Ammoniaca

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Testo

PRINCIPIO E TECNICA DI DETERMINAZIONE DELL’AMMONIACA NEI COSMETICI
Il metodo generalmente impiegato per la determinazione dell’azoto totale risale al 1883 e si deve a Kjeldahl. Esso consiste nell’ossidazione del materiale organico sottoposto all’esame con la contemporanea distillazione di NH3 in una soluzione acida a titolo noto di cui in fine titolata l’acidità residua.
Questo metodo può essere applicato indifferentemente a qualsiasi materiale biologico. La medesima tecnica, infatti, può essere applicata al sangue dopo deproteinizzazione, fornendo così il valore dell’azoto incoagulabile.
La speciale apparecchiatura occorrente ….. (descrizione apparecchiatura.)
Il funzionamento dell’apparecchio da distillazione di K., in definitiva, non è diversa da quella dei comuni distillatori. Una condizione preliminare che deve essere tenuta presente, e che la vetreria impiegata per questa ricerca, ed in particolare il pallone dove avviene la digestione e il matraccio di raccolta dello stesso distillatore di K., deve essere perfettamente pulita e priva di tracce d’acidi, d’alcali o di sostanze riducenti. Per tanto essa deve essere tenuta per alcune ore in miscela solfocromica, risciacquata a lungo in acqua corrente e quindi passata più volte in acqua distillata.
Naturalmente anche i vari reagenti devono avere il massimo grado di purezza. Il procedimento comprende tre fasi distinte: la digestione, la distillazione e la titolazione alcalimetrica.
La digestione praticata nel pallone dell’apparecchio di K. disinserito dal distillatore, e portato a temperatura elevata su una fiamma fortemente ossigenata di un becco Bunsen, oppure in un dispositivo che scalda elettricamente. Durante questa fase avviene l’ossidazione del carbonio e dello zolfo a CO2 e SO2. Per la fase della distillazione, il pallone dove è avvenuta la digestione è inserito nel distillatore e chiuso con l’apposito tappo. L’ammoniaca, portando ad eboluzione la soluzione, evapora lungo il sistema chiuso del distillatore. Durante il passaggio dal refrigerante, i vapori d’ammoniaca si condensano allo stato liquido e ricadono nel matraccio di titolazione.
Quest’ultimo contiene un acido in quantità determinata e a titolo noto la cui acidità viene pertanto a diminuire in modo proporzionale alla quantità d’ammoniaca pervenuta. La fase della titolazione avviene con le consuete modalità proprie di quest’operazione: servendosi di una buretta ed indicatore rosso metile, si stabilisce una quantità d’alcali necessaria a neutralizzare completamente l’acido residuo del matraccio.
Quanto minore è la quantità d’alcali necessaria per questo scopo, tanto maggiore è la quantità d’ammoniaca distillata.
(reattivi usati, quantità utilizzati di campioni, tipo di tampone, ml. totali)
TITOLAZIONI SOLUZIONI CAMPIONI
COSMETICI
ML TOTALI
ML USATI
NORMALITÀ
NAOH
ML TITOLANTI
Jean Luis David
295
25
0.5
8.3
Sapone liquido Cliven
232
25
0.5
9.3
Shampoo e balsamo Cliven
255
255
0.5
83.0
Balsamo Cocco
270
270
2.0
24.0
Marsiglia liquido
155
155
2.0
24.2
Bilba ginseng antiforfora
225
225
2.0
24.2
(determinazione ammoniaca calcoli tabella)
METABOLISMO DELL’AMMONIACA
In condizioni normali il valore dell’ammoniemia è assai besso nonostante che la quantità di ione ammonio che si produce continuamente nei processi del metabolismo intermedio sia molto elevato. Alcalinità e la tossicità dell’ammonio renderebero estremamente nocivo un eccessivo aumento di questa sostanza che altererebbe l’equilibrio acido- base e nelle cellule nervose provocherebbe un danno metabolico fatale ed irreversibile. Il principale meccanismo biochimico che controlla il livello ematico dell’ammonio è la sintesi dell’urea che avviene quasi esclusivamente nel fegato.
Nelle più gravi forme di insufficienza acuta o cronica del fegato la capacità di formazione dell’urea risulta inadeguata in rapporto alla produzione di ammoniaca e questa finisce con l’aumentare nel sangue e nei liquidi intra- ed extra- cellulari.
L’ammoniaca ha un’elevata tossicità che si esercita soprattutto sui centri encefalici. Per spiegare tele azione sono state avanzate numerose ipotesi (aumento della glicolisi, diminuita attività del ciclo dell’acido e-cheto-glutarrico che verrebbe trasformato in acido glutammico e poi in glutammina, aumentata formazione di acido --amminobuttirrico, inibizione della sintesi della acetilcolina) ma nessuna di queste sembra spiegare in modo soddisfacente la patogenesi delle lesioni cerebrali dovute alla iperammonemia. Per impedire un pericoloso accumulo nel sangue l’ammonio viene in parte trasformato in urea a livello del fegato e in parte unito all’acido glutammico con formazione di glutammina.
La sintesi della glutammina avviene principallmente a livello del cervello che contiene un elevato contenuto in glutammina sintetasi, enzima che catalizza tale sintesi:

COOH NH2

CH2 ATP ADP C=O
C ( (
CH2 + NH3 CH2 + H2O

CHNH2 CH2

COOH CHNH2

COOH

Ac. glutammico glutammina
L’acido glutammico è però sottratto alla via metabolica degli acidi tricarbossilici e ciò comporta una menomazione del metabolismo ossidativo e della respirazione cellulare a livello celebrale. Infatti, conseguenza inevitabile è la comparsa di uno stato di coma che, data la causa primitiva della sua insorgenza è definito epatico o ammoniemico. Esso contrassegna le fasi terminali delle più gravi malattie del fegato, quali le epatiti tossiche, l’epatite virale a decorso fulminante, la cirrosi epatica all’ultimo stadio.
L’apporto di azoto amminico all’organismo è legato alla deaminazione degli amminoacidi e in ultima analisi all’alimentazione proteica. In parte proviene, già sotto forma di ione ammonio, dall’assorbimento intestinale, per le modificazioni subite nell’intestino, ad opera della flora batterica, dalle proteine alimentari o endogene, dall’urea e da altri composti azotati.
L’origine intestinale di una parte dell’ammoniaca è molto importante per quelle epatopatie in cui all’insufficienza epatocellulare si associano alterazioni circolatorie che comportano un diretto passaggio del sangue del sistema venoso portale al sistema venoso generale. Ciò può verificarsi perché in seno al tessuto epatico fortemente alterato possono instaurarsi comunicazioni dirette fra le vene portali, decorrenti negli spazi portali, e le vene epatiche centrolobulari tributarie della vene cava inferiore. Analoghe comunicazioni dirette tra vene ed arterie è lo strozzamento dei vasi venosi conseguente alla distruzione dell’architettura lobulare epatica, causano un aumento della pressione idrostatica nelle vene provenienti dai visceri addominali (ipertensione portale).
Oltre a creare una situazione favorevole e pericolosissime emorragie, l’aumento di pressionefacilita il reflusso del sangue dai rami venosi della porta del sistema venoso generale attraverso le cosiddette anastomosi prto-sistemiche che si trovano ad esempio, nella regione gastroesofagea, nella regione emorroidaria, ecc.
L’insieme di queste alterazioni anatomiche fa si che il sangue proveniente dall’intestino venga sottratto all’azione depuratrice del parenchima epatico ancora funzionante. La conseguenza immediata è la presenza in circolo di sostanze assorbite dall’intestino che non sono state, come di norma, raccolte e metabolizzate dal fegato. Una di queste, di gran lunga la più importante dal punto di vista clinico e diagnostico, è l’ammonio, il cui aumento nel sangue dipende sia dal deficit funzionale epatocellulare con ridotta formazione di urea, sia dal salto del parenchima epatico compiuto dal sangue refluente dalle pareti intestinali.
Negli ammalati di cirrosi epatica con elevata pressione portale in cui esista un elevato rischio potenziale od attuale di emorragie, si cerca di ridurre l’ipertensione portale creando chirurgicamente una comunicazione diretta fra il tronco dalla vena porta e la vena cava inferiore.
Particolarmente in questi casi è importante la sorveglianza dell’ammonemia per i motivi facilmente desumibili da quanto detto in precedenza. Il rischio del coma ammoniemico può essere in tal modo valutato e, entro certi limiti, prevenuto riducendo al massimo l’apporto alimentare di azoto amminico ed eliminando le cause che favoriscono la sua liberazione nel lume intestinale.
Più che l’ammoniemia dosata nel sangue venoso è importante conoscere, almeno nei casi più gravi, il comportamento dell’ammonio nel sangue arterioso, perché questo esprime con maggior precisione la quantità di NH4+ che raggiunge l’encefalo.
Inoltre la differenza arterovenosa dell’ammonio fornisce un’indicazione sull’efficacia dei meccanismi di neutralixzzazione ( sintesi di urea e di glutammina, eliminazione di ammonio con le urine, ecc. ) ai quali si deve il fatto che l’ammoniemia arteriosa è generalmente più elevata, anche del 10% di quella venosa.
Per quanto riguarda il contenuto ematico di ammonio tollerabile senza comparsa del coma, esso è ben difficilmente precisabile, data la grande variabilità individuale. Di fatto, acanto a soggetti che sopportano lucidamente oltre 300 g/dl, vi sono altri che cadono in coma per meno di 150 /g/dl e ciò lascia pensare che la patogenesi del coma epatico richiede concorso di più fattori accanto alla iperammoniemia.
Riassumendo, l’aumento dell’ammonio in circolo, anche se originato da fonti diverse dal fegato (deaminazone extra-epatica degli amminoacidi, deaminazione della glutammina, metabolismo nucleare, ecc.) chiama in causa, senza eccezione, una profonda disfunzone del fegato, e riconosce due meccanismi diversi:
a) l’insufficienza epatocellulare, con ridotta sintesi di urea;
b) abnormi comunicazioni venose porto-sistematiche intra- od extra- epatiche con mancata captazione epatica di NH4+ endogeno.

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