Relazioni di laboratorio di chimica

Materie:Appunti
Categoria:Chimica

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Testo

DENSITÀ DEI LIQUIDI
OBIETTIVI: misurare la densità dell’acqua e dell’alcol.
MATERIALE: buretta, bilancia, calcolatrice, acqua, alcol, becher.
PROCEDIMENTO:abbiamo rilevato la massa di un becher (47.23 g) dopodichéla abbiamo rilevato la massa dello stesso becher ma riempito di acqua (87.17g). Quindi sottraendo la misura appena rilevata con quella precedente siamo riusciti a calcolare la vera massa dell’acqua(39,94 g).
Il medesimo procedimento è stato adottato per trovare la massa dell’alcol.
TRATTAMENTO DATI: Dato che il volume dell’acqua ci era già noto ne abbiamo calcolato la densità:
d = 39,94 g = 0.9985g/cm3
40cm3
Perciò abbiamo anche calcolato la densità dell’alcol:
d = 33,29 g = 0,83 g/cm3
33,29 cm3
GRUPPI
DENSITÀ ACQUA (g/cm3)
DENSITÀ ALCOL
1
1,00
0.79
2
1,00
0.84
3
1,00
0.83
4
1,00
0.83
5
1,00
0.83
6
1,00
0.83
MEDIA DENSITÀ
1,00
0.83
RELAZIONE DI LABORATORIO N°5
Aurelio,Elver, Daniele, Marco Giassi
Generatore di corrente statica:
Detto anche macchina elettrostatica, produce una differenza di potenziale tra due sue estremità, dette poli, sfruttando fenomeni elettrostatici. I g. elettrostatici forniscono differenze di potenziale molto elevate, ma correnti estremamente deboli, dell'ordine del milliampere.
Struttura di un generatore:
Facendo girare i due dischi di plexiglas; per strofinio con le bacchette messe a contatto con tali dischi, si genera elettricità statica che verrà convogliata all’interno dei due condensatori che contengono circa 2000 V .Quindi, nel momento in cui l’aria cessa di svolgere l’azione di isolante termico, si potrà notare una piccolissima scarica elettrica.

Titolo: preparazione di una soluzione a titolo noto.
Premessa Come si diluisce H Cl da 1M a0.9M?
I nostri dati a disposizione sono:
V1= volume iniziale.
C1 = concentrazione iniziale.
C2= concentrazione finale.
Da ciò capiamo che la nostra incognita è ilV2.
V2= C1 x V
------------
2
da qui si ottiene che V2 è pari a 11.1ml.
Materiale: contenitore di portata massima superiore a 100ml (beuta).
Cilindro graduato da 100ml.
Buretta pretarata.
Densimetro.

Relazione di laboratorio
Aurelio Testa
Relazione n°3

Titolo:determinazione della quantità di prodotto ricorrendo alle moli.
Materiale:beuta, vetrino d’orologio, bilancia elettronica.
Procedimento:Innanzitutto rileviamo attraverso la bilancia elettronica la massa di una beuta contenente dell’ HC l, che risulta 161,63g. In seguito poniamo un vetrino d’orologio sulla bilancia e si tara l’apparecchio; quindi versiamo sul vetrino il nostro sale incognito e ne calcoliamo la massa che è pari a 1,01g. Per finire calcoliamo con una semplice addizione la massa della beuta + HC l + sale incognito =162.64g.
Ora versiamo il sale incognito nella beuta contenente l’HC l( preoccupandoci di pulire per bene il vetrino) e si noterà dell’effervescenza provocata dall’evaporazione dell’anidride carbonica(CO2); quindi per accelerare l’uscita del gas si agita la beuta. Alla fine; dopo varie rilevazioni, otteniamo che la massa della beuta +HC l + sale è pari a 169.19g e perciò la massa di C02 risulta di 0.45g. Facendo una semplice proporzione : x:44= 1.01: 0.45 l’incognita sarà pari a 98.76g. In conclusione il tecnico ci ha informato che il sale incognito era il CaCO3
Relazione di laboratorio
Gruppo: Aurelio, Fabio, Christian, Marco Giassi.
Relazione n°2

Titolo: determinazione della quantità di prodotto ricorrendo alle moli.
Materiale: beuta, cilindro graduato, vetrino d’orologio.
Procedimento: abbiamo preso una beuta contenente dell’acido cloridrico (HCl) 1 M (non più di 20 ml) e dell’ NaCO3 su un vetrino d’orologio che varia da 1g a 1,5g.In seguito troviamo la massa della beuta + HCl che è pari a 146,81g.Il nostro lavoro continua versando l’ NaCO3 nella beuta assicurandoci di non lasciare nemmeno un granellino del sale (NaCO3) sul vetrino d’orologio. Dopo aver effettuato l’operazione precedente, si renderà necessario far evaporare l’anidride carbonica dalla beuta; quindi alla fine si trova la massa della beuta aggiunta dell’ NaCo3 e dell’ HCl, che risulterà pari a 147,55g
Relazione di scienze
Aurelio Testa
Relazione n°2

Definizione: un composto presenta sempre la stessa composizione quantitativa e qualitativa, ossia è sempre costituito dagli stessi elementi nelle medesime quantità relative.
Materiale: una capsula, della polvere di rame, il bunsen, la bilancia elettronica.
Procedimento: la reazione chimica da preparare è:
2Cu+ O2= 2C
Per preparare questa reazione, bisogna innanzi tutto riscaldare sul bunsen la capsula di porcellana in modo da togliere l’umidità che si forma nel recipiente, dopodiché se ne rileva la massa sulla bilancia elettronica (24.44 g).
Quindi si passa alla rilevazione della massa del rame (Cu): 1.05 g; una volta conclusa anche quest’operazione si sommano fra di loro le due masse (24.44+1.05) g=25.49 g che corrisponde alla massa della capsula contenente il rame. Dopo aver eseguito il calcolo si versa del rame ridotto in polvere nella capsula, e si fa riscaldare il tutto sul bunsen.
In base alla teoria: 2Cu ha come unità di massa atomica 127, mentre O2 ha una massa atomica 32.
Facendo una semplice proporzione ci sarà facile calcolare la massa in aumento del prodotto 2CuO:
127:32=1.05:x
x=0.26 g
Quindi secondo la teoria la massa del prodotto di questa reazione chimica sarebbe pari alla somma (25.49+0.26) g =25.75 g.
Passato un certo periodo prova a misurare la massa della capsula contenente il rame; il valore è pari a 25.60 g.Ciò dimostra il ragionamento precedente e vale ad affermare che ilo valore della massa è cambiato e continuerà ad innalzarsi fino a 25.75 g. Se si continuali riscaldamento il valore della massa non varierà.
Relazione di laboratorio n°
Aurelio Testa, Elver Bassani, Daniele Nespoli,Marco Giassi

Materiale: becher, dinamometro, pesetti, sostegno.
Procedimento: applicando un oggetto del peso di 20 g ad un dinamometro è una forza di 0,2 N. Se però immergiamo i pesi in un becher contenente dell’acqua, noteremo che sul dinamometro sarà una forza di 0,17 N; quindi moltiplicando questo valore per 9,8 riuscirà a calcolare 8l peso dell’oggetto che in questo caso è di 16,6 g, Dobbiamo ritenere di conseguenza che l’acqua eserciti una forza Fa verso l’alto sul corpo immerso.
Ora applichiamo al dinamometro un supporto al quale sono applicati due pesi di 10 g ciascuno e lo immergono nel becher; sullo strumento sarà una forza di 0.4 N. Eseguendo la medesima operazione ma sostituendo l’acqua con dell’alcool, la forza riportata sul dinamometro apparterrà a 31,36 N pari a 31.36 g.Ciò ci permette di capire che la pinta idrostatica dipende dalla densità del liquido.
Infine applichiamo al dinamometro alcuni oggetti del peso di 78.4 g e li immergono in acqua; sullo strumento sarà poi riportata la forza di 0.8 N. Se eseguiamo la medesima operazione ma aggiungendo del sale da cucina all’acqua; si noterà che la forza riportata sul dinamometro è pari a 0.66 N.
Relazione di laboratorio n°
Aurelio Testa, Daniele Nespoli, Marco Giassi, Bassani Elver.
30/06/10 17.31

Materiale: tappo di sughero, beuta, provetta, bilancia, Ioduro di Potassio, Piombo Acetato.
Procedimento: Nella beuta si versa una soluzione di Piombo Acetato dopodiché si riempie il contenitore con 100 ml d’acqua. In seguito si mette dello Ioduro di Potassio nella provetta e si versa anche questa volta dell’acqua distillata.
Si immerge la provetta nella beuta in modo che i contenuti dei due recipienti non si mischi no e si rileva la massa grazie ad una bilancia (24393 g).
Ora sì ruta la beuta in modo che il contenuto della provetta vada a mischiarsi con quello della beuta e si provvede a rilevare la massa che è di 243.93 g.
Relazione di laboratorio n°
Aurelio Testa, Bassani Elver, Nespoli Daniele, Giassi Marco.

Materiale: tubo molto resistente di 1 m, mercurio, un mortaio.
Procedimento: si riempie di mercurio il tubo lungo circa 1 m e chiuso ad una estremità. Tenendolo tappato con un dito, si capovolge il tubo e lo si immerge in una bacinella contenente altro mercurio.Tolto il dito, il mercurio scenderà nel tubo, fermandosi a un’altezza di circa 76 cm al di sopra del liquido nella bacinella.Nello spazio compreso tra la colonna di mercurio e l’estremità del tubo si formerà il vuoto, cioè una zona in cui manca l’aria e qualsiasi altra sostanza Questo risultato è dovuto al raggiungimento di un equilibrio tra le pressioni che agiscono nel tubo.
Materiale:un sostegno, un peso di plastica, un dinamometro, un becher.
Procedimento:Applicando un peso di plastica ad un dinamometro leggiamo sulla scala graduata che il materiale ha una forza peso pari a 100 g.
Ma se durante questa operazione ,immergiamo l’oggetto nell’acqua sul dinamometro ci risulterà che l’oggetto ha una forza peso di 30g.Dobbiamo ritenere di conseguenza che l’acqua eserciti una forza Fa verso l’alto sul corpo immerso.In questo caso la forza Fa è uguale a70 g.
Domande:
1. La spinta idrostatica dipende dal volume del liquido?
No, infatti se cambiamo il becher con un altro ma di volume diverso noteremo che immergendo l’oggetto nell’acqua il valore della forza peso riportato sul dinamometro rimarrà invariato.
2. La spinta idrostatica dipende dalla densità del liquido?
Sì, infatti se immergiamo l’oggetto non più in un becher pieno d’acqua, bensì di alcool, si noterà che la forza peso riportata sul dinamometro sarà di 40 g, quindi con una forza Fa di 60 g.
3. La spinta idrostatica dipende dal volume dell’oggetto?
Sì, infatti se sostituiamo il nostro oggetto con un altro di volume diverso ma di peso uguale; immergendolo in acqua ci risulterà una forza peso di 85 g; quindi una forza Fa di 15 g
Esperienza di laboratorio n° 12
Testa Aurelio, Giassi Marco, Bassani Elver, Daniele Nespoli.

I moti convettivi:
Procedimento: Si mette un cristallo di permanganato in una beuta contenente dell’acqua; dopo un po’ di tempo si noterà sul fondo della beuta una singolare macchia violacea. Allorché se si riscalda la beuta con un bunsen; la macchia che si era formata sul fondo del contenitore salirà lentamente verso l’alto, ma trovando una temperatura piuttosto fredda sulla superficie dell’acqua, la macchia ritornerà lentamente verso il fondo della beuta.
2° esperienza:
Se si mette in un provettone pieno d’acqua, un cubetto di ghiaccio ( sapendo che il ghiaccio galleggia sull’acqua) e si riscalda il fondo del contenitore con un bunsen ; si nota che il ghiaccio si è sciolto nel giro di un minuto e mezzo.
Ora, seguendo la stesso procedimento ma ponendo il cubetto di ghiaccio sul fondo del provettone ;fissandolo con della canapa; e riscaldando il contenitore dalla parte dell’apertura si noterà che il nostro cubetto si scioglierà in un tempo maggiore di quello precedente.
Relazione di laboratorio
Gruppo: Aurelio, Fabio, Christian, Marco Giassi.
Relazione n°2

Titolo:La velocità di reazione( individuazione dei fattori che la influenzano)
Procedimento:I fattori che influenzano la velocità di reazione sono:
1. la natura dei reagenti.
2. temperatura.
3. concentrazione.
4. superficie di contatto.
5. catalizzatori.
1° parte: Natura dei reagenti.
Obbiettivo:decolorazione del permanganato.
1° reazione:
2°reazione:
Materiale: 2 becher da 100 ml; soluzione di permanganato(0.01mol); soluzione FeSO4(0.1 mol); soluzione acido ossalico(0.1mol); H2CO4(3mol).
Procedimento:Si versa in uno dei 2 becher circa 75 ml di soluzione di permanganato,( cristallo di permanganato +acqua = colore violaceo del liquido) dopodiché si versano 3 ml di acido solforico nel contenitore.(*) Una volta eseguite queste operazioni si procede travasando una parte della soluzione di permanganato nel 2° becher; vuoto naturalmente. Quindi si mettono rispettivamente in 2 provette l’acido solforico e l’acido ossalico e si provvede a versare nei contenitori dell’acqua distillata in modo da formare due soluzioni. Ora con attenzione si travasa la soluzione di FeSO4 nel becher contenente la soluzione di permanganato: noteremo che quest’ultima si decolora nell’arco di 1 secondo.La stessa operazione si effettua con la soluzione H2CO4: ma noteremo che il risultato sarà differente; infatti la soluzione di permanganato non si decolora subito bensì saranno necessari 15 minuti.
Relazione di laboratorio
Aurelio Testa
30/06/10
L’elettroscpio:
Per riconoscere se un corpo è elettrizzato, si utilizza uno strumento chiamato elettroscopio;questo strumento consente di distinguere il segno dell’elettrizzazione; inoltre, permette di eseguire una serie di controlli sulle proprietà conduttrici e isolanti delle diverse sostanze.. È costituito da due sottili foglioline d'oro o d'alluminio fissate all'estremità inferiore di una sbarretta metallica la cui estremità superiore termina con un pomo metallico. Le foglie sono situate entro un recipiente di vetro trasparente o metallico con una finestra di spia. L’involucro esterno dell’elettroscopio serve solo per evitare che i movimenti dell’aria circostante possano disturbare il comportamento delle leggerissime foglioline.
Quando l’elettroscopio è scarico, le foglioline si dispongono verticalmente sotto l’azione del loro peso e restano in contatto tra loro. Quando lo strumento è caricato elettricamente, ossia quando si avvicina un corpo elettrizzato all’elettroscopio tipo una bacchetta di plastica, le foglioline divergono per repulsione, perché si caricano entrambe dello stesso segno di quella del corpo.
Nel caso in cui si mettano in contatto il corpo in questione con l’ellettroscopio si noterà che le due foglioline d’oro rimangono allargate per più tempo.Per riportare le bacchette abbassate basta toccarle con la mano.
Generatore di corrente statica:
Detto anche macchina elettrostatica, produce una differenza di potenziale tra due sue estremità, dette poli, sfruttando fenomeni elettrostatici. I g. elettrostatici forniscono differenze di potenziale molto elevate, ma correnti estremamente deboli, dell'ordine del milliampere.
Struttura di un generatore:

Se si fanno girare con le manovelle i due dischi di plexiglas, la strofinio che questi ultimi provocano a contatto con le pagliette di metallo conduttore genera elettricità statica che in seguito verrà convogliata nei due condensatori da 2000 V dove verranno separata le cariche positive da quelle negative. Quindi, nel momento in cui l’aria cessa di svolgere l’azione di isolante termico, si potrà notare una piccolissima scarica elettrica.
Corrente elettrica
Se si immagina di collegare con un filo conduttore due corpi che abbiano un diverso stato elettrico, ossia uno con più elettricità positiva e l’altra con più elettricità negativa. Questa differenza di livello dello stato elettrico di due corpi si chiama differenza di potenziale o tensione. La sua unità di misura è il Volt(V) così chiamato dal nome del fisico Alessandro Volta.La differenza di potenziale provoca un passaggio di elettricità tra i due corpi attraverso il filo;tale flusso lo chiameremo corrente elettrica.Il corpo che ha più elettricità negativa, cioè ha più elettroni, ha un potenziale più basso di quello che possiede una maggiore elettricità positiva. Gli elettroni passano, attraverso il filo conduttore, dal corpo con potenziale più basso a quello con potenziale più alto. Questo flusso continua fino a che si ristabilisce tra i due corpi un equilibrio elettrico.Poiché la corrente elettrica è un flusso di elettroni, puoi dire che la sua intensità è data dal numero di elettroni che attraversano il filo conduttore nell’unità di tempo.Tale grandezza ha come unità di misura l’Ampere(A), in ricordo di Andrè Ampere.Perché la corrente possa scorrere con continuità, è necessario disporre di un circuito elettrico, costituito da una sequenza di conduttori, in cui siano presento un generatore di tensione ( ) e degli utilizzatori di elettricità ( ). In generale un circuito elettrico si presenta così:
Alla corrente si assegna per convenzione un senso coincidente con il verso del moto delle cariche positive; cioè quello che va dai punti a potenziale maggiore a quelli a potenziale minore.Questa convenzione assume che la carica sia composta da cariche positive; in realtà, come si è già visto, nei conduttori fluiscono solo gli elettroni che procedono nel senso contrario, cioè dal polo negativo a quello positivo.
!°Legge di Ohm
Il passaggio di corrente in un circuito è legato alla presenza di un campo elettrico: ciò significa che, affinché una carica si muova lungo un conduttore da un punto A ad un punto B, è necessario che esista tra A e B una differenza di potenziale V. È ragionevole allora supporre che l’intensità della corrente elettrica che percorre il circuito dipenda dalla tensione applicata al circuito dal generatore. Per verificare l’esistenza di questa relazione, si deve disporre di strumenti di misura che forniscano i valori delle due grandezze elettriche:aV e I.
La tensione elettrica viene misurata da una strumento detto volmetro. Poiché tale strumento misura la ddp tra due punti del circuito; deve essere collegato tramite cavi elettrici a questi punti. Quindi si determina un circuito parallelo a quello principale.
L’intensità di corrente elettrica viene invece misurata con un altro strumento chiamato amperometro. Quest’ultimo basta disporlo in sequenza con gli altri strumenti, in tal modo viene attraversato da corrente di cui misura l’intensità .L’amperometro deve essere collegato in serie.(A).
In seguito ad accurati calcoli si arrivò all’enunciazione della prima legge di Ohm:
Il rapporto tra fra tensione V applicata ai capi di un circuito e intensità della corrente continua I che lo percorre è, a parità di condizioni di temperatura e pressione, costante, purchè la tensione non assuma valori troppo elevati; in simboli: R prende il nome di resistenza elettrica.
Dimostrazione di tale legge:
Per tale dimostrazione è necessario l’ausilio di un alimentatore; strumento che al suo interno contiene sia un amperometro che un volmetro.Quindi si prosegue come indicato nella figura sottostante:
Tale operazione la ripetiamo più volte ma con la variante di aumentare l’intensità di corrente fornita al circuito e quindi riportiamo su di una tabella i diversi valori di ddp che si ottengono man mano.Alla fine costruiamo un grafico che ci darà la dimostrazione della 1° legge di Ohm:
Nella precedente dimostrazione abbiamo inoltre notato che la resistenza si è riscaldata in seguito al passaggio di corrente; ciò è dovuto agli urti degli elettroni di conduzione contro gli atomi del conduttore in cui fluiscono. A causa di questi urti, gli elettroni cedono agli atomi una parte della loro energia cinetica , che fa aumentare il moto di agitazione termica degli atomi; di conseguenza la temperatura del materiale aumenta.Tale fenomeno di riscaldamento della materia il nome di effetto Joule.
2° legge di Ohm
La seconda legge di Ohm afferma che la resistenza elettrica di un conduttore, a temperatura costante, è direttamente proporzionale alla sua lunghezza l ed inversamente proporzionale all’area S della sua sezione.
Dimostrazione di tale legge:
1° parte:vogliamo dimostrare che aumentando la lunghezza di un conduttore aumenta anche la resistenza.Collegando ad un alimentatore un filo di nichel cromo della lunghezza di 1 m e di sezione di 1 mm si produrrà Intensità pari a 0.8 A a eV di 10V, quindi la resistenza R è di 12.5 V. Ripetendo la stessa operazione ma utilizzano un filo identico a quello precedente ma di lunghezza doppia si avrà un ‘intensità di 0.4 A e quindi una R di 25 i.
2° parte:vogliamo dimostrare anche che la sezione è inversamente proporzionale all’intensità della corrente.
Circuiti in serie e in parallelo:
Collegamenti in serie:
Il collegamento rappresenta senza ombra di dubbio il modo più semplice di inserire più utilizzatori in un medesimo circuito; tuttavia esso presenta un inconveniente: le resistenze devono essere tenute tutte in funzione contemporaneamente. Inoltre, in questa disposizione ogni resistenza è sottoposta a una differenza di potenziale minore di quella fornita dal generatore.
Collegamenti in parallelo:
Un vantaggio di tale disposizione è dato dal fatto che, nel caso di tre utilizzatori , se ne può tenere acceso uno solo mentre gli altri sono spenti; inoltre, la differenza di potenziale applicata ai capi di ciascun utilizzatore è uguale a quella fornita dal generatore.

MISURE DI MASSA
OBIETTIVI: misurare la massa di dieci viti autofilettanti con una bilancia.
MATERIALE:viti, calcolatrice, bilancia elettronica.
PROCEDIMENTO: abbiamo misurato la massa di dieci viti con una bilancia elettronica e i risultati li abbiamo riportati in una tabella come quella che segue:
n°viti
Massa(g)
1
1,87
2
1,81
3
1,80
4
1,83
5
1,82
6
1,84
7
1,80
8
1,82
9
1,81
10
1,83
(questa tabella riporta le misurazioni del mio gruppo:§)
TRATTAMENTO DATI: Sulla base delle misurazioni ottenute, abbiamo calcolato:
• LA MEDIA:1,823g (§)
• E.ass.:0,035g (§)
• E. %: 1,9% (§)
Quindi abbiamo confrontato i nostri dati con quelli degli altri gruppi,e ne è uscita una tabella di questo tipo:
GRUPPI
MASSA MEDIA
E ass.(g)
E. %
1
1,84
0,02
1,09
2
1,82
0,025
1,4
3
1,83
0,04
2
4
1,82
0,035
1,9
5
1,81
0,04
2,2
6
1,82
0,03
1,6
MEDIA FINALE
1,82
0,032
1,59
Relazione di laboratorio n°3
Aurelio,Elver, Daniele,Marco Giassi.

L’USO DELLA BILANCIA
OBIETTIVI: capire il funzionamento di una bilancia meccanica ed elettronica
PRINCIPIO:Con la bilancia si mette a confronto le masse incognite con le masse campione!
LA BILANCIA MECCANICA:
CARATTERISTICHE:
• La bilancia è chiusa in una vetrinetta perché l’aria potrebbe causare spostamenti ai due piatti
• LA TARATURA:accertarsi che la bilancia sia posta su un piano orizzontale (sullo strumento è presente una bolla,simile a quella usata dai muratori, per accertarsi che l’oggetto si trovi su un piano orizzontale), dopodichè bisogna girare la manopola che libera i piatti.
SENSIBILITÀ: 0.001g
PORTATA: 300g (se si superano i 300g la bilancia si “stara”.
Più è sensibile lo strumento, minore è la portata.
COME SI UTILIZZA: si mette l’oggetto su uno dei due piatti della bilancia e si confronta la massa incognita con i pesi campione.
SVANTAGGI:
• Con una bilancia tradizionale si impiega troppo tempo.
• Ci sono più probabilità di commettere l’errore di parallasse, che dipende dal fatto di non mettersi con gli occhi in linea con l’indice.
VANTAGGI:
• Lo strumento è più preciso.
LA BILANCIA ELETTRONICA:
VANTAGGI:
• Rilevazioni veloci.
• Si evita l’errore di parallasse.
• Quando devi misurare la massa di un materiale che deve essere per forza essere posto su un vetrino da orologio, o su qualsiasi altro oggetto, per evitarne la dispersione (come il sale), la bilancia elettronica ti permette di misurare soltanto la massa della sostanza.
• È pratica da usare.
• Ci vuole una minore conoscenza per poterla utilizzare.
SVANTAGGI:
• È Più soggetta a spostamenti di aria.
PORTATA: 1Kg
SENSIBILITà:+ o – 0.01g
COME SI UTILIZZA:si preme il pulsante ON, con il quale si avvia la taratura automatica (quando si sta svolgendo l’operazione di taratura automatica,non si deve mettere nessun oggetto sul piatto della bilancia).Lo strumento una volta pronto segna sul display la cifra 0.00; quindi si può iniziare con le misurazioni.
Relazione di laboratorio n°2
Aurelio, Elver, Daniele, Marco Giassi

Esperienza n°1:I moti convettivi.
Materiale:bueta, bunsen, cristallo di permanganato, acqua.
Procedimento:Innanzitutto si riempie una beuta con dell’acqua, dopodiché si inserisce nel contenitore un cristallo di permanganato:dopo qualche secondo si noterà sul fondo della beuta una macchia violacea.Una volta eseguite queste operazioni si riscalda la beuta;in questo modo sarà possibile vedere la macchia espandersi fino a raggiungere la superficie dell’acqua; ma trovando in questo punto una temperatura abbastanza fredda: la chiazza violacea ritorna lentamente verso il fondo.
Conclusione:Questa esperienza ci ha permesso di capire i moti convettivi dei liquidi.
Esperienza n°2
Materiale: provettone, bunsen, cubetto di ghiaccio.
Procedimento:Innanzitutto si riempie un provettone con dell’acqua, dopodiché si inserisce nel contenitore un cubetto di ghiaccio e della canapa (specificheremo in seguito l’utilizzo della canapa). Quindi si riscalda la parte inferiore del provettone con un bunsen e si nota che il cubetto di ghiaccio si scioglie in un minuto e mezzo. Una volta eseguite queste operazioni si svuota l’acqua calda e si lascia raffreddare il provettone; dopo qualche minuto si riempie di nuovo il contenitore con l’acqua e si inserisce un altro cubetto di ghiaccio fissandolo questa volta sul fondo del provettone con della canapa.Riscaldando il contenitore nella parte superiore si noterà che il ghiaccio si scioglierà con maggiore lentezza.Da come si sarà intuito; l’utilizzo nella prima esperienza della canapa è servito a dimostrare che quest’ultima non ha influito in alcun modo sullo scioglimento del cubetto.
Esperienza n°3
Materiale:bunsen, vaschetta, gocce di cera, bastoncini di ottone, di ferro, di alluminio, di rame, di piombo e di ghisa.
Procedimento:Si parte dal presupposto di fissare in una vaschetta alcuni bastoncini di ottone, di ferro, di alluminio, di rame, di piombo ,di ghisa e di porre sopra ognuno di essi delle gocce di cera le quali si solidificheranno a causa della temperatura fredda dei bastoncini. Quindi si riempie questa vaschetta con dell’acqua; dopodiché la si riscalda sul bunsen.
Relazione di laboratorio
Aurelio Testa.
30/06/10

I MISCUGLI
OBIETTIVO: separare i componenti dei miscugli
MATERIALE: polvere di zolfo, limatura di ferro, calamita, acido cloridrico.
PROCEDIMENTO: la polvere di zolfo e la limatura di ferro vengono messe in un vetrino da orologio, dopodiché si mescolano con un agitatore.
• 1°tecnica di separazione: con una calamita si può isolare il ferro dal resto del miscuglio.
• 2° tecnica di separazione: si versa dell’acido cloridrico in una provetta, dopodiché si versa in quest’ultima il miscuglio; si noterà che lo zolfo galleggia mentre il ferro reagisce con l’acido sviluppando bollicine di idrogeno.
• 3°tecnica di separazione: si mette il miscuglio in una provetta e poi la si riempie si solfurio di carbonio; si noterà che il ferro rimarrà attaccato alle pareti della provetta.
• ESTRAZIONE DELLO IODIO:sapendo che lo iodio non è solubile nell’acqua, bensì nell’alcol, si può creare una soluzione idroalcolica.Si prende una piccola quantità della soluzione precedente e la si versa nella provetta, quindi aggiungendo del cloroformio si noterà che le goccioline di questo solvente cadranno sul fondo (il cloroformio infatti ha una massa maggiore della soluzione idroalcolica) portando con sé lo iodio.Dopo si effettua un’emulsione (definizione in seguito), quindi si lascia la provetta in decantazione (idem come precedente) e si noterà che una soluzione composta da iodio e cloroformio si depositerà sul fondo della provetta. Per dividere lo iodio dal cloroformio si sfrutta l’evaporazione di quest’ultimo.
• LA FILTRAZIONE ( DEFINIZIONE IN SEGUITO)
MATERIALE:becher, filtro, imbuto, acqua distillata, cloruro di potassio.
Innanzitutto in un becher si prepara il reagente a base di acqua distillata mischiata insieme a una punta di spatola di cloruro di potassio.Subito dopo si prnde il contagocce e si versa del nitrato di argento(liquido) nel becher e si noterà che sul fondo si depositerà il cloruro di argento (solido).
Per recuperare l’argento si prende una carta da filtro, la si piega fino a farla diventare un cono e lo si inserirà nell’imbuto, dopodiché si versa il cloruro di argento nell’imbuto e dopo aver compiuto questa operazione si vedrà che l’argento è rimasto nella carta da filtro.
IL SEGRETO PER UNA BUONA FILTRAZIONE Stà NEL LIQUIDO CONTENUTO NEL BECHER DOPO LA FILTRAZIONE: INFATTI ESSO DEVE ESSERE PURO E INCOLORE.
RELAZIONE DI LABORATORIO N°8
Aurelio Testa, Daniele, Nespoli, Elver Bassani, Giassi Marco

DEFINIZIONE:La cromatografia permette di separare i componenti di una soluzione liquida o gassosa.Essa sfrutta la differente capacità che hanno i componenti di aderire a una superficie solida quando sono trascinati da un fluido detto eluente.
MATERIALE:carta da filtro, inchiostro di una biro,acqua o acetone(eluente), becher.
PROCEDIMENTO:su una carta da filtro si traccia una linea con una biro di qualsiasi colore;dopodiché si immerge la carta in un becher contenente l’eluente (acetone) badando bene che il livello dell’acetone non raggiunga la linea tracciata precedentemente; infatti sarà l’eluente che vincendo la forza di gravità riuscirà a bagnare la carta.Dopo un po’ di tempo si noterà che i componenti dell’inchiostro di partenza verranno trascinati dall’eluente, più o meno lontani dal punto in cui era stata tracciata la linea.
CARATTERISTICHE:con la cromatografia si possono verificare 3 casi differenti:
1. se sulla carta non saranno presenti delle strisce di colore, vorrà dire che la sostanza in questione è pura.
2. se invece sulla carta si vedranno degli aloni colorati, vorrà dire che la sostanza è un miscuglio.
3. infine se la linea rimarrà al punto di partenza senza subire alcuna variazione vorrà dire che l’eluente non è adatto.
RELAZIONE DI LABORATORIO N°10
Aurelio Testa, Elver Bassani, Daniele Nespoli, Marco Giassi.

OBIETTIVI:
MATERIALE: bunsen, treppiedi, becher, acqua, termometro.
PROCEDIMENTO: abbiamo riscaldato un becher contenente del ghiaccio con un bunsen, e abbiamo rilevato l’andamento della temperatura che si verificava durante i cambiamenti di stato del ghiaccio, da solido a liquido, a gassoso, grazie a un termometro appositamente inserito nel becher.La rilevazione si effettuava ogni minuto e alla fine i dati sono stati riportati in una tabella.
minuti

1

2
1
3
11
4
34
5
56
6
74
7
92
8
99,5
9
99,6
10
99,6

RELAZIONE DI LABORATORIO N°7
Aurelio Testa, Bassani Elver, Nespoli Daniele, Giassi Marco

MISURA DELLA DENSITÀ
OBIETTIVI: calcolare la densità relativa alle viti autofilettanti.
MATERIALE: buretta, calcolatrice, viti.
PROCEDIMENTO: abbiamo riempito una buretta con dell’acqua, fino a raggiungere il livello di 10 dopodiché, abbiamo inserito in essa due viti autofilettanti. Subito abbiamo notato che il livello dell’acqua è aumentato fino alla misura di 0,5ml= 0.5cm3.
Tenendo conto che l’aumento ottenuto è pari al volume di due viti autofilettanti,quindi il volume di una sola vite corrisponde a 0,25 cm3
Quindi abbiamo raccolto le misure in una tabella, come quella che segue:
GRUPPI
VOLUME VITI (cm3)
1
0,2
2
0,25
3
0,2
4
0,25
5
0,25
6
0,3
MEDIA VOLUMI
0,24
TRATTAMENTO DATI: Visto che la massa la conosciamo siamo riusciti a calcolare la densità:
• d = m = 1,82g =7,28g/cm3
V 0,25cm3
Avendo trovato la media dei volumi calcolati dai nostri gruppi siamo riusciti a trovare quale sarebbe stata la densità più “veritiera”:
d = m = 1.82g = 7.24 g/cm3
V 0.24cm3
RELAZIONE DI LABORATORIO N°4
Aurelio, Elver, Daniele, Marco Giassi.

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