Gli apparati umani

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Testo

GLI APPARATI UMANI
Apparato
DIGERENTE
L'apparato digerente è uno dei canali di entrata del flusso di materia e di energia chimica nell'organismo. In esso le sostanze vengono trasformate per poter essere assimilate ed entrare a far parte dell'ambiente interno.
Le sostanze con cui l'organismo elabora le sue strutture biologiche, sostituendone le parti usurate, e quelle da cui ricava l'energia chimica necessaria al suo funzionamento, vengono chiamate alimenti. In essi non tutte le molecole di cui il corpo umano ha bisogno si trovano in forma assimilabile, ossia già adatte ad entrare nell'ambiente interno; gran parte di esse, presentandosi come polimeri, devono venire idrolizzate (cioè, con l'aggiunta di acqua vengono scisse nei monomeri che le costituiscono) prima dell'assimilazione.
I processi di idrolisi dei polimeri, che richiedono l'intervento di numerosi enzimi specifici, costituiscono la digestione. Essa avviene in un lungo tubo che attraversa il tronco e comunica con l'ambiente esterno per mezzo di due aperture: una di entrata del cibo, la bocca, l'altra di uscita delle sostanze non assimilate, l'ano. La digestione si svolge attraverso una serie di fenomeni che avvengono nei diversi tratti del tubo digerente con questa successione: masticazione, deglutizione, digestione gastrica, digestione intestinale, assimilazione, espulsione delle scorie.
MORFOLOGIA & FISIOLOGIA
Il lungo condotto nel quale avviene la digestione delle sostanze alimentari si chiama tubo digerente: in esso si riversano i secreti delle ghiandole che producono gli enzimi digestivi.
Il tubo digerente è costituito da 3 tonache o strati di tessuto: uno interno epiteliale (endoderma), detto mucosa, il quale ne tappezza il lume, uno medio muscolare (mesoderma), costituito da tessuto muscolare liscio, dal quale dipendono le contrazioni peristaltiche (quelle che, propagandosi "a onda" lungo il tubo, spingono il lobo alimentare nella cavità enterica) e uno esterno connettivale (ectoderma), che svolge funzioni di sostegno e provvede al nutrimento della mucosa. Il tubo digerente può essere diviso in tratti successivi, anatomicamente e funzionalmente distinti: la cavità orale, che segue all'apertura boccale, la faringe, l'esofago, lo stomaco e l'intestino il quale è suddiviso in intestino tenue e in intestino crasso. L'intestino tenue comprende il duodeno, il digiuno e l'ileo; il crasso è costituito dal cieco, dal colon e dal retto.
Le ghiandole che producono gli enzimi digestivi sono esocrine, in quanto secernano i loro prodotti nel lume del tubo, considerato un ambiente esterno. Si incontrano per prime le ghiandole salivari che riversano il loro secreto nella cavità orale; nelle pareti dello stomaco ci sono poi le ghiandole gastriche e in quelle dell'intestino tenue le ghiandole enteriche. Anche le due ghiandole più voluminose del corpo umano, il pancreas e il fegato producono enzimi digestivi che riversano nel duodeno. Questi due organi però svolgono anche altre importanti e complesse funzioni, connesse con l'utilizzazione del flusso di materia e di energia nell'ambiente interno.
BOCCA
Anatomicamente la bocca corrisponde alla cavità orale compresa tra le due mascelle. E' una cavità ovoidale diretta nel senso anteroposteriore, rivestita all'interno da un epitelio ricco di ghiandole mucipare. Contiene la lingua, i denti e lo sbocco delle ghiandole salivari.
La lingua è un organo muscolare molto mobile attaccato posteriormente all'osso ioide e al pavimento boccale per mezzo di un legamento chiamato frenulo linguale.
I denti sono gli organi della masticazione; sono infissi in cavità dette alveoli scavate nella mascella e nella mandibola. Nell'uomo adulto sono 32 (8 incisivi, 4 canini, 8 premolari, 12 molari dei quali gli ultimi 4 vengono chiamati denti del giudizio).
Le ghiandole salivari sono tre coppie e vengono chiamate parotidi, sotto-mandibolari e sotto-linguali; ognuna è situata fuori dalla bocca con la quale comunicano mediante lunghi tubi escretori. La parotide, quella maggiore, si trova nella mandibola, vicino all'orecchio, in una infossatura detta "logia parotidea". E' una ghiandola a grappolo, costituita da piccoli acini dai quali partono i canali escretori che confluiscono in un canale maggiore chiamato dotto di Stenone: esso, dopo aver attraversato lo spessore della guancia riversa la saliva nella bocca a livello del secondo dente molare superiore.
Il processo digestivo ha inizio dalla bocca sotto l'aspetto sia meccanico (masticazione) sia chimico (insalivazione). Mentre i denti triturano i cibi con una serie di movimenti ritmici e la lingua li rimescola, la saliva, prodotta dalle tre coppie di ghiandole, li bagna e comincia a demolirli chimicamente.
Durante un pasto normale, queste ghiandole secernano circa mezzo litro di saliva che contiene, oltre all'acqua, la mucina che favorisce la formazione meccanica del bolo alimentare, e la ptialina, il primo di una serie di fermenti, che scinde l'amido cotto in destrine e in maltosio (disaccaride del glucosio), che il fegato e i muscoli trasformano in uno zucchero di riserva, il glicogeno.
• FARINGE & ESOFAGO
Dalla bocca si passa nella seconda parte degli organi ingestivi, cioè nella faringe o dietro-bocca: organo principale dell'inghiottimento. E' una cavità imbutiforme comune alle vie digerenti e respiratorie. Nell'apparato respiratorio stabilisce la comunicazione tra le fosse nasali e la laringe; nell'apparato digerente, la comunicazione tra la bocca e l'esofago. La faringe è costituita da una fitta muscolatura fatta di fibre longitudinali che accorciano e dilatano il canale, e di fibre a semicerchio che lo costringono.
Il bolo alimentare, spinto dalla contrazione dei muscoli della faringe, passa poi nell'esofago trovandosi preclusa la via superiore (verso le fosse nasali) dal velo palatino, e quella inferiore dall'epiglottide (verso la laringe). Infatti deglutizione e respirazione non possono avvenire simultaneamente.
Alla faringe segue quindi l'esofago senza una netta delimitazione; esso è un canale muscolo-membranoso, costituito da tre tuniche (che sono la continuazione di quelle analoghe della faringe), lungo in media 25 centimetri e posto sul davanti della colonna vertebrale, posteriormente alla trachea con la quale ha un decorso verticale parallelo. L'esofago termina con l'estremità inferiore nello stomaco mediante un orificio circolare detto cardias. Nell'esofago, il bolo alimentare progredisce in parte per gravità, ma soprattutto a causa delle contrazioni esofagee che sono del tipo peristaltico. Tali movimenti, determinati da fibre muscolari lisce, e perciò involontari, sono comuni all'esofago e a tutti gli altri segmenti del tubo intestinale. I movimenti peristaltici sono soprattutto contrazioni ad anello che si propagano da un estremo all'altro del condotto, determinando la progressione del suo contenuto dall'estremità iniziale a quella finale. Per realizzare il movimento progressivo della massa alimentare ingerita e per eliminare i residui è necessaria una serie di contrazioni del complesso di tuniche muscolari, longitudinali e circolari, che si estendono dall'esofago all'intestino retto. Tali contrazioni, prevalentemente peristaltiche, costituiscono l'azione meccanica della digestione. Alle stimolazioni meccaniche del tubo digerente, determinate dalla presenza delle sostanze alimentari, corrispondono le contrazioni delle tuniche muscolari del tubo stesso che non avvengono contemporaneamente in tutta la lunghezza del canale, ma successivamente: contrazioni vermicolari o peristaltiche, che si renderanno più evidenti nell'intestino fanno sì che il bolo alimentare, anche se mal masticato, scenda senza difficoltà.
Con lo stomaco inizia lo studio della parte sotto-diaframmatica del tubo digerente e della funzione digestivo-assorbente che termina in quella espulsiva.
• STOMACO
Con lo stomaco inizia la vera funzione digerente.
E' un sacco muscolo-membranoso che può essere considerato la più grande dilatazione del tubo digerente. Lo stomaco è una delle parti più sorprendenti del corpo umano, un organo eccezionalmente solido, resistente e lavoratore, dotato di grande flessibilità e mobilità. E' situato nella parte superiore della cavità addominale, sotto il diaframma. Ha la forma di un corno di bue in posizione verticale con la parte più larga in alto e verso sinistra; la parte più stretta in basso e verso destra. La capacità dello stomaco è di circa 1300 centimetri cubi. Le due estremità dello stomaco sono costituite da due orifici: quello superiore è il cardias, quello inferiore è chiamato piloro e mette in comunicazione lo stomaco con l'intestino.
Anche lo stomaco è costituito da tre tuniche, molto più complesse di quelle dell'esofago e della faringe: la tunica esterna detta perioneo; quella media costituita da cellule muscolari lisce disposte su tre strati (muscolatura obliqua, circolare e longitudinale); la tunica interna formata da mucosa pieghettata tappezzata da tessuto epiteliale e disseminata di un grande numero di ghiandole che secernono il succo gastrico, dette ghiandole gastriche.
Prima ancora che un boccone di cibo sia stato introdotto nella bocca, prima ancora che l'uomo cominci il suo pasto, lo stomaco inizia generalmente a contorcersi, secernendo il suo succo. Questa attività è originata dal sistema nervoso centrale autonomo dopo che il cervello è stato eccitato dalla vista, dall'odore o anche solo dal pensiero del nutrimento. Lo stomaco si contrae regolarmente ogni 3 o 4 ore, provocando la sensazione dell'appetito e, se esso non viene soddisfatto, provoca i crampi caratteristici.
Anche la secrezione del succo gastrico (come quella della saliva) è sottoposta a numerosi e complicati stimoli riflessi. Pavlov dimostrò che la qualità e la quantità del succo gastrico sono variabili a seconda dei cibi ingeriti, o anche dei soli stimoli senza introduzione di alimenti. In tal caso si può giungere a provocare una secrezione di sola origine psichica in seguito ad alimentazione fittizia. Gli alimenti ingeriti nello stomaco subiscono alcune modificazioni chimiche per l'azione del succo gastrico prodotto dalle sue ghiandole. Si è calcolato che su ogni millimetro quadrato di mucosa gastrica si aprono 100÷150 orifici ghiandolari che riversano succo gastrico. Questo succo contiene numerose sostanze, fra cui fondamentali sono, oltre all'acqua, l'acido cloridrico e 3 enzimi: la pepsina, la chimosina e la lipasi. L'acido cloridrico, presente nella percentuale dello 0,4%÷0,6% ha una potente azione battericida, ossia distrugge i germi che penetrano nello stomaco con il cibo. Inoltre ha un'azione coadiuvante nella scissione delle proteine. I tre enzimi hanno il compito di scindere le sostanze alimentari ingerite in composti più semplici, come la ptialina, contenuta nella saliva, fa con gli amidi: la pepsina attacca le sostanze proteiche (già entrate in composizione con l'acido cloridrico), la chimosina coagula il latte e la lipasi attacca i grassi.
Dopo circa mezz'ora dall'inizio dell'ingestione del cibo, si iniziano i movimenti peristaltici gastrici, simili a quelli dell'esofago, che dal fondo dello stomaco spingono il contenuto verso il piloro. Ma il piloro a differenza del cardias è dotato di uno sfintere (anello muscolare) il quale resta chiuso. Ne consegue che le sostanze contenute nello stomaco, respinte dal piloro, tornano in dietro. Questo movimento antiperistaltico, ripetuto per due o tre ore, determina un rimescolamento continuo del materiale ingerito, il quale viene a contatto in tutte le sue parti con il succo gastrico che intanto agisce fluidificandolo e lo trasforma in una massa grigiastra chiamata chimo.
Quando tutto il cibo ingerito è trasformato in chimo, sotto l'impulso dei movimenti peristaltici passa in modo graduale, a fiotti, attraverso il piloro che, normalmente chiuso, è pronto a dilatarsi quando l'acidità del chimo si attenua. Il contenuto gastrico giunge quindi nel duodeno, che è lungo circa 26cm. e rappresenta la prima parte dell'intestino tenue.
• DUODENO
Nella superficie interna del duodeno, il quale è a forma di ferro di cavallo ed è addossato alla parete posteriore dell'addome, vi è una sporgenza chiamata ampolla di Vater. Essa è lo sbocco comune di due condotti: il coledoco che viene dal fegato e il dotto pancreatico che viene dal pancreas. Il coledoco riversa nel duodeno la bile (succo epatico), il dotto pancreatico il succo pancreatico. Queste due sostanze continuano la trasformazione chimica delle sostanze alimentari già iniziata nella bocca dalla ptialina e nello stomaco dal succo gastrico.
• FEGATO & PANCREAS
La ghiandola più voluminosa del corpo, il fegato, pesa circa 1500 gr.; è collocata a destra sotto la cupola del diaframma ed è coperta dalle ultime costole. Esso è fatto da una quantità enorme di lobuli risultanti da colonne cellulari disposte come tanti raggi. Tra un lobulo e l'altro è il connettivo interstiziale.
Visto in sezione, mostra una ricchissima rete di vasi sanguigni. Infatti riceve una grande quantità di sangue sia dall'arteria epatica (un ramo della aorta) che lo nutre, sia dalla vena porta che conduce sangue refluo dall'intestino, dallo stomaco e dalla milza. Dal fegato, il sangue torna alla circolazione generale attraverso la vena cava inferiore. In una struttura del fegato detta acino, costituita da cellule di forma poliedrica viene fabbricata la bile che si raccoglie nella cistifellea e viene versata nel duodeno. La cistifellea è quindi il serbatoio della bile che, prodotta dal fegato vi affluisce attraverso il dotto epatico e cistico, si concentra e ne defluisce tramite il dotto cistico e coledoco per versarsi quindi nel duodeno. La cistifellea, lunga circa 10 centimetri, ha un diametro massimo di 3,5 centimetri e una capacità di 30÷40 centimetri cubi. E' dotata di una tunica muscolare che, per azione di stimoli nervosi e umorali, le consente di contrarsi e di spremere la bile quando gli alimenti, ridotti a chimo dallo stomaco, passano poi nel duodeno.
Le funzioni della bile sono molteplici. Per la maggior parte sono svolte dai sali biliari sintetizzati dal fegato che favoriscono l'emulsione dei grassi nel succo duodenale e rendono solubili in acqua sostanze normalmente insolubili. La bile, inoltre, facilita l'azione di alcuni elementi digestivi, frena la moltiplicazione dei batteri nell'intestino, stimola la peristalsi intestinale e agisce sull'acidità del chimo rendendolo alcalino. Quando ricompare l'acidità del contenuto la neutralizza recando in sé una forte quantità di carbonato sodico. Nella bile sono presenti quantità notevoli di pigmenti biliari (la bilirubina, la biliverdina) che le conferiscono la sua intensa colorazione giallo-oro. Essi derivano dalla demolizione della molecola dell'emoglobina che avviene quasi totalmente nel fegato. L'emoglobina, infatti, giunge al fegato attraverso il sangue della milza che è l'organo principale dell'emocateresi, cioè della distruzione dei globuli rossi invecchiati. I pigmenti biliari e i sali biliari vengono riassorbiti nell'intestino per poi tornare al fegato dove sono nuovamente utilizzati (una delle caratteristiche del fegato è che la corrente biliare e quella sanguigna hanno direzione contraria). Di essi, una minima parte viene eliminata con l'urina sotto forma di urobilina. I sali biliari hanno una funzione precisa perché intervengono intimamente nell'emulsionamento (suddivisione in goccioline ognuna delle quali viene circondata da una membranella che ne impedisce la reciproca fusione), nella digestione e nell'assorbimento dei grassi. La secrezione della bile, importante per la digestione, è però solo una delle tante funzioni del fegato. Il fegato regola il glucosio nel sangue e lo immagazzina sotto forma di glicogeno; trasforma i grassi per renderli accettabili alle cellule; cattura gli aminoacidi con i quali fabbrica proteine semplici, urea e nucleoproteine.
Il fegato è il deposito di gran parte del ferro, il metallo che ha importanza essenziale per la fabbricazione dell'emoglobina nel midollo osseo; immagazzina vitamine tra cui la K con la quale produce la protrombina, una sostanza che svolge una funzione essenziale nella coagulazione del sangue. Inoltre regola il ricambio dell'acqua e rende innocue molte sostanze tossiche. E' la principale fonte di calore per l'organismo a causa degli intensi processi ossidativi di cui è sede. Il fegato, insomma, si può considerare come il più complesso laboratorio chimico dell'organismo.
Il pancreas (parola che vuol dire: tutto carne) è una grossa ghiandola di colore grigio roseo e di forma irregolare, paragonabile a un martello appiattito, situata nella parte superiore della cavità addominale, sul davanti della colonna vertebrale lombare e dietro lo stomaco. Esso ha una struttura che ricorda da vicino quella delle ghiandole salivari, tanto da essere chiamato la ghiandola salivare dell'addome. Il pancreas è costituito da un'estremità destra rigonfia chiamata testa, dal corpo e da un'estremità sinistra assottigliata chiamata coda.
Ha un aspetto lobulato e pesa 70÷100 grammi. Le cellule dei tubi terminali e delle dilatazioni degli stessi forniscono gli elementi della secrezione e costituiscono i così detti lobuli. Ai tubi terminali seguono i tubi collettori che confluiscono nei due condotti escretori. Tra i lobuli, qua e là, si notano isolati ammassi epiteliali che sono le isole di Langerhans.
Ha una forma a grappolo, e i suoi acini sono forniti di sottili canali dentro i quali versano il prodotto della loro attività che è appunto il succo pancreatico. Tali canalini confluiscono in condotti di calibro sempre maggiore fino ad arrivare alla formazione del dotto pancreatico principale che si estende dall'estremità sinistra all'estremità destra del pancreas, percorrendone l'asse. Questo condotto, insieme ad un altro detto "accessorio", esce alfine dalla testa del pancreas, si avvicina al coledoco e con esso penetra nel duodeno sboccano nell'ampolla di Vater. La secrezione pancreatica è un atto riflesso che si determina per il contatto della mucosa duodenale con l'acido cloridrico gastrico, attraverso l'azione intermediaria della "secretina", una sostanza di natura ormonale che eccita la secrezione del pancreas dopo aver attivato quella gastrica. Il succo pancreatico ha l'azione più energica di ogni altra nel processo digestivo e agisce su tutti i princìpi alimentari. Contiene tre importanti enzimi: la tripsina, la steapsina e l'amilopsina. La tripsina completa la trasformazione delle sostanze proteiche già iniziata nello stomaco dalla pepsina; la steapsina attacca con maggiore energia i grassi già preparati dall'azione della lipasi nello stomaco e della bile nel duodeno; l'amilopsina completa la scissione degli amidi cominciata dalla ptialina nella bocca.
La tripsina è presente nel pancreas sotto forma di "prezimogeno", inattivo, che viene attivato dalla "enterochinasi", un fattore elaborato dalla mucosa duodenale. Se la tripsina fosse già attiva all'interno del pancreas, inizierebbe la sua azione digestiva a danno del pancreas medesimo, che andrebbe incontro ad auto digestione (autolisi). Tra gli enzimi che demoliscono i grassi alimentari nello stomaco, nel duodeno e nell'intestino, la steapsina ha l'azione più forte. E ciò avviene anche perché nel duodeno l'acidità del chimo è neutralizzata a opera di sostanze alcaline (bile e succo pancreatico). Infatti solo in ambiente alcalino può avvenire la scissione dei grassi in acidi grassi e glicerina.
Nella costituzione del pancreas entrano però altri elementi ghiandolari che, sforniti di dotti escretori versano il loro prodotto direttamente nel sangue. Sono piccoli ammassi di cellule disseminati nella compagine del tessuto ghiandolare acinoso. Si chiamano isole di Langerhans e nel loro complesso formano una ghiandola a secrezione interna la quale produce un ormone detto insulina, che regola il ricambio degli zuccheri, favorendo l'accumulo di glicogeno nel fegato e nei muscoli e la combustione del glucosio a livello delle cellule.
Il pancreas è dunque una ghiandola con doppia funzione: una secrezione esterna, il succo pancreatico, prodotta dagli acini e versata nel duodeno; una secrezione interna, l'insulina, prodotta dalle così dette isole di Langerhans e versata nel sangue.
Appare chiaro che nella funzione digestiva l'aspetto chimico prevale su quello meccanico della masticazione e della peristalsi. Infatti la digestione è più che altro una sequenza di reazioni chimiche di progressiva semplificazione delle sostanze alimentari per renderle accettabili alle cellule. E i grandi protagonisti di tale semplificazione sono gli enzimi, ognuno dei quali ha un'azione specifica su una determinata sostanza.
• INTESTINO
Il cibo dalla bocca all'esofago e poi dallo stomaco al duodeno, viene sottoposto ad una serie di azioni meccaniche e chimiche che modificano profondamente la sua struttura fino a quella del chimo che dal piloro gastrico passa al duodeno. Tale modificazione continua nell'ileo (detto anche digiuno che è la seconda parte dell'intestino tenue) e nell'intestino crasso (o "grosso intestino").
L'ileo, che è dunque la porzione compresa tra il duodeno e l'intestino crasso, ha una lunghezza di circa 8 metri e si distingue anzitutto dal duodeno perché è fluttuante. Come il duodeno, lo stomaco e l'esofago, l'ileo è formato da tre strati: una tunica esterna costituita dal peritoneo, una tunica media con muscolatura liscia e una tunica interna mucosa che continua nel piloro con la mucosa dello stomaco e alla sua estremità inferiore con la mucosa dell'intestino crasso. Questa tunica mucosa dell'ileo oltre ad essere rivestita da tessuto epiteliale cilindrico, è cosparsa di numerose pieghe circolari (valvole conniventi) che hanno lo scopo di aumentare la superficie assorbente dell'intestino; inoltre è ricoperta da un enorme numero di formazioni caratteristiche chiamate villi che hanno il compito di assorbire le sostanze alimentari dopo che sono state digerite.
I villi intestinali sono piccole sporgen- ze coniche che si sollevano su tutta l'estensione della tuni- ca mucosa interna dell'ileo e che le con- feriscono un aspetto vellutato. Sono costi- tuiti da un reticolo di fibre connettive con cellule muscolari lisce rivestiti di grosse cel- lule epiteliali cilin- driche. Tali cellule sono dotate di un caratteristico orletto a spazzola. Ogni villo è attraversato per tutta la sua lunghezza da un capillare linfatico che si arresta a fondo cieco sotto l'apice del villo. Inoltre una rete molto fitta di capillari sanguigni circonda completamente ciascun villo.
Nella mucosa intestinale vi sono anche numerose ghiandole (alcune a grappolo, altre semplicemente tubolari) e moltissimi linfonodi raggruppati in placche. Il chimo passa nell'ileo dove viene a contatto con il succo enterico prodotto appunto dalle ghiandole intestinali. Disposte tra i villi esse producono vari enzimi: il principale, l'erepsina ha il compito di modificare quello che resta delle sostanze proteiche già trasformate dalla pepsina nello stomaco e dalla tripsina nel duodeno. Il succo enterico contiene altri fermenti che provocano le ultime trasformazione degli amidi e dei grassi. Così modificato, il chimo si muta in un liquido denso e filante di colorito lattescente, che prende il nome di chilo.
Occorre precisare che la digestione intestinale non viene intimata dal succo enterico, ma a livello della parte delle cellule specializzate che formano i villi. Per esempio la maggior parte dello zucchero è assorbita dalle cellule epiteliali dei villi e nell'interno di essi si trasforma in zuccheri più semplici: il glucosio e il fruttosio. Questa scissione dello zucchero si compie proprio nell'orletto a spazzola che costituisce la parte esterna delle cellule epiteliali dei villi intestinali. Attraverso i villi avviene l'assorbimento del chilo le cui sostanze solubili in acqua passano fra cellula e cellula, e quelle insolubili, come i grassi, nell'interno delle cellule stesse. Durante questo passaggio, nell'interno dei villi hanno luogo complicati processi biochimici che trasformano ulteriormente le sostanze assorbite come ad esempio i grassi alimentari che si trasformano in acidi grassi destinati a nutrire tessuti.
L'acqua e le bevande in genere passano dall'intestino al sangue per una semplice differenza di concentrazione (osmosi); e così anche i sali solubili in acqua. Il glucosio, gli aminoacidi e i grassi vengono assorbiti con l'intervento di complesse forze fisico-chimiche e sotto lo stimolo della circolazione sanguigna rapida e intensa.
Attraverso i capillari linfatici dei villi, detti vasi chiliferi, passano soltanto i grassi trasformati in acidi grassi. Sono essi, che con le loro minutissime gocce in sospensione, conferiscono alla linfa il suo caratteristico aspetto latteo. Questi vasi linfatici provenienti dall'intestino confluiscono a un grosso collettore linfatico, il dotto toracico che versa la linfa nella vena cava ascendente, cioè direttamente nella circolazione sanguigna. Gli altri composti (glucosio e aminoacidi) passano invece nei capillari venosi dei villi che si riuniscono infine nella grossa vena porta la qual arriva al fegato che provvede alla successiva elaborazione e utilizzazione di tali sostanze nutritive.
Nei circa 8 metri dell'ileo avvengono dunque i principali fenomeni di assimilazione, per cui il chilo subisce la digestione massima e si riduce notevolmente di volume. La parte non assorbita, spinta dai movimenti intestinali peristaltici, passa nell'intestino crasso attraverso la valvola ileo-ciecale che serve per regolare il passaggio del rimanente contenuto intestinale e ad impedirne il reflusso.
L'intestino crasso, lungo circa un metro e mezzo, viene distinto in quattro sezioni: il cieco, il colon, il sigma e il retto. Dal cieco, che è la parte iniziale del crasso, si stacca l'appendice, organo tubolare a fondo chiuso, la cui funzione e importanza sono tuttora oscure. La seconda parte dell'intestino crasso, il colon, ha un decorso ascendente, trasverso e discendente. Il sigma, a sua volta, descrive due curve a forma di S. Il retto è l'ultima parte dell'intestino e si apre all'esterno con l'ano dotato di un anello muscolare (sfintere). La conformazione esterna dell'intestino crasso si differenzia da quella dell'intestino tenue per la presenza di tre banderelle muscolari longitudinali chiamate tenie. Come negli altri tratti del tubo intestinale (escluso il retto) il crasso riceve il sangue dall'arteria mesenterica (un ramo dell'aorta) e lo distribuisce fino alla confluenza della vena porta. La parte degli alimenti non assorbita dall'ileo passa nell'intestino crasso, a cominciare dal cieco. E' questa un'ansa destinata, negli animali erbivori, alla digestione della cellulosa che nell'uomo viene invece espulsa parzialmente indigerita e serve da stimolo meccanico per l'eliminazione dei rifiuti intestinali. Ai residui intestinali che si raccolgono nel cieco. Dove possono restare per circa 10-12 ore, sono mescolati i pigmenti biliari, i sali, le cellule mucose che si sono sfaldate dalla parete interna del tubo intestinale e i succhi digestivi in eccesso. Tutti questi prodotti subiscono l'azione di una ricchissima popolazione microbica, costituita da batteri di vario tipo e da protozoi che vivono e si riproducono nell'intestino senza recare danno all'organismo anzi cooperando alla scissione definitiva delle sostanze di origine alimentare. Per esempio le proteine vengono denaturate in composti ammoniacali con sviluppo di gas come idrogeno, metano e altri; i carboidrati danno origine ad acidi come il lattico e butirrico.
Nel secondo tratto dell'intestino crasso, cioè il colon, il resto del contenuto intestinale subisce una concentrazione per assorbimento della sua parte acquosa da parte del colon stesso. Infine passa nel sigma e si accumula nel retto sotto forma di feci, in attesa dell'espulsione. Le feci sono costituite da prodotti di rifiuto, ossia da sostanze indigeribili o non digerite, oltre che da prodotti tossici del ricambio organico.
Apparato respiratorio
L’organismo umano necessita di una grande quantità di energia per ogni tipo di attività e per la sopravvivenza stessa. Gli elementi che ingeriamo contengono energia, immagazzinata sotto forma di energia chimica. Gli elementi si combinano con l’ossigeno, liberando quella quantità di energia di cui l’organismo necessita. Per questo la respirazione è altrettanto indispensabile quanto l’alimentazione. Anzi, mentre senza mangiare e senza bere si sopravvive qualche giorno consumando il grasso del nostro corpo, senza respirare si sopravvive pochi minuti. Oltre a far penetrare nel nostro organismo l’ossigeno, il nostro apparato respiratorio si occupa anche di depurarlo dall’anidride carbonica: prodotto di scarto dell’attività delle cellule. Esso è costituito da una serie di organi, detti vie aeree, attraverso i quali l’aria arriva nei polmoni: qui avviene l’ematosi, cioè lo scambio tra l’ossigeno dell’aria e l’anidride carbonica del sangue.
Anatomia
L’apparato respiratorio è costituito da
• Le Vie respiratorie o aeree, che comprendono il naso, la faringe, la laringe, la trachea, i bronchi e tutte le loro successive diramazioni. Hanno lo scopo principale di condurre l’aria fin nei polmoni, di riscaldarla e di liberarla dalle impurità.
• I Polmoni, gli organi principali della respirazione, in cui avviene l’ematosi. La loro struttura è formata dall’insieme degli alveoli e delle ramificazioni bronchiali, e sono rivestiti da una membrana detta pleura. Un muscolo a forma di cupola, il diaframma, separa la cavità toracica da quella addominale.
Il Naso
Ha forma di piramide triangolare: presenta una radice situata tra le sopracciglia, due facce laterali fisse nella metà superiore e mobili in quella inferiore (ali del naso), due solchi laterali, un margine anteriore (dorso) e una base in cui si aprono le narici.
Lo scheletro del naso è costituito dalle ossa nasali, dai mascellari e da lamine cartilaginee; esternamente è ricoperto dalla cute e dal tessuto sottocutaneo in cui si trovano alcuni muscoli mimici. Internamente, il naso è rivestito dalla cute, al livello delle narici, e dalla mucosa nella parte superiore.
Il naso è sede del senso dell’olfatto, localizzato nella mucosa che riveste la parte superiore delle fosse nasali, inoltre partecipa alla respirazione filtrando, riscaldando e inumidendo l’aria inspirata, e alla fonazione, conferendo un particolare timbro a determinati suoni (nasali).
la Faringe
E’ un canale muscolo-membranoso verticale che si estende dalla base del cranio alla sesta vertebra cervicale comunicante, in basso, anteriormente con la laringe e la trachea e posteriormente con l’esofago. La faringe è divisa in tre porzioni: la rinofaringe (o epifaringe), orofaringe e ipofaringe. E’ costituita da una fitta muscolatura fatta di fibre longitudinali che accorciano e dilatano il canale, e di fibre a semicerchio che lo restringono. Partecipa alle funzioni respiratoria, digerente e fonatoria.
la Laringe
Alla sommità della colonna tracheale vi è la laringe, il centro principale della voce dove si trovano le corde vocali. La laringe trasforma l’aria in suoni modificando la forma e la disposizione dei suoi anelli cartilaginei. E’ meno voluminosa ed ha un contorno quasi cilindrico nei bambini e nelle donne, aumenta di volume nell’uomo adulto.
E’ composta da vari tratti cartilaginei articolati e mobili per azione di muscoli striati. Congiunto al primo semi-anello della trachea vi è un anello completo detto cricoide (krikos = anello) ed a formare la parete posteriore della laringe contribuisce la piastrina della cricoide che porta sopra di sé due cartilagini triangolari dette aritenoidi.
L’epiglottide è una porzione della laringe costituita da una fibro-cartilagine mobile posta appena sotto la base della lingua; suo compito è di chiudere le vie respiratorie durante la deglutizione. L’epiglottide è di forma triangolare ed in stato di riposo è disposta con la base in alto e l’apice diretto in basso. Al momento del passaggio del bolo alimentare l’epiglottide esegue un movimento all’indietro e in basso e chiude l’apertura superiore della lingua impedendovi ogni penetrazione di alimenti.
Una parte della laringe compresa tra le due corde vocali è la glottide che appare come una strozzatura. La glottide si allarga nell’inspirazione e si restringe nell’espirazione sino a chiudersi negli spazi. Si stringe e si accorcia nei suoni acuti, e compie il procedimento opposto nella produzione di suoni gravi.
la Trachea
E’ un canale rigido che scende attraverso il collo, fino al torace. E’ costituito da una parete cartilaginea suddivisa in vari anelli a cui si alternano degli anelli membranosi; gli anelli variano da un numero di 16 ad uno di 20. In questo modo la trachea riesce ad essere allo stesso tempo resistente per non disperdere l’aria che corre al suo interno e flessibile per non intralciare i movimenti del tronco e del collo. Gli anelli cartilaginei sono in realtà dei semi-anelli; il tratto che manca è compensato da una membrana ricca di fibre muscolari. In questo modo l’esofago, che scorre dietro la trachea, non trova una parete resistente che ostacoli la dilatazione al passaggio del bolo alimentare.
All’interno il tubo tracheale è rivestito interamente da una mucosa, che mantiene la superficie umida, e da piccole ciglia vibratili che oscillano dall’alto in basso rimuovendo lentamente i granuli estranei e facilitandone con il muco l’espettorazione. Dal tubo tracheale nascono due diramazioni: i bronchi.
i Bronchi
Si formano dalla divisione in due della trachea. Ogni bronco si suddivide a destra ed a sinistra in bronchi sempre più sottili sino ai bronchioli terminali; al termine di queste diramazioni si trovano gli alveoli polmonari. Anche essi sono strutturati, come la trachea, da anelli cartilaginei. man mano che si assottigliano modificano la loro struttura: gli anelli cartilaginei si riducono a piastrine fino a scomparire del tutto nei bronchi capillari, che hanno solamente una parete fibro-muscolare.
i Polmoni
Sono gli organi principali della respirazione, e occupano le due metà della gabbia toracica lasciando libero uno spazio mediano (mediastino) in cui si trova il cuore e scorre l’esofago. I polmoni hanno l’aspetto di due masse spugnose ed elastiche a forma semi-conica con superficie liscia di un colore che varia dal rosa al grigio a seconda dell’età. Essi poggiano sul diaframma (v. scheda). Alcuni solchi profondi intaccano la superficie polmonare: il polmone di destra è diviso da questi solchi in tre lobi (il lobo è la parte di un organo delimitata da incisura, cioè depressioni con limiti netti poste sul margine dell’organo stesso) e quello di sinistra in due.
I bronchioli terminali sono così sottili che il loro calibro arriva a misurare meno di un millimetro; ciascuno di questi termina con una specie di grappolo, detto infundibolo o vescicola polmonare. Ogni grappolo è formato da tante piccole cavità a forma di sacchetti, dette alveoli polmonari; possiamo paragonare ogni infundibolo ad un grappolo d’uva ed ogni alveolo ad uno degli acini. Gli infundiboli sospesi ai bronchi capillari sono migliaia ed ognuno di questi possiede centinaia di alveoli; in uno spazio relativamente piccolo, grazie ad una particolare disposizione anatomica, è racchiusa una superficie enorme, che può raggiungere i 200 metri quadrati. Questa è la superficie respiratoria: è sottilissima ed entro essa si estendono le reti dei capillari sanguigni con cui termina l’arteria polmonare.
L’arteria polmonare in realtà porta sangue venoso; è chiamata arteria per il verso con cui procede il sangue (dal cuore alla periferia). Nel suo breve percorso, l’arteria si divide in due rami che raggiungono ciascuno un polmone e vi penetrano dentro ramificandosi allo stesso modo delle ramificazioni bronchiali; possiamo dire che nel polmone vi sia una doppia, fitta ramificazione: quella bronchiale per il trasporto dell’aria e quella vasale per il circolo del sangue. In corrispondenza dei bronchioli capillari, i capillari dell’arteria polmonare recanti sangue venoso formano con le loro reti maglie molto strette, che sporgono per metà dentro la cavità degli infundiboli piena di aria ossigenata. Il sangue è ora separato dall’aria soltanto dall’endotelio del capillare e dall’epitelio che tappezza internamente l’alveolo: il sangue aggira il nucleo delle cellule dell’epitelio (che è la parte più densa della cellula) e viene a contatto con l’ossigeno; può avvenire così l’ematosi. il sangue abbandona l’anidride carbonica ed il vapore acqueo e prende l’ossigeno (le sostanze chimiche hanno la caratteristica di mescolarsi in modo uniforme). I capillari arteriosi vanno poi a raccogliersi nelle vene polmonari (vene per il fatto che procedono dalla periferia al centro, ma che in realtà contengono sangue arterioso). Le quattro vene polmonari vanno poi a sfociare nell’atrio sinistro del cuore, che distribuirà il sangue arterioso per tutto il corpo umano.
la Pleura. Durante il meccanismo respiratorio la gabbia toracica si amplia e si restringe; il polmone, che è racchiuso in essa, è obbligata a seguirla. Ciò avviene perché il polmone aderisce alle pareti del torace, in modo tale da consentirgli di restare discontinuo dalle pareti e di strisciare sulle stesse dilatandosi e restringendosi in totalità con ventilazione di tutti i suoi spazi interni. Ciò si deve ad una membrana sierosa detta pleura che da una parte aderisce alla superficie del polmone (pleura viscerale) e dall’altra alle pareti toraciche (pleura parietale). La superficie della pleura è liscia, umida e rivestita dall’endotelio a cellule appiattite, da cui trasuda siero; due lamine pleurali vengono a contatto tra di loro nel movimento di espansione del torace, scorrendo facilmente l’una sull’altra.
Fisiologia
La fisiologia è quella parte della biologia che studia il funzionamento delle strutture del corpo umano. Riguardo all’apparato respiratorio, studia il modo in cui l’aria entra nei polmoni e come avviene lo scambio tra l’O2 e la CO2. L’atto della respirazione avviene in due tempi, inspirazione ed espirazione, tra i quali avviene una breve pausa. I movimenti del torace sono regolati dal diaframma e dai muscoli intercostali. Durante l’inspirazione l’aria ricca di ossigeno penetra nel nostro organismo e, attraverso le vie respiratorie, arriva nei polmoni. Negli alveoli polmonari avviene lo scambio, detto ematosi, tra l’ossigeno dell’aria e i prodotti di rifiuto del metabolismo organico (anidride carbonica e vapore acqueo), trasportati dal sangue che per questo fatto viene detto venoso. Una volta avvenuta l’ematosi, l’aria con i prodotti di scarto viene emessa tramite l’espirazione, mentre il sangue (detto ora arterioso) trasporta l’ossigeno alle cellule di tutto l’organismo, dalle quali riceverà nuovi prodotti di rifiuto; il ciclo potrà così ricominciare. Quella che noi chiamiamo respirazione tecnicamente si divide in respirazione interna ed esterna: per respirazione esterna si intende lo scambio di ossigeno e di anidride carbonica da parte dell’apparato respiratorio in toto, mentre la respirazione interna è lo scambio gassoso che avviene tra le cellule e l’ambiente esterno che lo circonda
MECCANICA DELLA RESPIRAZIONE
I polmoni e la parete toracica sono strutture elastiche. Normalmente, lo spazio tra i polmoni, e la parete toracica non contiene che un sottile strato di liquido. La pressione in questo spazio intrapleurico è subatmosferica (inferiore ad un’atmosfera) e i polmoni strettamente aderiscono alla parete toracica.
L’inspirazione è un processo attivo: il diaframma si abbassa, mentre i muscoli costali espandono il torace. La pressione intrapleurica, che all’inizio è di circa -2.5 mm Hg, scende a -6 mm Hg. Per questi due fattori i polmoni sono obbligati ad espandersi per seguire il movimento della cassa toracica. All’interno degli alveoli, e conseguentemente nel resto delle vie aeree, si forma una pressione leggermente negativa e l’aria entra nei polmoni. Terminata l’inspirazione, i polmoni si ritraggono con un movimento elastico riportando la parete toracica nella posizione espiratoria. Durante questo processo, che viene chiamato espirazione, la pressione dell’aria nei polmoni è leggermente positiva, e ciò determina la fuoriuscita di aria. L’espirazione, nel respiro tranquillo, è passiva, nel senso che nessuno dei muscoli che riducono il volume del torace si contrae. Invece nella prima parte dell’atto espiratorio vi è una lieve contrazione di questi muscoli.
Nell’uomo adulto, la frequenza degli atti espiratori (inspirazione, espirazione, pausa) è di 16-20 al minuto. Il ritmo respiratorio può essere più o meno frequente. Possiamo controllare volontariamente solo in parte la frequenza e la quantità d’aria che inspiriamo; possiamo bloccare volontariamente per qualche tempo la respirazione ma, quando nel sangue la quantità di anidride carbonica è in eccesso, siamo obbligati a respirare anche indipendentemente dalla nostra volontà.
TRASPORTO DELL’OSSIGENO
Negli alveoli polmonari l’ossigeno dell’aria si combina con il nostro sangue, e più precisamente con l’emoglobina. L’emoglobina è un pigmento del sangue formato dalla globina (una proteina) e dall’eme (un gruppo prostetico, cioè costituito da sostanze diverse dagli amminoacidi). La struttura dell’emoglobina si suddivide in quattro sottounità, ciascuna delle quali contiene un eme; al centro di ogni eme vi è un atomo di Fe allo stato ferroso (valenza + 2). E’ con questo atomo che si lega, reversibilmente, l’O2; il ferro resta allo stato ferroso, in quanto più che un’ossidazione, si ha un’ossigenazione. L’ossigenazione dell’emoglobina (che prende il nome di ossiemoglobina) avviene nel seguente modo:
Hb4 + O2 = Hb4O2
Hb4O2 + O2 = Hb4O4
Hb4O4 + O2 = Hb4O6
Hb4O6 + O2 = Hb4O8
La seguente reazione richiede meno di 0.01 sec.; l’O2 si lega prima con il primo eme, poi con il secondo, e così via. Dopo che un eme si è legato con l’ossigeno, tende ad avvicinarsi all’eme successivo; questo fa sì che il secondo eme abbia molta più affinità a legarsi con l’ossigeno rispetto al precedente. Con la curva di dissociazione dell’ossiemoglobina indichiamo la percentuale di saturazione nell’O2 dell’emoglobina, in funzione di PO2; in virtù del fenomeno sopra citato, ha una caratteristica forma sigmoidale.
PO2 (mm Hg)
% di sat. di Hb
10
13.5
20
35
30
57
40
75
50
83.5
60
89
70
92.7
80
90
100
94.5
96.5
97.5
Due condizioni importanti influenzano la curva di dissociazione dell’ossiemoglobina, e sono il pH e la temperatura (T). L’aumento di quest’ultima o una diminuzione del pH diminuiscono la capacità di trasporto dell’ossigeno a parità di PO2, spostando verso destra la curva. Viceversa, una diminuzione di T o un aumento di pH spostano la curva verso sinistra.
Nel riposo i tessuti rimuovono circa 4.6 ml di ossigeno, mentre nel lavoro muscolare, quando la curva di dissociazione della HbO2 tende rapidamente verso l’alto nella regione delle basse pressioni di PO2, rimuovono una quantità maggiore di ossigeno.
TRASPORTO DELL’ANIDRIDE CARBONICA
La solubilità di CO2 nel sangue è 20 volte quella di O2,, e quindi in soluzione si trova molta più anidride carbonica che ossigeno. La CO2 che passa per diffusione nei globuli rossi viene rapidamente idratata e trasformata in acido carbonico (H2CO3). L’H2CO3 quindi si dissocia in H+ e HCO3-; H+ viene tamponato (principalmente dall’emoglobina), mentre HCO3- si diffonde nel plasma. Il pH del sangue scende da 7,40 a 7,36. Nei polmoni questi processi si invertono e vengono scaricati negli alveoli, a riposo, 200 ml di CO2 ogni minuto, che aumentano vistosamente durante una qualsiasi attività muscolare.
La curva di dissociazione dell’anidride carbonica ha l’aspetto di un’iperbole, ripida nella parte iniziale e più morbida una volta superato il 50% del volume dell’anidride carbonica assorbita dal sangue.
APPARATO CIRCOLATORIO
Insieme del cuore e dei vasi sanguigni (arterie, vene, capillari) che distribuiscono il sangue a tutte le parti del corpo. L'apparato circolatorio è costituito da un circuito apparentemente chiuso: il sangue, pompato dal cuore dentro le arterie, passa nelle arterie minori, nelle piccole arterie e infine nei capillari; questi confluiscono nelle vene, che a loro volta ritornano al cuore. L'intero circuito si divide in due circoli: il grande e il piccolo circolo.
Grande circolo. Dal ventricolo sinistro del cuore ha origine l'aorta, la più grossa delle arterie; il ventricolo sinistro a ogni contrazione (sistole) vi immette circa 60 cm di sangue. All'imbocco dell'aorta vi sono le valvole semilunari, formazioni membranose a nido di rondine che impediscono al sangue di rifluire nel ventricolo. dopo breve percorso, dall'aorta si staccano le carotidi, che portano il sangue alla testa, e le succlavie, destinate agli arti superiori, poi l' aorta discende lungo la colonna vertebrale mandando ramificazioni ai vari organi, e infine si divide nelle due arterie iliache, che riforniscono gli arti inferiori. In ogni zona, all'interno di ogni organo, le arterie si dividono in molti rami sempre più sottili: si forma così una rete capillare, i cui vasi hanno pareti sottilissime, capaci di lasciar passare liquidi in cui sono disciolte sostanze nutritive o di rifiuto; attraverso le pareti dei capillari avvengono tutti gli scambi tra tessuti e sangue: i tessuti vengono nutriti e riforniti di ossigeno dal sangue e a loro volta cedono al sangue sostanze di rifiuto e anidride carbonica.
I capillari poi rifluiscono in sottili vene, che si riuniscono in vene sempre più grosse; il sangue che rifluisce dal capo viene raccolto dalle vene giugulari e immesso nella vena cava superiore, in cui si riversa anche quello proveniente dagli arti superiori; il sangue che proviene dagli arti inferiori, dagli organi dell'addome e del torace viene raccolto dalla vena cava inferiore. Vi sono tuttavia alcune deviazioni da questo schema generale: il sangue raccolto dalle vene dell'intestino, che è carico di materiali nutritivi assorbiti dalla mucosa intestinale, passa nella cena porta ed è immesso nel fegato; quindi ne esce e ritorna al cuore, nell'atrio destro, attraverso la vene cava inferiore. Questo sangue venoso, in parte ricco per i materiali nutritivi forniti dall'intestino ed elaborati dal fegato, ma povero di ossigeno, il cui posto è stato preso dall'anidride carbonica, dall'atrio destro passa al sottostante ventricolo e da qui nell'arteria polmonare.
Piccolo circolo. E' quello che fa passare il sangue attraverso i polmoni. Il sangue venoso parte dal ventricolo destro attraverso l'arteria polmonare (che possiede anch'essa valvole semilunari) e arriva ai polmoni; qui cede l' anidride carbonica e viene ossigenato; infine, attraverso le vene polmonari, ritorna al cuore nell'atrio sinistro, passa nel sottostante ventricolo, e viene pompato nell'aorta.
Il sangue ricomincia così il grande circolo, arricchito sia di materiali nutritivi sia di ossigeno, che cederà alle cellule. La quantità di sangue circolante è di 4 l e mezzo in un adulto di 70 kg. La velocità di circolazione varia secondo il diametro interno dei vasi: nell'aorta è di circa 40 cm/s; l' intero circolo è percorso in tempi che variano da 12 a 28 s. Bisogna però tener presente che il sangue non fluisce in modo continuo, bensì a ondate, a pulsazioni, in quanto il cuore è una pompa alternativa, con funzionamento ritmico. A ogni contrazione corrisponde una gittata di sangue che si propaga nelle arterie come un'onda: è quella che sentiamo passare sotto le dita quando le appoggiamo sull'arteria radiale per "sentire il polso". Nel soggetto adulto e sano le pulsazioni sono in media 70 al minuto.
Sistema linfatico. E' la parte dell'apparato circolatorio che provvede alla produzione e al trasporto della linfa dagli interstizi tra le cellule alle vene succlavie.
La linfa è un tessuto liquido, limpido e incolore, composto di plasma (97%) e di leucociti (3%). Si distinguono la linfa vascolare, contenuta nell'apparato linfatico, e la linfa interstiziale, che trasuda dai capillari sanguigni e impregna tutte le cellule. Nell'intestino tenue la linfa si carica di quasi tutti i grassi assorbiti, di un po' d'acqua e di sali minerali e prende il nome di "chilo".
Il sistema linfatico è costituito da una fitta rete di vasi molto piccoli (capillari linfatici), che via via aumentano di calibro e confluiscono in tronchi sempre più grossi, i quali fanno capo a due canali pricipali, chiamati "dotto toracico" e "tronco linfatico destro". Attraverso questi canali la linfa raggiunge il circolo sanguigno, a livello delle vene succlavie. Lungo i vasi linfatici sono situata delle formazioni tondeggianti, le linfoghiandole (o linfonodi). Esse sono organi di difesa dell'organismo, perché "filtrano" la linfa, liberandola da sostanze nocive e da microbi, e producono i linfociti, cellule che hanno la capacità di stimolare la formazione di anticorpi.
L'apparato circolatorio negli animali. Negli animali a struttura più semplice, quali protozoi, poriferi, celenterati, ctenofori, platelminti, nemertini e nematodi non esiste un sistema circolatorio proprio, con speciale liquido circolante o sangue.
Nei gruppi di più complessa organizzazione esiste quasi sempre un organo propulsore centrale, il cuore, o, per lo meno, alcuni vasi dotati di contrazioni ritmiche che spingono il sangue in altri vasi inviandolo ai vari organi e riportandovelo dopo aver compiuto il suo circolo.
Negli anellidi si trova il primo vero e proprio apparato circolatorio chiuso, costituito da due vasi, uno dorsale contrattile che funge anche da cuore e uno ventrale: entrambi corrono lungo il corpo paralleli al tubo dirigente; alcune ramificazioni mettono in comunicazione i due vasi e altre si affondano nell'apparato dirigente, da cui traggono le sostanze nutritizie che vengono portate alle cellule di tutto il corpo.
Negli antropodi l'apparato circolatorio è formato da un cuore tubolare situato in posizione dorsale e da un sistema ridotto di arterie e vene. Il cuore è posto in una cavità (seno pericardico) e presenta forellini laterali, detti "ostioli", attraverso i quali entra il sangue contenuto nella cavità: dal cuore viene portato attraverso piccoli vasi in lacune tra gli organi che vengono irrorati direttamente. Con lo stesso sistema il sangue viene riportato al seno pericardico. Si tratta quindi di circolazione lacunare aperta.
Negli urocordati e nei cefalocordati, l'apparato circolatorio è chiuso: il sangue è privo di cellule sanguigne ed è tenuto in circolazione da segmenti contrattili dei vasi mancando un vero e proprio cuore centrale.
Si è parlato finora di sangue, anche se negli invertebrati la sua costituzione è molto diversa da quella dei vertebrati, tanto che a volte si usa il termine "emolinfa". In genere essa non contiene emoglobina, tranne in alcuni insetti e crostacei nei quali questa proteina è disciolta nel plasma e non raccolta nei globuli rossi; in molti crostacei e molluschi esiste un altro pigmento respiratorio, una proteina di colore azzurro (emocianina) nella cui molecola è presente rame e non ferro.
Nei vertebrati la circolazione è assicurata da un organo propulsore, il cuore, e da un sistema chiuso di arterie e vene, più o meno complicato a seconda delle diverse classi.
Nei ciclostomi, nei pesci e nelle larve di anfibi il cuore è una dilatazione dell'arteria principale: è diviso in due cavità, un atrio e un ventricolo, separate da una valvola. All'atrio arriva il sangue proveniente dalle varie parti del cuore, che passa al ventricolo e da qui, attraverso le arterie branchiali, alle branchie, dove si ossigena; i rami branchiali si riuniscono in un' unica arteria dorsale che distribuisce il sangue alle diverse regioni del corpo: nel cuore passa quindi solo venoso e una sola volta durante il circolo.

Esempio



  


  1. Licia lambelli

    Gli apparati del corpo uman

  2. catia

    come interagiscono tra loro i vari apparati del corpo umano