Idrocarburi e loro derivati

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Categoria:Chimica
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Testo

Chimica
Idrocarburi e derivati alogenati
La chimica organica studia i composti che presentano C e H2 nella loro composizione insieme ad altri elementi come O2, N, P, S, e gli alogeni. La divisione da chimica inorganica oggi è informale in quanto la chimica organica presenta molti più composti, ha un legame base diverso, quello covalente e non ionico, sono molecolari e non ionici, nelle loro reazioni è interessata solo la così detta parte attiva e infine sono molto più importanti nelle attività umane rispetto agli elementi inorganici, infatti formano le plastiche, le gomme, i prodotti farmaceutici e anche gli zuccheri e tutte le sostanze che sono interessate al nutrimento del corpo umano. Nell’800 si divideva i composti organici da quelli inorganici dalla loro provenienza, o minerale o animale ma nel 1828 Wöhel ottenne l’urea, composto organico dal cianato d’ammonio (NH4CNO → NH2—CO—NH2) e ciò rese ingiustificabile la divisione in organico e non. Le sostanze organiche si suddividono in vari gruppi di composti e di loro derivati con steso comportamento chimico. Gli idrocarburi si dividono in alifatici e aromatici a seconda delle loro proprietà e struttura; gli alifatici si suddividono in alcani, alcheni, alchini, cicloalifatici. Gli alcani sono composti saturi perché hanno legami solo del tipo σ mentre alcheni e alchini sono insaturi per la presenza di un legame π. Il carbonio si comporta da tetravalente anche se la sua struttura è quella di un bivalente (1s2 2s2 2p2), questo perché un elettrone salta dall’orbitale 2s all’orbitale 2p vuoto assorbendo poca energia. In questa condizione gli orbitali si ibridano in 3 modi: ibridazione tetraedrica con ibridazione tra 2s e i tre 2p con la formazione di quattro orbitali sp3 isoenergetici disposti a tetraedro con angoli di 109,5°; ibridazione trigonale con la formazione di tre orbitali sp2 isoenergetici che formano un triangolo equilatero con angoli di 120°; sono disposti su un piano e l’orbitale p restante è perpendicolare a questi. Infine si ha l’ibridazione diagonale sp, dove si formano 2 orbitali di questo tipo, isoenergetici, disposti su un piano α con angoli di 180° e altri due orbitali p su un piano β perpendicolare all’altro piano. Tra due atomi di carbonio si formano legami semplici, doppi, tripli a seconda dell’ibridazione dei due atomi, il legame C—C è tra due orbitali sp3 con un legame σ che crea un orbitale molecolare σ. Il legame C═C presenta un legame σ e un legame π il primo formato dagli orbitali sp2, l’altro dalla parziale sovrapposizione degli orbitali p. Infine il legame C≡C è formato da un orbitale σ e due orbitali π, formati il primo dalla sovrapposizione di due orbitali sp, l’altro dalla sovrapposizione di due coppie di orbitali p. Dopo il legame è possibile formare con altri atomi dei legami σ grazie agli elettroni rimasti liberi, formando un legame covalente. Questo legame si può spezzare in due modi: scissione omolitica e scissione eterolitica; la prima comporta lo spostamento dei due elettroni ciascuno nell’atomo di appartenenza mentre la seconda provoca la formazione di due ioni (con il – nucleofili, con il + elettrofili) con lo spostamento di un elettrone verso l’elemento più elettronegativo. In più si verifica con questi legami l’effetto induttivo con lo slittamento della polarizzazione lungo una catena di atomi. Tra gli atomi di un idrocarburo la nuvola elettronica è distribuita uniformemente ma nel caso che un H sia sostituito da un altro atomo allora se questo atomo è meno elettronegativo di H la nuvola si addensa su C, l’effetto induttivo +Is, mentre se è più elettronegativo si ha l’effetto –Is. La maggior parte dei sostituenti provoca il –Is, i radicali alchilici il +Is. Gli alcani, idrocarburi alifatici saturi presentano solo legami semplici, hanno formula CnH2n + 2, a 25° quelli da 1 a 4 atomi sono gassosi, da 5 a 16 liquidi, i restanti solidi, i punti di fusione crescono all’aumentare del numero di atomi C, sono insolubili in acqua e nei solventi apolari, dall’idrocarburo con 4 atomi di C si trovano composti con formula grezza e massa molecolare uguali ma proprietà diverse. Scaldati a 400-600° i termini ad alta massa molecolare formano composti con massa meno grande, infine sono poco reattivi e per questo sono anche chiamati paraffine. Ogni termine quindi possiede un atomo di carbonio e due di H più del precedente; gli alcani per questo sono omologhi, il loro stato a 25° è verificabile con l’incremento delle forze di Wan Der Waals con l’aumento della massa molecolare. Essendo apolari non si sciolgono in acqua e nei solventi apolari e la loro scarsa reattività è dovuta alla forza dei legami σ e all’isomeria di rotazione. L’isomeria è la presenza di composti con proprietà diverse ma formula e massa molecolare uguali. Gli atomi di carbonio infatti possono legarsi in catene lineari o ramificate e la loro isomeria è quindi di posizione. Un atomo di C è primario quando è legato ad un solo atomo di C, secondario quando è legato a due, terziario quando è legato a tre e così vale anche per H che è chiamato primario, secondario, terziario se l’atomo di C a cui si lega è primario, secondario, terziario. I primi quattro alcani si chiamano: metano (CH4), etano (C2H6), propano (C3H8), butano (C4H10). Il nome degli altri si forma aggiungendo il suffisso ano alla radice penta, esa ecc. Per controllare l’isomeria di posizione si usa la formula di struttura condensata che mette accanto al C il numero degli H a lui legato. A questo punto grazie alla definizione di radicali alchilici (R) e cioè raggruppamento di atomi di C e H a cui è tolto un atomo di H, chiamati con il suffisso ile, con il metodo IUPAC si può indicare l’idrocarburo che ha come catena principale quella con più atomi di C, numerati per indicare da dove si diramano i radicali o gli altri atomi, indicati, se presenti più volte con il prefisso di, tri, tetra ecc. ed elencati in ordine alfabetico se diversi. Il metodo tradizionale invece usa i prefissi n- per indicare un alcano a catena lineare, iso- un alcano con un solo atomo esterno alla catena lineare, neo- con due atomi esterni. Iso- si premette anche ai radicali isomeri. Gli alcani sono poco reattivi per la loro stabilità data dall’isomeria di rotazione che permette ad un atomo di ruotare intorno ad un legame semplice. Si hanno varie conformazioni, rappresentabili con le proiezioni di Newman come quella eclissata e sfasata dell’etano. Gli alcani possono comunque reagire in specifiche situazioni per esempio con Cl2 e Br2, da 250° a 400°, con la sostituzione di un atomo di H con uno di Cl (o Br) e la formazione di un alogenuro alchilico e un acido alogenidrico. E’ una reazione a catena che inizia quando l’alogeno acquista abbastanza energia da rompere il suo legame formando due atomi che si legano con il gruppo R da qui è staccato H. Alla fine si ha una miscela di isomeri alogenati. Quando Cl ha concentrazione maggiore dell’alcano si formano composti polialogenati. Per quanto riguarda la loro nomenclatura, il sistema tradizionale li vede come sali (es. cloruro di metile) mentre il metodo IUPAC l’alogeno è parte della catena laterale. Gli alcani hanno anche una reazione di combustione in eccesso di O2 con la formazione di CO2 e H2O + calore. Se l’ossigeno non è sufficiente si forma CO e H2O; il monossido di carbonio causa avvelenamenti ed è un inquinante dell’aria. Le catene degli idrocarburi possono essere spezzate a 400-600° (la pirolisi) o a 400° con cracking termico in presenza di catalizzatori o a pressione superiore di quella atmosferica (cracking catalitico); si creano alcani, alcheni e idrogeno, separati dalla distillazione frazionaria. La pirolisi si usa soprattutto con il petrolio. Gli alcani si possono preparare grazie ai reattivi di Grignard (alogenuri di alchilmagnesio) che hanno formula R—MgX dove X è un alogeno; sono molto reattivi e dalla loro reazione con acqua si ottiene l’alcano del radicale da cui sono formati con la formazione di Mg (OH) X, l’acqua è acida rispetto al reattivo che è come un sale di magnesio con un acido. La sintesi di Wurtz invece vede l’utilizzo di metalli alcalini per strappare l’alogeno da un alogenuro alchilico. E’ una reazione a catena, si forma un composto metallico che poi reagisce con un alogenuro alchilico. Si formano sempre alcani con numero di atomi di C doppio rispetto all’alogenuro di partenza. Gli alcheni invece sono idrocarburi insaturi con un doppio legame tra due atomi di carbonio; hanno formula CnH2n, a 25° i primi cinque termini sono gassosi, da 6 a 16 liquidi, gli altri solidi; i punti di fusione aumentano all’aumentare della massa molecolare e alla complessità della molecola. Dall’alchene con quattro atomi di C si ha isomeria. Sono insolubili in acqua, in solventi polari ma sono solubili in quelli apolari; sono molto reattivi soprattutto nelle reazioni di addizione, dimerizzano e polimerizzano, bruciano come gli alcani con l’ossigeno, con agenti ossidanti legano a freddo formando derivati ossigenati. Il loro nome deriva da quello degli alcani con suffisso ene. Nella nomenclatura si parte dall’atomo di C più vicino al doppio legame, indicato con il numero. I radicali degli alcheni sono chiamati con il suffisso enile ma i più comuni usano i nomi tradizionali. Si hanno negli alcheni i così detti isomeri geometrici, l’idrocarburo varia al variare della posizione spaziale dei radicali legati al doppio legame; si indicano con il prefisso cis- gli elementi che hanno due atomi uguali legati al doppio legame dalla stessa parte, trans- quelli che hanno da parti opposte. La parte attiva di una reazione è detta gruppo funzionale, un atomo o un gruppo di atomi in grado di dare alle molecole proprietà che le caratterizzano. Negli alcheni questo gruppo è il doppio legame, e negli alcheni non si hanno reazione di sostituzione come negli alcani ma di addizione con la formazione di una sola molecola. Un alchene può quindi addizionare idrogeno formando alcani con ugual numero di atomi di C, ciò avviene con catalizzatori come Pt, Ni, Pd e necessita grande energia di attivazione. In ambiente acido è possibile addizionare acqua con la formazione di alcoli che presentano il gruppo ossidrile. Con cloro e bromo in solventi inerti (es. il tetracloruro di carbonio) si formano composti saturi dialogenati in posizione vicinale (i due atomi di Cl o Br sono vicini). Si possono poi addizionare acidi alogenidrici (HCl, HBr, HI) che formano alogenuri alchilici. Allo stesso modo si addizionano acidi organici e l’acido solforico. In presenza di H2SO4 concentrato si può addizionare ad un alchene un alcano, metodo molto usato in industria per formare gli ottani, utilizzati nella benzina. Nelle reazioni degli alcheni sono interessati i legami π, più deboli di quelli σ. Le reazioni dette prima sono elettrofile, scindono eteroliticamente il legame π con il passaggio di un doppietto di elettroni ad uno dei due atomi. In altre reazioni, le addizioni radicaliche, si ha la scissione omolitica del legame con la formazione di R molto reattivi. Nella reazione elettrofila tra etene e acido cloridrico il carbonio con carica negativa attira H che si stacca da Cl, lo ione alchilico si lega poi con il cloro che è nucleofilo. Quando avviene una reazione di questo genere si segue la regola di Markovnikov che afferma come nell’addizione ionica l’atomo di idrogeno si lega all’atomo di carbonio che presenta più atomi di H a lui legati. Come esempio di addizione radicalica invece si ha la polimerizzazione degli alcheni: i polimeri sono molecole giganti formate da unità semplici che si ripetono, i monomeri; a caldo, in presenza di catalizzatori un alchene polimerizza con l’addizione di più catene d monomeri. L’etene è iniziato con l’uso di un perossido organico che richiama uno degli elettroni del doppio legame; il radicale che si forma reagisce a catena con un altro doppio legame. La catena si ferma quando incontra un’altra catena o il radicale del perossido. Il polimero si chiama in questo caso polietilene, usato per pellicole, contenitori e altri rivestimenti. Gli alcheni si preparano soprattutto dalla pirolisi ma anche dalla disidratazione degli alcoli, che sono riscaldati con un acido forte e formano alchene e acqua o la deidroalogenazione degli alogenuri alchilici, che reagendo con un idrossido alcalino (come KOH) in soluzione alcolica formano alchene, alogenuro del metallo e acqua. Infine per dealogenazione dei dialogenuri vicinali che reagendo con lo zinco formano l’alchene e l’alogenuro del metallo. Gli alchini sono idrocarburi alifatici insaturi con triplo legame tra due atomi di C. Hanno formula CnH2n-2, a 25° i primi 3 sono gas, gli altri prevalentemente liquidi, i punti di ebollizione variano rispetto alla complessità della molecola, si hanno isomeri a partire dal quarto elemento, sono insolubili nei solventi polari, molto in quelli apolari, sono molto reattivi soprattutto in reazioni di addizione, formano sali con metalli alcalini e pesanti, dimerizzano e polimerizzano. Per la nomenclatura si usa il suffisso ino e il nome acetilene si mantiene per il primo elemento (l’etino). I radicali hanno suffisso inile e alcuni usano il nome tradizionale. Gli alchini non hanno isomeri geometrici ma hanno isomeri di posizione. Il gruppo funzionale è il triplo legame, possono addizionare idrogeno in presenza di Pt e Ni formando alcano o alchene corrispondente nel passaggio da alchino a alchene fino ad alcano, che può essere fermato ad un alchene cis- con il catalizzatore di Lindlar. Si possono addizionare poi alogeni che formano quasi sempre alcani tetralogenati vicinali o alcheni dialogenati. Con l’addizione di acidi alogenidrici si ottengono alcani disostituiti. Con l’addizione di acqua, molto importante, richiede lo ione Hg2+ come catalizzatore acido. Con l’acetilene si forma l’etanale, un aldeide, con i restanti alchini si formano invece chetoni. Si hanno alcune reazioni di sostituzione con la scissione eterolitica di un atomo di C del triplo legame con un atomo di H, reazioni dovute al carattere poco acido degli alchini: una base può staccare l’idrogeno formando acetiluri, impiegati come esplosivi. Gli alchini si possono formare dalla deidroalogenazione dei dialogenuri vicinali in cui un dialogenuro reagisce con un idrossido alcalino in soluzione alcolica formando l’alogeno dell’alchene che reagendo con sodiammide (NaNH2) forma l’alchino. Si forma l’alchino anche con l’alchilazione di un acetiluro, questo per aumentare la catena carbonosa. L’acetilene è l’alchino più importante per il suo utilizzo in industria e si prepara con la decomposizione con acqua dell’acetiluro di calcio (Ca—C≡C—Ca) o per deidrogenazione a 1500° del metano o dell’etene. L’acetilene è un gas incolore e inodore, forma con l’aria una miscela esplosiva, molto solubile in acetone, viene trasportato grazie a questo chetone. Con l’ossigeno l’etino brucia formando CO2 e molto calore oltre ad acqua. I dieni sono alifatici insaturi che hanno due doppi legami e hanno formula CnH2n-2 sono o coniugati se i doppi legami sono separati da un solo legame semplice o isolati se separati da più legami semplici, cumulati se condividono un atomo di C e i loro composti sono gli alleni. In nomenclatura si usa il suffisso diene e si indicano con un numero le posizioni dei doppi legami. In quelli isolati le reazioni sono uguali a quelle degli alcheni, in quelli cumulati possono attaccarsi o sui primi due atomi o sul primo e il quarto con slittamento del doppio legame in mezzo (il più verificato). I cicloalifatici hanno una struttura a catena chiusa, sono chiamati anche aliciclici; si dividono in: cicloalcani (CnH2n), cicloalcheni (CnH2n-2), cicloalchini (CnH2n-4). In nomenclatura si usa il prefisso ciclo. Se presenta più di un sostituente bisogna numerare l’anello per la posizione. Presentano valori di ebollizione poco più alti come la densità dei rispettivi idrocarburi a catena aperta, apolari e poco polari, insolubili in acqua e solubili nei solventi apolari. Hanno comportamento chimico simile a quello dei rispettivi idrocarburi a catena aperta. Ciclobutano e ciclopropano possono formare composti a catena aperta come nella loro reazione con l’idrogeno; il ciclopropano forma anche derivati alogenati reagendo con alogeni o acidi alogenidrici. Nei cicloalifatici si crea una tensione nella diversa angolazione rispetto alla posizione normale del legame, ciò rende meno stabili i legami; ciclopropano e ciclobutano reagiscono molto perché hanno angoli di 60° il primo e 90° il secondo. Non potendo ruotare attorno al legame semplice ogni cicloalifatico presenta isomeria geometrica. Nello scorso secolo erano chiamati aromatici i composti estratti dalle piante per il loro aroma caratteristico. Oggi si distinguono queste sostanze perché si basano sul benzene, il loro termine più semplice. Scoperto da Michael Faraday nel 1825 si è discusso fino a pochi anni fa sulla sua struttura: la sua formula è C6H6 ricavata misurando la massa molecolare, lo fa pensare come insaturo e molto reattivo ma in verità è molto stabile e poco reattivo e reagisce sono con temperature, catalizzatori, pressioni particolari. Può addizionare tre molecole di H e diventare cicloesano o con Cl e Br diventare esaclorocicloesano o esabromocicloesano. La mancanza di sue reazioni di addizione creò difficoltà tra gli scienziati che nel 1865 con Augusto Kekulé ipotizzarono una struttura ciclica esagonale nel quale legami semplici e doppi si alternavano; la stabilità era data dalla velocità con cui i legami doppi si muovevano lungo la catena. Si pensa che le due formule date da Kekulé siano quelle limite dell’ibrido di risonanza che è il benzene. Questa molecola è piana e la lunghezza del legame tra atomi di C è intermedia tra quelle del legame semplice e di quello doppio. Si spiega ammettendo che ogni atomo è nella forma ibrida sp2 con tre elettroni situati in tre orbitali piani di 120°. Sei atomi si legano con legami σ con una forma esagonale. Così ogni C occupa 2 orbitali. L’ultimo orbitale si sovrappone con l’orbitale s dell’idrogeno. I sei orbitali puri p formano un unico orbitale π. I sei elettroni delocalizzati dell’orbitale π danno stabilità alla molecola. I nomi dei derivati del benzene è di solito comune ma si può creare con il suffisso benzene. Se sono presenti due sostituenti si numerano gli atomi usando il prefisso orto per le posizioni 1,2 meta per le 1,3 para per 1,4, se sono più di due si parte da uno di questi per la numerazione. Se i sostituenti sono diversi quello da cui si parte è la base del nome e non si indica con il numero come invece si fa con gli altri. I composti del benzene sono chiamati areni e il radicale fenile. Gli areni consentono reazioni di sostituzione nell’anello e quelle degli idrocarburi alifatici nella parte alifatica della molecola. Il benzene da più facilmente reazioni di sostituzione elettrofila, grazie all’utilizzo di una coppia dei sei elettroni π. Per prima cosa si ha una reazione di somma uguale all’addizione elettrofila degli alcheni con la rottura del doppio legame; la molecola poi si stabilizza con l’espulsione di un protone e tornando al carattere aromatico. Ciò avviene per la presenza del nucleofilo nel sistema. Se si da un’altra reazione di sostituzione la prima influisce nella posizione del secondo sostituente e nella reattività del benzene. Alcuni attaccano nelle posizioni orto e para (orientati di prima specie), altri sono meta orientanti (orientanti di seconda specie). Ogni sostituente può aumentare la densità elettronica del benzene a seconda della sua elettronegatività, attivandolo (più reattivo alle sostanze elettrofile) o disattivandolo, diminuendo la densità. Quelli attivanti aumentano la disponibilità in orto e para, quelli disattivanti in meta con maggior carenza di elettroni in orto e para. Gli areni sono poco polari, insolubili in acqua, solubili in etere tetracloruro di carbonio esano e nei solventi organici. Il benzene e i suoi omologhi sono liquidi, il naftaline, l’antracene e il fenantrene solidi. Il benzene bolle a 80° gli altri sopra i 100°. Non sono liberi in natura (solo nel petrolio), si formano quando il carbone fossile sono riscaldati con dei catalizzatori. Si ottengono dal petrolio con l’ hydroforming. Sono i prodotti di partenza per la sintesi di farmaci, coloranti, plastici, insetticidi, antiparassitari, esplosivi, detersivi, vernici.
Derivati degli Idrocarburi
Il comportamento di un idrocarburo cambia se la molecola è alogenata, in quel caso le reazioni avvengono a carico dell’alogeno, e per questo si chiamano alogenuri alchilici. Come gli alogeni altri gruppi funzionali possono determinare le proprietà di un idrocarburo; si hanno: alogenuri alchilici e acrilici (Cl, Br, I, F), alcoli e fenoli (OH), aldeidi e chetoni (gruppo carbonilico C═O), acidi organici (gruppo carbosillico COOH), ammine primarie (gruppo amminico NH2). Si possono avere più gruppi funzionali in una molecola che allora manifesta le proprietà di ognuno di questi anche se a volte si modificano. Gli alcoli sono derivati degli idrocarburi con la sostituzione del gruppo OH ad un H; hanno formula R—OH, nel quale R è un qualsiasi radicale alifatico o cicloalifatico, in più nella catena i radicali aromatici non influiscono. Il gruppo in cui il fenile (Ar) è legato direttamente ad OH è il gruppo dei fenoli che hanno caratteristiche proprie. Gli alcoli sono primari, secondari, terziari rispetto all’atomo di C a cui è legato OH; in più sono monovalenti, bivalenti, trivalenti rispetto a quanti gruppi OH presentano. Per la nomenclatura utilizzano il suffisso olo ma mantengono nomi tradizionali; per stabilire dove si trovi il gruppo OH si usa il numero; nel caso nella catena sia presente un doppio o triplo legame allora quella è la catena più lunga e la numerazione inizia dall’atomo più vicino ad OH, scrivendo prima il nome dell’idrocarburo e poi il numero che indica dove si trova il gruppo ossidrile più il suffisso olo. Gli alcoli più semplici sono liquidi, gli altri solidi, sono più densi e con punti di ebollizione più elevati degli idrocarburi corrispondenti; quelli con pochi atomi sono solubili in acqua dal butanolo diventano sempre meno solubili fino a non esserlo. OH è un gruppo polare e forma legami idrogeno tra le molecole dell’alcool e l’acqua, questi legami rendono più densi gli alcoli e quindi è più difficile spezzare il legame che li unisce. Man mano che la massa molecolare aumenta l’influenza del gruppo ossidrile sulla molecola diminuisce e questa risulta meno miscibile e apolare. Gli alcoli polivalenti sono ancora più miscibili di quelli monovalenti e hanno punti di ebollizione più elevati. Il comportamento degli alcoli è anfotero, varia al variare del ph dell’ambiente da acido a basico. E’ per esempio acido in presenza di una base forte con la scissione eterolitica del legame O—H e liberazione di un protone; per questo reagiscono con gli alcalini e formano calcolati. Il carattere basico si ha per esempio con la presenza di ioni idronio; si forma uno ione alchilossonio che libera un radicale alchilico; per preparare gli alogenuri alchilici si compie la reazione tra alcool e acido alogenidrico. Le reazioni di ossidazione sono le più importanti degli alcoli: gli alcool primari a contatto di Cu ad alta temperatura si ossidano in aldeidi; se l’ossidante invece è KMnO4 o K2Cr2O7 si forma un acido organico dall’aldeide. Gli alcool secondari per azione di KMnO4 in ambiente alcalino si ossidano in chetoni. Gli alcool terziari in ambiente acido possono disidratarsi in alcheni che si ossidano ad aldeidi e chetoni, spezzandosi in due parti. Gli alcoli si preparano idratando un alchene in ambiente acido o con l’idrolisi di un alogenuro alchilico in ambiente basico o ancora riducendo un aldeide o un chetone (in presenza di H2) o riducendo un estere (R—COO—R’). Metanolo ed etanolo sono gli alcool più importanti, il primo (spirito di legno) è presente nella distillazione secca del legno e industrialmente si prepara per sintesi tra CO e idrogeno con catalizzatori (ZnO, CuO, a temperatura di 300-400° e a 200 atm). La miscela di CO e H2 (gas di sintesi), si ottiene gasificando il carbone coke con acqua a 1000° o dalla reazione di metano e acqua a 850°. Il metanolo è u liquido incolore, sapore bruciante, odore simile all’etanolo, più inebriante di questo ed è vietato per bevande alcoliche perché provoca avvelenamento e cecità e porta alla morte. E’ usato per vernici, carburanti ed esplosivi e per la produzione di formaldeide. L’etanolo, ottenuto per la prima volta da alchimisti per distillare il vino, si prepara per distillazione frazionata di soluzioni idrolacoliche ottenute con la fermentazione alcolica di zuccheri e melasse. Si prepara anche per idratazione dell’acetilene e successiva idrogenazione o ancora dall’etene trasformato con H2SO4 in acido etilsolforico e quindi in etanolo. L’etanolo è presente nelle bevande alcoliche ricavate dalle piante, viene tassato per usi voluttuari, non per quelli industriali. Per impedire che sia usato viene denaturato con sostanze dal gusto sgradevole. E’ il punto di partenza per molte sintesi chimiche. I fenoli hanno il gruppo OH attaccato al fenile, per la nomenclatura si considerano tutti derivati dal fenolo, il più semplice ma per i metilfenoli si usa il nome tradizionale, cresoli. I fenoli sono insolubili in acqua tranne il fenolo in piccola quantità; i più semplici sono liquidi o solidi e hanno punti di ebollizione elevati per i legami idrogeno. Sono più acidi degli alcoli e lo ione fenato sembra più stabile del fenolo perché il benzene sposta la carica negativa al centro, provocando la ionizzazione; OH è attivante dell’anello e orienta i sostituenti nelle varie posizioni, orto o para. I fenoli reagiscono con le basi formando i fenati, in più questi formano gli eteri e gli esteri; si ottengono per distillazione del catrame di carbon fossile o nella reazione del clorobenzene con idrossido di sodio a 360°. Il fenolo si ottiene dalla reazione di clorobenzene con acqua con dei catalizzatori, a temperatura e pressione elevata. E’ usato per la sintesi di molti suoi derivati e fu il primo disinfettante, anche se tossico. Gli eteri vedono un atomo di ossigeno legato a due radicali. Si dividono in misti o normali, misti se dei due radicali uno è alifatico e uno è aromatico. Il nome è formato elencando in ordine alfabetico i radicali e aggiungendo etere alla fine. I punti di ebollizione sono più bassi rispetto agli alcoli per la mancanza di legami H che possono formarsi però con alcoli o acqua e quindi quelli con massa molecolare bassa si mescolano con alcoli e sono solubili in acqua. Sono inerti, usati come solventi, si preparano grazie alla sintesi di Williamson con la reazione di un calcolato con un alogenuro alchilico. Quelli simmetrici si creano dalla disidratazione degli alcoli trattati con acido solforico. Aldeidi e chetoni hanno il gruppo funzionale C═O, nell’aldeidi l’ossigeno è legato ad un carbonio terminale, nei chetoni da uno secondario. Aldeidi e chetoni hanno proprietà simili, in nomenclatura si aggiunge il suffisso ale per gli aldeidi indicando con un numero i radicali e partendo dal C legato ad O; i legami multipli si individuano grazie ad un numero che precede il nome degli aldeidi; si usano anche nomi tradizionali (metanale = formaldeide; etanale = acetaldeide); i chetoni invece hanno suffisso one e il numero indica l’atomo a cui è legato l’ossigeno; sono usati i nomi tradizionali come acetone per il propanone. Le aldeidi più semplici sono solubili mentre quelle superiori sono insolubili: le prime hanno odore sgradevole mentre le altre hanno odore simile a quello della frutta e alcune sono usate in profumeria; i chetoni semplici sono solubili e l’acetone lo è completamente. Alcuni chetoni hanno odore di fiori, altri di rancido. Sono polari per il gruppo carbonilico e ciò le rende più forti a resistere alle alte temperature. Le reazioni sono soprattutto di addizione nucleofila e ciò porta alla reazione dei reagenti nucleofila (le basi di Lewis) e la scissione del legame π. Con l’addizione di H2 alle aldeidi si forma un alcool primario, con un chetone si forma un alcool secondario. Con un reattivo di Grignard si forma un alcool secondario, con un chetone uno terziario. Aggiungendo prima acqua e poi alcool si forma con l’aldeide l’acetale o il semiacetale se le molecole di alcool sono due o una. Le aldeidi si ossidano facilmente e formano acidi carbosillici mentre i chetoni solo in situazioni drastiche si ossidano formando una miscela dalla rottura della molecola di acidi carbosillici. Un aldeide si forma per ossidazione di un alcool primario o per riduzione di cloruri di acidi carbosillici o tramite la oxo-sintesi, l’addizione ad un alchene di CO e H2 a temperatura e pressione elevata con catalizzatori. Un chetone si può formare dall’addizione di acqua ad un alchino o dall’ossidazione di un alcool secondario, o ancora dall’acilazione di Friedel-Crafts e cioè la reazione di un cloruro di acido carbosillico con un arene, con catalizzatore AlCl3, formando un chetone acrilico. La formaldeide e l’acetone sono i più importanti. La Prima è gassosa, incolore, irritante si trova in soluzione acquosa al 37%, conservante e disinfettante. E’ un ottimo disinfettante, germicida e antifermentativo. Polimerizza e le sue resine sono utilizzate per stampe e per manufatti in plastica. Si ottiene ossidando il metanolo ad alta temperatura e con catalizzatori o con l’ossidazione del metano. L’acetone è incolore, solubile in acqua, infiammabile, solvente, scioglie resine, grassi, lacche, vernici, impiegato nella sintesi di cloroformio e iodoformio. Si ottiene soprattutto dall’ossidazione del 2-propanolo.

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