Epatite alcolica

Materie:Altro
Categoria:Biologia

Voto:

2.5 (2)
Download:247
Data:13.10.2006
Numero di pagine:9
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
epatite-alcolica_1.zip (Dimensione: 9.73 Kb)
trucheck.it_epatite-alcolica.doc     38 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Epatite alcolica
Il termine di epatite alcolica è stato usato per la prima volta da Beckett e coll. nel 1961 (15) per
indicare un danno epatico acuto da alcol, caratterizzato da necrosi epatocellulare ed infiammazione alla
biopsia epatica. La necrosi epatocellulare è normalmente centrolobulare, ma può essere diffusa. La mancanza
di epatociti in rapporto alla necrosi è indicata dalla presenza di detriti cellulari e di collasso del
reticolo. Inoltre, solitamente, sono presenti epatociti in diverso stadio di degenerazione: molti sono rigonfi
con aspetto balloniforme; altri sono vacuolizzati con nuclei picnotici o assenti. Alcuni epatociti
contengono corpi ialini di Mallory, costituiti da aggregati di organuli, soprattutto filamenti intermedi, e
vengono circondati dai polimorfonucleati. Le rosette di leucociti polimorfonucleati adiacenti agli epatociti
con rigonfiamento balloniforme e con degenerazione ialina costituiscono la principale lesione di
questa malattia. Si osserva di solito deposizione di collagene, particolarmente nella zona 3 a livello
perisinusoidale e pericellulare. Le alterazioni della zona portale sono modeste, con un lieve-moderato
infiltrato infiammatorio cronico nei casi avanzati. Il quadro istologico è variabile, andando da quello
dell’epatite alcolica minima fino al quadro della malattia avanzata, probabilmente irreversibile, nella
quale la necrosi è massiva e sono presenti cicatrici fibrose. L’epatite alcolica può essere considerata un
quadro patologico precursore della cirrosi.
Le manifestazioni cliniche dell’epatite alcolica possono variare grandemente in rapporto all’intensità
della flogosi. Nei casi di epatite lieve i pazienti possono presentare solo un’epatomegalia asintomatica
oppure accusare astenia, anoressia, nausea, vomito, perdita di peso, febbre e dolori all’epigastrio ed
all’ipocondrio destro. L’epatite alcolica grave è caratterizzata da febbre, ittero, dolore al quadrante superiore
destro dell’addome e spesso dai segni dell’insufficienza epatica e dell’ipertensione portale quali
ascite, encefalopatia ed emorragia digestiva. Le emorragie gastrointestinali sono frequentemente dovute
a lesioni locali gastriche o duodenali e sono secondarie alla diatesi emorragica generalizzata piuttosto
che all’ipertensione portale.
Per quanto riguarda gli esami di laboratorio, l’epatite alcolica acuta si differisce dalla epatite virale
acuta perché le transaminasi sono aumentate con rapporto AST/ALT superiore a 2 ed è presente una
leucocitosi neutrofila proporzionale alla gravità dell’epatite, con un conta leucocitaria di circa i 5-20.000/
mm3; inoltre le IgA sieriche sono notevolmente aumentate. L’ecografia non fornisce elementi risolutivi
se non per evidenziare la steatosi o la cirrosi concomitante e l’ascite e per escludere una genesi ostruttiva
dell’ittero.
Caratteristicamente l’epatite alcolica richiede moltissime settimane o mesi per guarire. Alcuni pazienti
richiedono 8-10 mesi per una guarigione istologica completa, essendo questo decorso in netto
contrasto con quanto osservato nella steatosi epatica da alcol, che normalmente si risolve in 10-14 giorni
dopo la sospensione dell’alcol. I pazienti più gravi possono anche andare incontro a morte; il grado di
mortalità totale per l’epatite acuta alcolica è circa il 10-1 5%. La prognosi è particolarmente sfavorevole
in presenza di un tempo di protrombina notevolmente aumentato, non modificato dalla somministrazione
parenterale di vitamina K e di un livello di bilirubinemia superiore a 20 mg/dl. Quelli che sopravvivono
possono sviluppare una tipica cirrosi di Morgagni-Laennec durante la fase di convalescenza della malatPatologie
alcol-correlate 133
tia. Nella maggior parte dei casi, comunque non si riscontrano lesioni istologiche significative dopo la
guarigione oppure sono presenti variabili gradi di fibrosi pericentrale e perisinusoidale.
Cirrosi alcolica
La cirrosi alcolica di Morgagni-Laennec rappresenta lo stadio finale della lesione epatica da alcol,
ma non è ancora esattamente noto il meccanismo attraverso cui essa si realizza. Sulla base di estese
esperienze cliniche è chiaro che lo sviluppo di tale patologia non è solo una questione di consumo di
etanolo in grammi per anno.
Altri fattori devono essere coinvolti nel danno epatico alcol- indotto e spiegare così la variabilità di
incidenza e di importanza di tale danno.
La cirrosi è caratterizzata istologicamente da fibrosi e da rigenerazione nodulare che determinano un
profondo sovvertimento dell’architettura epatica. Man mano che la rigenerazione e la fibrosi progrediscono,
scompare infatti l’originario aspetto lobulare, che viene sovvertito da pseudolobuli con perdita di
spazio portale e di canali venosi efferenti. La conseguenza di questa formazione di pseudolobuli è duplice.
In primo luogo il sangue che vi entra non è in grado di raggiungere facilmente una venula epatica
terminale con conseguente ipertensione portale. In secondo luogo gli epatociti dello pseudolobulo non
sono adeguatamente perfusi, sia a causa della collagenizzazione dei sinusoidi epatici, sia a causa della
deviazione del sangue dal sistema portale alle tributarie della cava. In definitiva ne deriva ipertensione
portale ed alterata funzione parenchimale, che stanno alla base delle manifestazioni cliniche della malattia.
La cirrosi alcolica è classicamente di tipo micronodulare. Con l’avanzare della necrosi e del processo
di fibrosi, la cirrosi può progredire da un quadro micronodulare ad uno macronodulare, e questo passaggio
si accompagna solitamente ad una riduzione della steatosi. Una volta che si è stabilito il quadro
terminale è difficile riconoscere istologicamente l’etiologia alcolica (16), che può essere sospettata soprattutto
in presenza di noduli rigenerativi di piccole dimensioni (1-3 mm di diametro), di sclerosi perivenulare
e di scarsa rappresentazione delle vene epatiche; è evidente la proliferazione dei dotti biliari;
può coesistere un’epatite alcolica acuta; a volte si osserva un’aumentata deposizione epatica di ferro, che
può essere collegata sia al suo aumentato assorbimento che alla quota di ferro contenuta nelle bevande
alcoliche, soprattutto nel vino.
La sintomatologia iniziale è di solito scarsa o assente, oppure può manifestarsi già in maniera conclamata
con i segni dello scompenso (ascite, emorragia digestiva, encefalopatia). Frequente è il deterioramento
complessivo dello stato di salute, caratterizzato da anoressia, perdita di peso, debolezza ed affaticabilità.
La perdita di peso può essere mascherata dalla cospicua assunzione di alcol (il cui metabolismo
fornisce 7 calorie per grammo) per cui con piccole quantità di cibo un soggetto etilista può mantenere il
peso costante per un lungo periodo di tempo. La riduzione muscolare si fa particolarmente evidente e
contrasta con l’aumento della circonferenza addominale per meteorismo, che è dovuto agli abnormi
fenomeni fermentativi ed a un difettoso assorbimento dei gas intestinali per l’iniziale stasi portale. Abbastanza
precocemente compaiono dei segni cutanei quali le telangectasie al volto, spider naevi ed eritema
palmare. L’ipertrofia bilaterale delle parotidi è un reperto frequente nel paziente etilista cronico e può
precedere la comparsa della cirrosi. Altri segni obiettivi, solitamente più tardivi, legati all’insufficienza
epatica sono la ginecomastia, l’ipotrofia testicolare e la rarefazione dei peli sovrapubici. L’ittero può
dipendere sia dall’epatite acuta alcolica associata, sia dalla colestasi intraepatica in corso di grave insufficienza
epatocellulare.
La cirrosi epatica alcolica avanzata si manifesta con gli stessi segni di scompenso propri della malattia,
a prescindere dall’etiologia che l’ha determinata. Si può osservare encefalopatia porto-sistemica che
nelle fasi iniziali va differenziata nell’alcolista dalla sindrome da astinenza: il caratteristico tremore “a
battito d’ala”, il foetor hepaticus, l’iperammoniemia ed eventualmente il rallentamento dell’attività elettrica
cerebrale documentabile col tracciato elettroencefalografico servono ad indirizzare correttamente la
diagnosi verso l’encefalopatia. La ritenzione idrosalina si può manifestare con ascite, edemi agli arti
inferiori, versamenti pleurici o addirittura con un quadro anasarcatico. L’emorragia digestiva superiore
da rottura di varici esofagee, ma anche da gastropatia congestizia o da ulcera peptica, rappresenta una
frequente causa di morte. La sindrome epato-renale costituisce pure un’evenienza temibile, in quanto è
caratterizzata da un’insufficienza renale grave ed irreversibile.
Manuale di alcologia - Parte Seconda: aspetti clinici 134
Fra gli esami di laboratorio la diminuzione dell’attività protrombinica rappresenta un segno specifico
di insufficienza parenchimale; anche l’albumina possiede un importante valore nel predire la capacità
residua di sintesi del fegato: livelli della proteina inferiori a 3 g/dl hanno significato prognostico negativo.
Un altro parametro mostratosi correlato a rischio di morte è risultato il livello degli acidi biliari
sierici: questi componenti, infatti, dipendono strettamente dalla funzionalità epatobiliare ed un loro innalzamento
rispecchia la diminuzione della clearance epatica e la presenza di shunts porto-sistemici. La
presenza di ipergammaglobulinemia a banda larga è dovuta all’aumento di produzione degli anticorpi
secondaria al passaggio degli antigeni di provenienza intestinale in un fegato la cui attività fagocitaria
reticoloendoteliale è ridotta e dove sono presenti shunts intraepatici che favoriscono tale transito. Pertanto
l’ipergammaglobilinemia riflette il grado di alterazione della microcircolazione epatica. Alterazioni
della crasi ematica sono pure molto importanti: di frequente riscontro sono l’anemia macrocitica, la
leucopenia e la piastrinopenia, che riconoscono vari momenti etiopatogenetici, fra cui l’ipersplenismo
come conseguenza dell’ipertensione portale, il deficit vitaminico e marziale da gastropatia e l’azione
tossica diretta dell’alcol sul midollo osseo. Minore importanza rivestono le alterazioni delle transaminasi
e della y-GT, comuni a molte altre forme di epatopatia. L’azotemia è frequentemente ridotta nell’etilista
cronico per lo scarso apporto proteico, mentre l’uricemia può essere innalzata a causa delle alterazioni
del metabolismo intermedio provocate dall’abuso alcolico.
L’ecografia rappresenta un prezioso ausilio diagnostico specie nelle cirrosi macronodulari (17,1 8);
gli ultrasuoni (fig.n.2) possono infatti evidenziare i noduli rigenerativi superficiali, che bozzano la capsula
epatica alterandone il profilo o che comprimono le vene sovraepatiche o la parete della colecisti e
documentare la fibrosi rilevando una caratteristica trama grossolana della ecostruttura epatica (“coarse
echo-pattem”). Inoltre l’indagine eco-color-Doppler è in grado di svelare rallentamenti e modificazioni
direzionali del flusso portale, circoli collaterali espressione di ipertensione portale (fig.n.3) ed un incremento
delle resistenze vascolari renali che possono orientare verso la diagnosi di cirrosi anche quando
l’indagine morfologica ecografica non sia del tutto esaustiva. L’ipertensione portale va indagata anche
attraverso l’indagine endoscopica valutando l’eventuale presenza di varici esofagee e definendone il
rischio di rottura.
La biopsia epatica dovrebbe essere ormai riservata ai casi borderline, quando né la clinica né il
laboratorio né l’ecografia riescono a discriminare fra steato-fibrosi e cirrosi iniziale e quando si voglia
definire correttamente la prognosi. Inoltre può essere utile per distinguere l’emocromatosi secondaria
all’eccessiva assunzione alcolica da quella primitiva, occasionalmente presente nell’alcolista cronico,
attraverso il peso del ferro nel frustolo epatico. Viene solitamente eseguita per via percutanea con la
tecnica di Menghini utilizzando aghi di 18-16 Gauge, alla cieca o in maniera eco-assistita; oppure si
utilizzano aghi sottili (di calibro uguale od inferiore al millimetro) sotto guida ecografica.
Epatocarcinoma
L’epatocarcinoma insorge con grande frequenza in pazienti affetti da cirrosi epatica, più frequentemente
post- epatitica, ma anche alcolica. La percentuale annuale di conversione da cirrosi in epatocarcinoma
è risultata approssimativamente del 3 per cento (19). La rigenerazione cellulare epatica in fegati
cirrotici potrebbe rappresentare l’evento oncogenico cruciale per promuovere la selezione e l’espansione
clonale di cellule epatiche in senso neoplastico. Infatti non esiste nessuna prova certa della potenzialità
mutagena dell’alcol. In Italia uno studio multicentrico su pazienti cirrotici ha rivelato che il rischio di
HCC è 3 volte maggiore nei bevitori rispetto agli astemi (20). Recenti studi sembrano dimostrare che la
coesistenza dell’infezione da virus epatitico C aumenta il rischio di sviluppo del carcinoma nell’ambito
della malattia epatica alcol-correlata (2 1-23). L’epatocarcinoma si sviluppa come tumore ben differenziato
ex novo oppure, più frequentemente, all’interno di una lesione nodulare iperplastica, come l’iperplasia
adenomatosa. Infatti noduli di iperplasia adenomatosa contenenti aree di displasia a piccole cellule
vengono definiti noduli atipici e sono considerati precursori dell’epatocarcinoma. Questo inizialmente
appare come tumore ben differenziato e prolifera andando incontro a graduale processo di anaplasia.
I consistenti progressi in campo diagnostico consentono attualmente il riscontro di piccoli HCC (cioè
di lesioni di diametro inferiori a 2 cm) con relativa facilità (fig.n.4). Al fine di giungere ad una diagnosi
precoce, i pazienti cirrotici vengono abitualmente sottoposti a screening periodico con il dosaggio dell’alfa-
feto-proteina (AFP) ed ecografia dell’addome superiore (24). Lo screening viene di solito eseguito
Patologie alcol-correlate 135
ogni 4-6 mesi in base agli studi di cinetica cellulare eseguiti da Autori giapponesi (25), che hanno dimostrato
come le lesioni a crescita più rapida impieghino circa 5 mesi per passare da 1 a 3 cm di diametro.
Se lo screening ecografico pone il sospetto di HCC, questo deve essere confermato dall’esame istologico
mediante biopsia ecoguidata con ago sottile, a meno che il valore dell’AFP non abbia raggiunto livelli
patognomonici. La TC spirale e la Risonanza magnetica possono contribuire alla diagnosi ed evitare la
biopsia nei casi tipici.
I programmi di screening ed il ricorso all’ecografia in ogni caso di sospetta malattia epatica consentono
il rilievo dell’HCC in fase del tutto asintomatica. Dal momento che, nella maggior parte dei casi,
l’HCC si sviluppa su un fegato cirrotico, un elevato numero di pazienti presenta sintomi di epatopatia
cronica ed è impossibile stabilire fino a che punto la comparsa dello scompenso funzionale epatico sia
dovuto alla presenza del tumore o all’evoluzione naturale dell’epatopatia sottostante. In fase avanzata
l’HCC può determinare dolore per coinvolgimento della capsula epatica, ittero per invasione delle vie
biliari e sanguinamento digestivo in rapporto al rapido incremento della pressione portale da piletrombosi
secondaria all’invasione neoplastica.

Esempio