Biotecnologie: Fermentazione e Produzione Di Antibiotici

Materie:Riassunto
Categoria:Biologia
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Testo

FERMENTAZIONE E PRODUZIONE DI ANTIBIOTICI
La biotecnologia è una disciplina antica che nasce migliaia di anni fa quando gli uomini producevano birra, vino, pane e trasformavano il latte in yogurt; tutti questi sono frutti della biotecnologia.
Fermentazione: è la biotecnologia più antica e si avvale dell’opera di microrganismi che eliminano come scarto alcune sostanze dopo averne consumate e trasformate altre.
La birra ad esempio si ottiene mettendo nel tino un lievito che si nutre di malto e scarta l’alcol.
Quindi con il passare del tempo l’uomo ha imparato a convivere con questi microrganismi a conoscerli e a produrre in maniera sempre più raffinata alimenti e antibiotici o a utilizzare industrialmente prodotti come l’alcol etilico.
Una tappa importante fu la scoperta di Pasteur che capì che la putrefazione e la fermentazione erano entrambe opera di microrganismi.
La penicillina fu scoperta nell’ambito della seconda guerra mondiale per la grande necessità di curare le migliaia di feriti; la penicillina è una sostanza ,prodotta da una muffa, che impedisce ai batteri di crescere.
Le biotecnologie ormai non si limitano più ad alimenti e antibiotici in quanto il raggio d’azione si è allargato e va dal settore farmaceutico all’agricoltura alla difesa dell’ambiente.
Se si vuole dare una definizione di biotecnologie si può dire che si tratta dell’uso di microbi vegetali e animali o parti di essi per ottenere sostanze utili all’uomo.
Fermentazione: produzione di metaboliti.
La vita della cellula è fatta di continue reazioni chimiche che le permettono di crescere e di riprodursi spezzando e rielaborando le sostanze di cui si nutre: l’insieme di queste reazioni è chiamato metabolismo e durante questa fase si formano delle sostanze intermedie chiamate METABOLITI.
Quindi per fermentazione intendiamo qualsiasi processo (che avviene in presenza di ossigeno o meno) di produzione di metaboliti basato sulla coltura di microgransimi
1. metaboliti PRIMARI: risultato di processi metabolici essenziali che vengono prodotti dalla cellula nel momento di massima crescita.
2. metaboliti SECONDARI: risultato di processi non essenziali per l’immediata sopravvivenza della cellula che vengono prodotti in maggior quantità quando il processo di crescita è rallentato.(gli antibiotici sono prodotti in seguito all’accumulo di metaboliti primaridei quali sarebbero una sorta di rielaborazione.
È importante sapere che questa differenza è critica ai fini della produzione industriale:
1. se si vuole raccogliere il prodotto di un metabolita primario è necessario mantenere i microrganismi in colture continue che assicurino sempre lo stato delle cellule nella fase di MASSIMA CRESCITA, processo che su scala industriale viene detto Down stream processing
2. se invece si desidera ricavare dei metaboliti secondari è necessario lasciare che la colonia cresca fino a un certo punto dopodichè bisogna fermarla allo scopo di ottenere la massima efficienza.
Fermentazione: metabolismo anaerobico di alcuni microrganismi (fermenti) in presenza di uno specifico substrato organico per la produzione di alimenti.
Fermentazione: tecnica di coltura di un microrganismo su un substrato nutritivo adatto e in condizioni definite; il microrganismo metabolizza un substrato rilasciando dei prodotti (grazie all’azione di specifici enzimi). L’operazione può avvenire su substrato:
solido: la fermentazione del pane il cui substrato è la farina di grano il cui obiettivo è ottenere una pasta lievitata.
Sistema diretto:unico fermento, lievito responsabile della fermentazione la cui produzione di alcol e anidride carbonica permette il rigonfiamento mentre i metaboliti secondari danno il sapore.
Fermentazione mista: con lieviti e batteri. I batteri lattici producono acido lattico, acetico, etanolo ecc.. e creano un ambiente di impasti ad alta qualità.
Liquido: vinificazione, all’aumentare dell’etanolo diminuisce la quantità di glucosio.

Batteri e lieviti sono microrganismi così pure anche i virus delle dimensioni molto più piccole di una cellula. Questi ultimi non sono ne animali ne vegetali hanno le dimensioni di una grande cellula e assomigliano a dei cristalli.
Inoltre non si possono definire degli individui completi perché sopravvivono a spese di cellule animali o vegetali dove entrano e si moltiplicano; infatti i virus sono acellulari perciò non si riproducono ma si replicano, da una cellula infettata da un solo virus ne escono moltissimi identici ciascuno pronto ad attaccare un'altra cellula.
Fino a qualche tempo fa si credeva che gravi e rare malattie che colpiscono il cervello fossero causate da virus.
PRIONI: forme organiche simili a proteine (proteinacei) capaci di provocare infezioni cerebrali in alcuni mammiferi. Fu scoperta una disfunzione cerebrale in alcune tribù della Nuova Guinea ancora dedite al cannibalismo. La malattia contratta dopo aver mangiato il cervello crudo provocava instabilità perdita di coordinazione e disturbi psichici.
ANTICORPI MONOCLONALI
La risposta immunitaria è un complesso di reazioni provocato dall’entrata nel corpo di agenti estranei; essa può essere:
NON SPECIFICA: non ha memoria, cioè non conserva le informazioni sul microrganismo o sulla sostanza da espellere e ha quindi un’azione settoriale.
Si tratta della fagocitosi che avviene da parte dei leucociti che inglobano il corpo estraneo e lo distruggono, unito al processo infiammatorio che aumenta la permeabilità dei capillari e favorisce l’afflusso del sangue.
SPECIFICA: è selettiva per ogni corpo estraneo e ha una sua memoria che diventa permanente verso l’agente infettivo una volta che è stato riconosciuto.
Questa risposta è una particolare funzione di alcuni leucociti:
linfociti B: si sviluppano nel midollo spinale e producono speciali proteine : gli anticorpi che sono costituiti da una parte costante e da una variabile, ed è proprio grazie a questa che riconoscono il nemico.
Linfociti T: provenienti dal timo( tessuto linfatico nel torace dei bambini), esplicano un’azione diretta, citotossica, sul “nemico” e per questo vengono chiamati linfociti killer.
ANTIGENE: ogni sostanza estranea all’organismo capace di scatenare risposte immunitarie.
Risposta policlonale: ogni microrganismo patogeno è dotato sulla sua superficie di molti antigeni (diversi chimicamente l’uno dall’altro) che, una volta dentro l’organismo lo stimolano a difendersi e quindi a produrre altrettante serie di anticorpi.
La tecnica dell’ibridoma
Kohler e Milstein nel 1975 produssero i primi anticorpi monoclonali utilizzando una tecnica che sfrutta due importanti caratteristiche:
1. la capacità di riconoscere gli antigeni
2. riprodursi illimitatamente
gli anticorpi monoclonali si ottengono immunizzando un animale(topo) cioè provocando in lui la produzione di anticorpi specifici per l’antigene da noi inserito; i linfociti che producono questi anticorpi vengono estratti e fusi nelle provette con delle cellule di mieloma (tumore del midollo osseo) in grado di riprodursi in continuazione.
Dalla fusione di linfociti e cellule di mieloma si ottengono degli ibridomi capaci di vivere e produrre anticorpi specifici per l’antigene da noi iniettato: tali anticorpi sono detti monoclonali.
Impieghi:
Gli anticorpi monoclonali hanno trovato largo impiego nella diagnostica essendo in grado di riconoscere con grande abilità un agente estraneo in un mezzo anche molto diluito.
Inoltre possono comportarsi come dei VEICOLI di alcuni farmaci per la cura dei tumori: il farmaco viene legato all’anticorpo monoclinale e una volta che il complesso anticorpo-farmaco viene iniettato nell’organismo malato questo va a cercare le cellule cancerogene distruggendole.
Antigeni di isocompatibilità:
gli antigeni tissutali sono proteine presenti in tutte le cellule dell’organismo e svolgono un importante ruolo nella difesa dell’organismo per esempio in caso di trapianto regolano il rigetto o l’accettazione dell’innesto. Con gli anticorpi monoclinali si riesce a stabilire il grado di compatibilità fra individui prima del trapianto.
Livello di droghe: esso si può determinare analizzando i capelli di un individuo. La sostanza si ferma in minima quantità in quanto i capelli ins seguito al processo di cheratinizzazione e gli anticorpi monoclinali, come sappiamo, sono in grado di rilevare anche minime quantità.
La difficoltà di usare questi anticorpi sta nel fatto che le cellule cancerogene hanno sulla loro superficie degli antigeni particolari che rendono difficile il loro riconoscimento; inoltre essi devono essere specifici per le diverse cellule che presentano caratteristiche varibili anche all’interno dello stesso tumore.
Una volta prodotto l’anticorpo monoclonale specifico lo si può legare a una tossina capace di distruggere le cellule: il complesso così ottenuto si dice IMMUNOTOSSINA.
Le tossine sono delle proteine naturali che se lasciate nell’organismo sono estremamente dannose ma che se attaccate a un anticorpo monoclinale sono un’interessante terapia farmacologica.
ANIMALI TRANSGENICI
Dopo aver imparato a inserire nuovi geni nei batteri i biotecnologi sono passati alle cellule eucariote. Questo trasferimento può avvenire in provetta utilizzando come vettore un virus che accede facilmente alle cellule bersaglio. Si è vesto quindi che anche le cellule eucariote sono in grado di accettare DNA estranei:
1. coltivazione di cellule di animale X
2. estrazione del gene X e assemblaggio al virus vettore che attacca le cellule dell’animale Y
3. coltivazione di cellule dell’animale Y e aggiunta del virus
4. espressione del gene X dalle cellule Y
animali transgenici: quegli animali ai quali è stato modificato il patrimonio genetico attraverso l’inserimento di un gene estraneo. Si dice che un gene è estraneo quando non appartiene originariamente ad un individuo.
Per inserire un gene umano in un animale è sufficiente eseguire una microiniezione di DNA fecondato(precisamente in uno dei due nuclei gametici prima che si fondano) e impiantarlo nell’utero di una femmina.
Esempi:
* supertopo al quale è stato inserito il gene umano dell’ormone della crescita.
* Pecore transgeniche portatrici del gene umano che la rende capace di secernere disciolto nel latte il fattore VIII che è una proteina che permette di coagulare il sangue, quindi molto importante per gli emofiliaci. Da notare che l’inserimento del gene rapportato alle migliaia della pecora non ne cambia il comportamento.
* La pecora Tracey che ha il gene dell’antitripsina la cui mancanza provoca malattie come l’enfisema e la cirrosi epatica.
* Sono molto usate anche le mucche nelle quali viene inserito il gene per la produzione di latte umano che potrebbe soppiantare i preparati in polvere
* Altre mucche alle quali è stato inserito il gene delle crescita BST facendole diventare delle supermucche in grado di produrre quantità di latte a livello industriale
* Molto utili sono anche i maiali perché dal punto di vista biochimico sono molto simili all’uomo, per esempio l’emoglobina umana importantissima per la respirazione perché cattura ossigeno dall’atmosfera la sua carenza provoca anemie.
Gli animali divengono quindi come delle BIOFABBRICHE DI MOLECOLE usate soprattutto in medicina, molecole che costituiscono dei veri e propri farmaci naturali.
Esiste infine un altro tipo di animali transgenici che non vengono utilizzati come produttori di farmaci ma come cavie da laboratorio. Quello degli esperimenti sulle cavie da laboratorio è sempre stato un argomento molto dibattuto, sta di fatto che negli Stati Uniti è stato prodotto L’ONCOTOPO ossia un topo con il cancro dalla nascita sul quale si possono eseguire degli esperimenti per cercare dei farmaci antitumorali utili all’uomo.
Nasce in questo contesto la bioetica che dovrebbe dire che cosa sia giusto e cosa non sia giusto fare e come ci si deve comportare nei confronti della scienza.
Chimere
La chimera è un animale che è un misto di due diverse specie, lo scopo di questa pratica è quello di UNIRE in un singolo animale le caratteristiche migliori di due specie affini.
Sono state create una geep che l’insieme di una pecora e una capra e delle mucche mischiate con dei bufali per ottenere latte migliore e in grande quantità.
Per ottenerli occorre prendere degli embrioni di otto cellule che non hanno ancora la forma dell’individuo e sono molto adattabili per cui si possono unire alle cellule di un embrione di specie diversa che abbia codice genetico simile formando un unico individuo che rimpiantato in una femmina farà nascere una chimera.
TECNOLOGIE PER LE PIANTE E COLTURE IN VITRO
Nonostante la ricerca sulla biologia molecolare dei vegetali si è affermata con un certo ritardo, l’ingegneria genetica è entrata finalmente anche in agricoltura ma la flora è talmente vasta che la biotecnologia diventerà la rivoluzione verde.
C’è sempre stato il problema che le piante si ammalano che soffrono il freddo ecc…. ed è proprio da questo che si è cominciato a cercare di curare le piante non tanto dopo ma prima cioè con la prevenzione.
Le biotecnologie sono una risposta a questa nuova esigenza attraverso due procedure fondamentali
1. L’inserimento nelle piante, di interesse commerciale, di geni che conferiscono particolari caratteristiche (resistenza al freddo, ai parassiti ecc..) con metodi come quello dell’Agrobacterium. I genetisti si servono di un vettore che è appunto l’agrobacterium che provoca rigonfiamenti nelle piante che infetta e contiene un plasmide Ti che si inserisce nei cromosomi delle cellule della pianta e fa da vettore ai nostri geni. Il plasmide Ti viene associato alle piante dicotiledoni (piante a fiori dotate di due foglie embrionali)
2. Embriogenesi somatica e micropropagazione: un altro metodo è quello delle piante ingegnerizzate (termine per le piante ma che ha lo stesso significato di transgenico). Si possono produrre piante resistenti ai parassiti, al freddo, alla salinità (le si può dar da bere con acqua di mare), alla siccità ecc.. la tecnica usata è quella dell’embriogenesi somatica che permette di formare embrioni individuali a partire da singole cellule del corpo. Essa sfrutta la capacità delle piante di ricostruire organi direttamente dalle cellule del corpo senza aspettare la riproduzione. La procedura consiste nel:
* Cellule vegetali vengono prelevate da alberi selezionati;
* Le cellule vengono clonate in laboratorio, prodotte in gran numero e fatte crescere fino a ottenere embrioni;
* Una parte degli embrioni viene congelata e conservata;
* L’altra parte viene fatta sviluppare in serra e le pianticelle così ottenute vengono immerse in pieno campo;
* Dopo circa 5 anni, visti i risultati, si scongelano gli embrioni “gemelli” di quelli che hanno dato i migliori risultati e con questi si costituiscono i boschi.
Un’altra tecnica (concettualmente simile) è la micropropagazione che consiste nell’ottenere un gran numero di individui uguali alla pianta di partenza in uno spazio ristretto e in tempi brevi; essa sfrutta sempre la capacità di riprodursi con grande facilità anche in ambienti artificiali a partire non più da singole cellule ma da gemme ascellari stimolate con ormoni.
Sempre in laboratorio con la coltura di cellule vegetali è possibile ricavare delle essenze di interesse commerciale (il 25% dei farmaci è costituito da sostanze prodotte dalle piante).
Si prende un frammento di un organo di pianta, espianto, lo si mette in provetta con alcuni ormoni (auxine e chitochinine che regolano la crescita delle cellule vegetali agendo sul loro differenziamento sul passaggio di cellule da poco specializzate a molto specializzate e viceversa) fino alla formazione di un callo. Le cellule del callo vengono trattate per eliminare la parete rigida esterna, diventano protoplasti e possono rigenerare la nuova pianta o produrre sostanza che noi impieghiamo commercialmente.
I protoplasti possono essere fusi per ottenere ibridi (patate)
L’embriogenesi somatica dimostra che ogni cellula vegetale è totipotente cioè che è in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo cellulare della pianta. Questa peculiarità permette di ottenere con facilità nuovi tipi di piante modificando in vari modi le caratteristiche genetiche delle cellule che le rigenerano; si possono ottenere quindi nuove piante migliorate oppure metaboliti su scala industriale.
Contrariamente alle cellule vegetali, quelle animali non sono capaci di rigenerare l’organismo dal quale provengono, quindi la coltura in laboratorio è molto più difficile:
è necessario usare terreni molto complessi e selezionare linee cellulari modificate geneticamente che le rendano adatte alla coltura( le linee cellulari tumorali hanno un’ottima resistenza e capacità di riprodursi in vitro).
Le colture di cellule animali sono usate per ottenere vaccini virali, interferone, anticorpi monoclonali.
PCR, SONDE NUCLEOTIDICHE E BIOSENSORI
La tecnica PCR permette di riprodurre in tempi molto brevi e in grandi quantità qualsiasi frammento di materiale genetico, in questo modo una sequenza nucleotidica è selezionata dal DNA presente in un campione e soltanto questa parte viene amplificata milioni di volte.
Processo:
la DNA polimerasi (enzima) utilizzata viene isolata da un batterio termofilo( il Thermos aquaticus) il quale normalmente si trova su sorgenti calde; per questo motivo la PCR sopravvive ad alte temperature compresa quella di denaturazione del DNA (95° ). Una volta denaturato il DNA viene marcato radioattivamente il pezzetto che si vuole amplificare usando una coppia di nucleotidi sintetici complementari ai punti iniziale e finale della sequenza campione, quindi messo in un mezzo ricco di nucleotidi. La DNA polimeriasi riconosce i nucleotidi marcati come “siti d’inizio” e da il via alla reazione di sintesi del nuovo filamento.
Con la PCR è possibile identificare e analizzare DNA e RNA presenti a basse concentrazioni, si cerca la presenza di virus come l’AIDS.
Sonde nucleotidiche
Le sonde nucleotidiche o sonde geniche sono dei piccoli pezzi di DNA caratterizzati da precise sequenze nucleotidiche che si legano chimicamente alle molecole ricercate in maniera molto specifica (sfruttando l’attitudine dei filamenti di DNA complementari a riconoscersi e legarsi) e ne rivelano la presenza. Queste sonde si usano per scoprire geni difettosi, un batterio pericoloso virus dell’AIDS
I biosensori
I biosensori sono speciali dispositivi biologici che ci rivelano la presenza di sostanze disciolte in un liquido emettendo segnali elettrici. La componente biologica di un biosensore e rappresentata da un enzima o un anticorpo, l’enzima è altamente specifico verso il suo substrato quindi un ottimo biosensore. Il sensore è qualsiasi cosa in grado di percepire variazioni fisico-chimiche dell’ambiente. I sistemi più utilizzati sono la corrente elettrica i potenziale elettrico le radiazioni elettromagnetiche.
LE MAPPE DEI GENI
I genetisti si devono procurare la mappa dei geni che costituiscono il genoma di un individuo per poterle esaminare in ogni suo dettaglio cioè devono stabilire la posizione e la distanza reciproca dei vari geni sui cromosomi, questo processo è detto MAPPATURA DEL GENOMA e può durare molti anni.
Le mappe possono essere:
* Fisiche cioè stabiliscono le distanze in termini di basi di DNA situati nei vari geni di un cromosoma
* Geniche cioè stabiliscono la distanza fra i geni in base a prove di trasmissione ereditaria di caratteristiche note; le mappe geniche sono basate sulla modalità secondo le quali un carattere si eredita nelle famiglie e sullo studio della frequenza con la quale questo carattere viene ereditato nel corso delle diverse generazioni.
Sono già stati mappati completamente i genomi di alcuni microrganismi come Escherichia Coli ecc…e il Saccharomyces cervisiae che è il lievito di birra ed è anche il primo organismo eucariote ad essere stato mappato completamente.
Le mappe fisiche
La mappatura fisica intende stabilire quali geni sono presenti su ciascun cromosoma e in quale ordine; il DNA può provenire da diverse fonti quali capelli, sangue ecc..e viene inizialmente trattato con gli enzimi di restrizione che lo frammentano in migliaia di pezzi. Questi poi vengono sottoposti a elettroforesi, cioè a un campo elettrico che fa spostare l’acido nucleico carico negativamente verso il polo positivo. La carica è proporzionale alle dimensioni del frammento perciò si ottiene una differenziazione per dimensione. Il tutto avviene su un piano gelificato.
Successivamente se ne prende uno, lo si denatura e si aggiunge una sonda radioattiva complementare che si lega al frammento (il tutto sul nylon).
Se la pellicola è sottoposta ai raggi x (autoradiografia) l’ibrido frammento f sonda nucleotidica viene letto sotto forma di bande scure che forniscono l’impronta genetica differente per ogni individuo.

Le genoteche
La genoteca è la collezione di geni. Il genoma può essere suddiviso sotto forma di pezzi di DNA separati e collegati a PLASMIDI(DNA plasmidico) o FAGI(DNA fagico), all’interno di batteri (vettori).
La genoteca è formata da milioni di batteri ognuno contenente un pezzo di DNA legato a un plasmide o a un fago (di recente si è scoperto che i fagi sono migliori).
Fasi di preparazione della genoteca:
* Si taglia il DNA con enzimi di restrizione
* Si isolano i diversi frammenti per elettroforesi
* Si assemblano i frammenti di DNA ai fagi (fago a che infetta e si riproduce il Escherichia)
* I fagi + DNA vengono unti a uno strato di E. C. dove si riproducono in milioni di copie.
Per trovare il gene nell’intera genoteca è sufficiente applicare una sonda nucleotidica(fosforo 32); a seconda dell’uso che se ne deve fare è possibile costruire 3 diversi tipi di enoteche:
1. genoteca genomica: contiene tutele sequenze di DNA di un individuo (introni compresi)
2. genoteca cromosomica: contiene il DNA di un solo cromosoma.
3. enoteca a cDNA: costituita tutta da DNA complementare, manca degli introni.

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