Il Rinascimento italiano

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Testo

Il termine "Rinascimento" è stato usato per significare l'età che avrebbe fatto "rinascere" l'arte e la cultura classiche, che si ritenevano completamente morte ormai da molti secoli. Che il rinascimento sia una ripresa dell'antichità classica, tuttavia, non è vero; se lo fosse, sarebbe solo imitazione. Il rinascimento è anche conseguenza del tanto disprezzato medioevo: tutte le sue idee sono state preparate nei secoli precedenti, coi quali non esiste alcuna frattura. È, tuttavia, diverso, perché diversa è la situazione culturale. Questo movimento giunge alla scoperta dell'"uomo" e della sua "prospettiva". È sbagliato affermare che durante il medioevo si sia ignorato l'uomo; è però vero che nel rinascimento l'uomo è considerato copula mundi, centro del mondo, perché non può conoscere ciò che lo circonda se non attraverso se stesso, attraverso la propria ragione. È Dio che gli ha trasmesso un barlume della propria "ragione". Allo stesso modo è sbagliato pensare che, prima di questo periodo, si sia ignorata la prospettiva. Ma è vero che la visione prospettica è fondamentale in questo contesto e che la prospettiva è considerata in maniera nuova. La prospettiva è lo strumento che ci permette di comprendere la realtà sottoponendola ad una legge razionale e universale, con un "punto di fuga", in cui convergono tutte le linee, visto che l'intera struttura è basata sul coordinamento delle linee e perciò detta "lineare"; prospettiva unitaria perché relaziona tutte le cose ad un unico punto di vista. Una legge matematica, non certo opinabile. Prospettiva e disegno sono un "codice", fatto di segni, attraverso il quale trasmettiamo un concetto, un "simbolo" della realtà. Per questo l'arte non è "meccanica", ma "liberale", attività intellettuale. Dicendo che l'uomo è al centro dell'universo non bisogna crederlo isolato. Se noi esistiamo, la prospettiva ci consente di renderci esattamente conto anche dell'esistenza degli altri. È anche il nuovo concetto di storia: studiando il testo antico, noi possiamo capire l'uomo e perciò capire noi stessi. Di conseguenza la storia non è più cronaca, quanto ricerca delle cause e delle relative conseguenze. Per quanto riguarda i rapporti con il medioevo, è sbagliato credere che ci sia una frattura; il rinascimento è laico, ma non nega Dio: afferma la priorità del problema umano perché solo così può giungere, attraverso la ragione, a Dio. Neppure si può affermare che scelga forme classiche escludendo quelle medievali. Degli elementi che usa, ricevuti dalla tradizione, si serve per esprimere idee nuove. Emulazione del metodo classico, non copia, e sempre attraverso il "filtro" medievale, che ha permesso il trasmettersi delle tradizioni. Il rinascimento nasce nell'area fiorentina, sia per i profondi legami dell'arte di questa zona con le tradizioni classiche di razionalità, definizione di spazi e volumi, sia grazie al grande contributo della politica mecenatistica della famiglia dei Medici. Accanto a quella della Chiesa, viene nascendo anche la committenza privata. Ciò determina anche un diverso modo di esprimersi, laico anziché religioso, da parte degli artisti.

GIOTTO
Intorno all'anno 1300, Firenze conosce gli effetti di un'espressiva fioritura economica e culturale, è una città benestante, forte di una solida borghesia mercantile e finanziaria. E' in questo clima che si sviluppa la figura di Giotto, la cui pittura diventa simbolo e immagine della sicurezza morale e materiale del suo tempo. Quando Giotto nasceva, l'Italia centrale conosceva già artisti del calibro di Nicola e Giovanni Pisano, i quali con le loro opere, ispirate ai modelli del gotico francese, si erano allontanati totalmente dall'arte romanica diffusa in Toscana. Solo con Giotto, però, avviene un rinnovamento radicale della concezione della pittura che annuncia una cultura nuova, non più incentrata sulla rigida ripetizione degli schemi posti al di sopra di ogni emozione umana tipica dell'arte bizantina, e non più incline al simbolismo della decorazione medievale.
E' noto che il suo maestro fu Cimabue, con il quale Giotto collaborò in alcune sue opere, anche se il racconto, secondo cui, Cimabue si accorse dell'abilità di Giotto vedendolo disegnare su un sasso una delle pecore che portava al pascolo, è inverosimile. Giotto chiude in maniera definitiva con lo stile bizantino e le rappresentazioni bidimensionali e frontali. Usa il gioco di chiaroscuri con il quale dare volume alle cose, la loro rappresentazione prospettica e interesse verso una composizione armoniosa ma non statica.
Intorno al 1304-1306 Giotto lavora a Padova dove decora la cappella degli Scrovegni eretta da Enrico Scrovegni per espiare i peccati del padre condannato da Dante nella Divina commedia alle pene dell'inferno. Il programma iconografico della cappella esalta la figura della Madonna, la controfacciata è dipinta con il Giudizio Universale nel quale molte parti sono affidate ad allievi. La sua propensione alla caratterizzazione fisica e psicologica dei personaggi da lui rappresentati è evidente nelle decorazioni che realizza nelle cappelle Peruzzi e Bardi nella chiesa di Santa Croce a Firenze, le cappelle oggi sono solo due, ma secondo le fonti dovevano essere quattro.

BRUNELLESCHI
Formelle: nel 1401 l’Opera del duomo di Firenze bandisce un concorso per la realizzazione di una nuova porta per il battistero. I partecipanti presentano una formella bronzea; partecipano, fra gli altri, Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti, risultato poi vincitore. La scultura di Ghiberti mostra un’ordinata sequenza di personaggi equilibratamente disposti nello spazio, in pose armoniose e studiate; l’ara predisposta per il sacrificio reca un rilievo a racerni vegetali, di chiara ispirazione anticheggiante. La formella di Brunelleschi appare invece movimentata nella composizione, che getta convulsamente i personaggi alle estremità. I corpi sono esasperati da pose e mosse violente, i panneggi si muovono in pieghe guizzanti. Nell’insieme la prova di brunelleschi mostra un certo impeto dinamico non completamente controllato, dietro cui però si legge una personalità artistica singolare.
La cupola: La struttura di mattoni a spinapesce adottata da Brunelleschi consiste nel realizzare la muratura ad anelli, in ognuno dei quali vengono previsti e predisposti agganci in verticale per gli anelli successivi. Così la cupola può realizzarsi come forma crescente autoportante. All’esterno l’effetto è spettacolare: con la sua enorme mole il monumento domina tutto il centro storico di Firenze
Nello stesso periodo Brunelleschi si occupava dello Spedale degli Innocenti, della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, della ricostruzione di San Lorenzo, della Cappella dei Pazzi nel Chiostro di Santa Croce e del progetto per Santo Spirito, rinnovando il volto della città medievale. B. basa i suoi progetti sul recupero di forme antiche nelle strutture e nei motivi ornamentali, ottenendo un rigore, un senso dell’equilibrio nuovo e profondamente antigotico. Le proporzioni si basano sulla ripetizione ritmica di forme regolari e sulla sottolineatura delle linee strutturali attraverso l’uso dei materiali (pietra serena, grigia, e laterizio intonacato).

DONATELLO
Fu Scultore, tra i massimi del primo Rinascimento. Vissuto in un momento particolare di evoluzione artistica, comprese appieno la necessità di superare le rigidità tardo-gotiche per una nuova libertà espressiva, profondamente realistica e umana, distante nello stesso tempo dai canoni classici di cui proprio allora fioriva l'entusiastica riscoperta. Fu il primo a comprendere che una forma perfetta non è valida se non esprime uno stato d'animo, una tensione umana e questo cercò di raggiungere nei suoi lavori, in cui il primo elemento è la ricerca di carattere, di definizione personale. Si può dire che Donatello trasse dalla classicità gli elementi di perfezione tecnica, ma trovò in se stesso e nella natura, con profonda verità e ansia di ricerca, l'essenza audace della sua arte. Gradatamente la luce divenne la grande protagonista della sua plastica, scandendo i piani e carezzando i volumi con effetti sempre nuovi, di pensosa malinconia, di intensa drammaticità, di vitalità quasi orgiastica. Ne furono esempi significativi. La nuova concezione della figura fiorisce nel San Giorgio, capolavoro giovanile. Il giovane santo guerriero è ritratto frontalmente in piedi, armato, in una posa semplice ma emblematica della sua forza interiore. La pelle del leone sulle spalle identifica il giovane con un Ercole cristiano. Il rilievo che orna la base della nicchia, raffigurante San Giorgio e la principessa, è uno degli esempi più precoci e più complessi di applicazione dello stiacciato e della prospettiva lineare in scultura. Un altro capolavoro di Donatello è il monumento equestre del Gattamelata. Il condottiero è rappresentato come un eroe dell’antichità. Sono evidenti e riferimenti all’unica statua romana nota all’epoca, quella di Marco Aurelio, e ai cavalli di San Marco a Venezia, cui il destriero del Gattamelata è direttamente ispirato. Questa iconografia rimanda direttamente ai modelli classici, enfatizza i tratti caratteriali del modello, dai cui lineamenti intelligenza e razionalità traspaiono come doti peculiari.

MASACCIO
Masaccio, come ci riferisce il Vasari, fu fin da giovanissimo attratto dalle cose dell'arte. Già in Valdarno, dove trascorre l'infanzia e la giovinezza e dove operano vari pittori minori, ebbe modo di affinare la sua innata sensibilità artistica e pittorica, ma è Firenze che condiziona e forma tutta la personalità artistica di Masaccio. A Firenze, infatti, dove Masaccio si era trasferito all'età di 16 anni , già nei primi anni del '400, grazie soprattutto alle opere di Brunelleschi e Donatello, era in corso una rivoluzione artistica e culturale che cambiò moltissimo nell'intendere e nel realizzare le arti dell'architettura e della scultura. Furono i due maggiori artisti presenti a Firenze che Masaccio scelse come punti di riferimento per l'affinità artistica che condivideva, questi due grandi artisti divennero in seguito suoi grandi amici ed estimatori. Masaccio rimase impressionato da queste nuove e bellissime opere di architettura e di scultura che venivano realizzate in quegli anni a Firenze. Sono infatti di quegli anni le più grandi realizzazioni architettoniche fiorentine come il Duomo ed il Battistero, le Chiese di Orsammichele, Santa Croce e Santa Maria Novella. Ma nella pittura, arte alla quale Masaccio si sentiva naturalmente portato, non vi era traccia di significativi cambiamenti. La pittura nei primi anni del '400 faceva ancora riferimento a quello stile tardo gotico che da tantissimi anni ormai era lo stile richiesto ed apprezzato dalla grande committenza nobile ed ecclesiale. Stile che proprio per la tipologia consolidata poteva essere facilmente riprodotto da validi copisti senza alcun gusto proprio e senza alcun sviluppo artistico. C'era in verità la novità rappresentata dai cicli pittorici giotteschi ma anche questi venivano all'epoca semplicemente riproposti da artisti minori. Masaccio riuscì invece nella trasposizione di queste grandi novità anche nella pittura e per questo fu considerato già nel suo secolo un artista grandioso. Tra i sui estimatori ricordiamo Brunelleschi, Leonardo da Vinci e Michelangelo. La collaborazione con Masolino ma anche la loro diversità appare già evidente nella Madonna col Bambino e Sant'Anna del 1424 circa, in cui due epoche diverse, Medioevo e Rinascimento sono messe a confronto, è la prima opera dove i due artisti manifestano il loro sodalizio che continuerà nella Cappella Brancacci ed in alcune committenze romane. In essa Masaccio rende esplicita la ricerca di una nuova energia plastica con figure che conquistano saldamente lo spazio in profondità. Ricordiamo fra tutte La Cacciata dei Progenitori dal Paradiso, quest'ultima così drammaticamente realistica e così lontana dalla tardo gotica raffigurazione di Masolino che le sta di fronte. L'uomo, pur peccatore, in Masaccio non ha perduto la sua dignità, non è degradato o abbrutito, la sua bellezza espressa nel corpo oltre ad espressioni innovative rimanda anche ad archetipi di bellezza classica, ma in esse c'è qualcosa di più, l'Eva di Masaccio si differenzia da una qualunque Venere pudica greco romana, il suo corpo greve sembra portare su di se non solo il suo peccato ma "tutti i peccati" e sul suo volto si legge il dolore del mondo. Di particolare rilievo l'affresco illustrante Il Pagamento del Tributo, che unifica nella stessa scena diversi momenti temporali del racconto evangelico, privilegiando, con un atto assolutamente rivoluzionario, l'importanza e la dignità del singolo uomo, ritratto accanto ad un Cristo che possiede fattezze umane, questa concezione rivoluzionaria pareggia nella rappresentazione "Uomo" e "Dio" e fa di Cristo stesso un uomo tra gli uomini, anch'egli uomo sofferente nella Crocifissione (1426).

LA PROSPETTIVA
Da "prospetto", voce dotta dal latino prospicere "guardare innanzi", prospettiva designa la tecnica geometrica che consente la rappresentazione di una figura tridimensionale su una superficie piana, in grado di riprodurre la visione che della figura ha un osservatore posto in una determinata posizione, cioè il suo punto di vista.
Le regole geometrico-matematiche che consentono di rappresentare esattamente l’immagine delle cose su una superficie piana quindi una prospettiva intesa come la convergenza delle linee di profondità tracciate da un punto di fuga unificato (prospettiva lineare), sono "invenzione" di Brunelleschi, che, tra il 1401 e il 1409 circa, le aveva esemplificate nelle famose tavolette (perdute) che rappresentavano il Battistero di Firenze e la piazza e palazzo della Signoria: le immagini di questi due luoghi erano state prodotte a partire da un preciso punto di vista (quello dell’osservatore) e tramite l’impiego di tecniche geometriche e matematiche.
Su ciascuna tavoletta Brunelleschi aveva praticato un foro in un punto in corrispondenza del punto di vista dell’osservatore, corrispondente al punto in cui il suo raggio visivo incontrava il Battistero (o il Palazzo) lungo un asse perpendicolare: lo sguardo attraverso questo foro incontrava l’immagine della tavoletta riflessa in uno specchio tenuto in opportuna posizione, ed era così obbligato a guardare il Battistero (o il Palazzo) dipinto come l’aveva visto l’artista dal vero.

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