Studio sul sistema solare

Materie:Appunti
Categoria:Astronomia

Voto:

1 (2)
Download:94
Data:10.07.2001
Numero di pagine:7
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
studio-sistema-solare_1.zip (Dimensione: 12.93 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_studio-sul-sistema-solare.doc     56 Kb


Testo

IL SISTEMA SOLARE
GENERALITÀ

Dati numerici dei corpi maggiori
Nome
Diametro equatoriale
(km)
Distanza
media
dal Sole
(106 km)
Periodo
orbitale
Periodo di
rotazione
Massa
(Terra=1)
Eccentricità
dell’orbita
Sole
1 392 530

25,4 giorni
332 948,34
Mercurio
4878
57,9
87,97 giorni
58,6 giorni
0,055
0,206
Venere
12 104
108,2
224,70 giorni
243,0 giorni
0,815
0,007
Terra
12 756
149,6
365,25 giorni
23,93 ore
1,000
0,017
Marte
6787
227,9
1,88 anni
24,6 ore
0,107
0,093
Giove
142 800
778,3
11,86 anni
9,9 ore
317,890
0,048
Saturno
120 536
1427,2
29,46 anni
10,6 ore
95,181
0,056
Urano
51 118
2869,6
84,01 anni
17,2 ore
14,530
0,046
Nettuno
49 528
4497,3
164,79 anni
16,1 ore
17,135
0,009
Plutone
2274
5913,5
248,54 anni
6,39 giorni
0,002
0,248
Introduzione
Il Sole, nel suo viaggio negli spazi celesti, è accompagnato da un corteo formato da 9 pianeti, 63 satelliti dei pianeti, un gran numero di corpi minori (comete e asteroidi) e materia interplanetaria. L’insieme di tutti questi corpi costituisce il nostro Sistema Solare.
Il termine pianeta è stato coniato dagli antichi per quei corpi celesti che essi vedevano mutare di posizione rispetto alle stelle, le quali, al contrario, venivano chiamate fisse perché ritenute immobili sulla sfera celeste e ruotanti con essa attorno all’Asse del Mondo. Pianeta, infatti, significa errante.
I quattro pianeti più vicini al Sole (Mercurio, Venere, Terra e Marte) sono chiamati pianeti terrestri o rocciosi poiché hanno una superficie solida composta da roccia.
I quattro pianeti posti oltre l’orbita di Marte (Giove, Saturno, Urano e Nettuno) sono chiamati pianeti giganti gassosi o gioviani a causa delle loro dimensioni e della composizione chimica.
Il piccolo e lontano Plutone ha una superficie ghiacciata ma solida come i pianeti terrestri.
Quasi tutti i pianeti (e alcune lune) possiedono un’atmosfera. L’atmosfera della Terra è composta principalmente da azoto e ossigeno. Venere ha una spessa atmosfera d’anidride carbonica. L’atmosfera di Marte è estremamente tenue e formata da anidride carbonica. I giganti gassosi sono composti principalmente da idrogeno ed elio. Plutone è molto simile a una cometa, poiché quando si avvicina al Sole possiede una piccola atmosfera, quando se ne allontana essa congela sulla sua superficie.

Composizione del Sistema Solare
Il Sole contiene il 99,850% di tutta la materia del Sistema Solare. I pianeti, formatisi dalla stessa nebulosa protosolare che ha generato il Sole, contengono solo lo 0,135% della massa. I satelliti dei pianeti, le comete, gli asteroidi, i meteoroidi e il mezzo interplanetario costituiscono il restante 0,015%.

Moti dei pianeti e leggi di Keplero
I pianeti sono dotati di tre principali moti: di rotazione intorno al proprio asse; di rivoluzione intorno al Sole; di traslazione, con il Sole verso la costellazione di Ercole.
I pianeti, la maggior parte dei satelliti dei pianeti e gli asteroidi, compiono il loro moto di rivoluzione nella stessa direzione, antioraria se guardiamo in basso da un punto posto al di sopra del polo nord del Sole. I pianeti orbitano su un piano (o vicino a esso) chiamato eclittica.
Il moto di rivoluzione è compiuto secondo tre leggi fondamentali, scoperte e enunciate all’inizio del Seicento dall’astronomo tedesco Johannes Kepler (nome italianizzato in Keplero), in base ai dati raccolti dall’astronomo danese Tycho Brahe:
1) Legge delle orbite
I pianeti si muovono attorno al Sole secondo orbite ellittiche, di cui il Sole occupa uno dei fuochi.
Il punto dell’orbita più vicina al Sole si chiama perielio e il punto più distante, afelio. L’asse maggiore dell’orbita si chiama linea degli absidi e la linea che collega il Sole al pianeta sulla sua orbita, raggio vettore del pianeta.
2) Legge delle aree
Il raggio vettore di un pianeta descrive aree uguali in tempi uguali.

Keplero osservò che le aree descritte in uguali intervalli di tempo sono uguali (S1 = S2), qualunque sia la posizione del pianeta.
Un pianeta impiega quindi lo stesso tempo per andare da A a B che per andare da C a D.
Tuttavia la distanza da A a B è molto più grande di quella da C a D, questo vuol dire che il moto del pianeta attorno al Sole è irregolare e assume velocità massima in perielio e minima in afelio.

3) Legge dei periodi
I quadrati dei tempi impiegati dai pianeti a descrivere le loro orbite (periodi orbitali) sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle orbite stesse.
La terza legge è una formula matematica: T2 = k · a3, in cui T è il periodo orbitale, k la costante di proporzionalità e a il semiasse maggiore dell’orbita.
Se si conosce il periodo orbitale è possibile determinare la distanza di un pianeta dal Sole. Ne deriva che i pianeti più lontani dal Sole hanno periodi orbitali più lunghi di quelli vicini.
Misurando le distanze (a) in Unità Astronomiche (U.A.) e i periodi (T) in anni, la costante di proporzionalità (k) diventa uguale a 1 per cui la legge si può scrivere: T2 = a3, e si possono ottenere i seguenti esempi:

Pianeta
T (anni)
a (U.A.)
T2
a3
Mercurio
0,24
0,39
0,06
0,06
Venere
0,62
0,72
0,38
0,37
Terra
1,00
1,00
1,00
1,00
Marte
1,88
1,52
3,53
3,51
Giove
11,86
5,20
141
141
Saturno
29,46
9,54
868
868
Benché Keplero fosse riuscito a formulare le tre leggi, non comprese mai il motivo per cui i corpi dei Sistema Solare dovessero seguirle.
Ciò fu spiegato più tardi, nello stesso secolo, da Isaac Newton il quale dimostrò, su basi matematiche e fisiche, che le leggi di Keplero erano una semplice conseguenza dell’attrazione gravitazionale tra il Sole e i pianeti. La gravità obbedisce, infatti, a una legge di proporzionalità inversa al quadrato della distanza.

Le distanze dei pianeti
Nel Settecento Johann Daniel Tietz (latinizzato in Titius) scoprì una relazione empirica che permette di ricavare le distanze dei pianeti dal Sole tramite una semplice sequenza numerica. La relazione fu successivamente solo divulgata da Bode e prende oggi il nome di legge di Titus-Bode.
La sequenza parte da 0, passa a 3 e raddoppia di volta in volta: 0, 3, 6, 12, 24, 48, 96, 192, 384, 768.
Aggiungendo 4 a ciascun numero e dividendo il risultato per 10, si ottiene la distanza approssimativa dell’orbita in U. A.

Pianeta
a (U.A.)
Legge di Titus-Bode
Mercurio
0,39
(0+4)/10 = 0,4
Venere
0,72
(3+4)/10 = 0,7
Terra
1,00
(6+4)/10 = 1,0
Marte
1,52
(12+4)/10 = 1,6
fascia degli asteroidi
2,77
(24+4)/10 = 2,8
Giove
5,20
(48+4)/10 = 5,2
Saturno
9,54
(96+4)/10 = 10,0
Urano
19,18
(192+4)/10 = 19,6
Nettuno
30,06
(384+4)/10 = 38,8
Plutone
39,48
(768+4)/10 = 77,2
Come si evince dalla tabella, anche la fascia degli asteroidi segue questa legge, occupando il posto compreso tra Marte e Giove, ma Nettuno e Plutone possiedono uno scarto rilevante.

Origine del Sistema Solare
La teoria unanimemente accettata per spiegare la nascita e la formazione del Sistema Solare trae spunto dall’ipotesi della nebulosa primordiale formulata nel 1755 dal filosofo tedesco Immanuel Kant e successivamente dall’astronomo francese Pierre-Simon de Laplace
Questa teoria si basa sull’assunto che le nebulose interstellari composte da gas e polveri osservate oggi, in sostanza non siano diverse da quelle presenti cinque miliardi di anni fa.
Se la materia contenuta nella nube supera un valore minimo, detto massa di Jeans, e si verificano particolari condizioni nei moti turbolenti, nella velocità di rotazione, nell’intensità del campo magnetico e nelle onde di pressione che attraversano la nube, le nebulose molecolari possono iniziare la contrazione gravitazionale che porta alla formazione di una stella.
Le osservazioni infrarosse hanno colto la prima fase della formazione stellare all’interno delle nubi molecolari, osservando le cosiddette protostelle. Un esempio caratteristico in questo senso è quello delle stelle T Tauri che sembrano circondate da un mezzo tenue di gas e polveri in moto turbolento. Oggi si suppone che il Sole, nelle sue prime fasi evolutive, abbia attraversato proprio una fase T Tauri.
Secondo la teoria odierna della nebulosa primordiale, circa 4,7 miliardi d’anni fa, una fredda nube interstellare (nucleo denso), composta principalmente da idrogeno ed elio con una piccola percentuale di elementi più pesanti, cominciò a contrarsi per effetto della pressione dell’onda d’urto causata dall’esplosione di una supernova vicina.
Ciò provocò un aumento della velocità di rotazione per la conservazione del momento angolare e un repentino aumento della temperatura. La maggior parte delle polveri si vaporizzò e gli elementi con potenziale di ionizzazione più basso di quello dell’idrogeno si ionizzarono.
Il materiale non ionizzato subì l’effetto della forza gravitazionale e collassò nella protostella passando dagli iniziali 10 K a circa 10 000 K.
Gli elementi ionizzati seguirono le linee del campo magnetico e per effetto della rotazione della nube si disposero lungo un piano perpendicolare all’asse di rotazione del sistema, formando un disco di accrescimento dal diametro di circa 10 miliardi di chilometri e uno spessore di circa 100 milioni di chilometri.
L’accrescimento determinò una distribuzione di massa non omogenea, i materiali più leggeri raggiunsero l’orbita di Nettuno, quelli più pesanti rimasero vicini al nucleo.
Il materiale del disco iniziò a condensare, producendo dapprima piccoli corpi (anche di pochi centimetri), poi corpi più grandi sino a giungere agli asteroidi. Successivamente il lavoro delle forze gravitazionali portò alla formazione dei planetesimi e, in seguito a ulteriore contrazione, ai pianeti.
Il gradiente di temperatura, molto elevato vicino al Sole, fece evaporare e allontanare gli elementi più leggeri. Per questo nei pressi del Sole si formarono pianeti composti da materiale roccioso e con alta densità, mentre più lontani dal Sole si formarono, da materiale ghiacciato i pianeti esterni. Il processo di formazione dei pianeti terminò circa 4,6 miliardi di anni fa.
Giove, posto al confine tra i pianeti rocciosi e quelli esterni, poté accaparrare sia il materiale solido refrattario sia quello ghiacciato e accrebbe rapidamente la sua massa.
Gli altri pianeti giganti, nonostante avessero a disposizione volumi più ampi di nebulosa, ebbero a disposizione materia poco densa, perciò la loro massa non crebbe come quella di Giove.
Le perturbazioni gravitazionali dei pianeti giganti scagliarono numerosi nuclei di comete e asteroidi verso l’interno e l’esterno del Sistema Solare, provocando l’intenso bombardamento dei pianeti interni che terminò circa 4 miliardi di anni fa.
Nel frattempo il Sole, avendo raggiunto la fase T Tauri, sviluppò un potente vento stellare (vento T Tauri), un flusso di materia carica elettricamente che, con una velocità di 500 m/s, spazzò via le polveri residue e le atmosfere primitive dei pianeti interni. Il vento T Tauri trasferì parte del momento angolare dalla protostella al disco di accrescimento e in definitiva ai pianeti.
Con la successiva contrazione, il Sole aumentò la sua temperatura al punto tale da innescare al suo interno le reazioni termonucleari che ancora oggi trasformano idrogeno in elio.

4

1

Esempio