Duomo Di Monza

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Categoria:Arte

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Testo

Il Duomo di Monza
Il Duomo, basilica dedicata a S. Giovanni Battista, è il maggiore monumento cittadino, documento della vita religiosa e civile di Monza.
Secondo le cronache di Paolo Diacono, l’attuale costruzione sorse sul luogo dove, alla fine del sec. VI, Teodolinda dedicò un oratorio a S. Giovanni Battista e di cui sono rimaste labili tracce (parte di una torre è ora inclusa nel perimetro absidale). La prima fase dei lavori (sec. XIII) comportò l’erezione del corpo orientale della chiesa, composto dall’abside maggiore, dal transetto e da una prima sezione del piedicroce, lo sviluppo del quale si ebbe invece nei primi decenni del Trecento. Insieme alle due cappelle maggiori, a fianco dell’abside, si aggiunsero, dopo la metà del sec. XIV, quelle minori e laterali alle navate. E’ tuttavia sul finire del secolo, sotto la direzione di Matteo da Campione, che la fabbrica si arricchisce delle parti più significative: la facciata, l’evangelicatorio e il battistero, oggi però scomparso. I rimaneggiamenti interni del ‘600 e ‘700 condussero poi all’occultamento degli elementi del corpo di fabbrica duecentesco, nonché alla sostituzione degli esistenti cicli pittorici, salvo quello degli Zavattari nella cappella di Teodolinda, con altre opere che diedero spazio a una sorta di antologia della pittura settecentesca milanese. Il più rilevante intervento di restauro fu operato da Luca Beltrami (1889-1908) con il rifacimento della facciata e il criticato completamento delle cuspidi terminali, già rimosse nel sec. XVIII, sul modello dell’unica rimasta collocata sul saliente meridionale.
Poche delle parti trecentesche di Matteo da Campione restano nell’attuale facciata, rivestita da fasce di marmo bianco e verde ossolano e spartita in cinque campi da sei piloni sormontati da edicolette a guglia, contenenti statue di santi. Una vista di scorcio rivela come essa sia per quasi metà della zona superiore “a vento”, cioè elevata dal corpo posteriore. In effetti anche altri particolari, l’impiego di materiale pregiato come il marmo, l’asimmetria rispetto all’asse interno della navata, l’unico portale centrale insolito per una chiesa a tre navate, ma soprattutto l’iniziale impostazione a tre soli campi, rivelano della sua relativa autonomia dal resto del complesso. Bifore, trifore e oculi, riquadrati da lacunari, si aprono fra i pilastri; in alto corre una finta loggetta pensile. Nel campo centrale, sopra il protiro, si apre un grande rosone, dovuto al restauro beltramiano. A sinistra si leva il poderoso campanile disegnato dal Pellegrini (1592-1606).
Il protiro, che Matteo lavorò con inserti di recupero, ha colonne con capitelli a foglia d’acanto sormontate da colombe che beccano grappoli d’uva, poggianti sopra leoni; nei pennacchi dell’arcata, due medaglioni coi busti di Teodolinda e di Agilulfo, suo sposo, aggiunti all’inizio del sec. XVI. Nella lunetta del portale, bassorilievo del sec. XIII, diviso in due fasce: nell’inferiore, Battesimo di Gesù fra S. Elisabetta e i Ss. Zaccaria, Pietro e Paolo;
nella superiore, Teodolinda con Matteo I Visconti (già creduto Agilulfo) e i figli Adaloaldo e Gundeberga presenta al Battista la Corona del Ferro. Sotto la lunetta, frammenti tardoromani con scene di caccia. A sin. del protiro, in alto, lastra marmorea graffita ritenuta, con altra similare conservata nel Tesoro, parte dello oratorio longobardo. All’ingresso, le porte originarie in legno a valve e rosette della seconda metà del sec. XV.
L’interno è a croce latina a tre navate divise da tre coppie di pilastri ottagonali (sec. XIV), ornati da capitelli in stile romanico, e da colonne cilindriche con capitelli in stucco aggiunti nel ‘700. Sopra la volta a botte della nave mediana sono le capriate dell’originaria copertura a vista.
* NAVATA CENTRALE I capitelli più antichi dei pilastri rappresentano scene animali e figure di Evangelisti. I vetri del rosone in controfacciata sono di Pompeo Bertini (1895). La decorazione a fresco della volta è della fine del Seicento: nella medaglia di mezzo, Gloria del Battista di Stefano Legnani. Alle pareti, sopra i pilastri, ovali con ritratti di re e imperatori di Giuseppe Castelli e Pietro Maggi (1722), ridipinti da Carlo Canoni, cui si alternano grandi tele di Filippo Abbiati, Sebastiano Ricci, Andrea Porta, Antonio Ruggeni e Francesco Bianchi raffiguranti episodi celebrativi della basilica. Nella 4a campata sin., pulpito ligneo di Carlo Amati (1808). Nella 6a campata, a d. e a sin., l’Evangelicatorio di Matteo da Campione, in origine (ultimo quarto del sec. XVI) a pianta rettangolare, nel ‘700 smembrato e ricomposto come tribuna d’organo, con ricchi ornati e rilievi di santi entro nicchie.
* NAVATA DESTRA Gli affreschi delle campate e delle pareti sono di Carlo Carloni e Giacomo Lecchi. 1a cappella (di S. Caterina, fondata dopo il 1374 da Caterina Visconti): all’altare, frammento di affresco gotico. 2a cappella (dei Ss. Rocco e Sebastiano, già esistente con le successive nel 1358): all’altare, Angelo custode di Giuseppe Nuvolone. 3a cappella (della Decollazione, affrescata da Ferdinando Porta nel 1746): all’altare, Decollazione del Battista del Moncalvo e, verso la navata, nicchia con.testa in marmo del Battista (sec. XVII). 4a cappella (di S. Antonio Abate, affrescata da Carlo Carloni dopo il 1744): a d., Morte di S. Paolo Eremita, tela del Canoni (1745); a sin., S. Antonio Abate in estasi di Francesco Comeliani.
* TRANSETTO DESTRO Nella volta a crociera (sec. XIV), Evangelisti e angeli, affreschi attribuiti a Lattanzio Gambara (1570 c.). Alla parete d., sopra l’arco, Clemente XI approva il culto della Corona del Ferro, di Carlo Carloni. Sulla parete di fondo, Albero della Vita, affresco di Lattanzio Gambara. Da una porta nella testata del transetto si accede alla piazzetta della Canonica, contornata da edifici il cui attuale aspetto nasconde la loro antica fondazione: tra questi, a d., la « domus decumanorum », al cui interno sono decori a tempera del ‘400 fra i quali l’antico stemma di Monza (luna crescente rossa in campo bianco). Si torna nella basilica. Cappella della Madonna del Rosario (affrescata da Giovan Angelo Borroni, 1719-21): all’altare, Madonna del Rosario, statua di Francesco Carabelli (1755), e ciborio a forma di tempietto in marmo bianco intarsiato; sopra la balaustra, a d., S. Giuseppe di Giulio Cesare Procaccini. Nell’alto tiburio ottagonale, affreschi di Pietro Gilardi (1719-21).
* PRESBITERIO Ai pilastri d’ingresso: a d., S. Pietro Martire e Madonna col Bambino, affreschi del ‘400; a sin., S. Gerardo dei Tintori, affresco attribuito a Bernardino Lumi. Nella volta, affreschi di Ercole Procaccini il Giovane; alle pareti, altri affreschi dello stesso (1663) a sin., e del Montalto (1648) a destra. Paliotto della mensa in lamina d’argento dorata e sbalzata con smalti, nei cui scomparti è raffigurata la vita di S. Giovanni Battista e nella mandorla centrale il Battesimo di Cristo, opera di Borgino dal Pozzo (1350-57). Altare maggiore in marmi e bronzi di Andrea Appiani (1786). Abside: nella volta, affreschi (Incoronazione della Vergine) di Isidoro Bianchi; alle pareti, di Carlo Cane (storie di S. Giovanni Battista). Per due scalette laterali si scende alla cripta, divisa in tre piccole navate, decorata nel 1742: sopra l’altare (1770) un’urna custodisce un busto argenteo del Battista. A sin. del presbiterio, la CAPPELLA DI TEODOLINDA, che ospita la celebre Corona di Ferro, detta comunemente ferrea perché forgiata, secondo la tradizione, con un chiodo della Santa Croce rinvenuto da S. Elena. Racchiusa nell’altare, dovuto, come il cancello della cappella, a Luca Beltrami, si compone di sei piastre rettangolari incurvate, unite da cerniera, ed è adorna di gemme, brillanti, smalti che in parte sostituiscono pietre originarie di maggior valore. Fattura e datazione sono state a lungo controverse; le ultime, più attendibili attribuzioni fanno risalire il diadema, forse di oreficeria tardoromana-bizantina, al sec. V. Servì a incoronare nel Medioevo e in seguito, fino a Napoleone, i re d’Italia. Le pareti della cappella furono interamente affrescate dagli Zavattari su commissione di Filippo Maria Visconti nella prima metà del Quattrocento (l’ultimo restauro è del 1960). Michelino da Besozzo affrescò nella volta (1420) gli Evangelisti, S. Anastasio fra due santi confessori e tre santi diaconi, e sopra l’arco trionfale, il Battista benedicente fra Teodolinda e Autari con i loro seguiti, sorta di introduzione alla narrazione delle pareti. Sulla faccia interna dei pilastri d’ingresso, profeti di autori vicini agli Zavattari stessi. Questi, Franceschino e congiunti, dipinsero sulle cinque pareti le storie della regina Teodolinda in quarantaquattro scene su cinque zone, inizianti dall’alto a sin. e terminanti al basso della parete a destra. Avvicinati all’arte di Michelino da Besozzo e di Pisanello (ultima fase del gotico internazionale), gli affreschi riprendono tematiche di vita cortese del periodo, trasferendovi la leggenda di Teodolinda nelle cronache di Paolo Diacono e Bonincontro Monigia. Dietro l’altare, un sarcofago conterrebbe le spoglie della regina, morta attorno al 625.
* TRANSETTO SINISTRO Alla parete di fronte alla cappella di Teodolinda: in alto, Incoronazione di Carlo V, affresco del Carloni. Nella volta e nella parte alta della parete di fondo, affreschi di Giuseppe Meda (1562); nella parte bassa (le prime otto scene), altri affreschi di G.B. Fiammenghino (1586) tutti riproducenti storie del Battista. In basso, sul fianco d. della stessa parete, bassorilievo in marmo, già facente parte dell’evangelicatorio di Matteo da Campione, con l’Incoronazione a re d’Italia di un imperatore germanico (Ottone III? Carlo IV?). Dalla vicina porta si entra nella sagrestia grande, ove si trova un armadio-reliquiario del 1729, e quindi nella sagrestia piccola, con alle pareti quattro tavolette su fondo oro, della seconda metà del ‘400, attribuite alla cerchia del Foppa. Dalla prima sagrestia si sale alla BIBLIOTECA DEL CAPITOLO, con preziosi codici miniati, pergamene e incunaboli dal sec. VI al XV; in un ripostiglio sono depositate due ante d’organo recanti a tempera su tela, nel dritto il Ritorno del tesoro da Avignone nel 1344, nel rovescio il Battesimo di Gesù e la Discesa di S. Giovanni al Limbo, di scuola dello Zenale (inizio sec. XVI).
* NAVATA SINISTRA Affrescata da Carlo Canoni e Giacomo Lecchi. Nella 4a cappella (di S. Stefano, affrescata da G.B. Sassi nel 1723), paliotto intarsiato a stucchi colorati (Deposizione). 3a cappella (del Corpus Domini, già esistente nel 1353; l’anticappella è menzionata in documenti del 1258): all’altare, Gesù in Emmaus di Carlo Francesco Nuvolone; di fronte, Cenacolo, affresco di Mattia Bortoloni (1741); sul pilastro divisorio, verso la navata, monumento funebre di Stefano Varisio, bassorilievo nei modi di Andrea Fusina (1521). 2a cappella (T; di S. Lucia): statue di S. Agata e S. Apollonia (1755); all’altare, Visitazione attribuita al Guercino. 1a cappella (del Battistero): al centro, tempietto del fonte battesimale, del Pellegrini: l’originario battistero di Matteo da Campione fu smantellato per l’apertura della corrispondente cappella alla fine del ‘500; parte dei rilievi che lo decoravano sono nella parte alta della parete esterna del coro all’inizio della navata; nella parete di fondo, Battesimo di Adaloaldo di Giovan Angelo Borroni (1721). Al pilone di fondo della navata, Madonna dell’Aiuto, affresco del ‘400.
Dalla navata sin., per la porta fra la 3a e la 4a cappella, si esce in un cortiletto: a d., in alto, sul muro délla Biblioteca, tre monofore ogivali (c. 1480) con ornati in cotto. A sin. si passa nel CIMITERINO, rinnovato nel 1729. Sotto i portici, reperti e materiali tratti dal Duomo in varie epoche. Accanto al vertice opposto a quello d’ingresso, nascosto da una bacheca, lo scheletro mummificato di Estorre Visconti, caduto in battaglia nel 1413. Dal Cimiterino si scende nel piccolo locale poligonale che accoglie il MUSEO SERPERO, costituito dal Tesoro raccolta che per rilevanza dei documenti e valore storico-artistico è ritenuta, nel suo genere, fra le maggiori al mondo.
Mauro Salvetti IV E

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