La chimica della sinapsi

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Testo

L'alcol nella storia dell'uomo
da Medicina delle Tossicodipendenze
Anno II n.5, (1994)

Bert L. VALLEE
Center for
Biochemical and Biophysical
Sciences and Medicine
Harvard Medical School, Boston
Massachusetts, USA
L'alcol come principale bevanda in sostituzione dell'acqua
L'alcol come alimento e fonte di calorie
Depurazione e concentrazione dell'alcol mediante distillazione
La Riforma: temperanza e proibizione
La bollitura dell'acqua e l'avvento delle bevande non alcoliche
Misure igieniche e depurazione dell'acqua
Il presente e il futuro
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L'alcol come principale bevanda in sostituzione dell'acqua
Fino al XIX secolo l'acqua e' stata considerata nella societa' occidentale sostanza inadatta al consumo. Il rifiuto dell'acqua come bevanda e' unanime da parte delle civilta' piu' antiche, dalla egizia alla babilonese, dall'ebraica all'assira, dalla greca alla romana. Nel corso dei secoli si era constatato che l'acqua era nociva e poteva provocare malattie acute e croniche, se non addirittura mortali: di conseguenza si evitava di berla, specie se il suo sapore era sgradevole. Nel Vecchio e nel Nuovo Testamento non si fa praticamente mai riferimento all'acqua come a bevanda d'uso comune. Lo stesso si puo' dire per la letteratura greca, fatta eccezione per qualche giudizio positivo sulla qualita' dell'acqua delle sorgenti montane. Le conoscenze di batteriologia che potevano consentire di individuare i responsabili della contaminazione dell'acqua non sarebbero subentrate solo nell'Ottocento. I metodi di depurazione dell'acqua erano ignoti e, a differenza di quanto avveniva in Oriente, in Occidente i vantaggi derivanti dalla bollitura dell'acqua (con conseguente distruzione di batteri e di altri parassiti) non erano né conosciuti né collegati a questo procedimento.
Per quasi 10.000 anni di storia delle civilta' occidentali, la birra e il vino, e non l'acqua, sono state le principali bevande dissetanti, consumate quotidianamente da tutti, a tutte le eta'. Questa semplice considerazione non basta a dare un'idea della realta' e delle sue implicazioni. Le popolazioni marinare e gli esploratori, ad esempio, sapevano che l'acqua potabile diventava in breve tempo putrida e maleodorante. Il consumo di latte non era molto diffuso ed era considerato, in genere, un'abitudine "barbarica". L'alcol, in quanto ingrediente della birra e del vino, veniva consumato in piccole quantita' e le conseguenze negative, sia individuali sia sociali, erano poche o nulle. E' molto probabile che il contenuto alcolico di tali bevande fosse a quei tempi talmente basso da produrre ben pochi effetti nocivi e che solo molto piu' tardi divennero quindi oggetto di seria attenzione e di preoccupazione. Gli effetti generati da un consumo eccessivo di alcol erano, beninteso, ampiamente noti e stimolavano la speculazione di filosofi come Platone, Socrate e Senofonte.
Ma il principale obiettivo di questi pensatori era quello di mettere in evidenza come agli effetti euforizzanti, socializzanti e rassicuranti dell'alcol si contrapponessero gli effetti negativi generati dal suo abuso: perdita di capacita' di giudizio, attacchi di collera e, al limite, di violenza. Gli effetti tossici del consumo eccessivo di birra e di vino erano in gran parte trascurati, perché giudicati insignificanti a paragone dei benefici. Non bisogna dimenticare che gli effetti "collaterali" della birra e del vino erano responsabili, in realta', del "normale" stato d'animo di quasi tutti, basato sull'assunzione costante di alcol in quantita' moderata: una blanda sensazione di benessere, capace di neutralizzare, da una parte, la condi zione prevalente di affaticamento e di noia e, dall'altra, di alleviare i dolori diffusi di ogni genere, per i quali non si conoscevano rimedi.
Senza dubbio all'alcol, nella birra come nel vino, erano associate quantita' abbastanza rilevanti di acido acetico e di altri acidi organici. L'acidita' contribuiva con ogni probabilita' a produrre effetti sterilizzanti sull'acqua utilizzata per diluire (spesso in un rapporto di due a uno) queste bevande.
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L'alcol come alimento e fonte di calorie
Molti storici non hanno prestato la dovuta attenzione al fatto che l'alcol ha rappresentato per l'uomo un alimento della massima importanza, essenziale alla sopravvivenza. Non solo perch‚ in grado di assicurare e mantenere, come si e' detto,una giusta proporzione di liquidi, ma anche perch‚ in grado di fornire calorie. Nelle civilta' antiche l'alimentazione era perlopiu' a base di cereali e composta quindi di carboidrati, i quali forniscono, direttamente, 4 kcal/g, e indirettamente, sotto forma di alcol prodotto dalla loro fermentazione, 7 kcal/g. L'alcol era dunque responsabile di una quota significativa assunta quotidianamente di energia. Oltre all'alcol e ai carboidrati, la birra forniva poi alcuni integratori alimentari di fondamentale importanza, come vitamine e sali minerali. Il valore calorico e il volume liquido della loro assunzione garantiva ai nostri progenitori la sopravvivenza. Il valore nutrizionale faceva della birra e del vino alimenti essenziali quanto il pane e altrettanto indispensabili al mantenimento in vita. L'espressione "pane e birra", in uso presso gli antichi, doveva avere un valore affine a quello dell'odierna espressione "pane e burro".
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Depurazione e concentrazione dell'alcol mediante distillazione
La scoperta della distillazione provoco' la prima importante trasformazione qualitativa e quantitativa nel consumo di alcol da parte dell'uomo. erano trascorsi 9000 anni dall'introduzione della fermentazione e della viticoltura. Fatto forse ancor piu' importante, la distillazione segno' il passaggio dalla birra e dal vino come elementi nutritivi al consumo di alcol in quantita' nocive tali da richiamare l'attenzione sull'altra faccia dell'uso dell'alcol stesso. La distillazione forni' insomma il vero e proprio metro di valutazione dell'abuso di alcol e dei suoi effetti negativi.
Alla fine del Medioevo, la rinascita delle citta' come centri di cultura, l'espansione del commercio e dell'economia, la riforma della vita religiosa e culturale e delle norme politiche e giuridiche diedero vita a nuovi sistemi sociali, alcuni dei quali nati dall'estendersi dell'egemonia europea su altri continenti: Americhe, Africa, Asia.
Il diffondersi dei metodi di distillazione e della conseguente possibilita' di condensare e concentrare l'alcol in bevande molto piu' forti e di limitato volume forgio' modelli sociali nuovi e nuove alleanze fra produttori, mercanti, clero, aristocrazia e altri esponenti delle classi dominanti.
Grazie alla distillazione si poteva concentrare e isolare l'etanolo, preparando bevande di cui erano noti il contenuto alcolico e la potenza, standardizzando tanto i dosaggi quanto gli effetti. L'alcol era apprezzato come base ideale per la preparazione di distillati farmaceutici ed era considerato in sé e per sé un'autentica panacea.
Tuttavia, fino alla meta' del XIII secolo, non si svilupparono segni di un particolare interesse per il nuovo procedimento.
Nel considerare la funzione dell'alcol e delle bevande alcoliche nel corso dei "secoli bui", non vanno dimenticate le ricorrenti esplosioni di epidemie, in particolare di peste. Per tutto il Medioevo fu questo, con l'aggiunta delle guerre, il quadro sanitario che dominava eclissando considerazioni di ogni altro tipo.
Contro calamita' che decimavano i popoli europei, uccidendo fino a due terzi della popolazione nell'arco di una generazione e causando devastazioni, tragedie e carestie di proporzioni quasi inimmaginabili, non si conoscevano rimedi di alcun genere e quelli che venivano sperimentati si dimostravano inefficaci . La diffusione delle bevande alcoliche distillate sembra seguire molto da vicino la grande peste del 1348-1349. Poiché l'acquavite dava una momentanea sensazione di calore e di benessere e le si attribuivano poteri "magici", i medici la prescrivevano in caso di peste, benché non fosse di alcuna utilita'. Segui' un periodo di vera e propria euforia nella classe medica, pronta a dichiarare che l'alcol era un farmaco strabiliante per malattie anche gravi, "un'emanazione del divino, forse una chiave alla vita eterna, un elemento appena rivelato all'umanita' ma tenuto nascosto dai tempi antichi perché la specie umana era allora troppo giovane". Questo modo di pensare fu reso talmente popolare da Hieronymous Brunschwigk che il suo Liber de arte distillandi fu tradotto in molte lingue e divenne una delle pubblicazioni piu' citate del Medioevo.
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La Riforma: temperanza e proibizione
Nonostante i forti sconvolgimenti politici e religiosi prodottisi in quasi 3000 anni di storia nel mondo occidentale, il consumo di alcol e l'atteggiamento nei confronti del suo uso non conobbero cambiamenti sostanziali dall'ascesa e caduta dell'Impero romano alle migrazioni delle popolazioni germaniche e alla successiva eta' di mezzo, malgrado tutti i nuovi dispiegamenti religiosi e politici che l'accompagnarono.
A cominciare dal 1450 circa, la ripresa dell'economia accelero' l'urbanizzazione, rese disponibile una quantita' maggiore di beni e consenti' il raggiungimento di livelli sontuosi di vita, in contrasto stridente con le condizioni di penuria spaventosa e di conflittualita' sociale che vigevano prima. Ebbe inizio allora un'epoca di ostentazione, di grandi mangiate e di grandi bevute. L'atteggiamento comune, da quell'epoca fino all'inizio del XVIII secolo, fu oggettivamente favorevole al consumo di alcol, per quanto gli effetti negativi dell'ubriachezza fossero riconosciuti e i poteri pubblici cercassero con varie leggi e sanzioni di imporre restrizioni ai cittadini.
Alla fine del Medioevo, l'intossicazione da alcol comincio' ad essere vista come un elemento di disturbo del "nuovo ordine razionale", poiché dava luogo a una perdita di controllo fisico e psichico e a spreco di tempo, di efficienza e di ordine. Senza dubbio la disponibilita' di bevande alcoliche distillate contribui' in misura notevole al consumo eccessivo di alcol.
E' quanto meno interessante osservare che, contrariamente al pensiero comune, la Chiesa non prese mai alcuna posizione ufficiale contro l'alcol. La predicazione dell'astinenza coincise con l'avvento della Riforma. Ma neppure questo deve indurre a correlazioni troppo strette: in realta' né la Chiesa cattolica né i capi della Riforma si fecero fautori di una lotta all'alcol e, almeno su questo punto, non vi fu alcun disaccordo fra protestantesimo e cattolicesimo.
I capi riformisti come Lutero (1520) e Calvino (1540) vedevano nel vino una delle cose create da Dio a beneficio dell'uomo e per il suo piacere. Si direbbe anzi che negli anni della Riforma l'astinenza dall'alcol sia stata caratteristica piu' dei cattolici che dei protestanti. Il protestantesimo dava gran risalto alla separazione del "sacro dal profano ", ma faceva affidamento piu' sull'autorita' civile che su quella ecclesiastica e pretendeva di modellare i comportamenti sociali piu' sulla base della morale che del costume. Gli austeri codici morali degli ussiti, dei quaccheri e degli anabattisti sono altrettanti esempi di un estremismo ideologico a cui i posteri, e non i contemporanei, hanno dato tanto risalto.
Le radici del proibizionismo moderno possono essere rintracciate nella combinazione di codice morale degli anabattisti e di fiducia calvinista nell'autorita' civile. Piu' tardi il pietismo tedesco avrebbe esercitato una forte influenza sul metodismo inglese e queste correnti, saldandosi nel XVII secolo con il movimento quacchero, avrebbero prodotto i veri e propri pionieri moderni della temperanza e del proibizionismo.
A questo punto e' pero' necessario sottolineare che i richiami alla temperanza e persino alla proibizione totale risalgono all'epoca biblica e alla civilta' greco-romana, e si ripeteranno nel corso della storia. Le motivazioni di queste censure sono altrettanto varie quanto i sistemi politici, le strutture sociali e le pratiche religiose supponevano. Anche le ordinanze, le leggi, i decreti, le minacce di sanzioni di castigo appaiono diversi quanto erano diversi i sistemi politici o religiosi che li decretarono. Individuare gli editti, i regolamenti e le leggi determinati dall'intento di controllare l'assunzione dell'alcol, a partire dalle epoche piu' antiche, e' una ricerca che non presenta grandi difficolta'.
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La bollitura dell'acqua e l'avvento delle bevande non alcoliche
Far bollire l'acqua aveva l'evidente effetto di distruggerne i componenti "velenosi". In Oriente, e per l'esattezza in Cina, questa circostanza era gia' nota non meno di 5000 anni fa: non cosi' in Occidente, dove la "scoperta" fu rinviata al XVII secolo, qaundo il metodo di preparazione del caffe' e del te' diffuse su larga scala la pratica di far bollire l'acqua. Con l'aumento del consumo di caffe' e te', quello delle bevande alcoliche subi' una drastica diminuzione. In seguito all'introduzione del caffe' in Europa nel XVII secolo, il caffe' come bevanda e i locali pubblici che ne presero il nome conobbero una rapida espansione in tutta la Gran Bretagna. Dal 1680 al 1730 si consumo' piu' caffe' a Londra che in qualsiasi altra citta' del mondo e, di conseguenza, verso la fine del secolo, si ebbe in Inghilterra una sensibile diminuzione dell'intossicazione da alcol fra le classi piu' abbienti. La diffusione di bevande alternative comincio' a rendere superfluo il consumo di alcol come principale metodo atto ad assicurare l'equilibrio dei liquidi: ancor meno necessario il consumo di alcol era gia' diventato, a quel tempo, come metodo di assunzione di un'adeguata quantita' di calorie.
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Misure igieniche e depurazione dell'acqua
Fra il 1801 e il 1850 la popolazione europea, specie nelle aree urbane, subi' un forte incremento, mentre il processo di industrializzazione portava alla concentrazione di un numero crescente di persone in spazi sempre piu' ristretti. Cosi', in mezzo secolo, la popolazione della Gran Bretagna si trovo' piu' che raddoppiata e quella di Glasgow, in Scozia, addirittura quadruplicata. La densita' crescente della popolazione e le considerazioni igieniche connesse portarono in primo piano il gravissimo problema della depurazione dell'acqua e in particolare della separazione delle acque luride da quelle di scarico. Prima del 1900, le acque luride scolavano insieme con tutte le altre nei fiumi e nei laghi e, poiché questi costituivano la fonte dell'acqua potabile, il colera e il tifo erano malattie sempre piu' diffuse.
L'avvento della batteriologia, a cominciare da Pasteur per continuare con Ebert, che isolo' nel 1880 il bacillo del tifo, e con Koch, che isolo' nel 1883 quello del colera, comprovo' che la causa delle epidemie di cui questi organismi erano responsabili erano appunto le acque luride, che dovevano pertanto essere tenute separate dall'acqua d'approvvigionamento. Infatti, benché fin dal 1854 John Snow avesse dimostrato la correlazione esistente fra il colera e il rifornimento idrico di Londra, si continuava a pensare che il problema piu' grave sollevato dallo scolo delle acque luride fosse il puzzo che pervadeva le città'.
A questo punto, sul finire del XIX secolo, nei paesi industrializzati dell'Occidente restava solo un ultimo passo da compiere per lo sviluppo delle misure igieniche e della depurazione dell'acqua potabile: eliminare completamente l'alcol come elemento essenziale della dieta, indipendentemente da tutti gli altri usi che se ne potessero fare.
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Il presente e il futuro
In passato, le societa' dell'Estremo Oriente e quelle occidentali presentavano le une rispetto alle altre grandi differenze nel consumo di liquidi: mentre in Oriente si beveva te' preparato facendo bollire l'acqua, in Occidente si bevevano vino e birra. Tutto questo ha naturalmente subito profondi cambiamenti, ma le differenze del passato sollevano nuovi e importanti interrogativi sul metabolismo dell'alcol nell'uomo.
Circa la meta' della popolazione cinese e giapponese presenta un metabolismo dell'alcol sensibilmente diverso da quello comune praticamente a tutti gli occidentali, e cio' a causa di differenze genetiche che danno origine a una mancata funzionalita' della deidrogenasi dell'aldeide mitocondriale, la quale a sua volta si traduce nella cosiddetta flushing syndrome ("sindrome del rossore"). Gli orientali mancanti di questo enzima sono intolleranti all'etanolo, il cui consumo provoca in loro un grave disturbo.
Misure terapeutiche (contro l'alcolismo), come l'uso dell'Antabuse, che simula le conseguenze di questa differenza genetica, ottengono bensi' il risultato dell'astinenza dall'alcol, ma attraverso tutta una serie di segni e di sintomi dai quali si puo' dedurre la pericolosita' e la tossicita' del farmaco. Quella di controllare la quantita' di alcol ingerito non e' la principale funzione dell'Antabuse, né di altri analoghi agenti.
L'incapacita' di produrre la deidrogenasi dell'aldeide mitocondriale e' l'unica alterazione genetica specifica finora nota che dia luogo ad astinenza dall'alcol. I tentativi di simulare questa condizione genetica, pur non avendo dato risultati incoraggianti, hanno richiamato l'attenzione su possibili misure alternative, che sono state sperimentate in Oriente, soprattutto in Cina, per il trattamento dell'abuso di alcol, un problema che ovviamente si puo' verificare solo in quella meta' della popolazione nella quale non sussiste l'alterazione genetica di cui si e' detto.
Nei tentativi messi in atto per controllare il consumo di alcol non e' mai stato preso esplicitamente in considerazione il ruolo dell'"appetito". Al momento attuale, la biochimica dell'appetito, o del desiderio, e' ancora in gran parte sconosciuta, sia per quanto concerne in particolare i cibi e le bevande sia per quanto riguarda il piacere in generale. E' indispensabile la comprensione di questa biologia molecolare, se si vuole arrivare alla definizione di una terapia razionale. Un approccio alla terapia dell'alcolismo mediante una modificazione del desiderio di alcol resta tuttora da definire, anche se e' possibile perseguire questo obiettivo in modo empirico. Approcci di questo tipo vengono utilizzati da millenni in Cina, dove proprio per questa strada si e' arrivati all'individuazione di Radix puerariae, un'erba dalla quale si potrebbe partire per ottenere una classe di composti in grado di agire sul desiderio dell'alcol.
Le varie forme in cui l'alcol puo' essere consumato in diverse combinazioni, a seconda dei fattori geografici, sociologici, economici, medici ed altri precedentemente citati, sono state largamente sperimentate negli ultimi 500 anni. Da circa 100 anni, poi, la medicina, la farmacologia, la psichiatria e le scienze alimentari producono a loro volta effetti di grande rilievo.
Tutte le possibili argomentazioni, di tipo medico, morale o religioso, sono state proposte e tentate allo scopo di correggere la tendenza all'eccessivo consumo di alcol, ma nessuna di esse, comprese quelle di tipo psicologico o psichiatrico, ha prodotto effetti decisivi o convincenti. Nel caso della dipendenza da alcol come da altre sostanze, tutti i richiami alla ragione, di natura giuridica, religiosa o sanitaria, si sono dimostrati incapaci di modificare o di disciplinare la condotta morale dell'uomo. La storia di questi sforzi ed il loro fallimento non incoraggia certo all'ottimismo: vi sono ben pochi elementi a sostegno di simili tentativi. Neppure le esperienze anglosassoni e americane fanno eccezione.
La letteratura in materia testimonia che attraverso i secoli sono stati vantati i pretesi successi di queste misure, ma che in realta' esse sono sempre state fallimentari e hanno addirittura complicato i problemi anziché risolverli. La storia che abbiamo tracciato a grandi linee in questo articolo puo' forse aiutare a una migliore comprensione dell'argomento e a una definizione degli strumenti di gestione del problema, sulla base magari delle piu' approfondite conoscenze biologiche, fisiologiche e farmacologiche acquisite. Tuttavia anche i fautori di un approccio razionale di questo tipo non dovrebbero dimenticare la massima pronunciata da lord D'Abernon nel 1918: "Coloro che sono disposti a prestare qualche attenzione alla ricerca scientifica sull'alcol lo fanno non tanto per acquisire conoscenze quanto per trovare armi e argomentazioni a sostegno delle proprie opinioni preconcette".

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