Batteri, protisti e funghi

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Testo

I BATTERI VIVONO E SI NUTRONO NEI MODI PIU’ DIVERSI
La cosa che più colpisce nei batteri è la straordinari varietà di modi in cui essi ricavano energia e cibo dall’ambiente in cui vivono.
Come “respirano”
Quasi tutti i batteri per vivere hanno bisogno dell’ossigeno dell’aria, sono cioè aerobi. Con l’ossigeno essi, al pari degli altri esseri viventi, operano delle reazioni chimiche che liberano energia. Alcuni batteri sono invece anaerobi: per loro l’ossigeno è tossico e quindi assolutamente da evitare. Fu Pasteur il primo a intuire la possibilità della vita senza ossigeno. Egli aveva messo una goccia di latte in decomposizione su un vetrino da microscopio e l’aveva ricoperta con un altro vetrino. Osservandola al microscopio, si accorse che la goccia pullulava di batteri ma, cosa strana, essi si addensavano al centro del vetrino, anziché ai bordi. Tutti gli altri batteri che egli aveva precedentemente osservato si riunivano invece verso i bordi, là dove passava un po’ di aria. In questo caso invece sembravano sfuggirla! Il fenomeno era probabilmente già stato osservato da altri, ma solo Pasteur ne comprese il significato. Oggi distinguiamo tre tipi di batteri:
- aerobi obbligati, la maggioranza, che possono vivere solo in presenza di ossigeno;
- anaerobi facoltativi, che possono vivere sia in presenza che in assenza di ossigeno;
- anaerobi obbligati, per i quali l’ossigeno è un veleno.
Tra gli anaerobi obbligati ricordiamo il batterio del tetano. Le sue spore si annidano negli strati profondi del terreno dove non arriva l’ossigeno. Se giungono nelle profondità di una ferita non ben disinfettata, si sviluppano causando la malattia. Anche il bacillo botulino, che resiste ai trattamenti poco accurati delle verdure conservate in scatola, è anaerobico. All’interno dei preparati, non a contatto con l’aria, esso si sviluppa producendo un veleno, una tossina, che è mortale in picole quantità. Sono anaerobi facoltativi invece le salmonella, che possono provocare il tifo e i lattobacilli, che causano la fermentazione del latte.
Come “si nutrono”
Batteri eterotrofi. Si nutrono di sostanze organiche complesse sintetizzate da altri organismi. Quando una foglia cade al suolo o un animale muore, la materia organica di cui sono costituiti diventa immediatamente cibo per i batteri. A contatto con esso i batteri producono delle sostanze dette enzimi; con gli enzimi il cibo viene digerito all’esterno del batterio e poi assorbito passando attraverso la parete e la membrana. Con questo tipo di nutrizione, detta per assorbimento, essi vivono “inzuppati” nei prodotti della digestione che rapidamente vengono inglobati all’interno del corpo.
Nella demolizione dei materiali di cui si nutrono, i batteri non operano singolarmente. Ogni sostanza è sottoposta all’azione di squadre di batteri diversamente specializzati nelle varie fasi della demolizione e del riciclaggio delle sostanze organiche, in modo che il prodotto di rifiuto di alcuni costituisce il materiale di partenza di altri. Alla fine dei successivi passaggi le sostanze complesse sono ridotte a sostanze semplici come anidride carbonica, acqua, ammoniaca.
Quasi nessuna sostanza resiste allo stuolo dei decompositori. Tutto viene demolito, persino il petrolio e la plastica, anche se molto lentamente. Pure i residui dolci all’interno della nostra bocca diventano il cibo dei batteri della carie.
Batteri autotrofi. Le alghe azzurre sono batteri in grado, come le piante, di costruire da sé sostanze organiche complesse a partire da sostanze semplici come l’anidride carbonica e l’acqua, utilizzando come fonte di energia la luce del Sole. Ma vi sono altri batteri autotrofi che hanno risolto il problema del reperimento dell’energia senza ricorrere alla luce solare. Essi possono sintetizzare sostanze organiche al buio perché l’energia che utilizzano è quella che si libera in certe reazioni chimiche. Questi batteri sono detti chemiosintetici.
Chemiosintesi significa unione delle sostanze semplici per costruire sostanze organiche utilizzando energia chimica.
I loro nomi, ferrobatteri e tiobacilli (dal greco theion = zolfo), indicano che essi ricavano energia dalle reazioni del ferro e dello zolfo.
L’esistenza di batteri chemiosintetici è alla base delle insospettate catene alimentari scoperte nelle profondità buie degli oceani o nelle oscurità di alcune grotte.
Batteri azotofissatori. Gli antichi Romani sapevano che le leguminose rendono il 5terreno più fertile. I Cinesi sapevano che, lasciando crescere una piccola felce, l’Azolla, nelle coltivazioni di riso, il raccolto aumentava. Oggi sappiamo che le leguminose e la felce Azolla ospitano nelle loro radici dei batteri specialissimi: i batteri azotofissatori.
I batteri azotofissatori compiono un servizio eccezionale, perché sono gli unici organismi sulla Terra in grado di convertire l’azoto atmosferico in composti azotati che servono per fabbricare importanti sostanze organiche.
L’azoto infatti è un componente fondamentale di proteine e acidi nucleici. Ma l’azoto presente in gran quantità nell’aria (78%) è inattivo: sia gli animali sia le piante, anche se vivono come immersi in un mare di azoto, non sono in gradi di usarlo. Anche nell’uomo l’azoto dell’aria, che entra nei polmoni insieme all’ossigeno, ne esce inalterato. Fortunatamente i batteri azotofissatori catturano l’azoto atmosferico e lo utilizzano per produrre composti azotati che dai batteri passano alle piante e dalle piante, attraverso le catene alimentari, agli animali.
I BATTERI PATOGENI SONO RESPONSABILI DI MOLTE MALATTIE
Tra i batteri eterotrofi ve ne sono alcuni che vivono all’interno dell’organismo che li ospita, nutrendosi a sue spese: sono cioè parassiti. Quelli che causano malattie sono detti patogeni.
I batteri che causano malattie nell’uomo, negli animali, nelle piante, sono pochi: solo il 3% delle specie conosciute.
I batteri patogeni si trasmettono da un individuo all’altro mediante contatto diretto oppure da veicoli come l’aria, l’acqua, i cibi, gli animali.
I batteri che si trasmettono direttamente per contatto da individuo a individuo sono responsabili, nell’uomo, delle malattie veneree: in esse il contagio avviene attraverso i rapporti sessuali. Le più diffuse sono la gonorrea e la sifilide.
Nei Paesi sviluppati la prima si sta diffondendo in modo allarmante. L’agente che la causa è il gonococco. L’infezione, che nella fase iniziale non presenta sintomi preoccupanti, se manca l’intervento tempestivo del medico, può avere in seguito gravi complicazioni che portano alla sterilità. La donna infetta può trasmettere l’infezione al figlio al momento della nascita e causarne la cecità; per questo è d’obbligo mettere negli occhi dei bambini, ancora in sala parto, un collirio che uccide il gonococco. L’altra malattia venerea, la sifilide, è causata dalla spirocheta. La sifilide ha un decorso ancora più drammatico. Si manifesta con ulcerazioni degli organi sessuali e febbre. Nella fase finale compromette il sistema nervoso causando una paralisi progressiva, nota come demenza paralitica. I batteri trasmessi dall’aria, come il batterio della tubercolosi (o bacillo di koch), sono prevalentemente responsabili delle malattie dell’apparato respiratorio. Quando parliamo o starnutiamo eliminiamo minute goccioline che veicolano il microrganismo. Si è calcolato che, mentre in metro cubo di aria salubre come quella di montagna, vi sono alcune centinaia di microrganismi, in un metro cubo di aria in un tram affollato ve ne sono più di seimila.Le malattie da raffreddamento, come il raffreddore o l’influenza, non sono dovute tanto al freddo, quanto all’aumento della concentrazione degli agenti patogeni nei locali chiusi. I batteri trasmessi dall’acqua e dai cibi, come le salmonella e i vibrioni, causano le malattie dell’apparato digerente, come il tifo e il colera. L’uomo che ha in corso una malattia batterica è un pericoloso veicolo di infezione, perché diffonde i germi non solo quando la malattia si è manifestata, ma anche quando essa è in incubazione, cioè nel momento in cui è appena iniziata senza manifestare i suoi effetti. I germi possono essere diffusi anche dai portatori sani, le persone che inconsapevolmente li ospitano senza essere malate.
LA COLTIVAZIONE DEI BATTERI
Un batterio si può trovare in qualsiasi ambiente; nell’acqua, nell’aria, nel suolo, nel nostro corpo, in una pianta. Ma i batteri si possono anche coltivare in laboratorio preparando delle soluzioni nutritizie dette brodi o terreni di coltura. I batteri possono arrivare all’interno del brodo casualmente dall’aria o vi sono introdotti dallo stesso sperimentatore. Se il brodo di coltura contiene le sostanze adatte al loro sviluppo, i batteri si riprodurranno in gran numero, altrimenti moriranno. La riproduzione dei batteri è molto rapida e provoca l’intorbidimento di un brodo limpido. La riproduzione die batteri avviene per scissione semplice: da una cellula, mediante una strozzatura del citoplasma, se ne formano due. Ognuna delle due cellule figlie contiene una copia esatta del DNA della cellula madre ed è identica ad essa. Tutto il processo può avvenire in tempi brevissimi: circa venti minuti.
La crescita dei batteri, però, non può continuare all’infinito perché le cellule consumano le risorse e producono sostanze di rifiuto intossicando l’ambiente. Perciò, dopo un certo tempo, la fase di crescita cessa.
Per identificare meglio i batteri impedendo che si disperdano nel liquido di coltura, si può aggiungere al brodo caldo (a circa 50 gradi centigradi) l’agar, una sostanza estratta da alghe. Il brodo con l’agar, raffreddando, solidifica in una specie di gelatina che permette lo sviluppo dei batteri ma ne impedisce la dispersione. Ognuno dei batteri presenti nel brodo si riproduce generando in poco tempo milioni di batteri che restano tutti ammassati in uno stesso punto. Il piccolo ammasso circolare evidente a occhio nudo nella fotografia …… è una colonia. Le colonie dei diversi batteri hanno aspetto diverso e permettono l’identificazione del batterio che le costituisce.
L’uomo alleva microrganismi per far compiere a essi le operazioni più varie. Colture pure di lattobacilli e streptococchi specializzati vengono aggiunte al latte per produrre lo yogurt o per ottenere i formaggi. Anche l’acido glutammico contenuto nei dadi per brodo o il colorante per i jeans sono prodotti ottenuti dall’attività dei batteri.
Non sempre i batteri vengono coltivati. Anzi, molto spesso, come nella conservazione dei cibi, è necessario bloccarne lo sviluppo. Questo si ottiene mediante l’ebollizione, l’essiccamento, il raffreddamento, l’aggiunta di sostanze chimiche come sale, zucchero, anidride solforosa, antibiotici.
Quando un trattamento distrugge tutti i batteri e le spore si ottiene la sterilizzazione.
I VIRUS SONO PARTICELLE AL LIMITE DELLA VITA
L’unità strutturale di ogni vivente procariote o eucariote, animale o pianta, è la cellula. Un virus, (la parola deriva dal latino e significa veleno) non è una cellula, nemmeno semplicissima. Per questo un virus non fa parte di alcun regno.
Un virus è costruito da un acido nucleico, DNA o RNA, contenuto in un involucro, il capside, fatto in prevalenza di proteine.
I virus differiscono per la forma e per le dimensioni, che vanno da 0,03 a 0,3 micrometri. Essi sono così piccoli che possono essere visti solo con il microscopio elettronico. I virus mancano delle strutture necessarie per duplicarsi. Essi possono riprodursi solo se entrano in una cellula e perciò sono definiti parassiti endocellulari. Gli apparati della cellula ospite vengono “sequestrati” per generare nuove particelle virali. La cellula infettata, piena di virus prodotti in una serie incessante di duplicazioni, scoppia. Essa appare al microscopio quasi interamente svuotata, con la membrana crivellata da pori da cui fuoriescono nuovi virus. I virus attaccano animali, piante e anche batteri. Sono inoltre specifici poiché ogni virus colpisce un tipo particolare di cellula e non altre. Per esempio, il virus Herpes Simplex attacca le cellule delle labbra, quello della Poliomelite attacca le cellule del sistema nervoso. Talvolta il virus, entrato nella cellula, resta in stato inattivo, senza manifestare la sua presenza. A un certo punto però un fattore esterno, per esempio i raggi UV o il calore, attiva il virus il quale comincia a riprodursi, danneggiando e uccidendo la cellula ospite. Un virus largamente diffuso che si comporta in questo modo è il virus Herpes Simplex, che causa le crosticine ai lati della bocca. Anche quando le lesioni non sono presenti, il virus si trova allo stato latente, in prossimità delle cellule delle labbra. In seguito all’esposizione ai raggi solari o in condizioni di debilitazione fisica, il virus prende il sopravvento sulla cellula ospite. Presto produce altri virus che invadono altre cellule distruggendole. Si formano così le vescicolette che seguiranno le crosticine. Le malattie virali non sono curabili con gli antibiotici perché essi agiscono solo sui batteri. Il nostro corpo però si può difendere dai virus producendo proteine, dette interferon, nelle cellule infette. Anche se i virus più diffusi sono quelli del raffreddore e dell’influenza, oggi il virus più temibile è l’HIV. Il virus HIV (da human immunodeficiency virus = virus della immunodeficienza umana), che causa l’AIDS (dall’inglese Acquired Immune Deficiency Sindrome = sindrome da immunodeficienza acquisita), attacca alcuni tipi di globuli bianchi, che sono propri sistemi di difesa che dovrebbero sconfiggere la malattia. Esso viene trasmesso dal sangue o dallo sperma. L’infezione avviene quando sangue o sperma infetti vengono in contatto con piccole lesioni della pelle che facilitano la penetrazione diretta del virus. Questo può accadere attraverso rapporti sessuali o mediante l’uso di siringhe precedentemente usate da persone contaminate dal virus o ancora mediante trasfusione di sangue infetto. La malattia viene trasmessa anche dalla madre al figlio attraverso la placenta o con il sangue al momento del parto. Oggi, purtroppo, casi sempre più numerosi di AIDS si stanno verificando proprio tra i bambini che sono stati infettati dalla madre.
La malattia si manifesta solo qualche tempo dopo che è avvenuta l’infezione. I soggetti che, sottoposti a un esame, risultano infetti ma non ancora ammalati, sono detti sieropositivi.

I PROTISTI E I FUNGHI
I protisti autotrofi ed eterotrofi
Gli unicellulari eucarioti formano il regno dei protisti. Come nei procarioti, anche tra i protisti vi sono organismi autotrofi ed eterotrofi. Quelli autotrofi sono le alghe unicellulari, quelli eterotrofi sono i protozoi.
Le alghe unicellulari vivono libere nelle acque dolci e salate dove formano il fitoplancton. Le più importanti sono:
- le diatomee, o alghe d’oro, così denominate per la presenza di un pigmento giallo-bruno;
- le dinoflagellate (dal greco dinos = rotazione) caratterizzate dalla presenza di due flagelli che imprimono un vorticoso moto di rotazione.
Le diatomee sono, dopo i batteri, gli organismi più numerosi della Terra. Tipiche alghe dei mari aperti, si trovano anche nell’acqua che ristagna in un vaso da fiori. Le diatomee sono molto strane: il citoplasma è racchiuso da una parete principalmente a base di silice, la stessa sostanza che compone la sabbia o il vetro. La parete è composta da due pezzi, incastrati come la base e il coperchio di una scatola: esse vivono quindi come racchiuse in una microscopica scatolina di vetro.
Anche le dinoflagellate sono alghe molto numerose nelle acque. Il loro corpo è protetto da una parete rigida divisa in piastre e percorsa da una scanalatura centrale in cui è alloggiato uno dei due flagelli.
I protozoi costituiscono gran parte dello zooplancton. Quando l’acqua manca essi possono sopravvivere formando delle cisti (gli “ovetti” di Spallanzani). La cisti è costituita da una robusta membrana protettiva all’interno della quale si trova il protozoo che ha sospeso ogni attività vitale. I protozoi così incistati sono leggerissimi e riescono a navigare nell’aria.
I protozoi sono distinti sulla base del sistema di locomozione in flagellati, ciliati, sarcodini e sporozoi.
I flagellati, come Tripanosoma, si muovono con flagelli che avanzano nell’acqua con il movimento di un cavatappi. Alcuni flagellati non vivono liberi nelle acque ma all’interno dello stomaco delle termiti dove, insieme con i batteri, consentono la digestione del legno.
I ciliati, come Paramecium, Vorticella e Didinium, sono i protozoi più complessi e specializzati; il loro movimento è dovuto alle cilia.
Il paramecio vive nelle acque stagnanti, ma possiamo vederlo se osserviamo al microscopio l’acqua dei vasi in cui sono rimasti per qualche tempo dei fiori recisi. Esso ha il corpo interamente ricoperto di cilia. Grazie al loro movimento il paramecio avanza girando su se stesso come una trottola. Con le cilia poste in un solco che funziona da bocca esso crea una corrente che porta all’interno il cibo, costituito da batteri. Il cibo viene racchiuso in un vacuolo alimentare in cui i lisosomi riversano gli enzimi per la digestione. Il vacuolo alla fine ritorna verso la superficie per riversare all’esterno le sostanze di rifiuto.
Il paramecio per difendersi, anche se non ha gusci, scarica dardi denominati tricocisti che assomigliano a punte di freccia.
I sarcodini, come le amebe, i foraminiferi, i radiolari e altri organismi simili, si muovono con pseudopodi (dal greco pseudo = falso e podos = piede). Gli pseudopodi sono estroflessioni del citoplasma che possono essere emessi da ogni punto della superficie del microrganismo e servono anche per inglobare le particelle alimentari. Questo tipo di alimentazione è detta fagocitosi.
Ameba proteus è l’ameba più comune, vive, oltre che nelle acque ferme, anche nei suoli impregnati d’acqua. La sua forma cambia continuamente per la formazione degli pseudopodi con cui si muove e si nutre. Anche l’ameba digerisce all’interno di un vacuolo alimentare il cibo introdotto per fagocitosi, costituito da altri protisti più piccoli.
Foraminiferi e radiolari sono amebe con il corpo protetto da un guscio, nei primi di carbonato di calcio e nei secondi di silice; dai minuscoli pori del guscio escono dei filamenti citoplasmatici (pseudopodi) che funzionano come reti a strascico per la cattura della preda. I loro resti, accumulati sul fondo degli antichi mari, hanno dato origine alle rocce calcaree.
Gli sporozoi (che significa “animali con spore”) non sono mobili in quanto privi di cilia, flagelli o pseudopodi. Tra di essi troviamo due pericolosi agenti di malattie infettive: Toxoplasma che causa la toxoplasmosi, malattia piuttosto comune che si trasmette all’essere umano attraverso cibi contaminati o contatti con gatti infetti, e Plasmodium che causa la malaria. La malaria, trasmessa da varie specie di zanzara del genere Anopheles, è una delle malattie più diffuse sulla Terra. Si calcola che, nel mondo, ne soffrano circa 200 milioni di persone e che circa 2 milioni ne muoiano ogni anno.
I funghi hanno un corpo molto semplice
Per molto tempo i funghi sono stati classificati tra le piante perché non hanno organi per il movimento e perché le loro cellule hanno una spessa parete. La parete tuttavia non è fatta di cellulosa ma di chitina, la stessa sostanza che forma l’involucro rigido che riveste gli insetti.
Inoltre i funghi non hanno la clorofilla, perciò non compiono la fotosintesi. Per questi motivi oggi sono inseriti in un ragno a parte, il regno dei funghi.
Nel catalogo dei viventi i funghi compaiono spesso accanto ai microrganismi. I funghi infatti non sono solo quelli grandi, ben visibili e colorati con gambo e cappello che andiamo a cercare nei boschi nelle giornate d’autunno. Funghi sono anche le muffe, tanto minute da apparire come piccole macchie. Funghi sono anche quelli che si insediano sui capelli (le cosiddette tigne), sulla pelle o tra le dita dei piedi, così piccoli che non possono esseri visti a occhio nudo.
Il corpo dei funghi è più semplice di quello degli animali e delle piante, perché manca di veri e propri tessuti. È costituito da cellule che formano filamenti ramificati, le ife, ed è chiamato micelio.
Le ife assomigliano a tubicini delimitati da una robusta parete; al loro interno fluisce un citoplasma con più nuclei, perché spesso mancano le pareti che separano le cellule. Nelle muffe il micelio è un intreccio di ife piuttosto rado e morbido al tatto, nei funghi a cappello dei boschi è un intreccio compatto e resistente, nei funghi a mensola è un intreccio talvolta duro come il legno.
I funghi dei boschi che emergono dal suolo sono una parte del micelio, quella cui è affidata la riproduzione. Questa parte, per l’importanza del ruolo che riveste, ha un nome particolare: è detta corpo fruttifero. Il resto del micelio è una diffusa rete di ife celata nel terreno. Nel corpo fruttifero vengono prodotte le spore.
Le spore sono cellule riproduttive che da sole generano un nuovo micelio. Nelle muffe le spore sono prodotte all’estremità delle ife.
Le spore sono liberate dai funghi in numero enorme e sono diffuse soprattutto nell’aria. Anche in questo momento, nell’aria che vi circonda, ve ne sono, invisibili, a centinaia. Tra quelle che vi fluttuano intorno, ci sarà sicuramente la spora della muffa del pane oppure, se camminate in un bosco, quella di un fungo porcino. Esse aspettano solo di posarsi casualmente sul cibo adatto. Quando si poseranno sul materiale organico adatto al loro sviluppo, germineranno: si formerà un’ifa da cui comincerà a svilupparsi un micelio.
Ecco perché se lasciate per un po’ di tempo sul vostro tavolo un pezzo di pane (senza conservanti) o un limone, inevitabilmente, ammuffiranno. La spora del porcino, invece, per germinare, dovrà atterrare ai piedi di un particolare albero in un bosco umido e caldo.
Nel corpo fruttifero dei funghi dei boschi le spore si formano normalmente nella parte inferiore del cappello. Qui, nelle lamelle che partono a raggiera dal gambo o nella “spugna” che è situata sotto il cappello, si formano microscopiche strutture a clava dette basidi (dal latino basidium = piccolo piedistallo) su cui sono disposte le spore. Tutti i funghi in cui le spore sono nei basidi appartengono al phylum dei basidiomiceti.
Molti basidiomiceti sono commestibili e solo alcune decine di specie sono velenose. Molto poche rispetto al numero di specie dei funghi, stimato complessivamente intorno alle 100.000.
Le specie più tossiche appartengono al genere Amanita, e sono Amanita phalloides e Amanita verna. Tutte manifestano la loro tossicità anche 24 ore dopo la loro ingestione, quando sono già compromessi gravemente il fegato o l’apparato escretore.
Anche se i funghi a noi più noti sono i basidiomiceti, i più diffusi in natura appartengono al phylum degli ascomiceti. Negli ascomiceti le spore sono contenute all’interno degli aschi a forma di sacco. Asco, in greco, significa proprio sacco.
Agli ascomiceti appartengono i tanto apprezzati tartufi, il cui corpo fruttifero si forma sottoterra, le muffe verdi del genere Penicillum e Aspergillus che si formano sulle arance e i lieviti, i funghi cui siamo debitori della produzione del pane, del vino e della birra.
I lieviti o saccaromiceti (dal latino saccharum = zucchero: “funghi dello zucchero”), pur essendo unicellulari, sono classificati nel regno dei funghi tra gli ascomiceti perché talvolta le spore sono contenute in un asco. Normalmente però la formazione delle spore avviene per gemmazione. Nella gemmazione, sulla superficie della cellula madre si forma un’escrescenza che si accresce e alla fine si stacca diventando una cellula indipendente.
Nel corso della sua vita una cellula di lievito può produrre per gemmazione più di 20 cellule figlie, ognuna delle quali lascia una cicatrice sulla cellula madre. Le piccole confezioni vendute in commercio con la denominazione “lievito naturale” sono colture selezionate di saccaromiceti, in grado di resistere per lungo tempo alla disidratazione.

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  1. antonio rossi

    regno protisti monere funghi