Filippo Raciti

Materie:Tema
Categoria:Attualita

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Testo

Lunedì 5 febbraio 2007. Rai 1 trasmette in diretta i funerali di Filippo Raciti, il poliziotto ferito a morte da pezzi di lavabo staccati dal bagno che un gruppo di tifosi- alcuni minorenni- gli scaglia contro mentre ,il venerdì precedente presta servizio fuori dallo stadio di Catania e cerca ,coi colleghi,di contenere gli scontri tra le due tifoserie rivali.
E’ il momento della commozione,dello sdegno, della rabbia.. Sentimenti a cui purtroppo le cronache televisive degli ultimi anni ci hanno abituato viste la lunga spirale di violenza che avvolge il calcio.
Perché, ci si chiede attoniti, un uomo viene strappato alla famiglia dalla pazzia di ragazzini che hanno l’età di sua figlia?un perchè a cui nessuno ha saputo trovare risposta, una morte assurda a cui però qualcuno ha deciso di dare un senso.. Quel qualcuno sono loro: la moglie , i figli, l’amico più caro. Filippo Raciti, ci raccontano, era un eroe,un uomo che quel venerdì provava a combattere la violenza, che in ottobre salvava una disabile da un nubifragio, un uomo che preferiva insegnare con l’esempio, piuttosto che con le prediche, che vale la pena di fare il proprio dovere sempre. E se la forza e la dignità della giovane vedova ci insegnano che a nulla serve arrendersi, che diritto abbiamo noi di farlo? “Che questa morte abbia un senso”, gridano da Catania. Ebbene è ora di riflettere. Riflettere su un fenomeno che nulla ha a che vedere con il calcio, molto più invece riguarda l’inciviltà, l’illegalità, l’odio per le regole e per la divisa che le rappresenta.. Allora che mondo politico, sportivo e gente comune prendano finalmente atto che chi va allo stadio armato, che chi imbratta muri e monumenti con scritte come “sbirro nemico” è evidentemente pericoloso. E se c’è chi giustifica il tiro a bersaglio messo in atto -e in più di un’occasione- contro le forze dell’ordine , e se c’è chi considera una misura repressiva la diffida, mentre quasi normale i veri e propri atti criminali inscenati di volta in volta fuori e dentro gli stadi, bhè forse c’è da chiedersi se non sia stato commesso qualche errore di valutazione. Che forse troppo spesso il carnefice è passato per vittima? E allora che per una volta lo spettacolo si fermi davvero, che “torni di moda” il valore della vita; che Stato, scuole, famiglia collaborino sempre di più insieme per diffondere la cultura della legalità e della responsabilità. Che vengano prese decisioni concrete che insegnino che le regole(e le leggi)ci sono e vanno rispettate, che il vuoto di un’esistenza fragile non si riempie ammazzando un uomo, che chi sbaglia deve pagare anche quando purtroppo chi sbaglia ha,come sospettano gli inquirenti, solo 17 anni...Ma il problema è certo complesso,c’è tanta gente che si impegna da tempo su vari fronti(proprio della nostra Puglia l’iniziativa “poliziotto per amico”, che continua nonostante minacce ed ostacoli), e chi scrive non vuole certo avere la pretesa di entrare in merito a leggi e decisioni speciali in così poche righe, ma solo lanciare un appello perché passato il momento della commozione non ci si dimentichi di quello che è successo a Catania -e che da anni succede in tutta Italia- e si continui a discutere, provare a capire,migliorare e applicare davvero le misure di sicurezza che in parte sono state sancite già qualche tempo fa.
Ma per sperare in una profonda rivoluzione in un calcio malato ormai a tutti i livelli,come ci ricorda la recentissima vicenda di calciopoli, c’è da augurasi che il cambiamento non venga solo dalle istituzioni ma parta dal basso, da ognuno di noi. E allora che le nostre scosse coscienze non si riprendano troppo presto, che per primi i Campioni, quelli che ogni domenica ci regalano emozioni e che hanno dipinto di azzurro i Mondiali, insegnino a rispettare avversari ed arbitro, insegnino che il calcio è competizione, agonismo, ma soprattutto spirito di squadra e non un teatrino dove vince chi sa fingere più falli, dove si discute con spintoni e testate, presto condonate e magari premiate. Ma che anche i nostri giovani talenti, i campioni del futuro, diano mostra nei campi minori di forti gambe ma principalmente di grandi virtù; infine che nessuno di noi si arrenda mai all’illegalità, che le nuove leve delle forze armate vestano la divisa fuori ma soprattutto dentro,come insegna Filippo Raciti .
La follia di pochi fanatici non può togliere a tutti noi “quel sogno che comincia da bambino”, che sia un sogno giallo rosso o nero azzurro o qualunque altro colore.. un sogno che può tornare ad unire anziché continuare a provocare vergogna.. perchè più nessuno debba vergognarsi di possedere un abbonamento allo stadio e come vuole la moglie, Filippo Raciti sia un educatore anche nella morte così come lo era in vita.

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