Acidi e basi

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Categoria:Chimica

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Testo

ACIDI – BASI
Gli acidi sono composti che possiedono alcune proprietà che li caratterizzano:
- neutralizzano le basi;
- sciolti in acqua formano soluzioni acide (se la concentrazione di ioni H+ è maggiore di quella degli OH-), caratterizzate appunto dalla presenza di ioni H+;
- tali soluzioni fanno virare il colore della carta al tornasole (v. metodi per misurare il pH) a rosso (più o meno intenso a seconda del grado di acidità);
- corrodono facilmente i metalli.
Si è in presenza di acidi di fronte a idracidi (formati da idrogeno e non metalli), ossiacidi (anidridi legate all’acqua _ v. composti inorganici) o acidi organici quali, per esempio, l’acido citrico (C6H8O7), l’acido acetico (CH3COOH), ecc.
Al contrario le basi (altrimenti denominate alcali):
- fanno virare il tornasole da rosso a blu;
- sciolte in acqua danno origine a soluzioni basiche (o alcaline);
- queste ultime sono caratterizzate dalla presenza di ossidrilioni (ioni OH-).
- Inoltre quelle forti hanno proprietà corrosive, soprattutto nei confronti di materia vivente.
Acidi e basi immerse e dissociate in acqua conducono bene l’elettricità perché, come i sali, sono sostanze elettrolitiche.
Uno dei primi a dare una definizione di acido fu il chimico - fisico svedese Svante Arrhenius, attraverso la teoria della dissociazione elettronica che considera:
Acido: "Una sostanza contenente idrogeno che, disciolta in soluzione acquosa, è in grado di liberare ioni H(".
Base: "Una sostanza contenente idrogeno che, disciolta in soluzione acquosa, è in grado di liberare ioni ossidrili, OH(".
Bronsted e Lowry ampliarono la definizione data dal precedente studioso sostenendo che:
Acido: "L’acido è donatore di protoni, ovvero di ioni H(".
Base: "La base è accettore di protoni, ovvero di ioni H(".
L’acido ha quindi la proprietà di donare un protone alla base.
Gli acidi e le basi di Arrhenius sono anche acidi e basi di Bronsted.
Secondo quest’ultima definizione, però, le reazioni non avvengono soltanto in acqua, ma anche in altri solventi, perché non è necessaria la dissociazione in soluzione acquosa ma solo la combinazione acido - base.
Vengono così generati nuovamente un acido e una base, rispettivamente:
_ L’acido coniugato della base
_ La base coniugata dell'acido
(v. coppie coniugate acido – base).
Esempio: HCl + NH3 → Cl( + NH4(
In questo esempio, l’ammoniaca (NH3) non è una base di Arrhenius, perché non è in grado di liberare ioni OH- ma è una base di Bronsted.
Tuttavia esistono reazioni che non comportano alcun trasferimento di protoni, in cui la base reagisce con l'acido per formare sostanze che non sono né acidi né basi.
Gilbert Lewis ampliò quindi la definizione di acido – base per tenere conto anche di questa possibilità:
Acido: "L’acido è una sostanza che accetta una coppia di elettroni, è cioè qualsiasi sostanza capace di legarsi a un doppietto elettronico non condiviso".
Base: "La base dona una coppia di elettroni, ha quindi un doppietto elettronico libero, capace di permettere ad un acido di legarsi attraverso un legame covalente dativo".
(v. legami interatomici).
Secondo questa definizione anche il protone (H() risulta essere un acido perché, per esempio si lega in questo modo alla molecola dell’acqua, dando origine allo ione idronio (H3O().
Una formula rappresenta una molecola nel caso delle sostanze molecolari ed un rapporto base tra gli elementi nel caso delle sostanze cristalline.
LEGAMI INTERATOMICI
I legami chimici sono interazioni tra quelle forze che tengono assieme gli ioni che stanno alla base di un composto ionico, o gli atomi di un composto molecolare.
Gli atomi tendono per natura a raggiungere la configurazione elettronica (ovvero la disposizione degli elettroni) più stabile (raggiungere l’ottetto), in una condizione di utilizzo di minima energia, che si consegue attraverso il completamento del livello energetico più esterno, così da avere la disposizione dei propri elettroni uguale a quella dei gas nobili (elementi con l’orbitale esterno completo e quindi poco reattivi).
Questa condizione di equilibrio si raggiunge cedendo, acquistando o condividendo elettroni (denominati elettroni di legame) con altri atomi. Gli elettroni di legame possono essere esclusivamente gli elettroni del livello energetico più esterno e prendono il nome di elettroni di valenza. È in questo modo che si formano i legami interatomici, ovvero tra atomi, che danno origine alla creazione dei composti.
Si possono distinguere due tipi di legame, che si formano a seconda della differenza di elettronegatività tra gli atomi partecipi.
Elettronegatività: "Tendenza di un atomo ad attrarre verso di sé elettroni".
Come grandezza misurabile, è stata definita da L. Pauling (premio nobel per la chimica nel 1954) attraverso l’introduzione di una scala di elettronegatività.
• Tra due atomi con una grossa differenza di elettronegatività si instaurano legami ionici, per formare reticoli cristallini.
L’atomo che ha maggiore capacità di attrarre gli elettroni li strappa all'altro, in modo da completare il proprio livello energetico più esterno. Si ottengono così due ioni, ovvero atomi dotati di carica (il catione, positivo e l’anione, negativo), che si attraggono, per effetto delle cariche opposte e vanno quindi a costituire un legame ionico. Non si formano orbitali, gli ioni si dispongono in reticoli cristallini, schemi regolari. L’acqua, composto parzialmente polare, è in grado di disgregare il reticolo cristallino, può quindi sciogliere i legami alla base dei composti ionici. Quando questi si sciolgono in acqua, il reticolo cristallino si spezza e si ha una reazione di dissociazione ionica.
• Al contrario se l'elettronegatività degli elementi del composto è simile, o uguale, si formano legami covalenti, caratterizzati dalla condivisione degli elettroni di legame e dalla formazione di orbitali molecolari, creati dall’unione degli orbitali dei singoli atomi di partenza.
I legami tra atomi di uno stesso elemento sono apolari, cioè gli elettroni di legame sono equamente condivisi, poiché l'elettronegatività è la medesima (legami covalenti puri, es.: H2).
Invece, i legami tra atomi di elementi diversi, che hanno diversa elettronegatività, sono parzialmente polari: gli elettroni di legame ruotano per più tempo attorno all’atomo maggiormente elettronegativo (poiché la differenza di elettronegatività non è tale da permettere ad uno degli atomi di strappare elettroni agli altri), rendendo così la molecola parzialmente ionica.
Questa parziale polarità permette l'instaurarsi di legami tra le molecole, legami dipolo - dipolo.
Esistono poi molti atomi (ma lo stesso può avvenire tra molecole) che non raggiungono l’ottetto e molecole che possiedono coppie di elettroni di legame libere. Sostanze di questo tipo, con carenza di elettroni, reagiscono facilmente con molecole che possono donare un doppietto elettronico.
Si forma così un legame covalente dativo o di coordinazione.
Gli elettroni ceduti dall’atomo centrale della molecola vengono condivisi tra gli atomi di legame.
LEGAMI INTERMOLECOLARI
I legami intermolecolari sono, invece, interazioni tra le molecole, oppure tra le molecole e gli ioni.
Si distinguono diversi tipi di legame:
• dipolo - dipolo: tra molecole parzialmente polari.
Le cariche opposte di tali composti, trovandosi vicine, si attraggono, seppure debolmente. Questo permette la miscibilità delle sostanze polari.
Esempio: E’ questo il caso dell’acqua, in cui siamo in presenza di un ponte a idrogeno, il legame che si instaura tra gli atomi di ossigeno (parzialmente negativi) di una molecola e quelli di idrogeno (parzialmente negativa) della successiva.
• ione - dipolo: tra ioni e molecole parzialmente polari.
Le molecole polari sono dipoli elettrici, in quanto hanno un’estremità parzialmente positiva e una parzialmente negativa. Il catione viene attratto dall’estremità negativa, l’anione dall’estremità positiva. L’interazione diminuisce con l’aumentare della distanza.
• dipolo - dipolo indotto: Queste attrazioni sono dette forze di London.
Una molecola si può anche trasformare in un dipolo istantaneo a causa di temporanei squilibri di carica causati dal continuo movimento degli elettroni. La formazione di tale dipolo istantaneo può a sua volta agire sulla carica di una molecola vicina: anche questa diventa un dipolo denominato dipolo indotto. I dipoli istantanei vicini tendono ad allinearsi tra loro e quindi le molecole si attraggono. Però il continuo movimento degli elettroni fa sì che il dipolo perda la sua polarità nell’istante successivo. Quindi i dipoli istantanei provocano interazioni solo momentanee tra le molecole. La forza di London agisce su tutte le molecole, polari o apolari, ed è di tipo attrattivo.
• dipolo indotto - dipolo indotto: Queste attrazioni sono dette forze di Van Der Waals.
La molecola che era divenuta dipolo indotto, agisce come un dipolo istantaneo su un’altra molecola. Si tratta, però di legami molto deboli.
COMPOSTI INORGANICI: STRUTTURA E NOMENCLATURA.
I rapporti di combinazione tra gli elementi dei composti (acidi o basici che siano) dipendono dal numero di legami che si formano e quindi dai numeri d'ossidazione in gioco.
(v. numero di ossidazione)
LEGAMI METALLICI
Sono un particolare tipo di legame chimico che si ha nel momento in cui gli elettroni di legame sono delocalizzati ovvero tutti gli elettroni gravitano attorno a tutti i nuclei, quindi non si possono distinguere gli elettroni di un singolo atomo. Proprio da questo deriva la bassissima elettronegatività dei metalli.
A seconda dell’altro reagente con cui il metallo reagisce, si ottengono composti dalle caratteristiche diverse.
• IDRURI = METALLO + H2 (Idrogeno)
Si tratta di composti ottenuti da legami tra l’idrogeno e un metallo (o un semimetallo) e possono essere di tipo diverso a seconda dell’elemento con cui si legano:
_ idruri salini o ionici: se l'idrogeno si lega a metalli alcalini, ovvero gli elementi appartenenti al primo gruppo, prima colonna, della tavola periodica.
_ idruri metallici: se legati ai metalli di transizione (chiamati anche idruri binari dei metalli di transizione).
_ idruri complessi:
_ idruri covalenti: l'idrogeno forma legami di tipo covalente con i metalli dei gruppi IVB, VB, VIB e VIIB.
• OSSIDI BASICI = METALLO + O2 (Ossigeno)
Gli ossidi basici sono composti binari ottenuti dalla combinazione dell'ossigeno con un metallo, in particolare con un elemento appartenente ai primi due gruppi del sistema periodico.
Sono caratterizzati da un legame ionico e sono generalmente solidi con una struttura cristallina.
Esempi e nomenclatura (*):
Li2O : Ossido di Litio
MgO : Ossido di Magnesio
FeO : Ossido di Ferro Ossido Ferroso
Fe2O3 : Triossido di Diferro Ossido Ferrico
(*) La nomenclatura ufficiale (IUPAC) prevede l’utilizzo di prefissi numerali davanti al nome degli elementi. Spesso però si ricorre alla vecchia nomenclatura che si affida ai suffissi (es. -oso, -ico) a seconda che il metallo (o non metallo) utilizzato abbia il maggiore o minore numero di ossidazione.
Se l'elemento che si combina con l'ossigeno non è classificabile né tra i metalli né tra i non metalli, è quindi un elemento di transizione appartenente alla “parte centrale” della tavola periodica (esclusi quelli dei primi spazi, che formano ossidi acidi, e degli ultimi spazi, che formano ossidi basici) o un semimetallo, gli ossidi che forma vengono definiti anfoteri, e hanno un duplice comportamento: sia acido, sia basico.
Esempi e nomenclatura:
Al2O3 : Triossido di Dialluminio
SnO : Ossido di Stagno Ossido Stannoso
Ossidi di tipo particolare sono anche i cosiddetti perossidi, i quali sono caratterizzati dalla presenza di due atomi di ossigeno legati fra loro, che perciò acquisiscono numero di ossidazione (-1) invece che (-2); necessariamente questa struttura chimica particolare conferisce a questi composti proprietà chimiche diverse da quelle degli ossidi normali.
Esempi e nomenclatura:
Na2O2 : Perossido di Sodio
K2O2 : Perossido di Potassio
H2O2 : Perossido di Idrogeno Acqua Ossigenata
• IDROSSIDI = OSSIDO BASICO + H2O (Acqua)
= METALLO + OH- (Ione Ossidrile o Ione Idrossido)
Mettendo un ossido basico in acqua si ha la formazione di un composto ternario definito idrossido, perché in realtà è come se nascesse direttamente dall'unione di ioni metallici con ioni idrossido o ossidrili, tanti quanto indicano i numeri di ossidazione dei metalli, sapendo che lo ione ossidrile ha numero di ossidazione (-1). Anche gli idrossidi sono basati su legami ionici.
Esempi e nomenclatura:
FeO + H2O → Fe(OH)2
(Fe+) + 2(OH-) → Fe(OH)2 Idrossido Ferroso
Fe2O3 + 3H2O → 2Fe(OH)3
(Fe+) + 3(OH-) → Fe(OH)3 Idrossido Ferrico
Se un idrossido viene sciolto in acqua la sua struttura cristallina viene smantellata ed in soluzione si avranno ioni metallici positivi e ioni OH- negativi (grazie a una reazione di dissociazione ionica), entrambi allo stato libero.
Esempi:
NaOH → (Na+) + (OH-)
Ca(OH)2 → (Ca2+) + 2(OH-)
LEGAMI CON NON METALLI
• IDRACIDI = NON METALLO + H2 (Idrogeno)
Sono sostanze che si comportano come acidi, ossia in soluzione acquosa liberano ioni H+ e sono sostanzialmente ottenute per combinazione diretta dell’idrogeno con un non metallo del VII gruppo o con lo zolfo (S).
Questi composti contengono tutti un legame covalente molto polarizzato il quale a contatto con l’acqua si scinde liberando ioni H+ e ioni negativi (Es.: Cl-).
Esempi e nomenclatura:
HF : Fluoruro di Idrogeno Acido Fluoridrico
HCl : Cloruro di Idrogeno Acido Cloridrico
H2S : Solfuro di Idrogeno Acido Solfidrico
La desinenza -uro si applica ufficialmente a tutti i composti binari ad eccezione degli ossidi. Per analogia però essa viene usata anche per idracidi non binari:
Esempi:
HCN : Cianuro di Idrogeno Acido Cianidrico
• OSSIDI ACIDI (ANIDRIDI) = NON METALLO + O2 (Ossigeno)
Gli ossidi acidi sono quelli formati dai non metalli (degli ultimi gruppi) legati all’ossigeno, e sono caratterizzati da legami covalenti, hanno quindi struttura molecolare e sono per lo più allo stato gassoso.
Esempi e nomenclatura:
SO2 : Diossido di Zolfo Anidride Solforosa
Cl2O7 : Eptossido di Dicloro Anidride Perclorica
N2O5 : Pentossido di Diazoto Anidride Nitrica
C O2 : Diossido di Carbonio Anidride Carbonica
• OSSIACIDI = NON METALLO + H2O (Acqua)
Hanno la stessa struttura fondamentale degli idrossidi solo che un non metallo sostituisce il metallo.
I non metalli danno quasi sempre origine a strutture miste nelle quali, oltre a uno o più gruppi ossidrilici (OH), compaiono anche atomi di ossigeno legati direttamente al non metallo, a differenza degli idrossidi in cui questo non avveniva.
Per distinguere gli ossiacidi dagli idrossidi, le loro formule (brute e non di struttura, in cui si metterebbero in evidenza anche i legami) si scrivono in maniera differente, ponendo nell'ordine prima l’idrogeno, poi il non metallo e infine l’ossigeno.
Esempi e nomenclatura:

HNO3 : Acido Nitrico
H2SO4 : Acido Solforico Formula di struttura dell'Acido Nitrico
H3PO4 : Acido Fosforico
Anche in questo caso si hanno composti intermedi o “anfoteri” che possono essere considerati sia idrossidi sia ossiacidi.
Il legame O – H (che abbiamo visto è caratteristico sia di idrossidi che di ossiacidi) è un legame covalente nel quale l'ossigeno, essendo l'elemento più elettronegativo, attira verso di sé la carica elettronica. Risulta così un legame polarizzato negativamente in direzione dell'ossigeno.
Se ora l’ossigeno si lega con un non metallo, il legame che si forma è di tipo covalente nel quale l'ossigeno impegna una parte della sua carica negativa. Ciò provoca uno spostamento in senso inverso della carica nel legame O – H il quale aumenterà la sua polarizzazione, e quindi accentuerà il suo carattere parzialmente ionico, tanto più quanto maggiore è l'elettronegatività del non metallo.
Nel caso invece di un legame tra O – H e un metallo, esso è un legame ionico in cui l’ossigeno aumenta la sua carica negativa che viene respinta in direzione dell’idrogeno. In tal modo la polarità del legame Metallo – O – H diminuisce e si rafforza il suo carattere covalente.
Tutto ciò non avrebbe una grande importanza se non si verificasse una circostanza particolare: quando questi composti vengono disciolti in acqua, il legame ionico degli idrossidi e quello parzialmente ionico degli ossiacidi si rompono.
Se un ossiacido viene sciolto in acqua, vanno in soluzione ioni H+ positivi e ioni negativi costituiti dalla parte rimanente della molecola.
Nel caso degli idrossidi vengono invece liberati ioni OH-.
La differenza tra i due tipi di composti è tutta qui, ma in realtà è di importanza fondamentale perché da origine a comportamenti assai diversi: determina l’acidità dei primi e la basicità dei secondi.
Esempi:
HNO3 → (H+) + (NO3-)
H2SO4 → (H+) + (SO4-)
NUMERO DI OSSIDAZIONE
Numero di ossidazione: "E' una carica teorica, formale che si affida a tutti gli elementi presenti in un composto, considerando di donare tutti gli elettroni di legame all’atomo più elettronegativo".
Possiamo così capire quanti legami può compiere ogni atomo.
Regole
1. Idrogeno: n.ox = +1 SEMPRE
n.ox = –1 Se si lega con i METALLI (che sono gli elementi meno elettronegativi, anche dell’idrogeno)
2. La somma dei n.ox deve sempre essere uguale a 0 (zero).
3. Ossigeno: n.ox = –2 SEMPRE
n.ox = –1 Nei PEROSSIDI
n.ox = +2 Se si lega con il FLUORO
4. Gli elementi allo stato naturale hanno n.ox = 0
5. Gli ioni (monoatomici o poliatomici) devono avere le cariche reali coincidenti con le cariche formali (n.ox).
REAZIONI DI ACIDI E BASI
• Reazione di neutralizzazione: Consideriamoci in una soluzione acquosa:
le reazione tipiche degli acidi sono quindi caratterizzate dalla presenza di ioni H+ o H3O+.
Se essi, in acqua, reagiscono con una base (generalmente idrossidi o ossidi basici), si è in presenza di una reazione, in cui gli ioni H+ e OH- dei reagenti si legano e in questo modo diminuisce la concentrazione di idrogenioni e quindi aumenta il pH (v. pH) della soluzione acida e diminuisce quello della soluzione basica.
Esempio:
La reazione va rappresentata in forma ionica (avvenendo in soluzione acquosa i reagenti, NaOH e HCl, in realtà sono dissociati in ioni).
Na+ + OH- + H+ + Cl- → Na+ + Cl- + H2O
(in cui Na+ e Cl- fungono da ioni spettatori poiché compaiono sia prima che dopo la reazione)
Se si eliminano gli ioni spettatori, si ottiene la reazione ionica netta:
H+ + OH- → H2O
Questa reazione rappresenta la generica reazione di neutralizzazione fra un qualsiasi acido e una qualsiasi base (meglio se scritta sostituendo allo ione H+ la sua forma idratata, H3O+).
In linea generale, comunque, in soluzione acquosa, nella reazione tra un acido ed una base si dà origine ad un sale (oltre che all’acqua come già visto).
Nel caso di acidi monoprotici, che cioè in acqua liberano una sola mole di idrogenioni per ogni mole di acido, si può ottenere esclusivamente un sale neutro.
NaOH + HCl → NaCl + H2O
Se invece c’è la presenza di più di un atomo di idrogeno, si possono formare anche sali acidi, nel caso in cui l’acido non liberi tutti i suoi idrogenioni.
H2CO3 + NaOH→ NaHCO3
(si ottiene il carbonato acido di sodio o bicarbonato di sodio)
ACIDI – BASI FORTI e DEBOLI
Esiste una classificazione di acidi e basi che va in base alla loro capacità di dissociarsi in soluzione acquosa.
Per spiegare questa particolare classificazione, va introdotto il concetto di equilibrio di una reazione chimica.
Equilibrio chimico: "Stato di equilibrio dinamico in cui due reazioni opposte (reazione diretta e inversa) avvengono alla stessa velocità e contemporaneamente".
Per esprimere numericamente questa situazione di equilibrio dinamico è necessario calcolare la costante di equilibrio di ogni reazione.
(keq): "E'un valore numerico che rappresenta il rapporto tra il prodotto delle concentrazioni dei prodotti e il prodotto delle concentrazioni dei reagenti ciascuno elevato al suo coefficiente stechiometrico".
aA + bB → cC + dD
Keq = ([C]c · [D]d) / ([A]a · [B]b)
Questa costante esprime quanto una reazione procede verso la formazione dei prodotti ovvero verso quale direzione si sposta l’equilibrio chimico.
Keq > 1 → la reazione per raggiungere l’equilibrio chimico si sposta da sinistra verso destra, è quindi favorita la reazione diretta.
Keq < 1 → la reazione si sposta da destra verso sinistra: è favorita la reazione inversa.
Keq = 1 → 50%
Conseguentemente a questo vi è la medesima quantità di reagenti e prodotti in quanto questi ultimi reagiscono (e quindi si consumano) alla stessa velocità in cui vengono prodotti.
L’equilibrio chimico dipende da diversi fattori di conseguenza al principio di Le Chatelier.
Principio di Le Chatelier: "Se dall’esterno si agisce in modo da spostare l’equilibrio chimico, verso i prodotti o i reagenti, il sistema agisce in modo da contrastare tali variazioni e ripristinare lo stato di equilibrio".
- Concentrazione di prodotti e reagenti: se ne diminuisco la quantità, aumento la velocità rispettivamente della reazione diretta e di quella inversa.
- Temperatura del sistema: se aumento la temperatura favorisco la reazione endotermica altrimenti quella esotermica.
- Pressione: aumentando la pressione diminuisce lo spazio e quindi aumenta la possibilità che avvengano urti e l’equilibrio si sposta dal gruppo che ha il maggior numero di molecole a quello in cui se ne hanno meno.
Esempio: 3H2 + N2 ← → 2NH3
(nei reagenti ho 4 molecole, nei prodotti 2, quindi, aumentando la pressione, favorisco la reazione diretta, l’equilibrio si sposta da sinistra verso destra).
Conoscendo il concetto di costante di equilibrio, si possono ora definire le differenze tra acido forte o debole.
Acido Forte: sostanza acida che, dissociata in acqua, ha un’alta costante di dissociazione acida, che corrisponde alla costante di equilibrio (e quindi Acido Debole quella con una costante bassa, a parità di concentrazione).
Base Forte: sostanza che, in soluzione acquosa, ha un’alta costante di dissociazione basica, che (e quindi Base Debole quella con una costante bassa, a parità di concentrazione).
In pratica la costante di dissociazione o ionizzazione acida o basica, corrisponde al prodotto delle concentrazioni dei prodotti diviso per la concentrazione del reagente, cioè dell’acido o della base non dissociata, che è l'acido o la base di partenza.
Tali valori esprimono la facilità o meno di una determinata sostanza acida o basica di dissociarsi completamente in acqua.
Più l’acido è forte, più sarà elevata la percentuale della sostanza che in acqua verrà dissociata. Infatti se la costante di equilibrio è elevata, è favorita la reazione diretta e quindi la formazione di prodotti.
ACIDI POLIPROTICI
Acido poliprotico: "Sostanza che contiene più di uno ione H+ da liberare in H2O e quindi, le reazioni che consentono la liberazione degli ioni avvengono in successione e non contemporaneamente".
La costante di dissociazione ionica dell’acido in acqua man mano che libera ioni H+, diminuisce, quindi si hanno acidi volta per volta più deboli.
Esempio:
H3PO4 → H+ + H2PO4 - Ka = 10 –3
H2PO4 -→ H+ + HPO4 2- Ka = 10 –8
HPO4 2-→ H+ + HPO4 3- Ka = 10 –13
COPPIE CONIUGATE ACIDO – BASE
L’acido coniugato di una base è l’acido che si forma quando la base ha accettato un elettrone dall’acido di partenza e viceversa. I reagenti di questo tipo di reazioni sono due molecole che, accettando o perdendo un protone (quindi accettore e donatore secondo la definizione di acido e base data da Bronsted - Lowry), possono trasformarsi l’una nell’altra, nel senso che quella che era acida diviene una sostanza basica e viceversa. Ogni base di Bronsted ha quindi il suo acido coniugato e l’inverso vale per l’acido….
Esempi:
HCl + H2O → H3O+ + Cl-
acido base acido coniugato base coniugata
(L’acqua che nei reagenti è una base, in seguito alla reazione si trasforma in uno ione in grado di cedere ioni H+ quindi in un acido)
NH3 + H2O → NH4 + OH-
base acido acido coniugato base coniugata
(In questo caso l’acqua funge da acido, poiché l’ammoniaca è un base più forte, e in seguito alla reazione si trasforma in una base capace di accettare ioni H+).
PH
È la concentrazione di ioni idrogeno, e definisce l’acidità di una soluzione. Per evitare di utilizzare valori molto bassi, è stata ideata una scala di pH che esprime la concentrazione degli ioni H+ in termini di logaritmi.
Nella scala convenzionale il pH può assumere valori compresi tra 1 e 14.
pH < 7 → siamo di fronte ad una sostanza acida;
pH > 7 → si tratta di una sostanza basica.
PH = 7 → rappresenta una soluzione neutra (per esempio l’acqua pura, a 25°C).
Ad una determinata concentrazione molare (v. molarità), un acido forte (discorso analogo potrebbe essere fatto per le basi) in acqua si dissocia maggiormente rispetto ad un acido debole, quindi libera un maggior numero di ioni idrogeno e quindi la soluzione ha un pH maggiore, è più acida.
Per comprendere come si è giunti a definire la formula di calcolo del pH di una qualunque soluzione è necessario comprendere la nozione del prodotto ionico dell’acqua.
In minima parte l’acqua “in acqua” si ionizza, secondo la formula semplificata:
H2O → H+ + OH-
Di conseguenza si ha che la costante di equilibrio della reazione è:
Keq = ([H+] · [OH-]) / [H2O]
[H+] · [OH-] = [H2O] · K
dove [H2O] · K prende il nome di prodotto ionico dell’acqua e, sapendo che la concentrazione dell’acqua rimane costante durante la reazione, è il prodotto di due costanti, che è a sua volta una costante (Kw), uguale al prodotto delle concentrazioni di ioni H+ (in realtà ioni idronio) e OH- presenti in soluzione. Ad una determinata temperatura, tale costante ha sempre lo stesso valore per qualsiasi soluzione acquosa. È evidente che in una soluzione acquosa, se aumenta la concentrazione di ioni idrogeno (per esempio per l’aggiunta di un acido), dovrà diminuire la concentrazione di ioni OH-, poiché il loro prodotto deve essere costante.
[H+] · [OH-] = Kw
[H+] · [OH-] = 10-14
(in una soluzione pura_H2O a 25°C)
Per l’equazione di partenza, è evidente che il numero delle molecole di H2O ionizzate sia uguale a quello di ioni H+ e OH- ottenuti (→ rapporto 1:1) e quindi che i prodotti abbiano la stessa concentrazione ([H+] = [OH-]). Segue quindi che:
[H+] · [OH-] = [H+] · [H+]
E riprendendo il valore del prodotto ionico dell’acqua:
[H+] · [H+] = [H+]2 = 10-14 → [H+] = 10-7
In soluzione
Acida (prevalenza di H+)
Neutra
Basica (prevalenza di OH-)
Concentrazione H+
> 10-7
= 10-7
< 10-7
Concentrazione OH-
< 10-7
= 10-7
> 10-7
Sapendo che il pH di una soluzione neutra è 7, è evidente che:
pH = - log [H+]
ovvero il logaritmo del reciproco della concentrazione di ioni idrogeno.
COME MISURARE IL PH
Misurare il pH è in molti ambiti della scienza davvero importante. Esistono diversi modi per farlo:
- CARTINA AL TORNASOLE: striscia di carta da filtro imbevuta in una miscela, l’indicatore universale (detto un tempo laccamuffa), composta di coloranti estratti da vari licheni. Si usa anche sotto forma di soluzione alcolica o appunto come indicatore in chimica, per la proprietà di colorarsi di rosso in ambiente acido e di blu in ambiente basico. A seconda dell’intensità della colorazione assunta, si è in grado di risalire al pH della soluzione in analisi.
- INDICATORI ACIDO - BASE: sono costituiti da basi o acidi organici deboli che, al variare della natura chimica della soluzione, si producono in variazioni percepibili all’occhio, ovvero modificano il loro colore secondo la concentrazione degli ioni H+ presenti in soluzione. Tra i più noti indicatori acido – base (altrimenti denominati di neutralizzazione) vi sono: il metilvioletto, il metilarancio, il rosso di metile, ecc.
- PHMETRO: uno strumento elettronico che fornisce misure più precise rispetto agli altri sistemi di misurazione del pH. È costituito da due elettrodi che vengono immersi nella soluzione e sono collegati ad un monitor su cui viene segnata la misurazione effettuata.
METODI PER TROVARE LA CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE
- TITOLAZIONI ACIDO-BASE
Le reazioni di neutralizzazione sono usate in laboratorio per determinare la concentrazione degli acidi o delle basi in una soluzione, mediante un processo di titolazione acido - base.
Si pone in un cilindro un acido o una base di volume nota. Da una pipetta si fa cadere dell’acido o della base a concentrazione nota, in modo tale da neutralizzare la soluzione contenuta nel cilindro ( è possibile accorgersene immergendo nella soluzione da tamponare un pezzo di cartina tornasole o versando alcune gocce di indicatore universale).
Esempio:
20 cc di base a concentrazione 1,2 M hanno tamponato una soluzione acida di 50 cc si imposta la seguente proporzione:
20 (cc che hanno neutralizzato): x (concentrazione ignota dei 50 cc) = 1000 cc: 1,2 M (concentrazione soluzione basica iniziale)
A questo punto si ottiene la concentrazione delle moli in 50 cc di soluzione acida. Successivamente si trovano le moli di soluto in un litro di soluzione:
0,2 M (ipotetica concentrazione dei 50 cc): 50 cc = x (M soluzione acida):1000 cc
Operando con soluzioni di acidi o di basi che reagiscono tra loro secondo rapporti molari, occorre esprimere la concentrazione facendo riferimento al numero di moli (ovvero un numero di Avogadro di molecola = 6,02 · 1023) presenti in soluzione, cioè in termini di molarità.
- MOLARITA'
La molarità, esprime la quantità di moli di soluto presenti in un litro di soluzione, e viene utilizzata la lettera M maiuscola per indicarla.

M = moli soluto/1 litro di soluzione
M = (g soluto/massa molare) / millilitri soluzione · 1000
Quindi una soluzione 1 molare (1 M) contiene 1 mole di soluto per ogni litro di soluzione.
Essendo riferita ad una determinata quantità di soluzione, la molarità varia a seconda della temperatura, anche se in modo trascurabile;
infatti 1 litro di acqua a 20°C occupa 1,001litri a 25°C.
Da questa formula si può ricavare la quantità di soluto partendo dalla molarità:
g soluto = (M · massa molare · millilitri soluzione) /1000
- MOLALITÀ
La molalità esprime il numero di moli di soluto per ogni chilo di soluzione, e si indica con una m minuscola.
m = moli soluto / 1 kg solvente
m = (g soluto/massa molare) / g solvente · 1000
Confrontando molalità e molarità si può notare che a parità di concentrazione la prima sia un numero più alto della seconda, proprio perché fa riferimento al solvente e non alla soluzione (soluto + solvente).
La molalità non varia a seconda della temperatura perché è il rapporto fra due masse.
Da ciò si può ottenere la quantità di soluto partendo dalla molalità:
g soluto = (M · massa molare · g solvente) / 1000
- NORMALITA’
La normalità di una soluzione esprime il numero di equivalenti (eq) di soluto per ogni litro di soluzione, e si indica con la N maiuscola.
N = n°equivalenti/1 dm3 soluzione
eq = massa molare/n°atomi di H+ o OH- liberati
= quantità di sostanza che libera una mole di ioni idrogeno o ossidrili
Se il soluto è un acido monoprotico, la normalità coincide con la molarità.
Se invece è in soluzione un acido poliprotico, e cioè che libera più idrogenioni per ogni mole di acido (H3PO4 per esempio) l’equivalente viene divisa per il numero di ioni liberati (l’equivalente nel caso dell’acido fosforico è ad esempio massa molare/3).
Di conseguenza la normalità risulterà essere 1/3 della molarità.
- % MASSA/MASSA o % IN PESO
La percentuale massa massa esprime la massa percentuale di un elemento presente in un composto riferita alla massa totale del composto.
% m/m = (massa soluto/massa della s oluzione) · 100

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