Tipologie di memoria

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Categoria:Biologia

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Testo

La Memoria
Si può definire la M. come quel processo mentale mediante il quale parti della nostra esperienza vengono ritenute, immagazzinate e rievocate. A seconde del cervello interessate la memoria si divide in: M.a breve termine (o M. primaria) e la M.a lungo termine (o M. secondaria) a cui in seguito ne sono state aggiunte altre.
Si distingue:
Memoria sensoriale implica la conservazione dell’informazione visiva o uditiva per qualche secondo, p.es chi ha provato a muovere velocemente una sigaretta nel buio sa che viene percepita una striscia rossa nell’aria. Ebbene, in realtà la luce della brace continua a essere vista qualche tempo dopo che ha cessato di essere presente in quel punto dell’aria. Questo semplice esempio mostra come l’informazione visiva viene conservata in memoria per qualche secondo, generalmente uno o due. Queste informazioni possono essere sostituite da informazioni percepite successivamente. In generale, però, l'uomo per fissare materiali visivi più a lungo ed in maggior quantità, tende a trasformarli da semplici immagini o forme visive ad immagini dotate di significato concettuale.
Memoria a breve termine rappresenta qualcosa di labile e l'informazione in essa contenuta viene perduta nell'arco di minuti o di ore a meno di non essere trasferita in quella a lungo termine. La maggior parte di noi è in grado di ripetere una cifra di sei numeri se la legge per la prima volta, ma non di ricordarla dopo un’ora o più tardi; d’altra parte se il numero è per noi di qualche importanza possiamo ricordarlo per mesi o anni. Ciò accade perché delle moltissime informazioni registrate dalla M. a breve termine soltanto alcune vengono fissate da quella a lungo termine. Questo sembra avere una comprensibile ragione nel fatto che è del tutto inutile affollare con informazioni necessarie solo nel breve periodo strutture nervose che hanno ovviamente un limite di capacità d'immagazzinamento.
Memoria a lungo termine rappresenta un immagazzinamento più elevato perché la possibilità di rievocare l’informazione dura più a lungo. È nozione comune, che, una volta consolidate, le informazioni della M. a lungo termine sono quanto di più duraturo esista nelle strutture biologiche di una persona.
Memoria terziaria è quella comunemente utilizzata nella vita quotidiana, consiste di informazioni specifiche (dati personali, lavori giornalieri) che in seguito all’esercizio prolungato e continuo, non vengono mai dimenticati neppure con la perdita totale della memoria; inoltre il tempo di rievocazione è molto breve. Perciò l’immagazzinamento viene considerato una forma di memoria particolare.
Le più recenti ricerche hanno stabilito che le informazioni vengono immagazzinate in tre"depositi" differenti da cui vengono richiamate: uno di registrazione sensoriale, uno di deposito a breve termine, uno di deposito a lungo termine. Ognuno dei tre livelli dispone di archivi, o di caselle per il materiale di vario ordine. L’informazione giunge al registratore sensoriale: qui una parte si perde, una può addirittura passare direttamente al deposito a lungo termine, un’altra rimane nella memoria a breve termine. Da qui, una parte ancora si perde, mentre l’altra viene immagazzinata nel deposito a lungo termine. Dal deposito a lungo termine il materiale ritorna al deposito a breve termine quando si renda necessario il suo utilizzo.

Capacità
Limitata dai recettori
Scarsa
Grande
Molto Grande
Immagazzinamento
Percezione automatica
Verbalizzazione
Esercizio
Esercizio molto frequente
Durata
Minore di 1 s
Più secondi
Minuti fino anni
Durata (?)
Rievocazione
Equivalente alla velocità di uscita
Molto veloce
Lenta
Molto veloce
Tipo di informazione
Sensoria
Verbale
Tutte le forme
Tutte le forme
Organizzazione
Immagine dello stimolo
Successione temporale
Semantico
?
Tipo di oblio
Impallidisce Svanisce
Sostituzione con nuove informazioni
Interferenze
Nessuna dimenticanza
Ripristino delle informazioni
I più famosi meccanismi per rievocare le informazioni memorizzate sono: la rievocazione (cioè la capacità di richiamare alla mente informazioni specifiche), la reintegrazione (richiamare un ricordo attraverso un dato che gli è connesso), il riconoscimento (ritrovare un dato già mandato in M. confuso tra altri dati nuovi), il riapprendimento (cioè la riutilizzazione di materiale già appreso ed il suo ripetuto).
Uno studio comparato di queste forme di utilizzo della M. ha messo in luce come il riconoscimento sia di gran lunga il metodo più efficace e la rievocazione quello meno efficace, mentre a livello intermedio si situano rievocazione e riapprendimento: la cosa non stupisce in quanto è appunto attraverso continui fenomeni di riconoscimento che la M. opera nella vita quotidiana, ed è a questo livello che soprattutto ci serve, mentre è piuttosto raro il fatto di dover ricordare cose di qualsivoglia ordine senza punti di riferimento, senza agganci di un qualche tipo.
Deterioramento della memoria
La M. conosce diverse forme di deterioramento, più o meno permanente e in qualche caso gravemente progressivo, legate a cause affatto diverse, p. es. ad una semplice intossicazione acuta da alcool, all'invecchiamento cerebrale oppure a lesioni irreversibili e progressive del sistema nervoso.
Una certa smemoratezza è legata all'invecchiamento del cervello ed è esemplificata dalla difficoltà degli anziani, specie al di sopra dei 70 anni, nel fissare nuove informazioni.
Un'amnesia per molti versi simile a quella delle persone che hanno subito un'asportazione bilaterale dell'ippocampo si ha nella sindrome di Korsakov, malattia spesso connessa all'abuso di bevande alcoliche e a carenze nutrizionali. In questo caso non solo le nuove informazioni vengono registrate solo temporaneamente giacché l'immagazzinamento non va al di là di pochi minuti, ma coesiste anche un difetto nel richiamo di informazioni formatesi giorni, settimane o anche anni prima.
Nella malattia di Alzheimer, che rappresenta la principale causa di demenza negli anziani, la comparsa graduale di un disturbo della M. è il fenomeno più importante e precoce. I piccoli avvenimenti quotidiani non vengono più ricordati, sfuggono i nomi usati più raramente e così pure i termini che risalgono a un periodo precedente dell'esistenza. Vengono pure dimenticati gli impegni e si tende a collocare e cercare gli oggetti nei posti sbagliati. Spesso le persone ripetono più volte le stesse domande, avendo dimenticato i termini della discussione in corso.
Fattori della memorizzazione
Tra i fattori che incidono sulla memorizzazione vi sono: quelli legati all' apprendimento (non basta vedere o sentire qualcosa ma bisogna impararla); quelli legati all' uso ed alla pratica (si parla in questo caso di «superapprendimento»); quelli legati all' organizzazione del materiale, che può essere già in parte presente nella informazione in arrivo, o consapevolmente effettuata alla ricezione, o, ancora, può formarsi nella nostra mente anche senza che ne siamo coscienti.
Fattori dell’oblio
Tutte le moderne ricerche sull'oblio, mettono in luce due ordini di fattori. Uno è costituito dal decadimento, cioè dalla dissoluzione dei ricordi provocata sia dal tempo che dal non uso; l'altro è l' interferenza di altro materiale.
Memoria e fattori emotivi
Tutta la teoria freudiana della rimozione, è basata su fattori di quest'ordine; anche all'esperienza comune del resto, ed alla ricerca empirica, è noto che l'evocazione di ricordi spiacevoli può essere difficoltosa o addirittura quasi impossibile. D'altro canto, il forte contenuto emotivo di un evento può far sì che esso venga più facilmente mnemonizzato (imparato a memoria), sia che questo contenuto emotivo sia piacevole che spiacevole.
L’Apprendimento
L'apprendimento si verifica quando una variazione significativa delle condizioni ambientali (Stimolo) determina una modificazione reale (che permane nel tempo) del comportamento (Risposta). Questa modificazione può comportare il miglior adattamento possibile all'ambiente, ma può anche comportare l'acquisizione di un apprendimento non-funzionale (ad es. un alunno che impara bene una regola grammaticale sbagliata).
Perché l'apprendimento si verifichi occorre una stimolazione dell'ambiente che sia diversa da quella solita o precedente. Perché lo stimolo possa essere appreso è necessario che sia connesso, in qualche modo, alla soddisfazione di una motivazione presente nell'organismo che apprende (perché lo stimolo, di fatto, può agire su un organismo anche al di fuori della consapevolezza di chi lo riceve o della volontà di chi lo produce, come ad es. nel sonno, nel coma, ecc.).
Se le variazioni dell'ambiente non sono significative, si verifica il fenomeno dell'assuefazione: nel senso cioè che lo stimolo viene percepito come se non fosse uno stimolo, ma, al massimo, come un elemento di disturbo cui non va prestata particolare attenzione (ad es. l'insegnante che in classe spiega cose nuove, ma che normalmente viene percepito dai ragazzi come una persona noiosa).
Il fenomeno contrario è quello della sensibilizzazione: ad es. se un bambino ha toccato un cavo elettrico ricevendone la scossa e subendo uno choc emotivo, può avere una reazione fobica o di panico alla semplice vista di un altro cavo, dopo quella esperienza.
La scienza che per prima ha studiato l'associazione di uno Stimolo (offerto dall'ambiente) ad una Risposta (data dall'organismo) è la REFLESSOLOGiA di I. Pavlov. Essa ha stabilito che c'è vero apprendimento solo quando si acquisiscono nuove relazioni tra Stimolo e Risposta.
L'inizio dell'apprendimento si verifica già nel periodo pre-natale (ad es. mettendo un altoparlante vicino al ventre materno, i suoni trasmessi provocano un'accelerazione del battito cardiaco del feto). Sin dalla nascita l'organismo possiede, geneticamente, un determinato programma comportamentale (ad es. la pupilla si restringe ad una luce intensa = riflesso incondizionato). Il vero apprendimento non è altro che il tentativo di arricchire o modificare tale programma sulla base dell'esperienza (ad es. un neonato al quale si dà un biberon di acqua zuccherata insieme ad una carezza, reagirà in seguito alla carezza ruotando il capo alla ricerca del biberon = riflesso condizionato).
Il condizionamento che implica una modificazione a carico dello Stimolo, viene detto CLASSICO; quello relativo alla Risposta viene detto STRUMENTALE.
Condizionamento Classico (Pavlov)
Le ricerche di Pavlov (proseguite da Watson negli Usa) partirono dalla constatazione che i cani emettono saliva non solo mentre s'introduce del cibo nella loro bocca, ma anche alla semplice vista del cibo o dello sperimentatore che solitamente li nutre. Pavlov intuì che questa reazione non era un riflesso biologico innato, ma appreso.
Egli decise di sottoporre i suoi cani al seguente esperimento: dapprima li stimolò col suono d'un campanello, senza che ciò provocasse salivazione (stimolo neutro); poi introdusse del cibo nella loro bocca, e ciò comportò salivazione (riflesso incondizionato); ripeté più volte i due stimoli in successione (suono e cibo); alla fine notò che i suoi cani cominciavano a salivare al solo suono del campanello (era il riflesso condizionato).
Questa risposta venne chiamata "risposta condizionata" perché non era attivata direttamente da uno stimolo naturale (il cibo), bensì da uno stimolo diverso (il suono) , associato per lungo tempo allo stimolo naturale. Se l'associazione suono-cibo veniva sospesa, la risposta condizionata si estingueva (ESTINZIONE), ma si ripresentava intensificata qualora l'associazione venisse ripristinata(è il fenomeno di RECUPERO SPONTANEO della risposta precedente); inoltre se si usa un suono più o meno intenso rispetto a quello originario, la salivazione si verifica lo stesso (è il fenomeno di GENERALIZZAZIONE); se invece si dà la carne solo col suono più forte e non con quello più debole, al sentire quest'ultimo suono il cane non produrrà salivazione (è il fenomeno di DISCRIMINAZIONE).
Condizionamento Strumentale (Thorndike)
Thorndike elaborò invece una forma di apprendimento basata sulla Ricompensa o sulla Punizione, chiamata strumentale in quanto il comportamento attivato è funzionale ad ottenere certe conseguenze (Ricompensa in caso di successo), o per evitarne altre (Punizione in caso di fallimento).
Egli mise un gatto affamato in una gabbia, al di fuori della quale aveva posto del cibo molto appetitoso. Il gatto, per poter uscire, doveva rimuovere la chiusura dello sportello. A tale scopo adottò una serie di comportamenti: in un primo momento eseguiva i più svariati tentativi (mordeva, graffiava, spingeva...), in seguito cominciò ad eliminare gradualmente gli errori, finché poté uscire. Il gatto aveva appreso per "prove ed errori". Venne così formulata la legge dell'EFFETTO, secondo cui, posto che un animale in una situazione nuova effettui un certo numero di risposte diverse tra loro, le risposte che risultano efficaci vengono selezionate e conservate (acquisite), mentre le altre vengono cancellate. L'efficacia determina l'acquisizione dell'azione.
Infine si sottolineò che, nel gatto di Thorndike, ciò che veniva "premiato" non era una singola risposta stereotipata, ma il fatto di voler raggiungere uno scopo, liberandosi da un ostacolo, a prescindere dall'esito finale.
Thorndike osservò anche la reazione del gatto alla punizione, egli lo mise in una gabbia dove premendo una leva, avrebbe ottenuto del cibo ma ricevendo anche una scossa elettrica. La punizione faceva scomparire il comportamento, ma solo temporaneamente, perché quel comportamento si ripresentava intensificato e accompagnato da emozioni negative come rabbia e aggressività. “Per eliminare un comportamento è più efficace non rinforzarlo o rinforzare comportamenti incompatibili con esso”. La punizione estingue solo momentaneamente il comportamento negativo, poi lo rafforza. La pedagogia americana, in seguito, si servì di questo principio psicologico in ambito scolastico, prestando più attenzione a premiare le risposte giuste degli allievi che non a punire quelle sbagliate.
Apprendimento latente
Accanto all'apprendimento per condizionamento classico e strumentale, vi è quello che si verifica senza intenzionalità, per semplice osservazione. Ad es. se mettiamo dei gatti in una gabbia, accanto ad altri sottoposti a compiti di apprendimento, i primi risolveranno più rapidamente lo stesso compito di apprendimento quando più tardi vi saranno sottoposti. Non solo, ma i più avvantaggiati saranno quelli che avranno assistito al corso di addestramento dall'inizio alla fine. Questo tipo di apprendimento, nel bambino, favorisce la socializzazione, l'assunzione di abitudini, pregiudizi e opinioni altrui.

Esempio