Diabete

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Testo

Ceschiutti Giulia 22-11-2004
Comisso Elisa 4 C s.t.
Cristofoli Francesca

SOMMARIO :
• STORIA
• SINTOMI
• ALTERAZIONE DELL’OMEOSTASI
• DIAGNOSI
• MODALITA’ DI PREVENZIONE E DI CURA
• COMPLICANZE
• RUOLO DELLA RICERCA
• BIBLIOGRAFIA
STORIA
Nel 1600 a.C. un papiro egiziano (papiro di Ebers) accenna ai sintomi del diabete e propone varie cure a base di datteri, tritello di grano, gomma, miele, ginepro, lievito di birra. Già a partire dal 1000 a. C. si attesta la presenza di documenti dell'antica medicina indiana e della medicina cinese che narrano di individui che eliminano urina che attira cani, formiche ed api. Nei secoli seguenti si conferma che taluni hanno sete insaziabile ed eliminano abbondante urina. Nel III secolo a. C. viene coniato il termine “Diabete”( dal greco dia-bàino) il cui significato è "acqua che passa".
Nel I secolo d. C. Rufo di Efeso descrive per la prima volta un organo dall'"aspetto carnoso" al quale darà il nome di Pancreas. Fino all’XI secolo il diabete veniva diagnosticato “assaggiando” l’urina di coloro che erano sospettati possedere la malattia, dato che l’urina dei diabetici era particolarmente dolce.
Nel XVI secolo Paracelso identifica il diabete come disturbo generale dell’organismo: per la prima volta era stato associato, nel 164 a. C. ad un difetto renale.
Nel 1674 Thomas Willis definisce le urine dei diabetici "mellite", poiché assaggiandole le trova dolci come il miele. Si ritenne allora che il diabete, male dello zucchero, fosse dovuto o al disfacimento del sangue in acqua o ad una malattia dei reni e della vescica.
Nel 1685 lo svizzero Brunner, durante studi inerenti la digestione e l'effetto dei succhi pancreatici su di essa, asporta il pancreas ad un cane. L'animale sopravvive all'intervento, comincia a bere ed urinare abbondantemente ma nonostante l'aumentata quantità di cibo ingerita deperisce progressivamente. Lo studioso, tuttavia, non formula alcuna ipotesi di relazione tra la sindrome diabetica e la sintomatologia evidenziata.
John Rollo, verso la fine del XVIII secolo, propone una nuova teoria secondo la quale il diabete non è una patologia legata al pancreas bensì ad una anomala funzionalità gastrica: lo stomaco non è in grado di digerire correttamente i carboidrati. Propone quindi una dieta "fat and rancid oil meats" che consiste nell'assunzione di latte, acqua di cedro con pane e burro a colazione, sformato di sangue e sego per pranzo e selvaggina o carne grassa "tanto irrancidita quanto lo stomaco possa sopportare" a cena.
Nel 1815 Michel Eugène Chevreul dimostra che lo zucchero nell'urina dei diabetici è glucosio. Da questo momento in poi è corretto descrivere la presenza di zuccheri nell'urina mediante il termine glicosuria. In questi anni vengono anche sviluppati i primi indicatori di glucosio nelle urine.
Una nuova teoria (gastro-intestinale) viene formulata nel 1838 da Apollinaire Bouchrdat: la comparsa del diabete sarebbe legata alla troppo rapida trasformazione degli amidi in zucchero nel tratto gastro-enterico.
Tra il 1850 e il 1950 si scoprono e si diffondono progressivamente metodiche utili al "dosamento" della glicosuria; in questo periodo si tenta di modulare la razione alimentare a seconda della presenza o meno di glicosuria nelle urine delle 24 ore. I reattivi più usati sono:
* Reattivo cupro-potassico di Trommer, Von Fehling (A e B), Benedict
* Reattivo al bismuto di Nylander (con tartrato e soda caustica).
Il tedesco Paul Langerhans, durante la discussione della sua tesi di laurea nel 1869, descrive la presenza, nella ghiandola pancreatica, di piccole "isole" formate da cellule aventi caratteristiche differenti dal resto delle cellule dell'organo. La scoperta tuttavia non portò lo studioso a formulare ipotesi sul loro reale coinvolgimento nella produzione dei due ormoni deputati alla gestione del glucosio ematico: l'insulina e il glucagone.
Nel 1889 il russo Oscar Minkowiski segue le tracce di Brunner asportando il pancreas ad un cane per determinare l’effetto dell’assenza di questo organo sulla digestione. A differenza del suo predecessore tuttavia, quando viene a conoscenza della sintomatologia presentata dall'animale dopo l'intervento, si precipita ad analizzare la sua urina; scopre elevate quantità di glucosio in essa disciolto. A differenza di Brunner, Minkowski mette subito in relazione il pancreas con il diabete.
Nel 1908 viene sviluppato il primo estratto pancreatico per contrastare la glicosuria. Il trattamento, però, rivela troppi effetti collaterali.
Nel 1921 Frederick Grant Banting scopre l'insulina nel pancreas, ivi prodotta da cellule riunite in isole, già descritte da Paul Langerhans nel 1869. E' la scoperta del secolo. Viene messa a punto una metodica atta ad estrarre l'insulina dal pancreas degli animali da macello. L'ormone somministrato per iniezione salva da morte sicura i giovani diabetici.
Nel 1925 Jack E. Eastwood (ancora vivente nel 1990) comincia la registrazione sistematica in ogni dettaglio della terapia insulinica, dei pasti, dell'attività fisica, dei risultati degli esami delle urine; il paziente varia le dosi di insulina rapida che si inietta sia in fase pre che post prandiale sulla base dei risultati e non seguendo uno schema fisso prestabilito: è il primo esempio di autocontrollo che porta all'autogestione della malattia.
Dagli anni ’40 si comincia ad associare il diabete alle principali complicanze a lungo termine (ai reni e agli occhi). A partire dal 1950 vengono sviluppate le prime metodiche pratiche ad uso domiciliare per diabetici cautamente istruiti (siringhe per l’iniezione di insulina). A partire da questo momento le tecniche per la diagnosi e il controllo del diabete si evolvono sempre più velocemente: compaiono i primi test per la ricerca dei corpi chetonici nell'urina, le prime strisce reattive per la determinazione della glicemia e vengono introdotti gli anti-diabetici orali per innalzare i bassi livelli di glucosio nel sangue.
Nel 1970 vengono sviluppate le prime pompe di insulina; successivamente viene introdotta la prima insulina bio-sintetica e le penne, in sostituzione delle siringhe, per l’autosomministrazione dell’ormone.
Nel 1993 viene pubblicato il “Diabetes Control and Complications Trial” i cui risultati dimostrano chiaramente come la terapia intensiva e individuale ritardi notevolmente lo sviluppo delle complicanze a lungo termine negli individui affetti da diabete di tipo 1.
SINTOMI
Ogni tipo di diabete presenta una diversa sintomatologia a seconda delle diverse alterazioni della funzione omeostatica.
Bisogna inoltre ricordare che mentre i sintomi appaiono improvvisamente,lo sviluppo della malattia richiede tempi molto lunghi.
Sintomi Diabete Mellito Tipo 1
L’iperglicemia,ovvero l’aumento del glucosio nel sangue,indotta dalla malattia,determina l’eliminazione del glucosio con le urine,definita glicosuria.
Il glucosio,per un fenomeno fisico definito osmosi, provoca un’aumentata eliminazione d’acqua: vi è quindi un incremento delle urine prodotte nelle 24 ore,definito come poliuria.
Un malato diabetico può urinare da 2 a 10 l al giorno; le urine sono pallide,limpide,ma esposte all’aria s’intorbidano presto per fermentazione agevolata dalla presenza dello zucchero.
Questo stimolo ad urinare molto frequentemente conduce ad una disidratazione dell’organismo;per compensare questa perdita di prezioso contenuto idrico e mantenere costante la quantità dei liquidi corporei l’organismo compensa con lo stimolo la sete,ed il paziente tende ad assumere bevande in continuazione (polidipsia).
Oltre a questa sete intensa,il diabetico ha inoltre una fame aumentata che induce un’iperalimentazione (polifagia),dovuta al fatto che le cellule non possono utilizzare il glucosio,anche se questo è aumentato in circolo.Alcuni centri cerebrali,responsabili del senso della fame,non ricevendo l’apporto energetico del glucosio inviano segnali che spingono l’individuo ad iperalimentarsi.
L’aumento dell’appetito si accompagna,però, a dimagrimento piuttosto che a un incremento del peso corporeo,infatti, l’organismo del diabetico,per soddisfare la necessità di energia,non potendo utilizzare glucosio deve ricorrere ai grassi e alle proteine corporee.
La carente utilizzazione del glucosio riduce le riserve energetiche dell’organismo e determina un senso costante di stanchezza(astenia).
Spesso,infine, il paziente denuncia l’insorgenza di un fastidioso prurito o una comparsa di infezioni sia della cute(foruncolosi) che delle mucose degli organi genitali esterni (vagina o glande).Queste manifestazioni sono dovute a germi comuni, residenti nelle aree colpite,o da funghi (miceti) come la Candida albicans ,che “approfittano”,per così dire,della riduzione dei meccanismi di difesa dell’ organismo diabetico e della presenza di elevate concentrazioni di glucosio nelle urine, per esercitare la loro aggressione all’organismo.
Il diabete Tipo 1 ha solo qualche settimana di incubazione prima di manifestare i sintomi.
Nel primo stadio sono:
-incremento produzione urina
-sete eccessiva
-fatica
-aumento della fame
-visione offuscata
-bocca secca
-perdita improvvisa di molto peso
-infezioni come afta o funghi vaginali
Se il diabete non è trattato in questo stadio si ha la chetoacidosi diabetica.
Essa consiste in un grave scompenso metabolico causato da un deficit assoluto o relativo di insulina, eccesso di ormoni controregolatori (glucagone), con iperglicemia (>300mg/dl), acidosi (pH del sangue < 7,3) sostenuta da un aumento della concentrazione ematica di chetoni (acido acetoacetico e betaidrossibutirrico), definita chetonemia, e presenza di tali sostanze nelle urine (chetonuria)..
Quando vi è carenza di insulina sono rilasciati dal tessuto adiposo acidi grassi liberi che è trasportati al fegato.
Se coesiste un eccesso di glucagone in carenza di insulina, gli acidi grassi vengono ossidati e il risultato è una produzione dei corpi chetonici in grado di indurre acidosi metabolica.
Questa condizione porta allo 2:
i primi sintomi sono di origine gastrointestinale
-mancanza di appetito;
-nausea;
-vomito;
-dolori addominali;
in seguito il paziente presenta
-respiro rapido e profondo (respiro di Kussmaul);
-l ’ odore dell’alito è acetonico dolciastro, simile a quello della frutta matura.
Senza trattamenti lo stadio successivo comporta la degenerazione del diabete chetoacidosi in coma o morte
Sintomi Diabete Tipo 2
Più di /3 delle persone con questo genere di diabete non presenta nessun sintomo.
Nella maggioranza dei casi presenta un esordio più subdolo e i sintomi descritti per il diabete Tipo1 sono più sfumati in quanto legati al progressivo calo dell’azione dell’insulina per una sua ridotta produzione.
Se presenti, i sintomi sono:
-eccessiva minzione
-sete eccessiva
-stanchezza
-sovrappeso
-aumento appetito
-visione offuscata
-difficoltà di cicatrizzazione
-stitichezza
-crampi dolorosi
la perdita di grandi quantitativi d’acqua spiega come mai il soggetto diabetico presenti spesso segni di disidratazione:
-secchezza della cute che diventa facilmente desquamabile
-secchezza delle mucose
-la lingua è riarsa e desquamata
-cute fredda
Sintomi Diabete Gestazionale
Generalmente questo tipo di diabete rimane a lungo asintomatico.
I sintomi che in seguito compaiono sono identici a quelli del diabete Tipo 1.
Sintomi Diabete Insipido
E’ una malattia caratterizzata dall’eliminazione di grandi quantità d’urina,poliuria,senza glicosuria che continua anche con la sottrazione dell’acqua da bibita e che dipende da una lesione della regione ipotalamica,dove si trova il centro che modera la secrezione acquosa del rene.
Si può giungere dall’eliminazione di 3-4 litri all’eliminazione di 20 litri d’urina e all’ingestione di corrispondente quantità d’acqua.
Ma vi sono dei casi in cui per un senso esagerato di sete (nevrosi) si bevono grandi quantità d’acqua e quindi si eliminano grandi quantità di urina.
Questi casi di falsa poliuria secondaria al bere esagerato somigliano al diabete insipido,ma se si sottrae la bibita,il paziente tollera bene la prova e la poliuria cessa.

ALTERAZIONE OMEOSTASI
La forma più importante è il diabete mellito, una malattia del metabolismo caratterizzata da ridotta utilizzazione del glucosio a livello dei tessuti e quindi dal suo aumento (iperglicemia) nel sangue. L'altra forma è il diabete insipido, causato da lesioni dell’ipotalamo o dell’ipofisi.
L'insulina è un ormone proteico che ha il compito di rendere utilizzabili dall'organismo le sostanze nutritive, regolando l'uso nelle nostre cellule dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine. L'insulina può essere considerata un attivatore di alcuni passaggi del metabolismo, intendendo con quest'ultimo termine il complesso di reazioni chimiche che trasformano gli alimenti in energia per l'organismo. Agendo sui vari tessuti, l'ormone regola l'utilizzo dei nutrienti, tra cui il glucosio (lo zucchero semplice che rappresenta un importante combustibile per le nostre cellule). È quindi evidente che se l'insulina è scarsa o se la sua azione è difettosa si ha un blocco di alcune vie fondamentali per la sopravvivenza e la riproduzione delle stesse cellule dell'organismo.
Il diabete mellito può presentarsi in quattro diverse forme: il diabete tipo 1 (o insulinodipendente), il diabete tipo 2 (o non insulinodipendente), il diabete secondario e quello gestazionale.
DIABETE MELLITO
L'organismo cerca di mantenere il valore della glicemia costante perché lo zucchero è l'elemento più importante per il cervello e fonte di energia per i muscoli; per questo motivo il fegato produce circa 180 g al giorno di glucosio sotto stretto controllo del pancreas che con i suoi ormoni (insulina e glucagone) ne controlla la produzione e il rilascio nel sangue oltre al suo utilizzo nei vari distretti.
Il diabete mellito è una malattia dipendente da una diminuzione dell'attività dell'insulina causata o da una riduzione delle sue quantità o da una riduzione della sua azione o da entrambe i fattori: caratteristica di questo tipo di diabete è l'iperglicemia.
Poiché l'organismo non ricava sufficiente energia dal glucosio nei tessuti, inizia a utilizzare il grasso di riserva. Ciò causa un aumento, nel sangue, di composti detti corpi chetonici che rendono il sangue acido e interferiscono con la respirazione.
Diabete Mellito Tipo 1
Questo tipo di diabete interessa sopratutto bambini, adolescenti e giovani adulti e veniva per questo un tempo chiamato diabete giovanile.
Tra le cause della malattia sono importanti gli aspetti genetici. Il rischio di sviluppare il diabete di tipo 1 è del 30-40% nei gemelli monozigoti (gemelli identici), del 5-10% nei fratelli e del 2-5% nei figli. Studi di genetica hanno permesso di identificare i geni attraverso i quali si trasmette la predisposizione alla malattia, geni che interessano la risposta immunitaria, il meccanismo preposto alla difesa del nostro organismo da agenti esterni (come batteri e virus). Il diabete non viene trasmesso geneticamente, ma viene trasmessa l'errata modalità di risposta del sistema immunitario.
Il diabete di tipo 1 si manifesta per lo più con una sintomatologia improvvisa, dovuta alla carenza o totale assenza di insulina nell'organismo. Questo deficit grave di insulina è causato dalla distruzione delle Q cellule del pancreas che la producono.
La malattia è scatenata da alterazioni del sistema immunitario, che agisce attraverso la produzione di anticorpi e altre cellule preposte abitualmente alle risposte difensive dell'organismo. E' stato osservato che, nei soggetti che hanno una predisposizione ad ammalarsi, presentano degli anticorpi in grado di distruggere le n cellule che producono l'insulina. Nel diabete tipo 1, il sistema immunitario si attiva per errore verso le o cellule del pancreas: si formano anticorpi che attaccano le cellule per cui l'insulina non può più essere prodotta e si scatena la malattia diabetica. Per questo motivo viene classificato tra le malattie autoimmuni. Sembra che questa attivazione impropria della risposta immunitaria sia scatenata da un fattore esterno, ancora non conosciuto con certezza. I più incriminati sono i virus, come quelli della parotite, il citomegalovirus, i virus Coxackie B, i virus dell'encefalomiocardite. E' possibile che una malattia infettiva virale, anche a livello subclinico (cioè senza manifestazioni evidenti) determini una sensibilizzazione delle cellule beta del pancreas, che vengono poi aggredite dal sistema immunitario.
Il diabete tipo 1 viene chiamato anche insulinodipendente poiché, a causa del grave deficit insulinico, l'iniezione di insulina per il paziente è vitale.
Diabete Mellito Tipo 2
Questa malattia ha un esordio generalmente più tardivo rispetto al tipo 1, interessando soggetti di 40-65 anni di età (chiamato per questo anche diabete dell'adulto). E' importante considerare che, secondo gli ultimi aggiornamenti, entrambe le forme di diabete possono insorgere a qualsiasi età.
Anche il diabete tipo 2 ha una forte componente ereditaria. Nonostante questo, esistono importanti fattori di tipo ambientale, quali l'obesità, la sedentarietà e il tipo di dieta. Infatti, è stata dimostrata una correlazione evidente tra l'incremento del peso corporeo e l'aumentata frequenza della malattia.
I valori insulinici sono normali o aumentati (l'iniezione di insulina non è vitale per il paziente - non insulinodipendente), ma è presente una resistenza periferica all'azione insulinica. I bersagli molecolari dell'insulina non funzionano correttamente. La causa è sopratutto di tipo endocrino per un'eccessiva produzione di ormoni che hanno un'azione opposta a quella dell'insulina come il cortisolo, il GH, gli ormoni tiroidei e l'adrenalina. l'ormone non è più in grado di attivare le vie metaboliche della cellula. Questo comporta un deficit di insulina che non riesce a mantenere la glicemia a livelli normali.
Manca la chetoacidosi caratteristica del I tipo, mentre si manifesta l’iperosmolarità (vomito, tachicardia, compromissione stato mentale, coma), diuresi aumentata, conseguente ad una glicemia costantemente elevata. Il non riequilibrio dei liquidi persi può portare al coma iperosmolare.
Diabete Mellito Secondario
Le varie forme di diabete secondario molto spesso comportano solamente un'alterata tolleranza al glucosio.
Il diabete secondario può dipendere da diversi fattori quali:
- malattie pancreatiche
- eccesso di ormoni corticosteroidi
- ipertiroidismo
- farmaci (diuretici, analgesici, psicofarmaci)
- anomalie dei recettori per l'insulina
- difetti genetici della funzione e cellulare
- gravidanza
In tutti i tipi di diabete la glicemia è elevata a digiuno ma sopratutto dopo i pasti; quando i livelli glicemici superano la quantità che i reni sono capaci di assorbire, troviamo glucosio nelle urine. Un prolungato aumento della glicemia determina la glicosilazione di alcune proteine, ciò risulta più evidente a livello dell'emoglobina formando la cosiddetta emoglobina glicosilata, particolare forma di emoglobina presente nel sangue in grado di combinarsi stabilmente con il glucosio, la quale risulta meno efficiente di quella normale.
Diabete Mellito Gestazionale
Il diabete mellito gestazionale è una classificazione operativa identificante le donne che sviluppano diabete mellito durante la gravidanza. Questo tipo di diabete comprende sia le donne che sviluppano diabete tipo 1, sia le donne con diabete tipo 2 asintomatico (non diagnosticato) che viene scoperto in gravidanza. Molte donne hanno una normale omeostasi del glucosio durante la prima metà della gravidanza e sviluppano una relativa insulinodeficienza durante l'ultima metà della gestazione, sfociante in seguito a iperglicemia. Quest'ultima si risolve, nella maggior parte dei casi, subito dopo il parte ma pone queste donne come persone ad alto rischio di sviluppare diabete tipo 2 nel corso della vita.
DIABETE INSIPIDO
Il diabete insipido può essere causato da un'insufficiente produzione di ADH o vasopressina (ormone antidiuretico) per un danno a livello dell'ipotalamo o della neuroipofisi, o da un'anomalia dei tubuli renali che sono insensibili all'azione dell'ADH. Si ha, quindi, un mancato riassorbimento dell'acqua a livello dei tubuli renali e produzione di grandi quantità di urina (15-25 litri al giorno) molto diluita. Questo provoca disidratazione e sete intensa.
Il diabete insipido è una malattia rara che ha poco a che vedere con la più diffusa forma di diabete: il mellito. Le due hanno un sintomo in comune, una diuresi eccessiva, causata però da ragioni totalmente diverse. Nel diabete mellito l'aumento della diuresi è la conseguenza di un eccesso di glucosio nel sangue: lo zucchero in eccesso non riassorbito dal rene, richiama acqua e aumenta la quantità di urina. Se in questo caso la causa della malattia è la mancanza o il cattivo funzionamento dell'ormone insulina, l'origine del diabete insipido risiede in un'alterazione della produzione, della secrezione o dei meccanismi di funzionamento dell'ormone ADH.
L'ormone antidiuretico (ADH) viene prodotto a livello dell'ipotalamo e svolge un'importante funzione a livello renale. Durante complessi processi al sangue filtrato vengono assorbite sostanze utili per l'organismo ed espulse le sostanze nocive. Alla fine una certa quantità di liquido giunge al tubulo distale, dove agisce l'ADH, consentendo il riassorbimento dell'acqua in eccesso e per evitare una perdita eccessiva di acqua dal sangue.
Si possono avere il diabete insipido centrale e quello renale.
Nel diabete insipido centrale abbiamo un danno alle strutture dell'ipotalamo provocato da:
- tumori
- processi granulomatosi ed infiammatori
- esiti di encefalite e meningite
- sifilide
- trombosi arteriosa
- traumi cranici
- terapia chirurgica dell'ipofisi
A queste dobbiamo aggiungere una forma congenita il cui danno a livello dell'ipotalamo è già presente nella prima infanzia. In questo primo caso, si ha un’insufficiente secrezione di ADH che finisce per provocare un'eliminazione di urina molto diluita a causa di una riduzione del riassorbimento di acqua da parte del rene.
Nel diabete insipido renale la causa può essere congenita o provocata da infezioni croniche a livello renale. L'ormone ADH viene prodotto regolarmente dall'ipotalamo ma non risulta efficace a livello renale. Questo tipo di diabete, quindi, non è legato alla produzione dell'ADH, il cui livello è del tutto normale, ma è causato da un'alterazione a carico del rene.
La diagnosi differenziale fra diabete insipido centrale e renale sta nel dimostrare come introducendo artificialmente ADH nel primo caso la sintomatologia sparisce mentre nel secondo caso persiste.
DIAGNOSI
La glicemia è la concentrazione dello zucchero nel sangue; in una persona sana la glicemia è compresa all’incirca fra gli 80 e i 125 mg in 100 centimetri cubi di sangue.Quando la concentrazione del glucosio nel sangue si abbassa al di sotto del valore di 80, si parla di ipoglicemia; quando supera il valore di 125 si parla di iperglicemia.
Questa è spesso legata a una diminuita funzionalità delle isole pancreatiche e costituisce uno dei sintomi di diabete.
Ci sono tre principali metodi per diagnosticare il diabete:
-il test veloce della glicemia (FPG);
-il test di tolleranza del glucosio orale (OGTT);
-il test di glicemia casuale;
L’FPG misura il glucosio contenuto nel sangue dopo otto ore dall’ultimo pasto.
Questo test è quello preferito per diagnosticare il diabete ed è il più affidabile se realizzato al mattino. I risultati e il loro significato sono riportati nella tabella 1.
Se il risultato al test indica un livello di glucosio tra i 100 e i 125 mg/dL, si ha una forma di pre-diabete, ciò significa che il paziente è predisposto ad avere il diabete mellito tipo 2, ma che per il momento non ne è affetto.
Un livello di 126mg/dL o superiore, confermato dalla ripetizione del test in varie giornate, indica la presenza di diabete.
Tabella 1
Risultati della glicemia (mg/dL)
Diagnosi
99
normale
100-125
Pre-diabete
1261
diabete
Le ricerche hanno mostrato che l’OGTT (Oral Glucose Tolerance Test) è più sensibile rispetto al test FPG per la diagnosi del pre-diabete, ma è poco conveniente da amministrare.
Il test di tolleranza del glucosio orale richiede otto ore di digiuno prima di fare l’esame.
La glicemia è misurata due volte: la prima subito, la seconda due ore dopo aver bevuto una bevanda contenente 75 grammi di glucosio disciolti in acqua (chiamata anche curva di carico).
I risultati e il loro significato sono espressi nella tabella 2.
Se la glicemia è compresa tra i 140 e i 199 mg/dL due ore dopo aver bevuto la soluzione zuccherina, si ha una forma di pre-diabete chiamato anche IGT (Impaired Glucose Tolerance), ciò significa una predisposizione del paziente al diabete mellito tipo2.
Se, invece, i livelli di glicemia sono uguali o superiori a 200mg/dL, confermati da ripetuti test in giorni differenti, il paziente è affetto da diabete.
Tabella 2
Risultati della glicemia dopo 2ore (mg/dL)
Diagnosi
139
normale
140-199
Pre-diabete
200
diabete
La diagnosi del diabete gestazionale
Il diabete gestazionale è inoltre diagnosticato in base a svariate misure durante l’OGTT.
I livelli della glicemia sono ricercati 4 volte durante il test.Se il glucosio nel sangue è al di sopra
del livello normale di glicemia per almeno due volte, il paziente è affetto da diabete gestazionale.
Nella tabella 3 sono riportati i risultati della glicemia superiori al livello normale, il che indica la presenza di diabete, e il tempo in cui si è fatto l’esame dopo aver ingerito la soluzione zuccherina (test dell’OGTT).
Tabella 3
Tempo
Risultati della glicemia sopra al livello normale (mg/dL)
Dopo 8 ore dall’ultima assunzione di cibo
95 9
Dopo 1ora
180 1
Dopo 2 ore
155 1
Dopo 3 ore
140 1
Note: Molti laboratori altri numeri per questo test
Un buon metodo per la diagnosi del diabete mellito sarebbe la misurazione dell’emoglobina glicata.
Infatti, il maggior vantaggio della misura dell’emoglobina glicata consiste nel campione che può essere raccolto senza particolare riguardo a quando il paziente ha mangiato.
Il comitato degli esperti, comunque, non ha incluso la misurazione dell’emoglobina glicata tra le raccomandazioni per gli standard internazionali per la diagnosi del diabete mellito.
Essi hanno notato la mancanza di standardizzazione dei test e dei range di normalità, rendendo difficile dettare una soglia standard.
Il test per la misura dell’emoglobina glicata non è facilmente disponibile nei paesi in via di sviluppo; conseguentemente, non è adatto per l’uso come criterio internazionale.
Questa misurazione rimane quindi come monitoraggio del controllo glicemico delle persone già diagnosticate con diabete mellito.
La diagnosi del diabete insipido
La diagnosi del diabete insipido è rappresentata da un processo formato da passi progressivi.
Innanzitutto è necessario provare che vi sia una diuresi elevata: la persona deve assumere una determinata quantità di liquidi, in modo che sia possibile verificare se la diuresi rientra nella norma.
Successivamente, attraverso un esame del sangue, si valuta l’osmolarità plasmatici, cioè la concentrazione di elettroliti (sali minerali) nel sangue: questo valore deve essere compreso in una fascia ristretta ben precisa.
Tramite un esame delle urine si valuta l’osmolarità urinaria, cioè la concentrazione di sostanze disciolte nelle urine: se la persona assume una quantità obbligata di liquidi, le sue urine devono avere un certo valore di osmolarità urinaria.
Quindi, attraverso un esame del sanguesi calcola il dosaggio dell’ormone ADH.
Infine, si confrontano i risultati degli esami.
Ad esempio, un valore alto di osmolarità plasmatica è segno di un deficit di acqua nel sangue e fa prevedere un’osmolarità urinaria elevata.
Se invece il valore dell’osmolarità urinaria è basso,si può presupporre la presenza di diabete insipido.
Nel caso in cui questi esami non siano sufficienti per giungere ad una diagnosi certa,si può sottoporre il malato a ulteriori accertamenti.
-Il test della disidratazione:viene chiesto al paziente,accuratamente monitorato, di non bere
liquidi per un certo periodo di tempo.
Nel caso di diabete insipido
vero (centrale o nefrogenico) non si ha né riduzione della diuresi né
incremento dell’osmolarità urinaria con incremento di quella
plasmatica, in caso di potomania si ha una drastica riduzione della
diuresi con aumento dell’osmolarità urinaria.
-Il test per verificare la risposta dell’ormone ADH: al paziente,costantemente monitorato,viene
infusa una soluzione ipertonica (cloruro di sodio al 3%)
e si valuta la risposta dell’ADH all’incremento dell’osmolarità
plasmatica.
I nuovi criteri diagnostici
I criteri diagnostici elencati sono stati proposti dal Comitato di esperti sulla diagnosi e classificazione del diabete (Report of the Export commettee on the diagnosis and classification of diabetes mellitus 1997).
Attualmente, il test di tolleranza al glucosio precedentemente raccomandato dal National Diabetes Data Group è stato sostituito con la raccomandazione che la diagnosi di diabete mellito sia basata su due livelli di glicemia a digiuno maggiori o uguali a 126 mg/dL (7.0 mmol/L).In questo modo i valori di glicemia in base ai quali si pone diagnosi di diabete sono diminuiti: dai 140 mg/dL, in uso dal 1979, ai 126 mg/dL attuali.
Impatto del nuovo Criterio Diagnostico
I medici potrebbero essere preoccupati che i nuovi criteri diagnostici per il diabete mellito, incluso l’abbassamento della soglia della glicemia a digiuno, possa aumentare notevolmente il numero di persone a cui può essere diagnosticato il diabete.
Queste preoccupazioni di sovradiagnosi includono il danno creato dall’ansietà, il rischio e il costo dei trattamenti non necessari, e le possibili discriminazioni assicurative, soprattutto nella condizione in cui la diagnosi è relativamente benigna o se non sono disponibili trattamenti efficaci.
D’altro canto, sottodiagnosticare una condizione è dannoso se un trattamento precoce può fare la differenza nell’esordio del paziente, soprattutto quando il trattamento è relativamente benigno e poco costoso.
E’ vero che un programma di screening rigoroso aumenterà il numero di persone diagnosticate con diabete mellito. Tuttavia, attualmente una buona metà delle persone affette d diabete non sono state diagnosticate grazie al vecchio criterio e potrebbero rimanere non diagnosticate per altri 10 anni.
Le persone che sono asintomatiche e non sono state diagnosticate continuano a sviluppare le complicanze del diabete mellito tipo1.
Le modifiche raccomandate dal comitato degli esperti per la diagnosi del diabete mellito dovrebbero portare beneficio ai pazienti.
La misurazione dei livelli plasmatici di glucosio a digiuno dovrebbe essere meglio accettata dai pazienti rispetto al test di tolleranza orale del glucosio e può essere fatto facilmente assieme alla misurazione dei livelli lipidici.
L’identificazione precoce di persone asintomatiche nel processo della malattia permette una modifica preventiva dello stile di vita e può essere iniziata una terapia medica per prevenire il rischio di complicazioni da iperglicemia.
Il National Diabetes Data Group sostiene che questi cambiamenti nei criteri diagnostici non hanno modificato gli obiettivi di trattamento nei pazienti con diabete mellito.
Questi obiettivi includono il mantenimento della glicemia sotto i 120 mg/dL (6.65 mmol/L) e un’emoglobina glicata (emoglobina che si combina con il glucosio)sotto il 7.0 %.
PREVENZIONE E CURA
Epidemiologia
Il Diabete Mellito è una malattia di grande rilievo sociale ed esercita un notevole impatto sulla salute pubblica per l'entità della sua diffusione e la gravita delle sue complicanze. Il Diabete in Italia è infatti diagnosticato nel 3% della popolazione (circa 1.500.000). Una quota assai superiore al 10% è affetta da diabete di tipo 1 ed è in trattamento insulinico. Il restante 90% è affetto da Diabete di tipo 2 ed è in trattamento con insulina nel 10% con ipoglicemizzanti orali nel 60% e con la sola dieta nel 30%. Alla quota di diabete diagnosticato, pari al 3% si deve peraltro aggiungere una quota, dello stesso ordine di grandezza, di diabete non diagnosticato e rappresentato esclusivamente da diabete di tipo 1.
Diabete mellito tipo 1
Epidemiologia
La frequenza del diabete di tipo 1 è più elevata nei paesi del Nord Europa, mentre è più bassa nella popolazione orientale, negli indiani d'America e nelle popolazioni tropicali. La diversa distribuzione della frequenza della malattia rispetto al diabete di tipo 2 avvalora le evidenze che si tratti di due malattie diverse, che hanno in comune gli aspetti clinici. Un' osservazione effettuata in base alle differenze geografiche ha evidenziato un'incidenza maggiore man mano che ci si allontana dall'Equatore. Sembra esservi una relazione con la temperatura media annuale nel senso che nei paesi più freddi vi è un maggiore rischio.
Diabete mellito tipo 2
Epidemiologia
Questa forma è presente nel 90% della popolazione diabetica generale. Viene spesso considerata una conseguenza del benessere, in quanto concorrono in modo decisivo alla sua comparsa l'alimentazione eccessiva e la sedentarietà. Si ritiene che i fattori genetici siano molto importanti per la comparsa della malattia, ma d'altra parte altre osservazioni hanno dimostrato che quando le popolazioni si spostano, cambiando lo stile di vita e l'alimentazione, in esse la frequenza della malattia tende ad avvicinarsi a quella presente nel nuovo territorio. Sembra quindi che i fattori ambientali siano in grado di smascherare una latente predisposizione genetica al diabete.
Attualmente il diabete non è una malattia curabile in modo definitivo. Si può però arrivare a condurre una vita assolutamente normale, evitando le complicazioni che a lungo andare potrebbero manifestarsi agendo fondamentalmente su 4 fronti:
• somministrazione di farmaci insulinici o antidiabetici
• attività fisica e sport
• alimentazione
• educazione all’igiene e al controllo quotidiano.
Il metodo di controllo più raccomandabile è l'autocontrollo domiciliare della glicemia (glucosio nel sangue). Uno degli obiettivi principali della cura del diabete è mantenere la glicemia il più possibile all'interno dell'intervallo di normalità (euglicemia) nell'arco dell'intera giornata. Per misurare il raggiungimento di questo fondamentale obiettivo è necessario eseguire controlli domiciliari quotidiani dei livelli di glucosio nel sangue.
L'insieme delle operazioni che sono alla base di questa pratica quotidiana prende il nome di “autocontrollo”. Dopo la scoperta dell'insulina (1921), la pratica dell'autocontrollo domiciliare della glicemia ha rappresentato il passo più importante nella gestione del diabete.
Educare il paziente alla pratica dell'autocontrollo significa consegnargli gli strumenti adatti al fine di:
- conseguire un adeguato compenso metabolico
- prevenire o posticipare l'insorgenza delle complicanze acute (chetoacidosi e
ipoglicemia)
- prevenire o posticipare l'insorgenza delle complicanze croniche (retinopatia,
nefropatia, micro e macro-angiopatia)
L'autocontrollo glicemico è di fondamentale importanza per:
- i diabetici insulino-dipendenti
- le donne diabetiche in stato di gravidanza o che prevedono di diventarlo
- le persone con problemi renali
- coloro che assumono farmaci potenzialmente iperglicemizzanti o che soffrono di malattie che comportano un rialzo della glicemia oltre i valori di normalità
- i soggetti che facilmente vanno incontro ad ipoglicemia.
La glicemia si può misurare mediante l'ausilio di sistemi che operano con modalità differenti:
- visivamente, confrontando il colore che viene a svilupparsi sull'area reattiva di un'apposita striscia, con la scala colorometrica riportata sulla confezione, oppure
- elettronicamente grazie all'ausilio di uno strumento elettronico (meter).
L'annotazione dei risultati e di altre informazioni inerenti la gestione della patologia ha importanza fondamentale sia per il paziente che per il medico. Solamente dall'attenta analisi e conseguente discussione dei dati registrati ha infatti origine il "progetto terapeutico" più adatto (aggiustamento della terapia insulinica, della dieta e dell’attività fisica). Usare un diario giornaliero significa quindi annotare: i valori della glicemia, i valori della glicosuria (glucosio nelle urine, indice del mancato riassorbimento a livello renale del glucosio presente, quindi, in concentrazione troppo elevata rispetto alla soglia renale di riassorbimento), della chetonuria, le dosi di insulina (o di altri farmaci ipoglicemizzanti orali) assunte, l'attività fisica svolta. Di solito l'autocontrollo glicemico viene eseguito prima e dopo ogni pasto e prima di coricarsi la sera.
E’ bene determinare anche l'eventuale presenza di corpi chetonici nelle urine, onde evitare i possibili gravi rischi originati dalla presenza di tali sostanze circolanti nell’organismo (chetosi o cheto-acidosi diabetica).
Per quanto riguarda la terapia farmacologia, i soggetti affetti da diabete di tipo 1 devono costantemente sottoporsi alla terapia insulinica,mentre i soggetti al tipo 2 possono essere curati con farmaci antidiabetici (orali) più blandi. Per questi il ricorso alla terapia insulinica si rivela necessario solo in uno stadio particolarmente avanzato della malattia, cioè quando non è più presente un’attività beta-insulare residua. I farmaci ipoglicemizzanti attualmente più utilizzati sono quelli che stimolano il rilascio di insulina da parte del pancreas ed un migliore utilizzo periferico del glucosio (sulfaniluree), mentre si stanno studiando medicinali che contrastano la resistenza delle cellule all’insulina (glitazoni, che migliorano il metabolismo del colesterolo e dei trigliceridi, e metformina, indicata specialmente nei malati in sovrappeso dato che, come l’acarbosio, limita l’assorbimento del glucosio alimentare a livello intestinale), che stimolano la produzione di insulina (netaglinide e repaglinide).
L’insulinoterapia è un trattamento pesante: i vari tipi di insuline possono agire in modo rapido, intermedio o lento, possono essere associati per riprodurre le secrezioni naturali e soddisfare le diversità dei bisogni durante l’arco delle 24 ore. Si stanno studiando insuline ad azione ritardata (glargine) che assicurino un assorbimento omogeneo durante la giornata per evitare situazioni improvvise di ipoglicemia o iperglicemia. Dal punto di vista della somministrazione, si stanno sviluppando metodi alternativi alle tradizionali punture: “penne” che assicurano iniezioni discrete e rapide così come inalatori che sembrano somministrare in modo molto efficace l’ormone.
Il diabete di tipo 2 è la forma che può più delle altre essere controllata e prevenuta con una regolare attività fisica e con la dieta. Rinunciare all'attività fisica può condurre ad un progressivo peggioramento dello stato di efficienza dell’ organismo: perdita di tono muscolare, fragilità ossea, rigidità articolare. L'esercizio fisico è particolarmente utile nel soggetto diabetico poiché induce modifiche positive del metabolismo, del sistema cardiocircolatorio, delle funzioni ormonali e del sistema nervoso.
L'esercizio fisico di lieve o moderata intensità è sempre consigliabile nei soggetti diabetici, previa visita medica che verifichi lo stato delle eventuali complicanze; l'adesione a discipline che richiedano un intenso e prolungato sforzo fisico richiede una condizione fisica ottimale e una costante e accurata vigilanza medica.
Quando si effettua esercizio fisico la contrazione muscolare rende necessario un adattamento cardiovascolare, respiratorio, endocrino e muscolare tale da consentire il rifornimento di un’ adeguato apporto di ossigeno e di substrati energetici ai muscoli e per rimuovere i prodotti di scarto. Nel soggetto diabetico l'esercizio fisico regolare, di lieve o moderata intensità, determina un migliore utilizzo del glucosio a prescindere dalla disponibilità di insulina già dopo 30 minuti e consente di abbassare i livelli di colesterolo e dei trigliceridi nel sangue, evita il sovrappeso e l’obesità.
Nelle forme più leggere, la sola dieta può essere sufficiente per tenere sotto controllo la malattia. Premesso che il soggetto diabetico necessita di un apporto calorico uguale a quello di uno non diabetico in rapporto a età, sesso, costituzione, attività fisica,… deve essere posta particolare attenzione all’assunzione di zuccheri semplici i quali provocano un’ immediato e dannoso aumento del livello di glucosio nel sangue e nelle urine (iperglicemia, coma diabetico…). Dato che l’assorbimento dei carboidrati può peggiorare i sintomi del diabete, un tempo si impediva ai pazienti di consumare qualsiasi tipo di alimento che ne contenesse. Con il tempo si è osservato che il problema è dato esclusivamente dagli zuccheri a rapido assorbimento (saccarosio, dolci, frutta) e non da quelli complessi che rilasciano gradualmente il glucosio e contenuti in alimenti ricchi di fibre (pane, pasta, riso integrali, legumi…). Anche i diabetici possono quindi usufruire di una dieta bilanciata in cui l’apporto di carboidrati complessi rappresenti il 50-55% delle calorie totali. Nel caso di diabetici obesi, il raggiungimento e il mantenimento del peso ideale con una dieta appropriata è spesso sufficiente per tenere sotto controllo la malattia e prevenire numerose complicanze, specialmente quelle a carico del sistema cardiocircolatorio, anche perché spesso all’iperglicemia si affiancano colesterolo totale elevato, ipertensione arteriosa e arteriosclerosi. La perdita di peso, infatti, è in grado di ristabilire la sensibilità dei tessuti all’insulina. In generale, si può affermare che anche per i diabetici le regole della dieta mediterranea possono considerarsi ottimali (pesce, carni bianche, legumi, grassi polinsaturi, fibre…).
Per quanto riguarda la cura del diabete insipido, il trattamento è di tipo specialistico. Anche questa malattia, quindi, una volta diagnosticata, può essere curata perfettamente: è necessario evitare, tuttavia, situazioni che possono comportare un’elevata perdita di liquidi.
La terapia va impostata a seconda della forma che la malattia assume. Il diabete di tipo centrale viene curato somministrando l’ormone naturale ADH (antidiuretico) o suoi derivati (desmopressina acetato, che presenta meno effetti collaterali, vasopressina acquosa). In caso di diabete nefrogenico, vista l’insensibilità del rene all’ormone ADH, i farmaci utilizzati devono avere la capacità di regolare il meccanismo renale di produzione dell’urina: è comune la somministrazione di sostanze diuretiche a base di idroclorotiazide e di amiloride, che paradossalmente nel caso del diabete insipido riducono la diuresi.
COMPLICANZE
Se il diabete non viene adeguatamente controllato o se è stato diagnosticato molto tardivamente, specialmente quello mellito, può portare a complicanze anche gravi:
- COMPLICANZE ACUTE (complicanze iperglicemiche, coma iperosmolare, complicanze ipoglicemiche)
- COMPLICANZE CRONICHE
- MACROANGIOPATIA DIABETICA
- MALATTIE CEREBROVASCOLARI
- CARDIOPATIA ISCHEMICA
- MICROANGIOPATIA DIABETICA
- COMPLICANZE OCULARI
- NEFROPATIA DIABETICA
- NEUROPATIA DIABETICA
- DISFUZIONE SESSUALE
COMPLICANZE ACUTE
Il paziente diabetico può andare incontro a dei problemi clinici sia di tipo acuto, sia cronico, cioè dopo molti anni dell'inizio della malattia. Il buon controllo metabolico, è mirato proprio alla prevenzione delle complicanze acute e croniche.
• Complicanze iperglicemiche
Sono l'espressione di un grave squilibrio metabolico, che attiva la formazione di composti acidi tossici, i corpi chetonici, il cui livello aumentato è una delle alterazioni riscontrate in questo quadro clinico. Colpisce diabetici del tipo 1, mentre nel tipo 2 è un evento molto raro ed indicativo di una severa alterazione metabolica.
La mancanza di utilizzazione, a causa della carenza di insulina, del glucosio circolante, che si fa molto elevato, attiva la via metabolica di ossidazione degli acidi grassi, estratti dai trigliceridi nei depositi di grasso corporeo. In altre parole le cellule, non potendo utilizzare il glucosio a fini energetici, iniziano a bruciare gli acidi grassi. Ma il processo si svolge in maniera alterata: se non c'è disponibilità di glucosio dentro le cellule, anche i grassi non vengono metabolizzati completamente. Prodotti di questo errato metabolismo vengono sono i cosiddetti corpi chetonici, tossici per l’organismo, che provocano il quadro di acidosi.
• Coma iperosmolare
E' questa una complicanza acuta del diabete più rara, che insorge prevalentemente in diabetici di tipo 2 in età avanzata. Tale complicanza è di solito scatenata da una malattia infettiva dovuta alla sospensione della terapia, all'uso incontrollato di farmaci che aggravano l'iperglicemia (diuretici o cortisonici).
L'iperglicemia è molto grave e la sintomatologia è caratterizzata da anoressia e vomito, tachicardia, riduzione della pressione arteriosa, compromissione dello stato mentale che va dalla confusione al coma.
• Complicanze ipoglicemiche
L'organismo ha bisogno di mantenere un livello di glucosio circolante adeguato, specie per il fatto che alcuni organi, come il cervello, utilizzano solamente questo zucchero.
Il bilancio tra il glucosio circolante e l'insulina disponibile viene alterato da situazioni come lo stress, il vomito, un'attività fisica inconsueta, la mancanza di alimentazione. Vi può essere un'eccessiva assunzione di insulina o di ipoglicemizzanti orali in rapporto al quantitativo di cibo ed attività fisica.
COMPLICANZE CRONICHE
Le complicanze croniche sono i problemi a lungo termine della malattia diabetica.
Le alterazioni alla base delle complicanze croniche si verificano principalmente a carico del sistema vascolare (angiopatia) e del sistema nervoso (neuropatia). Queste alterazioni conducono a danni frequenti nel diabetico: insufficienza circolatoria agli arti inferiori, cardiopatia, alterazioni della funzionalità renale, complicanze oculari (retinopatia, cataratta), disturbi ai nervi periferici ed impotenza sessuale. La causa dello sviluppo delle complicanze non sembra risiedere primariamente nel deficit di insulina, ma nel protrarsi della condizione di iperglicemia, che altera le strutture dei tessuti.
MACROANGIOPATIA DIABETICA
La macroangiopatia, come illustra il nome stesso, è un'alterazione a carico dei vasi sanguigni, le arterie di grosso e medio calibro. Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di mortalità nei paesi Occidentali, e il diabete mellito è una condizione di aumentato rischio per questo tipo di patologia.
I sintomi presentati dal paziente sono in relazione con le sedi dell'organismo nelle quali la circolazione sanguigna è compromessa. Più frequentemente le complicanze vascolari si presentano sotto forma di alterazione della circolazione cardiaca, cerebrale e degli arti inferiori.
La macroangiopatia diabetica può essere considerata una forma di arteriosclerosi, con alterazione delle pareti dei vasi sanguigni che perdono la loro elasticità e presentano placche di indurimento ed ispessimento che restringeranno il calibro ostruendo la normale circolazione. Questo rende difficoltoso o impossibile trasportare il sangue ai tessuti in maniera efficace.
MALATTIE CEREBROVASCOLARI
Un'altra delle possibili complicanze croniche più pericolose, favorita dalla macroangiopatia diabetica, è quella cerebrovascolare, cioè a carico dei vasi sanguigni che irrorano il cervello.
La circolazione cerebrale è di tipo terminale: questo significa che ogni singolo vaso sanguigno nutre una porzione di tessuto del cervello e non vi sono comunicazioni significative di esso con gli altri vasi. L'ostruzione di uno di questi vasi terminali non può quindi essere compensata da altri vasi collaterali e provoca inevitabilmente la morte delle cellule di quel distretto.
CARDIOPATIA ISCHEMICA
La cardiopatia ischemica è una condizione patologica dovuta all'insufficiente irrorazione sanguigna del cuore da parte delle le coronarie.
Il sintomo più caratteristico è il dolore localizzato al centro del petto, ed irradiato alla spalla ad al braccio sinistro. Questo dolore è descritto come costrittivo, opprimente; la sua durata è breve, qualche minuto, e di solito regredisce spontaneamente o con una terapia a base di nitroderivati (nitroglicerina).
MICROANGIOPATIA DIABETICA
La microangiopatia è un danno dei vasi sanguigni più piccoli, come le arteriole ed i capillari. L'iperglicemia, l'aumento del glucosio nel sangue, è il principale imputato a causare questo tipo di complicanza cronica.
L'alterazione essenziale della microangiopatia è l'ispessimento della membrana basale dei capillari, che non è un effetto della malattia diabetica che si manifesta uniformemente nei tessuti: i più colpiti sono i capillari della retina, del glomerulo renale e dei piccoli vasi che portano il sangue ai nervi, ed infatti le complicanze che emergono a livello clinico sono la retinopatia, la nefropatia e la neuropatia.
NEFROPATIA DIABETICA
Il diabete mellito, con il tempo, provoca delle alterazioni delle delicate strutture filtranti del rene, che possono manifestarsi con una perdita di efficienza della funzione renale (insufficienza renale), dagli esiti potenzialmente invalidanti.
La nefropatia procede attraverso una serie di stadi di gravità crescente.
NEUROPATIA DIABETICA
La neuropatia è l'alterazione anatomica e funzionale del sistema nervoso. Questo sistema è composto da tre sezioni: il sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale), il sistema nervoso periferico (nervi sensitivi e motori) ed il sistema nervoso vegetativo (responsabile della regolazione di funzioni come il battito cardiaco o la secrezione ormonale).
La neuropatia che si riscontra nel diabete colpisce tutte e tre le sezioni del sistema nervoso, generando sintomi estremamente vari a seconda della sezione interessata.
COMPLICANZE OCULARI
Una delle complicanze del diabete che maggiormente preoccupa i pazienti, per il grado di invalidità che ne consegue, è quella a carico degli occhi.
• Cataratta
Il cristallino è la lente dell'occhio, con il compito di regolare la messa a fuoco delle immagini sulla retina.
La perdita o la diminuzione di trasparenza del cristallino dà luogo all'insorgenza della cataratta, che rappresenta una complicanza tardiva e non frequente nel diabete.
• Retinopatia
La retinopatia è la più frequente e la più grave delle microangiopatie. E' la principale causa di cecità nel mondo occidentale tra i pazienti con insorgenza del diabete al di sotto dei 30 anni.
La malattia è causata primariamente dall'iperglicemia cronica. La presenza del glucosio in eccesso nel sangue determina alterazioni strutturali nella parete dei piccoli vasi. Questi, danneggiati dall'iperglicemia, perdono la loro permeabilità selettiva e la loro capacità di autoregolazione del flusso sanguigno. I vasi retinici si sfiancano, con aumentata fragilità capillare, dilatazione della loro parete e formazione di microaneurismi.
• Glaucoma
Il glaucoma rappresenta una delle complicanze acute più tardive in corso di diabete mellito e si caratterizza per un aumento della pressione all'interno dell'occhio, con successivi difetti del campo visivo.
La sintomatologia e' caratterizzata da dolore oculare e riduzione della visione.
• Alterazioni pupillari
Le più frequenti alterazioni consistono in una riduzione del diametro pupillare a riposo ed una ridotta costrizione riflessa alla luce.
DISFUNZIONE SESSUALE
La disfunzione erettile cioè l'incapacità di raggiungere o mantenere un'erezione di qualità sufficiente per portare a termine un rapporto sessuale, è una complicanza comune della malattia diabetica. Spesso non viene da essi considerato un problema clinico "grave" e, per un certo retroterra culturale, tende ad essere taciuto anche nel rapporto medico-paziente. Si tratta invece di una condizione che può esercitare un forte impatto emotivo, con effetti molto negativi sulla qualità di vita del paziente e sui rapporti interpersonali.
Le cause della disfunzione erettile possono essere molteplici. Vi può essere un calo del desiderio sessuale secondario all'iperglicemia, che scompare con il raggiungimento di un buon controllo metabolico; oppure, più tardivamente vi può essere una riduzione irreversibile dell'attività sessuale, indipendentemente dal controllo metabolico.
RUOLO DELLA RICERCA
Numerosi sono gli approcci della ricerca sulle possibilità di cura del diabete. Per quanto riguarda la terapia, gli scienziati stanno attualmente cercando di mettere a punto un tipo di insulina da somministrare per via orale. Questa tecnica presenta, però, un problema: il deterioramento dell’ormone durante la digestione.
Nel campo della resistenza dei tessuti all’insulina, i ricercatori della University of Pennsylvania School of Medicine hanno scoperto una proteina (battezzata resistin) prodotta dalle cellule adipose che sembra esservi implicata. Questa resistenza ostacola l'azione dell'insulina in alcuni tessuti, tra cui i muscoli e il fegato. La scoperta consente di legare ancora una volta l'obesità al diabete di tipo II e pone le premesse per la produzione di nuovi farmaci, se nell'uomo si confermerà l'azione della proteina, dato che gli esperimenti sono finora stati condotti su topi diabetici e obesi.
Un approccio mira a impedire l’afflusso dal fegato dei grassi e degli zuccheri al sangue; sono sotto osservazione anche inibitori dei sali biliari che frenano la digestione dei grassi.
Le prospettive future sono concentrate soprattutto sui trapianti di pancreas o di isole di Langherans, oggi ancora molto rischiosi a causa del problema del rigetto, e sulla possibilità di impiantare cellule staminali estratte dal midollo osseo che potrebbero permettere la rigenerazione del pancreas, in cui le cellule produttrici di insulina sono completamente distrutte. Un’altra prospettiva sembra essere quella di introdurre il gene che controlla la produzione di insulina nelle cellule del fegato.
BIBLIOGRAFIA
www.chirurgiatoracica.org
www.nuoveterapie.it
www.seronosymposia.org
www.diabete.net
www.humanitasalute.it
www.progettodiabete.org
www.healthfinder.gov
www.sanihelp.it
www.nlm.nih.gov
www.endocrineweb.com
www.hon.ch/MedHunt
www.ndep.nih.gov

Esempio



  


  1. carla

    tesina sul diabete

  2. giorgia

    come si prepara una una tesina