.
Vittorio Emanuele I iniziò a richiedere nuovi piani di ampliamento e quindi lo spianamento dei terreni per lo spazio necessario alla nuova urbanizzazione.
Erano infatti iniziati gli anni della forte urbanizzazione per Torino dovuta sostanzialmente all’insediamento improvviso nella città da parte della Borghesia rurale soprattutto per il ripristino delle barriere daziarie.
L’ingegnere capo della Municipalità,l’architetto Lorenzo Lombardi fu il grande protagonista di questi piani il cui scopo principale era quello di progettare nuove mura intorno alla città soprattutto per motivi daziari (opera tra l’altro mai realizzata).
Il piano di Lombardi comunque seguiva sostanzialmente il Plan general d’embellissement prima citato.
Ma fu solo sotto il regno di Carlo Felice che iniziarono le grandi realizzazioni previste da questi piani.
Questo però solo dopo che venne ristabilito il Consiglio di Architettura che altro non era che il Consiglio degli Edili solo con meno poteri rispetto a prima e presidiato questa volta da un Vicario.
In questo periodo vennero realizzati così, anche secon molti problemi legati agli espropri, molti progetti tra cui le attuali piazza Vittorio Veneto, la piazza della Repubblica e piazza Carlo Felice.
Fu anche intorno a queste piazze che avvennero le prime lottizzazioni dei terreni ( a partire però solo nel periodo caratterizzato dal regno di Carlo Alberto ) che comprendevano anche l’attuale regione Vanchiglia vista la sua vicinanza alla piazza Vittorio Veneto.
Per concludere questo capitolo possiamo così affermare che una serie di vicende tra cui il ritorno alla legislazione precedente l’occupazione francese, l’acquisita importanza dell’urbanistica come mezzo per pianificare l’espansione del territorio, la necessità di avere nuovi spazi per far fronte alla crescente urbanizzazione ed alcuni piani capaci di individuare tali spazi (e Vanchiglia come visto era proprio uno di questi),ci permettono di dare una risposta alla domanda iniziale e quindi capire il perché di tanto interesse per questa regione.
LE PROPOSTE DI ANTONELLI
Il vero sviluppo della regione Vanchiglia parte dall’anno 1844(la prima urbanizzazione di quest’area risale infatti al secondo decennio dell’800),dopo l’acquisto da parte della Società dei Costruttori di Vanchiglia di alcuni terreni per un eventuale sviluppo in prevalenza residenziale.
La Società dei Costruttori di Vanchiglia era composta da otto membri di cui faceva parte anche gli architetti-urbanisti Alessandro Antonelli e Giuseppe Perino.
Anche se quest’ultimo già nel giugno del 1843 aveva presentato un’ istanza3 al Consiglio degli Edili nel tentativo di prolungare via Vanchiglia, Alessandro Antonelli era il vero coordinatore di questa Società.
L’interesse per Vanchiglia da parte della Società dei Costruttori e quindi di Antonelli stesso oltre che per fini speculativi (i terreni erano comprati a basso costo per poi essere divisi in lotti designati per futuri ampliamenti e quindi essere assegnati ai vari soci (fig. 1)), era quello di unire questa regione con il territorio esterno e con il resto della città.
In effetti l’intera regione di Vanchiglia presentava fino a quel momento piu’ di un motivo per rimanere separata dal rimanente tessuto urbano come e’ evidente leggendo una delle delibere del Magistrato del Protomedicato (28 agosto 1845) che ci chiarisce le cause di un alta insalubrità della zona:
4 .
Così,anche per questi motivi, la Società dei Costruttori raggiunse un accordo con il comune dove si impegnava alla bonifica dei suoli a proprie spese.
Antonelli propose così il suo primo piano al Consiglio degli edili (di cui, come visto nella premessa storica, era a capo il Vicario) nel settembre del 1844.
Erano chiare già in questo primo piano le sue intenzioni:erano previste espansioni che andavano ben al di là dei terreni acquistati dalla Società dei Costruttori (che non superavano l’attuale viale di S’Maurizio) espandendosi anche nella regione Vanchiglietta situata a nord del corso della Dora.
Di qust’ultima Antonelli proponeva la rettifica per bonificare i terreni di
Vanchiglia5,progettando un nuovo alveo per permettere così un percorso parallelo al Po fino alla Stura (progetto poi accuratamente approfondito nel piano del 1848) e questo,oltre che per ovvi motivi di bonifica, anche per creare una divisione tra Cimitero e Città.
Inoltre la lottizzazione seguiva il reticolo viario secondo l’orientamento che era stato definito e attuato da Giuseppe Frizzi per Piazza Vittorio (1825) e la forte “irregolarità” di tale andamento6(fig.2)
Purtroppo Antonelli sia in questo che nei suoi piani futuri per Vanchiglia ,trovò molti ostacoli :infatti sia il Vicario che il Consiglio degli Edili erano contrari alla costruzione dell’area (a differenza naturalmente dei proprietari terrieri di Vanchiglia ) e nel 1845 la Municipalità per i problemi ancora ingenti causati dall’insalubrità della zona, che ancora non erano stati risolti ,non permise alcun intervento.
Neanche un secondo progetto di Antonelli del 1846 (che vedeva interessata questa volta la regione Vanchiglia intera) non convinse pienamente la Municipalità anche se il Vicario aiutato da una Commissione si decise ad analizzare i due progetti di Antonelli approfonditamente.
Ne conseguì un piano alternativo che si basava comunque sui Piani di Antonelli e che venne approvato dal Consiglio degli Edili .
Ma la soluzione era ancora lontana dal risolversi, infatti, visti i continui scontri tra proprietari terrieri e la Municipalità , Antonelli presentò un terzo piano anche questo rifiutato dalla Municipalità stessa.
Soltanto Il 12 settembre 1846 con Regia Lettera Patente dal re Carlo Alberto il piano di Antonelli risalente al 1844 venne approvato ma solo per i terreni di proprietà della Società dei Costruttori di Vanchiglia.
Visti però gli interessi speculativi (ed i limiti di costruzione imposti non avantaggiavano sicuramente tali fini ), Antonelli cercò una soluzione con i piani rispettivamente del 1848 e del 1852.
In particolare quest’ ultimo ci permette di comprendere i tentativi di Antonelli per uno sviluppo intenso nella zona questa volta non solo residenziale ma anche di tipo produttivo.
In questo piano infatti Antonelli riprendeva la rettifica dell’alveo della Dora ,come già visto, rendendola parallela al fiume Po in modo da avere più terreni e quindi più lotti disponibili.
Dalla confluenza dei due fiumi quindi partiva la maglia viaria e regolare che arrivava al prolungamento degli isolati di Vittorio Veneto.
Da non dimenticare inoltre il collegamento presente nel progetto con la strada di Casale grazie ad un nuovo ponte che permetteva il collegamento direttamente con la nuova struttura insediativa (7 ).
Infine (ma non per questo meno importante) il Piano prevedeva la costruzione della stazione detta di Novara (fig.3) chiamata così dato che la localizzazione era prevista sulla strada ferrata di Novara,attestandola sul proseguimento assiale della più importante arteria nord-sud della città barocca (attuali vie Accademia Albertina e Rossigni) con due diverse previsioni di sito,al di qua o al di là della Dora,ma all’interno di un identico modello urbanistico8.
Tale progetto però non fu mai realizzato dato che una successiva scelta preferì lo sviluppo della stazione per porta Susa privilegiando così lo sviluppo della città verso ovest.
Comunque fu proprio il tentativo di sfruttare ancora una volta i terreni fuori dalla proprietà appartenente alla Società dei Costruttori che causò l’ennesimo rifiuto da parte della Municipalità ad un ormai sconsolato Antonelli.
Questa volta la Municipalità fece riferimento infatti ai limiti di fabbricazione imposti dai vincoli militari dopo il 1848 (in base ai quali molti piani degli anni 40 vennero messi in discussione).
I vincoli militari erano stati imposti in vista di una possibile occupazione del Piemonte (vedi premessa storica ) da un apposita Commissione che decise la costruzione di una cinta di fortini disposti ad una certa distanza dal tessuto urbano come difesa per la città.
Questo influenzò molto la pianificazione della città che doveva ora rispettare limiti regolari ben precisi.
Già nell’anno 1846 tre piani settoriali per l’ampliamento di Torino (i quali come punto in comune avevano il tentativo di integrarsi strutturalmente con la città preesistente),erano stati approvati con Regie Patenti e la pianificazione per Vanchiglia ne rappresentava uno di questi ( gli altri due erano il Piano fuori Porta Nuova ed il piano di ingrandimento parziale fuori porta Susa e nella regione di Valdocco).
Coordinatore di questi tre Piani per Torino a partire dalla seconda metà dell’ 800 era l’architetto-urbanista Carlo Promis insieme agli architetti della municipalità.
IL
E’ bene però, prima di parlare del piano di Promis per Vanchiglia sottolineare il fatto che i tre piani di ampliamento per Torino si basavano in realtà su un unico piano, Infatti invece di continuare lo sviluppo di Torino attraverso piani interessanti solo parti di essa, si preferì ,già a partire dalla metà degli anni quaranta dell’ottocento, un piano generale capace di evidenziare poli di riferimento urbanistico9 e soprattutto in grado di prevedere uno sviluppo omogeneo delle città vista la continua crescita di popolazione di quel periodo.
Questo piano è emblematico: ci permette di capire la situazione politico-militare ed economica di Torino(e del Piemonte in generale) grazie alle influenze che questi fattori diedero al piano stesso.
Inoltre ci permette di capire l’importanza dei privati dato che furono proprio questi a creare non pochi problemi alla sua realizzazione e con le loro proteste a cambiarne addirittura alcune parti.
Ma procediamo con ordine: un primo polo evidenziato e studiato dal piano era la costruzione dell’ Ospedale Militare Divisionario situato nella zona Meridionale della città mentre un secondo polo venne individuato con il progetto per la ferrovia Torino-Genova e quindi con il progetto della Stazione.
E’ in questa occasione che troviamo le prime proteste dei privati visti i problemi per la localizzazione della Stazione e l’aumento di valore che questo ovviamente poteva dare ai terreni vicino ad essa.
Il 20 marzo 184810 il piano con i progetti ormai ben definiti, venne approvato ma questo solo dopo la nascita nel 1847 di una commissione che aveva il compito, secondo l’ideale di “piano Generale”, di analizzare approfonditamente i piani fino ad allora approvati e modificarli rendendoli congrui per questo nuovo fine.
Vanchiglia veniva citata così in una relazione della Commissione stessa dato che in essa veniva localizzato uno dei limiti alla fabbricazione e questo per motivi sanitari (si temevano infatti possibili malattie contagiose dovute alla vicinanza dei cimiteri a tale area).
Ma il limite individuato dalla Commissione (che era formata sia da proprietari terrieri sia dal consiglio Delegato11) non era l’unico dato che era già in parte influenzata dai problemi di tipo politico-militare di quel periodo,problemi che influenzeranno poi totalmente il piano del 1848.
In questo piano però i limiti furono imposti da parte del Ministero della Guerra per la difesa della Capitale.
Tale Ministro vide come punti focali intorno ai quali porre un limite di espansione le strutture della Cittadella, la Piazza d’Armi, i bastioni e l’area destinata alla costruzione dell’Ospedale Militare12 (prima accennato).
Ma questo problema di difesa della città mai sarebbe potuto accadere in periodo peggiore.
Infatti Torino, in quel periodo in particolare, era soggetta ad uno sviluppo demografico senza precedenti dovuto sia all’importanza legata alla nomina di città capitale sia alla crescente importanza delle attività produttive e commerciali in generale che avvenivano in essa.
Questo accadeva anche in molte altre città Europee e come queste Torino necessitava di uno sviluppo edilizio capace di sfruttare i terreni limitrofi alla città stessa (ed i limiti imposti non andavano sicuramente a favore di tale necessità).
Come se non bastasse il Piano D’Ingrandimento della Capitale fu bloccato da questioni procedurali:a partire infatti dall’ottobre del 1848 con la legge di riforma delle amministrazioni locali7 e soprattutto con lo Statuto Albertino del 4 marzo 184813 con il quale non venivano più riconosciuti i poteri esecutivo,legislativo e giudiziario al Re,i comuni locali acquistavano molta autonomia e potere amministrativo.
Successivamente il Ministro dei Lavori Pubblici iniziò a perdere inesorabilmente potere così non si sapeva realmente più a chi sarebbe toccato l’incarico per l’approvazione dei piani.
Fu soprattutto grazie ai privati ed alle loro proteste che il Municipio istituì una nuova Commissione,al fine di valutare la situazione contingente e prevedere,attraverso un attento studio,le future esigenze della città.14
Infatti sebbene l’amministrazione comunale fosse ben attenta nel salvaguardare il principio di proprietà,i privati si lamentarono riguardo l’impossibilità di costruire per i continui rifiuti alle loro istanze.
La commissione così venne nominata dal Consiglio Delegato il 21 luglio 184915 e tra i vari membri presenti vi erano anche il già citato Carlo Promis ed il suo aiutante l’avvocato Giovanni Battista Cassinis.
Carlo Promis era sicuramente l’elemento più adatto per la Commissione dedita a decisioni soprattutto strategico-militari e questo perché era uno dei pochi architetti ed urbanisti a conoscere davvero a fondo tali problematiche anche grazie alle sue conoscenze molto approfondite riguardo la storia militare piemontese. Tutto questo gli permise di partecipare anche alla commissione del 1850, questa volta costituita dal Ministero della Guerra ,dove venne incaricato dello studio per la difesa della città16.
IL PIANO DI PROMIS PER VANCHIGLIA
La proposta di costruire una cinta di fortini attorno alla Capitale ci permette di capire l’importanza dei problemi legati alla difesa della città.
Tale proposta imponeva una revisione dei piani degli anni Quaranta anche per la regione Vanchiglia.
Il piano Generale di Torino del 1947 per l’area di Vanchiglia si basava sul progetto degli edili del 1846 senza alcuna modifica sostanziale.
Infatti è solo con il piano di Promis che la regione Vanchiglia vide un radicale e decisivo sviluppo del tessuto urbano dato che fu proprio questo piano a venire approvato il 27 novembre 185217.
Per capire meglio questo piano è bene metterlo in confronto con il piano di Antonelli per vedere le sostanziali differenze tra i due.
Il piano di Antonelli alla fine non venne approvato sostanzialmente per motivazioni di tipo difensivo non considerati da Antonelli stesso a differenza di Promis che anzi prese come punto di riferimento per i suoi piani anche tale problema.
Ma ci furono altre differenze soprattutto per quanto riguardava il tema morfologico delle varie parti che costituivano Vanchiglia.
Promis infatti criticò alcune idee di Antonelli come ad esempio le proposte di quest’ultimo per la pianificazione del bordo fluviale.
Antonelli infatti nei suoi piani non aveva previsto,almeno secondo Promis,strade appropriate per il collegamento con il bordo fluviale dato che non avevano un andamento parallelo alla sponda e nemmeno presentavano strade perpendicolari ad esse capaci di collegarle con il resto della città.
Il problema per quest’area era rappresentato dall’incertezza dovuta alla decisione se proseguire l’orientamento imposto da Frizzi ,e quindi la sua irregolarità rimanendo fedeli all’idea di legare i nuovi piani alle preesistenze (cosa che tra l’altro rappresentava in generale uno dei pochi punti in comune tra i due piani), oppure elaborare nuove proposte.
Promis per risolvere questo problema,utilizzò una palazzata con portici continui lungo il fiume,inserita nel contesto del paesaggio fluviale con forte valore scenografico18.
Inoltre Promis propose di collegare questi portici alla piazza Vittorio Emanuele,in modo da poter agevolare la viabilità pedonale essendo questi di uso pubblico.
Iniziò però una grande discussione tra privati e Municipalità dato che i privati si sentivano emarginati da qualunque nuova idea per Vanchiglia della Municipalità stessa e fu proprio a causa loro che l’idea di Promis e dell’utilizzo di porticati, almeno per questa parte di città, non venne attuata.
Altra questione interessante fu la mancanza di progetti da parte di Promis per il problema legato all’alzato delle vie.
Questo da parte di Promis era molto strano dato che era un architetto abituato a fornire tutti i particolari sia dei suoi piani che dei suoi progetti.
Una motivazione per questa mancanza però esisteva in realtà:Promis aveva pensato per il progetto di ingrandimento per Torino ad19
Ma questa sua idea basata sulla città omogenea non era più adatta pèr i seguenti motivi:la politica più liberistica rispetto ai periodi precedenti ed il tranquillizzarsi della situazione politico-militare piemontese dopo il 1852.
In questo modo i limiti su cui Promis come abbiamo detto basava i suoi piani,diventarono di importanza secondaria rispetto ad un sempre più necessario sviluppo della città (tanto che in breve periodo i limiti vennero imposti ad una distanza tale da non rappresentare, almeno a livello di sviluppo urbanistico, nessun problema. )
Fu così che l’idea della città omogenea(Rappresentata in vari piani di Promis che comprendevano quindi anche l’alzato delle vie )fu attuata soltanto per20.
Questo tipo di idea inoltre a Vanchiglia non poteva trovare un suolo favorevole dato che qui la maggior parte dei terreni era in mano ai privati.
Fu così che a causa dei privati e anche per il Ministro Cavour contrario ad una pianificazione così legata a limiti ormai inutili, che Promis si vide costretto a ritirare molti dei suoi progetti per Vanchiglia.
Altra differenza sostanziale tra il piano per Vanchiglia di Antonelli e quello di Promis fu la differente idea riguardo l’uso del suolo.
Infatti mentre il primo credeva opportuno un uso di tipo residenziale,il secondo era invece a favore di un uso in prevalenza produttivo.
Questo è evidente nel piano di Promis se analizziamo i suoi studi sulla rettifica della Dora.
L’architetto volendo utilizzare questo fiume a favore delle industrie progettò un nuovo alveo permettendo così al fiume di scorrere parallelamente al Po e soprattutto in modo regolare.
Naturalmente questo non sarebbe bastato per garantire una buona funzionalità all’area;erano infatti necessari nuovi collegamenti stradali per il traffico dei veicoli e quindi anche delle merci.
Promis risolse il problema con la costruzione di un nuovo ponte con i seguenti vantaggi:diminuì il traffico sopra il ponte di pietra (lo stesso ponte già citato nei piani di Antonelli per Vanchiglia) e permise un miglioramento del traffico proveniente dalla strada di Casale.
Inoltre le prime sette vie con direzione est-ovest vennero collegate a quelle già esistenti passanti intorno a Piazza Vittorio Veneto e progettate da Frizzi mentre le rimanenti permettevano il collegamento diretto con le vie della Posta e del Common D’oro (Vanchiglia così si collegava alla città Barocca) oltre che con i Giardini Reali (fig.4).
Ma Promis non cambiò l’intero tessuto urbano rispetto ai piani precedenti,infatti,come era già stato definito nel piano del 1846 da parte del Consiglio degli Edili, la chiesa anche nel suo piano rimaneva collocata nella stessa posizione (tra le attuali via Santa Giulia e Cesare Belbo21).
Ma la forma triangolare caratteristica di Vanchiglia, comparsa in seguito alla parziale attuazione del piano di Promis durante la seconda metà dell’ottocento,era dovuta sostanzialmente all’allungamento dell’attuale corso Regina Margherita (fino a raggiungere il Po),e da corso S.Maurizio.
Questi due corsi tra l’altro comprendevano anche parti della circonvallazione napoleonica approvata nel 1908 con il “Plan d’Embellissment”22.
E bene ricordare che, anche se il piano di Promis non prevedeva ampliamenti futuri e anzi giustamente tentava di risolvere i problemi funzionali di quel periodo,fu anche grazie a questo che Vanchiglia divenne una tra le aree fondamentali per il risollevamento di una Torino che a partire dagli anni sessanta dell’ottocento cadde in piena crisi (questo perché il piano aveva creduto nella possibilità di trasformare la regione in area produttiva.)
La crisi avvenne per i seguenti motivi: tra il 1848 ed il 1861 la città vide un aumento della popolazione pari al 68% rispetto a quella preesistente ed un mercato(anche edilizio) sempre più in crisi visto l’aumentare delle possibilità per la città di vedere uno spostamento della capitale (avvenuto poi in effetti nel 1865).
Quello di Promis fu anche l’ultimo piano attuato per Vanchiglia,infatti quelli futuri non saranno altro che varianti a questo piano.
Tra queste è opportuno ricordare quella del 1873 che prevedeva un espansione per Vanchiglia fino a raggiungere la cinta daziaria del 1853.
NOTE
1 Cfr. Umberto LEVRA,Storia di Torino, la città nel risorgimento(1798-1864),Ed.Giulio Einaudi,Torino, 2000, p.381.
2 Ibidem.
3 Cfr. Giovanni BRINO, Franco ROSSO, La casa dell’architetto Alessandro Antonelli in Torino, in , Torino, n.s., a.XXVI, 1972, nn. 5-6, maggio-giugno, pp.79-101 e nn. 7-8, luglio-agosto, pp.115-139.
4 Cfr. [Deliberazione del Magistrato del Protomedicato,Torino, 28 agosto 1845]
(Torino, Archivio di Stato, Lavori Pubblici,Ornato Edifici e Monumenti,Torino:1850-1860,mazzo 299).
5 Cfr. Vera COMOLI MANDRACCI, Piano d’ingrandimentodella Capitale (1850-1852) tra cultura urbanistica e strategia militare,in Vera COMOLI MANDRACCI (a cura di ), Le città nella storia d’Italia: Torino, Ed.LATERZA, BARI, 1983 p.165.
6 Ivi, p.168.
7 Torino, Archivio storico del Comune, Lavori pubblici (corrispondenza), cart.2, rep.12, fasc. 1, f.15, Carlo Promis, Osservazioni della Commissione pei piani di ingrandimento di Torino circa il dispaccio che il S.r Ministro delle Opere Pubbliche indirizzava al S.r Sindaco di questa capitale in data 27 dicembre 1850, Torino 12 gennaio 1851, p.17.
8 Vera COMOLI, op.cit. p.165.
9 Ivi p.150.
10 Cfr. Elisabetta CALDERINI, La relazione di Gian Battista Cassinis per la > del Piano di ingrandimento della Capitale, Roma,Kappa, 1987, p.12.
11 Vera COMOLI, op. cit. p.153.
12 Ibidem.
13 Cfr. Sara DURIO-Laura NOVO, Torino:caratteri urbani ed edilizi di Vanchiglia; rel.:Lupo, Giovanni Maria, Torino, Febbraio 2001 p.71.
14 Ibidem.
15 Sara DURIO, Laura NOVO, op. cit. p.72.
16 Vera COMOLI, op. cit. p.154.
17 Ivi, p.165.
18 Ivi, p.168.
19 Cfr.Vera COMOLI MANDRACCI, Il piano urbanistico per una capitale “in progress”,in Vera COMOLI MANDRACCI, Vilma FASOLI (a cura di ), p.49.
20 Ibidem.
21 Sara DURIO- Laura NOVO, Op.cit. p. 97.
22 Ivi p. 8.

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