Fu mattia pascal: temi e trama

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Testo

LA TRAMA

Mattia si fa convincere a raccontare il suo strano caso.
Miragno, dove lui fa da bibliotecario, è un paese ligure dalle caratteristiche molto siciliane. Come siciliani sono l'ambiente e le caratteristiche dei personaggi. La famiglia Pascal aveva beni e case, ma quando Mattia - occhio strabico che guarda "altrove" - il fratello e la madre vedova subiscono
l'amministrazione e le ruberie di Batta Malagna, le cose volgono al peggio, in quanto il personaggio è viscido e ladro.
Con Malagna, la talpa, Mattia avrà contrasti anche per causa di donne... finché il nostro eroe non "maturerà", come ironicamente dice il titolo del V capitolo: Mattia entrerà in contrasto con la famiglia della moglie oltre che con quella dell'amministratore, e vivrà alcuni anni di sofferente agonia: gli muoiono le due gemelle, gli muore la madre. Niente più lo lega a Miragno... Pensa di rifarsi una vita, in qualche modo, magari all'estero.
Finché, di passaggio a Montecarlo, non gli capita una grossa vincita, che gli fa assaporare una nuova vita e la libertà. Anche perché casualmente dal giornale apprende la notizia del suo suicidio, avvenuto nella gora del mulino della sua proprietà. Se Mattia è morto, può ora ben diventare qualcun altro.Con il nome di Adriano Meis, i primi tempi, diversi viaggi gli fanno assaporare esperienze nuove, ma ben presto si accorge che senza stato civile, la sua nuova esistenza non è piena, anzi è misera...
A Roma, si stabilisce in una casa, dove ha modo di sperimentare ancora diversi tipi di umanità diversi modi di pensare, attraverso colloqui più o meno leggeri, più o meno filosofici e fra esperienze esoteriche, si fa convincere ad operarsi l'occhio strabico e si innamora persino di una dolce donna di nome Adriana, ma sente che non potrà vivere quest’esperienza fino in fondo. Viene anche derubato di una congrua cifra, ma non potrà sporgere denuncia... perché non esiste.
Sente allora che l'unico modo per uscire da questa situazione è quello di distruggere il personaggio che ha cercato di creare, e inscena un finto suicidio, quello di Adriano Meis. Se ne torna a Miragno, col proposito di vendicarsi di quanti lo hanno fatto soffrire, ora che è ricco e che non ha nulla da perdere. Ma la tenerezza suscitatagli dalla nuova figlia della sua ex moglie lo induce a rimanere nell'ombra, consapevole di essere per sempre "il fu Mattia Pascal".

I TEMI

1. L'infanzia e la maturazione (capitoli I-IV)
Identità ( "Una delle poche cose anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi
chiamavo Mattia Pascal.")

Nome e collocazione essere-apparire ("se un usignolo dà via le penne della cosa, può dire: mi resta il dono del canto; ma se le fate dar via a un pavone, le penne della coda, che gli resta?")

Amore (Pomino, Romilda, Oliva, Mattia)

Inettitudine

Lavoro e società → solitudine (biblioteca)

Occhio strabico: lo sguardo "altrove"

2. Cerniera: da Mattia ad Adriano (capitoli VI-VII)

Gioco

Essere-apparire

Ricerca dell'identità

Libertà agognata

3. Adriano a Roma (capitoli VIII-XVI)

Viaggio (in viaggio verso una nuova esistenza)

Libertà-solitudine

Specchio

Vita-morte-lanternino...
"A noi uomini ... nascendo, è toccato un tristo privilegio: quello di sentirci vivere: di prendere cioè come una realtà fuori di noi questo nostro interno sentimento della vita, mutabile e vario, secondo i tempi, i casi e la fortuna... un lanternino che proietta tutt'intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l'ombra nera, l'ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi...."

Le digressioni di Adriano con vari personaggi ricalcano temi cari a Pirandello...

Buio-luce

Amore (Adriana, come impossibile doppio di Adriano)

Escluso

Ombra di Mattia per le vie di Roma...

4. Il Fu Mattia Pascal (capitoli XVII-XVIII)

Vendetta

Pietà

Identità / non identità

L'ambiente e i personaggi

Mattia inizia la sua narrazione a partire dall'età di 4 anni e mezzo, quando per una febbre perse il padre in un viaggio di lavoro.
Il paesaggio e l'ambiente ricordano la tradizione veristica del Verga, in particolare il flusso narrativo e le situazioni non sono lontane dalla novella La roba. Ma per Pirandello si tratta solo di un punto di partenza: non appare alcuna fierezza né per i possedimenti né per gli agi, di cui non sta neanche a precisare le origini: fortuna, gioco, affari, chissà...
Parimenti i personaggi sono più siciliani che liguri, e nascono da parenti insulari, ma con qualche tic che li strania fin quasi alla caricatura.
Ritengo utile citare le descrizioni più salienti, direttamente dal testo:
Mattia
Ma doveva esser la mia faccia placida e stizzosa e quei grossi occhiali rotondi che mi avevano imposto per raddrizzarmi un occhio, il quale, non so perché, tendeva a guardare per conto suo, altrove.
Erano per me, quegli occhiali, un vero martirio. A un certo punto, li buttai via e lasciai libero l'occhio di guardare dove gli piacesse meglio. Tanto, se dritto, quest'occhio non m'avrebbe fatto bello. Ero pieno di salute, e mi bastava.

A diciott'anni m'invase la faccia un barbone rossastro e ricciuto, a scapito del naso piuttosto piccolo, che si trovò come sperduto tra esso e la fronte spaziosa e grave.
...
Intravidi da quel primo scempio qual mostro fra breve sarebbe scappato fuori dalla necessaria e radicale; alterazione dei connotati di Mattia Pascal! Ed ecco una nuova ragione d'odio per lui! Il mento piccolissimo, puntato e rientrato, ch'egli aveva nascosto per tanti e tanti anni sotto quel barbone, mi parve un tradimento. Ora avrei dovuto portarlo scoperto, quel cosino ridicolo! E che naso mi aveva lasciato in eredità! E quell'occhio!
"Ah, quest'occhio," pensai, "così in estasi da un lato, rimarrà sempre suo nella mia nuova faccia! ..."

Madre
Santa donna, mia madre! D'indole schiva e placidissima, aveva così scarsa esperienza della vita e degli uomini! A sentirla parlare, pareva una bambina. Parlava con accento nasale e rideva anche col naso,giacché ogni volta, come si vergognasse di ridere, stringeva le labbra.
Gracilissima di complessione, fu, dopo la morte di mio padre, sempre malferma in salute; ma non si lagnò mai de' suoi mali, né credo se ne infastidisse neppure con se stessa, accettandoli, rassegnata, come una conseguenza naturale della sua sciagura. Forse si aspettava di morire anch'essa, dal cordoglio, e doveva dunque ringraziare Iddio che la teneva in vita, pur così tapina e tribolata, per il bene dei figliuoli.

Gerolamo Pomino
Omino lindo, aggiustato, dagli occhietti ceruli mansueti, credo che s'incipriasse e avesse anche la debolezza di passarsi un po' di rossetto, appena appena, un velo, su le guance: certo si compiaceva d'aver conservato fino alla sua età i capelli, che si pettinava con grandissima cura, a farfalla, e si rassettava continuamente con le mani.
Io non so come sarebbero andati gli affari nostri, se mia madre, non certo per sé ma in considerazione dell'avvenire dei suoi figliuoli, avesse seguito il consiglio di zia Scolastica e sposato il signor Pomino. E' fuor di dubbio però che peggio di come andarono, affidati al Malagna (la talpa!), non sarebbero potuti andare.

Precettore Pinzone
Era d'una magrezza che incuteva ribrezzo; altissimo di statura; e più alto, Dio mio, sarebbe stato, se il busto, tutt'a un tratto quasi stanco di tallir gracile in sù, non gli si fosse curvato sotto la nuca in una discreta gobbetta, da cui il collo pareva uscisse penosamente, come quel d'un pollo spennato, con un grosso nottolino protuberante, che gli andava su e giù. Pinzone si sforzava spesso di tener tra i denti le labbra, come per mordere, castigare e nascondere un risolino tagliente, che gli era proprio; ma lo sforzo in parte era vano, perché questo risolino, non potendo per le labbra così imprigionate, gli scappava per gli occhi, più acuto e beffardo che mai.
Molte cose con quegli occhietti egli doveva vedere nella nostra casa, che né la mamma né noi vedevamo. Non parlava, forse perché non stimava dover suo parlare, o perché - com'io ritengo più probabile - ne godeva in segreto, velenosamente.

Batta Malagna
Ed ecco Batta Malagna, quando, sudato e sbuffante, portava il cappello su le ventitré.
Scivolava tutto: gli scivolavano nel lungo faccione di qua e di là, le sopracciglia e gli occhi; gli scivolava il naso su i baffi melensi e sul pizzo; gli scivolavano dall'attaccatura del collo le spalle; gli scivolava il pancione languido, enorme, quasi fino a terra, perché, data l'imminenza di esso su le gambette tozze, il sarto, per vestirgli quelle gambette, era costretto a tagliargli quanto mai agiati i calzoni; cosicché, da lontano, pareva che indossasse invece, bassa bassa, una veste, e che la pancia
gli arrivasse fino a terra.

Ora come, con una faccia e con un corpo così fatti, Malagna potesse esser tanto ladro, io non so. Anche i ladri m'immagino, debbono avere una certa impostatura, ch'egli mi pareva non avesse. Andava piano, con
quella sua pancia pendente, sempre con le mani dietro la schiena, e tirava fuori con tanta fatica quella sua voce molle, miagolante! Mi piacerebbe sapere com'egli li ragionasse con la sua propria coscienza i furti che di continuo perpetrava a nostro danno.

Vedova Pescatore
Non mi parve, dall'aria con cui mi salutò, che Marianna Dondi, vedova Pescatore, accogliesse con molto piacere l'annunzio d'una mia seconda visita: mi porse appena la mano: gelida mano, secca, nodosa, gialliccia; e abbassò gli occhi e strinse le labbra.

La struttura del romanzo

La novità strutturale principale del "Fu Mattia Pascal" (FMP) è quella del narratore - protagonista, che ragiona sui suoi propri ricordi. Siamo ai primi anni del Novecento, l'Europa assiste alla
crisi dei principi positivistici e alla discussione della narrativa di tipo oggettivo. Molti giovani autori come Jajer, Boine, Slataper rifiutano il romanzo tradizionale proponendo miscugli di poesie
e prosa, Pirandello usa ancora il meccanismo narrativo, modificandone tuttavia la struttura, dandogli un senso del tutto nuovo.

Pirandello nel Fu Mattia Pascal rielabora ai suoi fini materiale narrativo già impiegato in altre novelle e che riutilizzerà anche nel saggio L'umorismo (1909). Parte della materia del romanzo verrà reimpiegata anche in teatro - il suo genere preferito - soprattutto nella commedia campestre Liolà (1916) ove verrà ripresa la situazione del cap. IV del romanzo; Batta Malagna diventerà zio Simone, anche lui desideroso d'avere figli e, appena vedovo, sposo di una giovane... quasi Pirandello avesse a cuore alcune schemi narrativi pronti da applicare qualora le esigenze evocative le richiamassero ad una nuova esistenza. Ma non solo brani suoi gli servono: anche situazioni proposte da altri autori vanno bene allo scopo: la vicenda del Redivivo (1895) di De Marchi, gli spunti sull'ombra della Meravigliosa storia di Peter Schlemihl (1814) di von Chamisso, riflessioni ispirate da Les altérations de la personalité (1892) di Binet, ecc. tutto quanto può essere materiale grezzo da reimpastare nella spiente struttura narrativa pirandelliana.

La narrazione del FMP parte "dalla fine", secondo il procedimento del racconto retrospettivo. E' lo stesso protagonista che ripropone la sua strana storia, dalla quale si considera ormai estraneo: tale estraneità - ribadita nei primi due capitoli – viene riaffermata anche nel corso della narrazione, così che abbiamo in realtà "persone" diverse davanti a noi: Mattia Pascal nella prima parte, Adriano Meis nella seconda, e il "fu Mattia Pascal" nella terza.

Adriano Meis, la personalità costruita artificialmente per dare al personaggio nuova leggerezza e libertà, sarà distrutta quando ne verrà constatato il fallimento, e quindi il crollo anche di tutta la
costruzione narrativa: simbolo del fallimento stesso del "romanzo di formazione" di ottoecentesca tradizione (gli stessi Promessi Sposi ne possono costituire un esempio riuscito). Lungi dall'avere
una maturazione, il protagonista del FMP sarà segno di un itinerario verso la distruzione e l'annientamento.

Alcuni autori contrappongono anche la parte paesana e idillica del FMP con la parte metropolitana: le situazioni vissute in tale prospettiva sono in netta contrapposizione ed è proprio nelle seconde che il protagonista si sente come murato, anziché maturato.
Così l'apparato narrativo, stravolto e utilizzato per le sue finalità, ha commistioni con digressioni, che Pirandello usa nell'ottica della sua poetica sull'umorismo.

Angelo Marchese ha costruito uno schema per illustrare la questione del tempo nel FMP. Così scrive il Marchese: "La temporalità della storia si riferisce alla rievocazione della vita di Mattia Pascal, a partire dal terzo capitolo, alla fine del quale sia ha una breve ripresa, nello scambio di battute fra il fu Mattia e don Eligio, della dimensione del discorso. L'intreccio dei due ordini temporali si potrebbe così schematizzare:

A-C è la dimensione complessiva del romanzo; A-B è lo spazio dell'io narratore estraniato; B-C è l'arco della storia, in cui si insinua la breve rottura extradiegetica (narratore di primo grado -
n.d.r.) del finale del capitolo III".

La posizione estraniata, e la consapevolezza della problematicità esistenziale sono avvertiti anche tramite questi meccanismi temporali.

In pratica, non basta raccontare, fa eco il Ricciardi, "occorre anche riflettere e lo scrittore deve produrre meccanismi di 'distanziamento', di riflessione nel lettore e quindi rompere con tutte le funzioni narrative che producono, al contrario, identificazione". Ricciardi rileva in FMP un'operazione ambigua: l'apparato tradizionale resta, ma non è più integro; cioè i luoghi visitati da Pirandello sono tipici del genere: amore, eroe, suicidio, ritorno, vendetta, fuga, denaro-furto, manoscritto, rovina economica, gioco, riconoscimento, viaggio... ci sono, ma Pirandello li manipola con tre procedimenti: con il disincantamento, con l'accumulo e la mescolanza e infine con
l'ironia.

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