Basquiat e Boccioni

Materie:Tema
Categoria:Arte
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Testo

Elisabetta Vicino
Classe V
Liceo socio-psico-pedagogico
Referente: prof.ssa Tosi
Introduzione:
Il giorno 21 Ottobre 2006 la classe V ha partecipato a un’uscita didattica che l’ha coinvolta per tutta la giornata nella città di Milano, alla mostra dedicata al pittore e graffitario statunitense Basquiat al “the Jean-Michel Basquiat Show” tenutasi alla Triennale di Milano e alla mostra dello scultore e pittore Boccioni, a Palazzo Reale.
A cura di Gianni Mercurio, ‘The Jean-Michel Basquiat Show’ si qualifica come una delle più vaste retrospettive sinora dedicate al grande artista americano, certamente la più importante mai realizzata in Europa, comprendente circa ottanta dipinti e quaranta disegni.
Una vasta documentazione fotografica e una sezione video, con molti materiali inediti, documentarono il lavoro dell’artista e il contesto in cui nacque e si è sviluppò la sua arte: la New York degli anni Ottanta. Inoltre, evento speciale fu una sezione, all’interno della mostra, interamente dedicata alla proiezione del film ‘Downtown ‘81’, prodotto da Maripol e diretto da Edo Bertoglio in cui Basquiat interpreta se stesso e di cui ha prodotto le musiche.
Lo scopo della mostra fu quello di far entrare i visitatori a fare parte di un mondo che oscillava tra infanzia e perdita dell’innocenza, di godere dello slancio vitale che animò il gesto e l’uso del colore, e di comprendere al tempo stesso l’orrore e la sofferenza contenuti nei segni, nelle parole e nelle forme che implodono provocando deflagrazioni e autodistruzione. Tutto ciò attraverso i materiali poveri che Basquiat utilizzò fin dalle prime esperienze di street art e che inserì nelle sue opere ispirandosi al polimaterismo di Dubuffet, stabilendo un legame profondo con il mondo della strada, un ponte tra quella vita da ‘refusè’ che lui, giovane nero di estrazione borghese, aveva deliberatamente cercato, e la nuova dimensione di agio e fama cui la sua arte e le leggi del mercato dell’arte lo condussero.
Dall’altra parte della città di Milano, invece, le sale di Palazzo Reale ospitarono una mostra dedicata alla figura di Umberto Boccioni, artista tra i più noti del futurismo italiano, profondamente legato al capoluogo lombardo in cui ha vissuto e intensamente lavorato e di cui ha saputo interpretare la modernità e l’imponente sviluppo urbano e industriale del primo Novecento. Questa mostra comprese circa settanta tra dipinti, disegni e sculture di Boccioni, in cui si evincono la passione, lo studio incessante, la teorizzazione e infine la realizzazione di opere nelle quali risultò preminente la voglia di esprimersi dell’artista attraverso forme spaziali autonome.
A confronto furono poste alcune opere di celebri contemporanei di Boccioni, come Auguste Rodin, Pablo Picasso, Medardo Rosso, Giacomo Balla e Gino Severini.
Una scelta di riproduzioni fotografiche – scattate soprattutto dallo stesso Boccioni – accompagnava i visitatori, offrendo una testimonianza visiva e di grande impatto dell’attività di Boccioni, del suo studio, delle relazioni familiari e di amicizia, delle esposizioni che all’epoca lo videro protagonista.
In questa relazione esporrò le caratteristiche di Basquiat e Boccioni, indipendentemente dall’organizzazione delle due mostre visitate.
Jean-Michel Basquiat
“I don’t know how to describe my work, because it’s never the same. It’s a bit asking Miles Donis: what does your trumpet sound like?” Non so descrivere il mio lavoro perché non è mai la stessa cosa. È come chiedere a Miles Davis, beh, com’è il suono della tua tromba?
Vita:
Jean-Michel Basquiat nacque a Brooklyn, nello stato di New York, il 22 dicembre 1960 da madre di origine portoricana e da padre haitiano. Fin da bambino Basquiat manifestò interesse per l’arte, ispirato dai cartoni animati televisivi. Un amore per l‘arte trasmessogli dalla madre, la quale lo accompagnò spesso a visitare vari musei. Incisivo nella sua vita fu un incidente accaduto nel 1968, dove venne investito da un’automobile e successivamente ricoverato in ospedale per un mese. Gravi lesioni interne obbligarono i medici all'esportazione della milza. Durante il periodo di degenza la madre gli regalò un libro di “Anatomy” di Henry Grey, che destò in lui grande interesse e che, in seguito, lo influenzò molto nel suo lavoro. Basquiat riporterà molti elementi anatomici nelle sue opere artistiche e nel 1979 fondò insieme agli amici un gruppo musicale chiamandolo Grey. Nel 1974 si trasferì con la famiglia a Portorico, è già un ragazzo inquieto e fugge da casa per la prima volta. Nel 1976 Jean-Michel iniziò a frequentare la “City as School”, situata a Manhattan e destinata a ragazzi dotati, i quali avevano bisogno di svolgere attività pratiche. Proprio qui, nel 1977, all’età di 17 anni, strinse amicizia con Al Diaz, un giovane graffitista che operava nel quartiere sui muri della Jacob Riis, a Manhattan. Insieme all’amico, Basquiat acquistò piena consapevolezza della propria vocazione artistica. I due iniziarono a fare uso di stupefacenti come il Trip (dose di LSD) ed unirono le loro capacità iniziando a graffitare per le strade di New York firmandosi con l’acronimo di SAMO “SAMe Old Shit” (la solita vecchia m***a), propagando con bomboletta spray e pennarello indelebile idee ermetiche, rivoluzionarie ed avvolte insensate, come “SAMO© SAVES IDIOTS” (SAMO© salva gli idioti). Nonostante questo matrimonio artistico giunga ad un grande successo underground, la coppia Basquiat-Diaz ormai convinti di avere aspirazioni artistiche differenti, si sciolse nel 1978 affiggendo ai muri di Manhattan l’annuncio “SAMO IS DEAD”. Da quel momento in poi Basquiat non utilizzerà mai più il nome SAMO, ritenendolo non suo, ma frutto di una collaborazione di un team.
Nel 1983 strinse una forte amicizia con Andy Warhol.
Nel 1987 con la morte di Warhol e sempre più dipendente dalla droga si ritirò sempre più dalla vita pubblica lavorando con minore intensità. Una via di uscita gli viene offerta quando conobbe “Utarra”, artista africano. Successivamente si trasferì con lui con una fortissima volontà di disintossicarsi. Sei giorni prima della partenza, il 12 agosto 1988, a soli ventisette anni, venne trovato morto nel suo studio per una grave overdose di eroina.
Caratteristiche:
La pittura di Jean-Michel Basquiat non è classificabile in una corrente ufficiale; egli si definiva un "analphabet artist", per l'immediatezza e l'infantilismo dei suoi tratti, per la sua formazione di strada, per il suo ricorso ad una espressività molto concreta e senza alcun tipo di regola formale.
Il pittore non usa cornici e spesso le tele sono stese su assi rozzamente incrociate. Il tratto è decisamente marcato e le pennellate molto corpose; questi elementi fanno in modo che l’arte di Basquiat sia un’arte povera, dei bassifondi ma anche un’arte figurativa, nella quale si potevano riconoscere i soggetti.
Dal punto di vista stilistico si rifà a momenti del passato cogliendo ciò che gli colpisce maggiormente, rielaborando tutti questi stimoli nelle sue pitture. Coloro che amò e a cui si ispirò sono artisti come Leonardo da Vinci, Picasso e Mirò. Nelle scelte tematiche ed espressive di Basquiat hanno una parte importante le radici afroamericane, rappresentate in mostra da una serie di importanti dipinti come “Famous Moon King” del 1984.
Pur non avendo esperienza diretta dell’Africa, la cita spesso sia nei suoi dipinti a carattere sociale, sia nelle opere dedicate ai grandi miti dello sport, ai leader politici neri o ai musicisti. Per questo vengono definite “opere complesse”.
Elemento originalissimo è poi la scrittura; Basquiat, infatti, riempie ogni sua tela di innumerevoli parole che diventano un vero e proprio elemento compositivo del quadro.
A volte l’artista scrive solo il titolo dell’opera, ma più di frequente troviamo elenchi lunghissimi spesso coperti con poderose pennellate.
Jean-Michel Basquiat fu il primo artista di colore che entra a far parte nell’arte e il primo che recupera l’arte in quanto tale.
Il tema centrale della sua pittura fu la denuncia sociale e della strada. Ma ciò che maggiormente caratterizzò la sua arte fu una forte volontà di diventare famoso ed affermarsi nell’arte.
Tra i primi graffiti emerge Jimmy Best (1981), nel quale denuncia in maniera chiara l'aggressività razzista e sociale sul riformatorio nei confronti di “Jimmy Best”, con una scritta a bomboletta spray.
Una delle caratteristiche principali nelle pitture graffitarie di Basquiat sono la presenza di simbolismi, come il quello del copyright ©, segno di autorità e di proprietà;
e la corona a tre punte simbolo di regalità (logo del pittore).
Opere:
Basquiat rappresentò inoltre “eroi idealizzati”, ossia personaggi tragici della storia nera americana diventati famosi per il loro talento e rovinatosi successivamente a causa dall’euforia del successo. Come a “Fallen angel del 1981,“Warrior” del 1982 e lo “stregone wodoo” del 1982.
In “Loin” del 1982, è molto evidente il conflitto interiore in cui vive il pittore, tra la volontà di diventare famoso e la denuncia di fronte alla società del tempo. E’ per questo che raffigura un toro; figura per lui forte ma tragica, simbolo del sacrificio.
In un opera famosa “Obnoxious liberals” del 1982, Basquiat riprende il tema della schiavitù esprimendole in varie forme: partendo da sinistra raffigura uno schiavo di colore con le braccia alzate ed incatenato, al centro un borghese schiavo di se stesso e del suo strato sociale, infatti vi scrive “not for sale”, e infine a destra vi raffigura un texano con i pantaloncini coi dollari, schiavo dei soldi.
Da notare sono i simboli da lui spesso raffigurati nelle sue opere come simbolo di riconoscimento: il simbolo del copyright © e la corona a tre punte.
Ricorrente nella sua arte sono le rappresentazioni di ossa e di teschi, poiché viveva di un malessere interiore nel quale aveva l’idea di essere “mangiato vivo”, sfruttato dai galleristi.
Simbolo della Vanitas, il teschio è profondamente legato alla sua ricerca di identità, all’espressione dello spirito che albergava in lui ed al timore della morte. La più famosa opera di teschi di Basquiat è un’opera senza titolo del 1981 (Untitled Skull)
Basquiat fece inoltre numerosi autoritratti:
uno dei più importanti è “Auto Portrait” del 1986, dove si rappresenta come un guerriero pronto a combattere. Si notino infatti l’arma che tiene alzata nella sua mano sinistra. Inoltre si raffigura con una testa molto grande che pensa, un occhio lungo e sottile che da luce, e un corpo scarnificato. Quest’ultimo poichè, come già avevo detto, Basquiat si sentiva “mangiato vivo” dai galleristi, ossia usato.
Reminescenze di artisti a cui si ispirò fu “Thesis” del 1983, dove vi raffigura la Monalisa di Da Vinci.
In alto, la Monna Lisa sembra metamorfizzarsi nel biglietto da un dollaro, offuscando quello che sarebbe il volto di Gorge Washington. L’arte e il denaro sono due diverse monete, anzi due mondi diversi, convertibili solo con difficoltà. Il mondo sregolato e frenetico con cui l’artista spendeva il suo denaro è leggendario. In questo dipinto Basquiat ci comunica che, per quanto amasse il denaro, era l’arte il suo valore più importante.
Una serie di dipinti inoltre, vengono dedicati da lui, dalla rappresentazione di amici con cui condivise esperienze importanti. Uno di questi è “Toxic” del 1984, dove vi rappresenta l’amico con cui spesso il pittore faceva uso di droghe. Questo personaggio è stato considerato ambiguo, poiché viene rappresentato con occhi spenti, anche lui con le braccia alzate, vittima della società e con una canna in bocca.
Nei quadri di Basquiat ricorrono motivi costanti, come il saper utilizzare linguaggi visivi diversi, dal fumetto alla pubblicità, che gli hanno consentito di inventare quella sua particolare forma di: pittura, scultura, collage.
Ci sono anche sonorità musicali che ricordano Charlie Parker, Miles Davis, Jimi Hendrix, il rap e lo zydeco, una musica propria della Lousiana, in voga a New York negli anni Ottanta e che Basquiat amò molto. La parola “zydeco” fa parte del gergo creolo cajun di New Orleans ed è la storpiatura del francese “les haricots”, i fagiolini. La musica zydeco ha nella fisarmonica il suo simbolo.Tra gli elementi topici della pittura di Basquiat ci sono le parole riprese da noti poeti americani e riflessi della prosa di strada di Kerouac.
Famosa è, appunto, l’opera chiamata “Zydeco” del 1984:
Basquiat-Wharol

Una collaborazione importante fu con Andy Warhol. I due si frequentarono a lungo e diedero vita ad una grande quantità di quadri tra i più originali della pop art. I quadri sono la dimostrazione di un'armonia che andava oltre le tele.
Jean-Michel e Andy avevano raggiunto un equilibrio salutare. Basquiat rispettava la filosofia di Warhol ed era impressionato dalla padronanza di colori e immagini; l'altro era stupefatto dalla naturalezza con cui Basquiat creava i suoi dipinti ed era costantemente sorpreso della quantità di nuove idee. Si stimolavano a superarsi a vicenda.
Un dipinto importante di questa collaborazione è “6,99”.
UMBERTO BOCCIONI
Vita:
Il pittore e scultore Umberto Boccioni nacque a Reggio Calabria il 19 ottobre 1882 e morì il 17 agosto del 1916 in seguito di una caduta a cavallo. A causa del lavoro da impiegato statale del padre, Boccioni fu costretto a frequenti trasferimenti. La famiglia abitò prima a Forlì, poi a Genova, Padova e Catania, dove qui completò gli studi.
Dal 1899 visse a Roma cominciando a frequentare la Scuola libera del nudo. Vi conobbe Severini e insieme, nello studio di Balla, approfondirono la ricerca sulle tecniche divisioniste. L' artista diventò così un discepolo di Giacomo Balla, da cui apprese la tecnica del divisionismo, che però non riuscì ad appassionarlo. Balla fu per Boccioni il primo maestro e successivamente un amico. La sua carriera artistica iniziò con dipinti molto reali e dettagliati, per poi allontanarsi da questo stile e dedicarsi al divisionismo ed infine al suo manifesto del futurismo .
Boccioni realizzò nel corso della sua breve vita tredici opere tridimensionale, di cui nove andarono perdute dopo essere rimaste in deposito per dieci anni, dopo la sua morte, presso lo studio milanese dello scultore Piero da Verona.
Ne sono però rimaste purtroppo solamente quattro: Testa + Casa + Luce del 1911-1912, Sviluppo di una bottiglia nello spazio del 1913, Forme uniche della continuità nello spazio del 1913 e Antigrazioso del 1913. L'opera di Umberto Boccioni, dal punto di vista dei soggetti, si divide sostanzialmente in due periodi.
Il periodo che precede l'adesione al Futurismo si caratterizza per una certa varietà di temi e soggetti. Boccioni è attratto dal mondo attorno a se, dalle cose che vede, dalla tecnica di altri maestri e colleghi. Sperimenta nuovi stili pittorici applicandosi a vari soggetti. Ricorre, inoltre, il tema della madre, per la quale prova un attaccamento particolare (Trittico Veneriamo la madre). Si dedica a composizioni di carattere simbolico. Dipinge paesaggi, soprattutto negli anni che precedono il trasferimento a Milano. Dopodichè, rimane affascinato da Milano e dall'energia che gli trasmette. Ecco, allora, il ciclo dedicato alle periferie cittadine.
Al ritorno a Milano, scrisse le sue convinzioni nel Manifesto tecnico della Scultura Futurista (estate 1912), sviluppando la teoria di compenetrazione tra figura e ambiente.
Caratteristiche:
Negli anni del Futurismo Boccioni rappresentò un nuovo tipo di scultura, aperta all’ambiente e all’atmosfera che lo circondò
In questo tipo di scultura si dedicò alla resa del movimento e del dinamismo del corpo. Non vi è più, quindi, una ricerca del bello, ma piuttosto dell’espressione del movimento.
Il moto si carica di valenze emotive espresse attraverso il potenziale della linea. Il movimento di una persona o di un oggetto che si spostano sono relativi alla nostra posizione nello spazio e, nello stesso tempo, tutti gli oggetti statici sono in costante movimento in relazione alla loro struttura e all’ambiente circostante. Lo spazio diventa, così, un elemento costitutivo dell’oggetto come si può ben comprendere dall’opera "Sviluppo di una bottiglia nello spazio".
Di conseguenza, i soggetti non sono altro che pretesti per raggiungere l'effetto cercato.
Nonostante il vero soggetto delle sue opere sia il "movimento”, i temi da lui rappresentati sono soggetti tradizionali come l’uomo nudo in movimento, il cavallo e caseggiati e la natura morta.
Sviluppo di una bottiglia nello spazio del 1913
Questa scultura in bronzo è il primo capolavoro scultoreo di Boccioni.
L’artista ne realizzò tre varianti cercando di sviluppare nello spazio non solo la forma dell’oggetto, ma anche la sua forza interiore: forme-forze di una bottiglia, opera in gesso perduta, Sviluppo di una bottiglia nello spazio per mezzo della forma, in bianco, e Sviluppo di una bottiglia nello spazio per mezzo del colore, patinata in rosso minio e anch’essa perduta. Egli volle così conferire un accentuato dinamismo a un soggetto statico per definizione come la natura morta attraverso l’uso spregiudicato del colore ma soprattutto con elementi squisitamente formali quali l’uso della spirale e l’equilibrio tra pieni e vuoti. Con questa scultura, Boccioni, superò la contrapposizione tra materia e movimento, riconducendo entrambi allo stesso principio di energia secondo le moderne teorie elaborate dalla fisica, ossia tutti i corpi si muovono, anche quelli apparentemente fermi, poiché partecipano del dinamismo universale. Questa scultura preannunciò l’altro capolavoro plastico di Boccioni: forme uniche della continuità nello spazio.
Forme uniche della continuità nello spazio del 1913
Con «Forme uniche nella continuità dello spazio», Boccioni produce un capolavoro plastico di valore assoluto raggiungendo una perfetta compenetrazione tra la materia e ciò che lo circonda. L’artista ne fa inizialmente con materiale di diverse varianti come il gesso e poi solo successivamente in bronzo. Tutto il significato dell’opera è riassunto nel titolo nel quale, Boccioni, ebbe l’intenzione di sperimentare, attraverso la scultura, la possibilità di rendere unica la percezione di pieni e vuoti, quasi che la materia sia solo una manifestazione accidentale di un’energia dinamica che riempie tutto lo spazio. La forma antropomorfa senza braccia diviene così il simbolo dell’uomo moderno lanciato a conquistare il futuro.
Antigrazioso del 1913
Ritratto della critica Margherita Sarfatti, titolare di un famoso salotto letterario e mondano, con cui Boccioni ebbe un intenso rapporto, dove la scultura diventa un gioco vertiginoso di volumi che si scompongono in una contrapposizione di masse plastiche e cavità aperte. L’aspetto “antigrazioso” della figura femminile era stato già affrontato in scultura da Medardo Rosso ne La portinaia (1883), la cui fisionomia è già caratterizzata dal “naso a paletta” che costituisce un particolare caratteristico di questa tipologia. Nel suo Manifesto dell’estate 1912 Boccioni si scagliò contro “l’ideale di bellezza di cui sostenevano, che legò la scultura a uno stile non più consono alla sensibilità moderna. Nell’autunno del 1912 a Parigi capisce, grazie a Guillaume Apollinaire e a Picasso, l’importanza e l’attualità della scultura africana e di uno stile volutamente sgraziato come quello di Les Demoiselles d’Avignon. Due sculture di soggetto analogo all’Antigrazioso di boccioni – la testa di una donna – vengono realizzate da Medardo Rosso “Madame Nablet” del 1896-1897 (dove non vi è più una linea chiusa che determinala sagoma) e Pablo Picasso “Tète de femme” del 1909 (opera cubista più fredda e razionale). Si tratta di opere in stretto rapporto tra loro, nelle quali è evidente il progressivo allontanamento da una ritrattistica che interpreta il personaggio in senso mimetico, in favore di una più libera invenzione in termini plastici.
Testa + casa + luce
Questa scultura polimaterica fu concepita nell’inverno 1912-1913 contemporaneamente al dipinto
Costruzione orizzontale, di cui riprende il tema della madre che volge le spalle alla strada. Analoghe sono le piccole figure di passanti, le case con le finestre che intersecano la testa, il volto tagliato dai raggi di luce, la ringhiera del balcone che si innesta sul braccio sinistro, le grandi mani con i pollici sovradimensionati che poggiano sul grembo. L’opera è perduta, ma sappiano che era patinata e che la parte destra, investita dalla luce, era dipinta con giallo d’uovo, mentre alcune scritte (“cortile”, “muro”, “via”) vi erano applicate sopra con etichette disegnate a normografo.
Dinamismo di un cavallo in corsa + casamenti del 1915
Scultura polimaterica composta nel 1915 che rappresenta il tema del cavallo in corsa come prototipo del movimento, lungamente studiato dall’artista nella sua frequentazione all’ippodromo milanese. In quest’opera Boccioni riunì vari elementi, come il cartone, l’alluminio e il legno. Si può quindi parlare di “fusione” di materiali.

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