68' e la rivolta giovanile

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Testo

PERCORSO
STORIA: ’68 e Rivolta Giovanile
GEOGRAFIA: Stati Uniti
LETTERATURA: Montale. Poesia: Limoni
Brano di antologia: ant.A pag.44 Bob Dylan: Blowing in the wind (soffia nel vento) inserendo la musica rock in generale degli anni ’60-’70 che ha accompagnato il movimento giovanile.
MUSICA: Rock e Bob Dilan. Brano flauto: My Way
SCIENZE: La luna e la sua esplorazione
INGLESE: Maradona
TECNICA: Scoperte elettroniche del periodo
ARTISTICA: Pop art e Iperrealismo
ED. FISICA: doping
INTRODUZIONE
Non un fatto, né un avvenimento, ma un complicato intreccio di uomini, donne ed idee, di episodi e comportamenti, di aspirazioni e desideri, di aspettative e delusioni. Un vento di cambiamento pieno di contraddizioni che ha soffiato su più di una generazione, sedimentando un sentire comune, quello della rottura con un assetto sociale e politico fondato sull’autoritarismo. Difficile ancora oggi dire che cosa è stato il ’68. Certamente una stagione diversa con tutti i pregi e i limiti che i grandi sommovimenti portano con sé. Il ’68 nasce come un movimento spontaneo e di ribellione, di carattere internazionale, in una prospettiva di rottura, che investe tutti gli ambiti della vita quotidiana, non solo quelli politici, ma soprattutto quelli più marcatamente esistenziali. In questo senso il ’68 è un’onda lunga che non ha ancora trovato la sua riva di approdo. Non un percorso lineare, ma una ragnatela di percorsi.
Ma il ’68, a seconda del paese in cui si realizza – e specie in Italia – segna anche l’improvvisa trasformazione di quel movimento spontaneo in una serie di formazioni politiche giovanili che hanno a loro fondamenta una rilettura critica del marxismo e del leninismo, ma purtroppo anche l’eredità del settarismo (movimento di intolleranza).
I movimenti giovanili, pur diversi da Paese a Paese, ebbero numerose somiglianze.
Nel clima di euforia creato dal boom la musica occupò un posto fondamentale. Le canzoni italiane di successo disegnavano perfettamente lo spirito e la condizione d’animo della popolazione: Tintarella di luna, Mille bolle blu, Con le pinne, il fucile e gli occhiali, Fatti mandare dalla mamma, Il ragazzo della via Gluck. Accanto ai motivi più melodici e allegri cominciarono a farsi strada anche i cantautori impegnati, come Gino Paoli e Luigi Tenco. Nei bar e negli stabilimenti balneari erano comparsi i primi juke box. Nei primi anni Sessanta cominciarono ad arrivare anche in Italia una serie di miti musicali, già famosi all’estero. Ogni ragazzo possedeva almeno un disco dei Beatles e dei Rolling Stones e conosceva molte delle canzoni di Bob Dylan.
Gran parte degli obbiettivi delle rivolte del 68’ non furono raggiunti: la società capitalistica non fu abbattuta, né scomparvero guerre e povertà.
STORIA: IL SESSANTOTTO E LA RIVOLTA GIOVANILE
1. La rivolta giovanile
Una ribellione improvvisa.
Nel corso degli anni Sessanta, la crescita economica mondiale raggiunse il suo punto massimo. Nessuno quindi, si aspettava ciò che poi accadde: l’esplosione di una ribellione contro la società del benessere, proprio da parte di chi (i giovani) in quella società era cresciuto. Questo fenomeno, chiamato anche contestazione, riguardò soprattutto le società industriali capitaliste, ma si manifestò anche nei sistemi socialisti e in alcuni importanti Paesi del Terzo Mondo, assumendo la caratteristica di un evento mondiale. Esso è conosciuto anche come “rivolta del Sessantotto”, perché fu il 1968 l’anno in cui la contestazione raggiunse il suo punto massimo. i protagonisti furono dapprima gli studenti universitari della classe media, poi anche i giovani lavoratori.
Il malessere studentesco.
Le cause della rivolta giovanile furono molteplici. La scolarizzazione di massa è forse la più importante, perché fece riunire e discutere centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze nelle scuole e nelle università. Questi studenti, che non avevano conosciuto i drammi dei decenni precedenti (la guerra, la disoccupazione), non si accontentavano del benessere materiale e denunciavano che la crescita economica non aveva eliminato le ingiustizie, il razzismo, l’oppressione neocoloniale e le guerre.
Proprio la scuola, rimasta uguale a quando era riservata a pochi, non rispettava la promessa di migliorare le condizioni di tutti, e continuava a discriminare i figli dei lavoratori, delle minoranze di colore, e così via. Fu questo, in molti casi, a fare scattare la protesta.
La Chiesa di fronte alla contestazione giovanile
La Chiesa cattolica svolse un ruolo molto importante nel peri odo della contestazione giovanile. Le ingiustizie sociali del sottosviluppo furono denunciate con forza dallo stesso papa Paolo VI, il successore di Giovanni XXIII. Nell’enciclica Populorum progressio (“il progresso del popoli”), individuò, tra le cause del sottosviluppo, il neocolonialismo e l’atteggiamento egoistico dei Paesi capitalistici che consideravano il “profitto come motivo essenziale del progresso economico”.
Paolo VI, denunciò con forza le ingiustizie sociali del nostro tempo.
2. Gli obiettivi della rivolta
No all’autorità, sì all’assemblea.
I movimenti giovanili, pur diversi da Paese a Paese, ebbero numerose somiglianze.
In primo luogo, lottavano per ottenere maggiori libertà individuali e collettive e contestavano l’autorità ovunque limitasse la libera e responsabile scelta delle persone: nelle scuole il potere dei professori, nelle famiglie l’autorità dei genitori, nella società il potere dello Stato e della burocrazia, ma anche delle grandi aziende, della pubblicità, della TV, accusate di condizionare i bisogni e i gusti delle persone.
In secondo luogo, i movimenti giovanili chiedevano maggiore democrazia e la possibilità per tutti di partecipare alle decisioni che riguardavano la vita dello Stato, della città, del quartiere, della scuola. All’interno di questi movimenti, per esempio, l’assemblea era il luogo dove prendere le decisioni.
In terzo luogo lottavano contro le ingiustizie sociali, le discriminazioni razziali e l’esclusione dei poveri dalla scuola, lo sfruttamento economico dei Paesi del Terzo Mondo da parte di quelli industrializzati.
La prima rivolta, a Berkeley.
La contestazione giovanile scoppiò nel cuore del sistema economico capitalista, gli USA, e in particolare nelle università. Il centro della lotta studentesca fu l’università di Berkeley, in California, occupata già nel 1964: gli studenti chiedevano di cambiare i metodi e i contenuti dell’insegnamento, protestavano contro l’esclusione degli studenti più poveri dagli studi, e contro l’intervento americano in Vietnam. La protesta si estese nel corso degli anni successivi a tutte le altre università statunitensi. Essa si intrecciò con la lotta che la popolazione nera stava conducendo sin dalla fine degli anni Cinquanta contro la discriminazione razziale, e che aveva tra i suoi esponenti più prestigiosi Martin Luther King.
Martin Luther King e la lotta contro la discriminazione
Nel dicembre del 1955, in una cittadina dell’Alabama, una donna nera sedette sull’autobus in un posto riservato ai bianchi e fu per questo arrestata. L’episodio diede il via alla lotta dei neri per i diritti civili: la popolazione di colore danneggiò i mezzi pubblici e organizzò manifestazioni di protesta. Dopo un anno, la Corte Suprema (organismo che controlla la validità delle leggi negli USA) dichiarò incostituzionale e non ammissibile l’isolamento razziale sui mezzi di trasporto in Alabama. Fu la prima vittoria dei neri d’America. A guidare la lotta era stato un pastore della chiesa battista locale, Martin Luther King, che presto divenne famoso in tutto il mondo per il suo impegno civile e per la sua totale fiducia nel metodo gandhiano della non violenza.
King riscosse l’ammirazione soprattutto dei giovani e nel 1964 ricevette il premio Nobel per la pace. La sua opera si interruppe nel 1968, quando fu ucciso in circostanze ancora oggi non chiarite. Alla fine, gran parte delle leggi segregazioniste in materia di istruzione, trasporti, diritto di voto, furono abolite, e anzi i governi degli USA, prima con John Kennedy e poi con Lyndon Johnson, garantirono i diritti civili dei neri.
Mario Capanna, il leader del movimento studentesco, che capeggiò la contestazione durante il Sessantotto italiano, è qui ritratto in una foto del 1972 durante una manifestazione a Milano. Capanna fu tra i fondatori nel 1977 di Democrazia proletaria, poi confluito nel Partito della rifondazione comunista.
3. Il Sessantotto italiano: dall’antiautoritarismo al terrorismo
In Italia la contestazione studentesca si rivolse dapprima contro l'autoritarismo dell'istituzione universitaria, la natura elitaria e anacronistica del sapere che vi era impartito o, viceversa, la sua sottomissione agli interessi delle grandi imprese private. Il movimento si annunciò con l'occupazione della facoltà di architettura di Milano e della sede delle facoltà umanistiche dell'università di Torino verso la fine del 1967. Si estese quindi a macchia d'olio con occupazioni e manifestazioni nelle quattro università milanesi, a Pisa, a Trento e infine a Roma, dove ebbero luogo duri scontri con la polizia a Valle Giulia presso la facoltà di architettura (1° marzo 1968).
Dapprima il movimento, ponendo l'accento sulla lotta contro l'autoritarismo e il burocratismo delle istituzioni, rifiutò il meccanismo delle deleghe a favore di una democrazia assembleare, come a Parigi. Ma presto cercò, nel collegamento con la classe operaia e con la tradizione del movimento operaio internazionale, le forme per dare razionalità e contesto alle sue proposte e collegarle ai bisogni della società nel suo insieme, con una forte sottolineatura dei diritti sociali e dell'egualitarismo, ciò che gli conferì una netta connotazione ideologica di sinistra. Questa congiunzione parve trovare compimento nel periodo di forti agitazioni sindacali del cosiddetto "autunno caldo" nel 1969, ma fu stroncata dall'attentato alla Banca Nazionale dell'Agricoltura di Milano, in piazza Fontana, nel quale il 12 dicembre perirono 17 persone e ne caddero ferite 88: l'evento avrebbe segnato l'inizio della cosiddetta "strategia della tensione", caratterizzata da azioni terroristiche di matrice nera e fomentata da settori deviati dei servizi segreti.
Fallito il tentativo di influenzare i partiti di sinistra richiamandoli alle istanze rivoluzionarie, il movimento si frantumò in una moltitudine di piccoli gruppi extraparlamentari, riconducibili a tre correnti principali: quella marxista-leninista, stalinista o maoista (Partito comunista d'Italia; Unione dei comunisti; Movimento studentesco, poi Movimento lavoratori per il socialismo); quella trotzkista (Avanguardia operaia) e quella operaista - spontaneista, più attenta alle esperienze di lotta nel mondo sviluppato (Lotta continua; Potere operaio).
4. Le dimensioni mondiali della protesta
Il “Maggio francese”.
La protesta giovanile fu molto forte anche in Europa occidentale: Berlino, Parigi, Amsterdam, le città italiane, perfino la Spagna ancora dominata dalla dittatura franchista furono sedi di estese agitazioni studentesche. Anche qui la protesta fu contro il sistema scolastico e contro l’intervento statunitense in Vietnam, ma poi finì per riguardare molti altri aspetti della società capitalista: il consumismo, lo sfruttamento del lavoro, la divisione dei ruoli familiari, la povertà sociale.
Tra i giovani si formarono molte organizzazioni rivoluzionarie, che si ispiravano alle idee del comunismo internazionale e che si posero l’obiettivo di cambiare la società per via rivoluzionaria. Soprattutto in Francia e in Italia, la protesta studentesca coinvolse anche gli operai. Il punto di massima mobilitazione del Sessantotto fu il “Maggio francese”: le università furono occupate dagli studenti, molte fabbriche dagli operai, e a sostegno di queste lotte si mobilitarono intellettuali e artisti. La protesta durò poco, ma fu tanto grande da scuotere il sistema politico francese.
La “Primavera di Praga”.
Movimenti di protesta giovanili ci furono anche nel mondo socialista: in Jugoslavia, in Polonia, in Cecoslovacchia. Qui la protesta giovanile confluì nella “Primavera di Praga”, la breve esperienza di democrazia tentata dai comunisti cecoslovacchi.
La “rivoluzione culturale” in Cina. Il “Sessantotto” in Cina coincise con la “rivoluzione culturale”, un movimento soprattutto giovanile iniziato qualche anno prima, che protestava contro i privilegi di funzionari statali e intellettuali, e chiedeva di organizzare la società cinese su basi rigorosamente ugualitarie (le comuni).
Il movimento fu appoggiato (probabilmente sollecitato) dallo stesso Mao per cacciare i vecchi dirigenti: le Guardie Rosse, gruppi di studenti armati, occuparono le università e imposero la cacciata di docenti, intellettuali, esponenti di partito accusati di volere ripristinare il capitalismo.
La protesta giovanile si esaurì quando lo stesso Mao intervenne a fermare le violenze con cui una parte delle Guardie Rosse voleva imporre le sue idee.
5. L’eredità del Sessantotto.
Agli inizi degli anni Settanta, la ribellione giovanile si concluse ovunque (ma non in Italia, dove le agitazioni sociali durarono per tutto il decennio successivo).
Gran parte dei suoi obiettivi non furono raggiunti: la società capitalistica non fu abbattuta, né scomparvero le guerre e la povertà. Tuttavia, l’importanza della rivolta studentesca fu grande: essa diffuse nella società gli ideali del pacifismo, dell’uguaglianza, dell’antirazzismo, e una maggiore consapevolezza dei diritti delle persone; inoltre, cambiò il rapporto tra giovani e adulti che, nella famiglia e nella scuola, fu più aperto al dialogo e meno soggetto all’autorità dei più anziani.
GEOGRAFIA: STATI UNITI
La contestazione studentesca scoppiò nel cuore del sistema economico capitalista, gli USA, e in particolare nelle università. Il centro della lotta studentesca fu l’università di Berkeley, in California.
Gli Stati Uniti d’America (USA) sono una repubblica federale di tipo presidenziale, comprendente 50 Stati (ciascuno dotato di un proprio governatore e di un’assemblea legislativa elettiva) e un Distretto federale, in cui ha sede la capitale, Washington.
Il presidente della federazione, eletto ogni 4 anni insieme al vicepresidente, esercita il potere esecutivo; quello legislativo spetta invece al Congresso (il Parlamento), formato da due Camere, quella dei Rappresentanti e il Senato.
Per illustrare con un’immagine la rilevanza internazionale del Paese, potremmo dire che se il mondo avesse la forma di un grattacielo gli Stati Uniti dimorerebbero all’ultimo piano, in una posizione di comando e di controllo.
Le dimensioni fisiche e demografiche collocano infatti gli USA ai primi posti mondiali (4° Paese al mondo per estensione, 3° per numero di abitanti), ma è soprattutto sul piano politico-militare ed economico che essi occupano una posizione dominante.
Dall’inizi degli Anni ‘90 gli Stati Uniti hanno accresciuto ulteriormente la loro funzione di “Paese - guida” esercitando una sorta di “tutela” su gran parte degli Stati del mondo. Non meno evidente è la posizione di leadership nell’economia (gli USA sono di gran lunga al primo posto nel mondo per valore assoluto della produzione e ai primi posti per PIL pro capite), in campo scientifico e tecnologico.
Stati Uniti nel 1861
All'inizio del 1861, poco prima dello scoppio della guerra di secessione, gli Stati Uniti erano lacerati dai conflitti sviluppatisi tra gli stati del Nord, maggiormente industrializzati, e quelli del Sud, a struttura agricola e favorevoli alla schiavitù. Al Nord appartenevano 19 stati, mentre al Sud 15; di questi, 11 proclamarono la secessione e costituirono la Confederazione degli Stati americani.
Profilo storico
La colonizzazione del continente iniziò nei primi decenni del ‘600, quando lungo la costa atlantica settentrionale sbarcarono Olandesi, Francesi e Inglesi.
Gli Inglesi ebbero il sopravvento sugli altri. In seguito le colonie inglesi situate lungo la costa atlantica si ribellarono alle imposizioni fiscali della Corona. Nel 1776, esse proclamarono l’indipendenza e sancirono la nascita degli Stati Uniti d’America. Nella conseguente Guerra d’indipendenza, gli Americani trionfarono guidati da George Washington, che fu eletto primo presidente degli USA.
Nel corso del XIX secolo, il territorio degli Stati Uniti continuò a espandersi verso Ovest, ai danni dei popoli nativi (detti Indiani d’America).
Un evento cruciale nella storia del Paese si verificò con lo scoppio di una sanguinosa guerra civile (Guerra di secessione).
Alla fine del conflitto, il giovane Stato accelerò la crescita economica e demografica grazie alle notevoli risorse naturali e ad una fortissima immigrazione di manodopera da ogni parte del mondo. Varie ondate di Tedeschi e Irlandesi, Cinesi e Italiani, Scandinavi e Slavi, aggiungendosi agli altri gruppi da tempo presenti sul territorio (Inglesi, Africani, Francesi, Olandesi, Amerindi), hanno contribuito a costruire un grande Paese multietnico.
Profilo fisico: territorio
Gli Stati Uniti presentano una grande varietà di paesaggi e ambienti che sono all'origine di una flora e di una fauna notevolmente diversificate.
Morfologia
La struttura geomorfologica degli Stati Uniti è caratterizzata dalla presenza di due sistemi montuosi (quello dei monti Appalachi a est e quello delle Montagne Rocciose a ovest) allineati da nord a sud, e di un vasto insieme di pianure nella parte centrale. Essa è il risultato di una lunga successione di collisioni e separazioni di grandi aree della parte superficiale della crosta terrestre, in base alla teoria nota come tettonica a zolle. Il nucleo continentale più antico è lo Scudo Canadese, o Laurentian Plateau (altopiano Laurenziano). Alla formazione dello Scudo seguì un lungo periodo di inattività della crosta terrestre.
Il periodo di calma geologica ebbe termine quando i continenti dell'America settentrionale e dell'Europa entrarono in collisione nel primo periodo della formazione dei fossili. Il fenomeno provocò la formazione del sistema montuoso degli Appalachi, originariamente costituito da vette elevate. Questa collisione determinò la deriva della massa continentale verso ovest con una conseguente espansione dell'oceano Atlantico e un periodo di calma geologica che interessò nuovamente le aree orientali degli Stati Uniti. Il materiale prodotto dall'erosione dei monti Appalachi si depositò e si accumulò nella regione interna delle Grandi Pianure e nelle pianure costiere affacciate sull'Atlantico e sul golfo del Messico.
Clima
Negli Stati Uniti il clima è ovunque temperato, a esclusione dell'Alaska, situata nella fascia climatica subartica. Esso presenta tuttavia marcate variazioni regionali dovute alla disposizione dei rilievi, orientati in senso meridiano, e alla diversa influenza degli oceani. La vasta sezione interna del paese, è particolarmente esposta alle masse d'aria fredda provenienti dal Polo Nord, che possono spesso raggiungere le aree più meridionali del paese, e, in senso opposto, alle masse d'aria calda e umida provenienti dai tropici, che possono spingersi sino alle regioni nordorientali.
Idrografia
Il territorio degli Stati Uniti è diviso in diversi sistemi idrografici. La sezione orientale del paese riversa le sue acque nell'oceano Atlantico attraverso la serie di fiumi che scendono dagli Appalachi, e che costituiscono importanti vie di comunicazione utilizzate in prevalenza per il trasporto delle merci.
Tutta la grande regione interna convoglia le sue acque nel golfo del Messico, in massima parte attraverso il Mississippi.
Lo scioglimento delle nevi alimenta gli affluenti che scorrono da ovest, tra cui il Missouri, il Platte, l'Arkansas. Al golfo del Messico tributano direttamente altri fiumi, come il Rio Grande.
Dei numerosi laghi presenti sul territorio statunitense i principali sono i Grandi Laghi (Superiore, Michigan, Huron, Erie e Ontario), collegati tra loro da una serie di canali e corsi d'acqua; essi rappresentano il bacino lacustre più esteso del mondo, collegato a sua volta, attraverso il San Lorenzo, all'oceano Atlantico. Innumerevoli laghi minori sono disseminati nella zona nordorientale degli Stati Uniti, nel Midwest settentrionale e in gran parte dell'Alaska.
Flora
Quando iniziò la colonizzazione europea circa metà del territorio statunitense era ricoperto da foreste, la maggior parte delle quali sono state negli anni abbattute per lasciare il posto a coltivazioni e insediamenti abitati. Gli Stati Uniti conservano tuttavia una vegetazione molto ricca che varia in corrispondenza delle diverse fasce climatiche del paese.
A sud della taiga crescono foreste di conifere e latifoglie quali pini, aceri, olmi, betulle, querce, noci americani, faggi e sicomori.
Nelle regioni che si affacciano sul golfo del Messico crescono in prevalenza foreste di pini, oltre a magnolie e alberi della gomma (tupelo); lungo le coste paludose si incontrano cipressi e mangrovie che permettono alla costa di resistere all'erosione del vento e delle mareggiate.
Fauna
Nelle zone artiche e nella tundra montana vivono marmotte, scoiattoli e, occasionalmente, orsi. Numerosi grandi mammiferi, tra i quali il tricheco e la foca, trovano un habitat ideale nelle regioni costiere dell'Alaska. Caribù e alci trascorrono l'estate nella tundra, mentre d'inverno migrano verso sud nelle foreste di conifere. Le foreste di latifoglie delle montagne appalachiane ospitano alci, orsi bruni, volpi, cervi, procioni, moffette, scoiattoli e una grande varietà di piccoli uccelli.
Gli stati montuosi occidentali, in particolare l'Alaska, sono gli ultimi rifugi di animali di grossa taglia: alci, antilocapre, cervi, bighorn (pecora delle Montagne Rocciose), capre delle nevi, lupi e, in poche zone isolate, grizzly. In Alaska vive inoltre l'orso kodiak, il più grande carnivoro del Nord America. Le zone desertiche dell'Ovest sono abitate da pochi animali di piccola taglia e, in alcuni casi, da serpenti velenosi; ratti-canguro, lucertole e rapaci sono animali tipici di queste inospitali regioni. La fauna delle Hawaii comprende molte specie autoctone, ma fra queste molte sono quasi estinte a causa delle modificazioni indotte nell'habitat naturale dall'uomo. L'unico mammifero indigeno presente nelle Hawaii è il pipistrello.
Problemi e tutela dell’ambiente
La pressione demografica e un tenore di vita fra i più alti del mondo stanno intaccando le risorse naturali del paese. L'acqua dolce scarseggia negli aridi stati dell'Ovest, dove le risorse idriche vengono impiegate per l’irrigazione dei campi coltivati. La maggior parte dei corsi d'acqua è inquinata da composti chimici impiegati in agricoltura, oppure dagli scarichi industriali e civili. L’assetto idrografico è stato in passato alquanto alterato dall’uomo con la creazione di numerosi bacini artificiali, la modifica dei corsi naturali dei fiumi principali o lo sbarramento degli stessi con la costruzione di dighe.
Risorse e attività economiche
Da sempre protesi alla ricerca della produttività, gli Stati Uniti hanno costruito nel tempo una struttura economica senza eguali e mantengono il comando della graduatoria mondiale della competitività. Gli Anni ‘90, in particolare, sono stati caratterizzati da un vero e proprio miracolo economico.
Questi brillanti risultati hanno però richiesto un prezzo elevato per quel che concerne i problemi ambientali. La produttività e Io sviluppo economico sono statj sostenutj dall’incremento dei consumi. Questo processo ha portato a consumare risorse più che a riutilizzare le stesse e ad importarne quantità crescenti. Sotto questo profilo negli Stati Uniti il problema dello sviluppo sostenibile si pone con drammatica attualità.
Un altro grave problema è costituito dalla sproporzionata distribuzione della ricchezza.
Settore primario
Favorita dalla vastità dei territori e dalle condizioni climatiche, l’agricoltura americana è tra le più avanzate del mondo. Buona parte del raccolto, è destinato alla coltivazione dei cereali, tra quali prevalgono il mais, di cui il Paese è il primo produttore mondiale, e il grano.
Ottimi risultati, si hanno anche per le produzioni di tabacco e di cotone. Diffusa è inoltre la frutticoltura.
In relazione alla coltura prevalente, sono state individuate in passato diverse regioni agricole specializzate, chiamate belt (“fascia”, “cintura”): le principali sono la cotton belt (cotone), la corn belt (mais) e la wheat belt (grano). Questa suddivisione è andata modificandosi per l’introduzione di nuove colture oppure per l’uso di tecnologie sofisticate, che permettono una maggiore differenziazione nelle coltivazioni.
Un peso sempre maggiore stanno acquisendo le colture transgeniche, ottenute attraverso la modificazione genetica della pianta originaria, per renderla più resistente ai parassiti e ai diserbanti. L’intenso utilizzo di pesticidi e fertilizzanti ha creato gravi problemi ai suoli agrari ed alle acque dove queste sostanze, dilavate dalle piogge, vengono convogliate.
Molto sviluppato è l’allevamento: bovini e suini vengono allevati su scala industriale.
Gli Stati Uniti raggiungono ottimi risultati anche nella pesca.
Buono è Io sviluppo dell’attività estrattiva, favorita da un sottosuolo ricco di risorse (soprattutto uranio, rame, ferro, piombo e oro). Gli USA tendono tuttavia a risparmiare, nei limiti del possibile, lo sfruttamento delle risorse energetiche interne, ritenendole beni strategici nel caso in cui crisi internazionali o esaurimento in altri Paesi ne riducessero la disponibilità sui mercati.
Settore secondario
Gli Stati Uniti dispongono dell’apparato industriale più solido, diversificato e avanzato del mondo: dai settori tradizionali, fino a quelli della tecnologia più sofisticata.
L’industria di base è consolidata: gli impianti siderurgici si concentrano soprattutto nella parte orientale del Paese, mentre quelli metallurgici e della raffinazione del greggio appaiono più distribuiti.
Negli ultimi tempi l’industria americana ha trovato la principale spinta alla crescita nei settori ad alta tecnologia, come quelli dell’elettronica (Motorola) e dell’informatica (Microsoft), dell’aerospaziale e delle biotecnologie. Queste attività, localizzate soprattutto in alcuni distretti, come la celebre Silicon VaIley califoniana, hanno trovato le basi del proprio sviluppo in una società fortemente orientata all’innovazione.
Settore terziario
Come in tutti i Paesi più avanzati, anche negli Stati Uniti è il terziario a fornire la maggior quota di PIL e ad occupare la più alta percentuale di lavoratori (circa i 3/4). Grande importanza rivestono le attività finanziarie, che hanno il loro centro a New York (dove ha sede, in Wall Street, la principale Borsa del mondo), e in generale tutte le attività di servizio alle aziende.
Popolazione e società
Attualmente la popolazione bianca costituisce circa l’80% del totale, mentre la componente afroamericana raggiunge il 12%. La gente di colore rappresenta tuttavia la maggioranza in diverse aree degli Stati Uniti sudorientali e della costa atlantica.
Tra i vari problemi sociali che il Paese si trova ad affrontare c’è quello del forte divario di condizioni socio-economiche tra i molteplici gruppi umani che Io popolano. Le popolazioni indigene (Natives), sono rimaste relegate ai margini della società americana e tuttora vivono per Io più confinate nelle riserve appositamente predisposte.
Il quadro generale, pur caratterizzato da una grande prosperità, non riesce a nascondere il disagio, che colpisce una parte consistente del la popolazione, costituita dalle frange sociali. Premesso che la società è fortemente secolarizzata (attenta più agli aspetti materiali della vita che a quelli spirituali), sono presenti accanto ai Cristiani (in maggioranza, circa i 2/3, Protestanti, e il resto Cattolici) fedeli di tutte le principali confessioni mondiali ed una miriade di sette di natura pseudo-religiosa.
Sotto il profilo demografico, gran parte della storia del Paese si concentra negli ultimi due secoli.
Il ritmo di crescita della popolazione è stato accelerato nell’800, e soprattutto nel secolo successivo. Oltre che dalla forte e costante immigrazione (in genere di giovani), l’incremento demografico è stato generato da un tasso di natalità più alto che nella maggior parte dei Paesi avanzati. Per questo motivo, la popolazione degli USA continua a crescere rapidamente.
Le città
In questo Paese di recente colonizzazione l’urbanesimo ha avuto uno sviluppo precoce.
La trama insediativa è varia e articolata: si passa dalla miriade di cittadine di piccole e medie dimensioni, distribuite un po’ in tutto il Paese, alle megalopoli. La grande città statunitense presenta una struttura piuttosto standardizzata: al centro, sede degli affari, si contrappongono le aree residenza, dove i quartieri sono spesso rigidamente separati a seconda dell’origine etnica degli abitanti; seguono poi le zone industriali. Ai grattacieli e ai moderni complessi industriali fanno in genere da cintura misere periferie-ghetto, dove la popolazione vive in condizioni di grande malessere.
Numerose e di grande rilevanza, anche internazionale, sono le metropoli americane. Washington è la capitale federale. Come tale, ospita la Casa Bianca, residenza del Presidente, il Campidoglio, sede del Congresso, e il Pentagono, il più importante centro strategico militare del mondo; qui hanno sede anche la famosa Biblioteca del Congresso (tre enormi palazzi ricolmi di milioni di volumi) e gli Archivi Nazionali (dove, in più di 470 km di scaffalature, si conservano documenti storici di tutto il mondo).
La principale metropoli è però New York, centro industriale, commerciale, finanziario e culturale di importanza mondiale, che dispone di un grande porto, ospita la principale Borsa del mondo, in grado di influenzare con il proprio andamento i mercati finanziari internazionali, ed è sede di molte multinazionali operanti nei settori più vari.
Poco distanti da New York si trovano altre grandi città: a Sud, Filadelfia e Baltimora; a Nord, Boston, considerata la più europea delle città americane, sede di prestigiose università. Nell’area fortemente industrializzata dei Grandi Laghi la metropoli principale è Chicago.
Anche nella parte sudorientale del Paese vi sono città importanti: è il caso di Memphis, Atlanta (sede della Coca-Cola), e Miami, celebre località della Florida. Più ad Ovest, in Texas, si possono ricordare Houston, sede di un importante centro della NASA, DaIIas, Austin, Los Angeles, capitale mondiale della cinematografia; importanti sono anche San Francisco, e Seattle.
LETTERATURA: EUGENIO MONTALE
BRANO: “I LIMONI”
Eugenio Montale, poeta e critico letterario italiano, che ricevette premio Nobel per la letteratura nel 1975, nacque a Genova nel 1896. Nato da una famiglia di commercianti, frequentò le scuole tecniche e studiò canto, ma rinunciò alla carriera musicale. Partecipò dal 1917 alla prima guerra mondiale come ufficiale sul fronte della Vallarsa in Trentino.
Ossi di seppia
Del 1916 è il testo che segna la sua nascita come poeta: Meriggiare pallido e assorto. Nel 1925 Si tratta di una poesia metafisica che "nasce dal cozzo della ragione contro qualcosa che non è ragione".
Montale aveva anche iniziato un'attività di critico, collaborando a varie riviste, con aperture intellettuali molto ampie. L'incontro con il poeta americano Ezra Pound nel 1926 lo aprì alla letteratura anglosassone.
Le occasioni
Nel 1928 Montale fu nominato direttore del Gabinetto Vieusseux a Firenze, ma ne venne allontanato dopo dieci anni perché non iscritto al partito fascista. Nel vivace ambiente fiorentino stabilì stimolanti rapporti intellettuali con Vittorini, Gadda, Landolfi, Pratolini, Contini. Nel 1939 uscirono Le occasioni, poesie in parte già precedentemente pubblicate su riviste. In esse Montale continua l'indagine esistenziale degli Ossi di seppia. Nel 1943 pubblicò in Svizzera, per interessamento di Contini, il volumetto Finisterre.
La bufera e altro
Nel 1948 si trasferì a Milano, dove lavorò al "Corriere della Sera" e al "Corriere d'informazione", e pubblicò il Quaderno di traduzioni. La "bufera" è la guerra intesa come catastrofe della storia e della civiltà, e simbolo dunque di una disperata condizione umana e personale. Dalla speranza di un'immaginata salvezza attraverso la donna-angelo e dai lampi di fiducia nella possibilità di un mondo diverso, Montale passa all'angoscia per il presente. Nell'amara esperienza dell'orrore della guerra e degli anni cupi della Guerra Fredda, la poesia diventa il segno di un'estrema umana resistenza e di decenza nel quotidiano "mare / infinito di creta e di mondiglia".
Da satura al quaderno
Nel 1966 Montale pubblicò i saggi Auto da fé, una lucida riflessione sulle trasformazioni culturali in corso. Nel 1967 venne nominato senatore a vita. Dalla bufera della guerra si è passati alla palude immobile nel vuoto del presente. Montale morì a Milano nel 1981.
I limoni
Eugenio Montale, Ossi di seppia
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall' azzurro:
piú chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell' aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest' odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed é l' odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s' abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l' anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una veritá.
Commento
“I Limoni” è una poesia particolarmente significativa per conoscere la poetica di Montale, il quale qui dichiara di rifiutare perentoriamente la poesia colta tradizionale, e di amare gli aspetti aspri e disarmonici della realtà, quelli che i poeti laureati giudicherebbero impoetici e non degnerebbero nemmeno di uno sguardo.
Ed invece anche la cosa più modesta, per esempio, la vista improvvisa del giallo dei limoni, nel tedio di un giorno invernale, può offrire allo spirito un momento di gioia, l’intuizione di qualche verità.
All'inizio degli Ossi di seppia, questa poesia costituisce nel contenuto, nel linguaggio e nei modi stilistici che lo sottendono, la prima messa a punto di una poetica "in fieri", con caratteri già ben delineati. In questo senso la polemica contro i poeti laureati, con quella sua ambivatenza di toni e di concetti tra l'uso compiaciuto di una terminologia rara e preziosa e il rifiuto di una simile maniera di poetare, si presenta con il doppio valore di scelta letteraria e di indicazione biografica precisa. "L'inizio - scrive il critico di poesia e letteratura Solmi - contiene, implicitamente, una parte poetica che è, nel suo fondo, quella della grande fase moderna della poesia che si suol chiamare con termine Decadentismo. Nel rifiutare la predilezione dei luoghi comuni della poesia aulica è contenuto il rifiuto di ogni aulicità...". Cosí anche i residui crepuscolari e dannunziani ancora avvertibili nel linguaggio (nel profumo che dilaga / quando il giorno piú languisce, rami amici, dolcezza inquieta) sono poi riscattati e capovolti nella ricerca di una verità, di una dimensione umana nuova che penetri il segreto delle cose e liberi l'individuo dall'oppressione e dal soffocamento che lo minacciano nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
Parafrasi
La poesia si divide in due parti. La prima (vv. 1-21) ha carattere descrittivo e
ritrae un tipo di paesaggio acre, aspro e accidentato, caro al poeta.
I poeti laureati - egli dice- quelli cioè ufficialmente riconosciuti meritevoli della gloria poetica (con riferimento soprattutto a D’Annunzio), se devono parlare di piante, amano citare quelle che hanno nomi poco usati, come i bossi, i ligustri e gli acanti.
lo, per quanto mi riguarda, amo le strade che sboccano nei fossi erbosi, dove in pozzanghere mezzo prosciugate i ragazzi afferrano qualche piccola anguilla; amo anche i sentieri che percorrono gli orli dei fossati, discendono tra i ciuffi delle canne, immettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
È preferibile stare qui di sera, se i canti assordanti (gazzarre) degli uccelli cessano come assorbiti dall’azzurro del cielo: allora più distinto si avverte il fruscio dei rami amici nell’aria che è quasi immobile, e più distinta si avverte la percezione dell’odore della natura, che non si stacca dalla terra e fa scendere nell’animo, come una pioggia, una dolcezza ansiosa.
Qui, in questa atmosfera di pace, si placa, per miracolo, l’urto delle passioni quotidiane, che sono sviate in altra direzione; qui in questi paesaggi aspri anche per noi poveri tocca la nostra parte di ricchezza, offerta dall’odore dei limoni.
La seconda parte (vv. 22-fine) ha carattere riflessivo. Il poeta si sofferma a osservare gli aspetti della realtà per trovare il varco che lo porti a scoprire il mistero della natura. È un’illusione che dura poco, ma è rinnovabile nei moment più impensati, per esempio, quando, all’improvviso, nel gelo dell’inverno, da un cortile ci appaiono i gialli dei limoni, dandoci un momento di rara ebbrezza.
Nei silenzi di questi luoghi, in cui le cose si aprono a noi e sembrano volerci svelare la loro intima essenza, talora si spera di scoprire il varco attraverso il quale possiamo conoscere il mistero della natura. Il poeta si serve di quattro metafore a sottolineare l’ansia tormentosa della conoscenza: egli spera di scoprire lo sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, la rottura dell’equilibrio universale per un anello che non tiene più, il filo da dipanare che ci metta a contatto con la verità.
Lo sguardo scruta intorno, la mente analizza le cose, le mette in relazione tra loro, notandone le affinità, o le separa notandone le differenze, mentre di sera si diffonde intorno il profumo dei limoni. Questi sono i silenzi in cui in ogni uomo che si allontana sembra di vedere un esse divino, disturbato, come infastidito da una realtà che non è alla sua altezza.
Ma l’illusione (di essere quasi un essere divino) vien meno e il tempo ci riporta nelle città rumorose, dove l’azzurro del cielo si mostra soltanto a pezzi, tra i cornicioni dei palazzi. La pioggia dell’autunno, poi, stanca la terra, battendola in continuazione; quindi il tedio dell’inverno si addensa sulle case, la luce si affievolisce, l’anima si rattrista.
Ma la stessa illusione può ripetersi quando, nel gelo di un giorno invernale,
all’improvviso da un portone mai chiuso, tra gli alberi di un cortile, si mostrano
a noi i gialli dei limoni. Allora il gelo del cuore si scioglie, ed i limoni, richiamando alla mente, per analogia del colore, le trombe d’oro dei sole, cioè i suoi fasci di luce gioiosa, ci donano l’ebbrezza di un momento di gioia, riversando su di noi lo scroscio delle loro canzoni.
Un’ultima considerazione. L’Ascoltaini confidenziale con cui si apre la poesia, non deve far pensare ad una persona precisa, bensì a tutti noi lettori.
Anche questa poesia, come I limoni, contiene una dichiarazione di poetica soprattutto dal punto di vista formale.
Il poeta si rivolge all’uomo in genere, abituato per lunga consuetudine a ricevere messaggi dai poeti-vati e a considerarli maestri di vita, e gli dice che lui è tutt’altro che un poeta-vate: è soltanto un individuo isolato, come lo sono tutti gli uomini, che si sente smarrito in un mondo incomprensibile e indecifrabile. Rispetto agli altri, egli ha solo il coraggio di piegarsi con dignità al male di vivere, senza abbandonarsi a fantasie e a illusioni consolatorie, e senza assumere la posa del maestro o del vate.
Non chiederci, o uomo, la parola, ossia dei versi che valgano a squadrare, a plasmare rigorosamente da ogni parte il nostro animo informe, cioè confuso e caotico, né tali che valgano a rivelare chiaramente, in modo inequivocabile la sua natura e siano splendidi come il fiore giallo del croco, che spicca tutto solo in un prato polveroso.
La seconda strofa ha un tono esclamativo ambiguo che può denotare meraviglia, invidia o commiserazione, verso chi, ai contrario di lui, è privo di angosciosi interrogativi esistenziali e crede di avere delle certezze.
Ah, io ammiro (o invidio o commisero) l’uomo che è sicuro di se, ha fiducia negli altri e in se stesso e non riflette sulla precarietà della vita umana, simboleggiata dalla sua ombra che la canicola imprime sopra un muro scalcinato.
Perciò non domandarci, o uomo - torna a ripetere il poeta - la formula magica che possa darti possa darti nuove certezze svelandoti i misteri della vita e dell’universo,
ma solo qualche sillaba storta, dura, aspra, secca come un ramo, che è la più adeguata ad esprimere la nostra disperazione e la nostra desolazione.
Pertanto solo una cosa oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo, ossia gli aspetti negativi della nostra condizione umana e quelli altrettanto negativi della storia.
È una delle liriche più famose di Montale (composta nel 1816), in cui il poeta descrive l’angoscia esistenziale dell’uomo, condannato a vivere in un mondo incomprensibile, dal quale è impossibile ogni evasione. Vivere, secondo lui, è come camminare a ridosso di una muraglia irta di cacci aguzzi di bottiglia, oltre la quale non è possibile né andare né vedere.
La lirica è caratterizzata da una serie di infiniti non retti da nessun verbo di modo finito (meriggiare, ascoltare, spiare, osservare, ecc.), che danno il senso della continuità tediosa, monotona e senza senso delle varie forme di vita, nelle loro parvenze instabili ed passeggere.
MUSICA E ANTOLOGIA: Bob Dylan, Blowing in the wind (Soffia nel vento)
Bob Dylan, nome d'arte (ispirato al poeta Dylan Thomas) di Robert Zimmerman (Duluth, Minnesota 1941), musicista statunitense. Canzoni come Blowin' in the Wind , The Times They Are A-Changin' e Mr. Tambourine Man sono indissolubilmente legate nella memoria collettiva ai movimenti di liberazione e di protesta degli anni Sessanta e agli oceanici raduni giovanili di Woodstock e dell'isola di Wight. Tra i principali album degli anni Sessanta si ricordano The Freewheelin' Bob Dylan (1963), Highway 61 Revisited (1965), Blonde on Blonde (1966) e Nashville Skyline (1969). Armonica a bocca e chitarra, secondo la tradizione di singer-songwriter (cantautore) inaugurata da Woody Guthrie, in compagnia di Joan Baez, Allen Ginsberg, Arlo Guthrie, Joni Mitchell e altri protagonisti della Beat Generation, a metà degli anni Settanta Dylan viaggiò a lungo negli Stati Uniti declamando, attraverso le sue canzoni, il suo forte impegno politico e tenendo concerti contro il razzismo (come quello del 1975, in onore del pugile nero Rubin Carter, a cui dedicò la famosa canzone Hurricane). Ispirato inizialmente alla vena country and western, il suo stile evolse in misura sempre maggiore verso la musica rock, mantenendo alcune caratteristiche peculiari, tra cui l'inconfondibile timbro nasale della voce. A partire dalla fine degli anni Settanta, la sua produzione rifletté un riaccendersi del sentimento religioso, come emerge da Slow Train Coming (1979). Tra gli album successivi si ricordano Oh Mercy (1989), Under the Red Sky (1990), World Gone Wrong (1993), il live in versione acustica Bob Dylan: Unplugged (1995) e Time Out of Mind (1997). Nel 2001 Dylan ricevette l’Oscar per Things Have Changed, brano portante della colonna sonora del film Wonder Boys di Curtis Hanson.
Musica rock La musica rock è un genere musicale di origine afroamericana formato da differenti stili popolari sviluppatisi negli Stati Uniti a partire dagli anni Cinquanta. Pur nella grande diversificazione delle sue correnti, la musica rock presenta alcune caratteristiche di massima comuni: dal punto di vista musicale, soprattutto per quel che riguarda l'impostazione strumentale, prevalente è l’uso delle chitarre amplificate e delle tastiere elettriche; dal punto di vista dei contenuti, i testi delle canzoni sono sovente ispirati a temi sociali e d'attualità assenti nelle altre forme di musica leggera.Punto di partenza dello sviluppo del rock è il rock ‘n’ roll, genere musicale nato nella metà degli anni Cinquanta che, in seguito allo straordinario successo di Rock Around the Clock (1955) di Bill Haley, si affermò in tutto il mondo grazie a interpreti come Jerry Lee Lewis, Buddy Holly ed Elvis Presley.
Gli anni 60’ del rock Dopo la diffusione del genere dagli Stati Uniti verso il resto del mondo, negli anni Sessanta il suo rinnovamento prese la direzione inversa: dall'Europa, e in particolare dall'Inghilterra, gruppi come i Beatles, i Rolling Stones e gli Who invasero il mercato americano. Contemporaneamente, l'abbreviazione "rock" iniziò a sostituirsi alla denominazione "rock 'n' roll" e la musica stessa cominciò ad allentare i propri legami con la struttura formale originaria assorbendo influenze di svariata provenienza. Verso la fine degli anni Sessanta il rock fu veicolo e punto di riferimento della contestazione giovanile (vedi Movimento studentesco): i testi divennero più impegnati, la varietà degli strumenti si ampliò, aumentò il peso dell'elettronica e la presentazione in scena dei gruppi si fece più accurata e scenografica. Era il momento dei Jefferson Airplane, dei Doors, dei Grateful Dead, di Jimi Hendrix, dei Pink Floyd, dei Cream di Eric Clapton e del latin rock di Carlos Santana. Coesistevano fianco a fianco stili diversi: il soft rock (i Bee Gees, passati in seguito alla disco music), spesso accompagnato da un'orchestra, il folk rock (da Bob Dylan ai Jethro Tull), il blues rock (Janis Joplin), la musica con inflessioni country (Eagles, Crosby, Stills, Nash & Young) e il peculiare jazz rock di Frank Zappa. Si moltiplicavano inoltre gli esperimenti sulla strumentazione, dal sitar di Ravi Shankar ai sintetizzatori (che nel decennio successivo troveranno compiuta espressione nella musica elettronica dei King Crimson). La fine degli anni Sessanta fu anche il periodo dei grandi concerti di massa all'aperto (negli Stati Uniti, Monterey Pop nel 1967 e Woodstock nel 1969; in Europa, l'isola di Wight nel 1970), che coincisero con una trasformazione radicale della cultura e dei costumi di un'intera generazione.
I poeti del rock È passato molto tempo da quando il ciuffo di Elvis Presley e le sue mosse serpentine sul palco inorridivano i benpensanti ed esaltavano i ragazzi degli anni Cinquanta: eppure la musica rock ha continuato a scandire i sogni delle giovani generazioni, vera e propria colonna sonora del nostro tempo. Stili, mode e capigliature sono cambiati, e molto, in questi quarant’anni ma il concerto rock rimane sempre l’evento spettacolare in cui i giovani si riconoscono maggiormente. La musica, spesso aspra e lacerante, esprime la loro protesta nei confronti di un mondo che non li ama abbastanza da garantire loro un futuro, mentre i testi delle canzoni raccontano vicende e amori dei giovani e rispecchiano la loro esperienza della vita, spesso anche il loro giudizio sulla storia. Non di rado i testi delle canzoni hanno un notevole valore poetico, e certamente costituiscono la forma d’espressione artistica più amata dai giovani. un ‘antologia letteraria non poteva trascurarli.
Blowing in the wind
Versione in lingua originale
How many roads must a man walk down
before you call him a man?
How many seas must a white dove sail
before she sleeps in the sand?
Yes and how many times must the cannonballs fly
before they're forever banned?
The answer, my friend, is blowing in the wind,
the answer is blowing in the wind!
Yes and how many years can a mountain exist
before it is washed to the sea?
Yes and how many years can some people exist
before they're allowed to be free?
Traduzione letterale
Quante strade deve percorrere un uomo
prima che tu lo possa chiamare uomo?
Quanti mari dovrà attraversare una colomba bianca
prima di riposare sulla sabbia?
Quante volte dovranno volare i proiettili di cannone
prima di essere aboliti per sempre?
La risposta,amico mio, sta soffiando nel vento,
la risposta sta soffiando nel vento.
Quanti anni può esistere una montagna
prima di essere lavata dal mare?
Quanti anni possono esistere i popoli
prima che sia concesso a loro
di essere liberi?
Traduzione di Mogol
Quante le strade che un uomo farà
e quando fermarsi potrà?
Quanti mari un gabbiano dovrà attraversar
per giungere e per riposar?
Quando tutta la gente del mondo riavrà
per sempre la sua libertà?
Risposta non c'è, o forse chi lo sa,
caduta nel vento sarà.
Quando dal mare un'onda verrà
che i monti lavare potrà?
Quante volte un uomo dovrà litigar
sapendo che è inutile odiar?
Analisi testuale
Il testo presenta una struttura del 3+1: tre strofe, all'interno delle quali sono presenti rispettivamente tre domande (di tipo riflessivo) cui l'autore propone "un'unica soluzione" ("the answer my friend, is blowing...)
La canzone si apre con una sorta di "contestazione" nei confronti dell'uomo che nonostante il suo evolvesi in 2000 anni di civiltà, non ha ancora preso coscienza di se stesso; ancora va errando senza meta. Infatti, la seconda domanda della prima strofa, attraverso la metafora della colomba bianca (white dove), indica questa condizione in cui l'uomo non riesce a trovar pace ("before she sleeps in the sand" - posarsi sulla spiaggia -).
Con la terza domanda l'autore anticipa quello che sarà il tema della successiva strofa: le armi che riportano al crudele pensiero della guerra. Essa, infatti, con le sue esplosioni "oscura", "appanna" il cielo, quindi quanto ancora dovrà aspettare l'uomo prima di poter vedere la luce del sole…? ("How many times must a man look up before he can see the sky?" - sky=cielo=sole=Luce di libertà -)
Con le successive due domande viene invece fatto un chiaro appello all'indifferenza dell'uomo che con l'infamia e la crudeltà della "macchina della guerra" non si ferma neppure di fronte all'innocenza dei bambini e delle donne ("how many ears must one man have bifore he can hear people cry? Yes, and how many deaths will it take till he knows that too many people have died?").
Nella terza strofa si termina con la riflessione sulla guerra, che con la sua forza "abbatte" persino le montagne ["How many years can a mountain exist before it's washed to the sea"] (chiara allusione alla potenza nucleare) e si continua con una riflessione dell'uomo che si sente ingabbiato da questa vita, che non gli permette di sentirsi libero (How many years can some paople exist before they're allowed to be free?) terminando infine con una frase di contestazione: fin quando si pretenderà che l'uomo non prenda coscienza di tutto ciò.
A tutti questi interrogativi vi è una sola risposta espressa dal ritornello ("the answer, my friend is blowin' in the wind, the answer is blowin'in the wind"); essa è un chiaro segno d'impotenza dell'uomo, che non riesce a dare una spiegazione a tale condizione, e nello stesso tempo cenno d'ottimismo poiché a tutte queste domande, tuttavia una risposta esiste ed è nel "vento", aspetta solo di essere colta. Inoltre è presente nel testo, e precisamente nel ritornello, la parola chiave: "Mio amico"; il poeta-musicista si rivolge all'intera umanità in termini di fratellanza di fronte ad una situazione che ci accomuna tutti.
BRANO DA ESEGUIRE CON IL FLAUTO:
MY WAY
Autori: Thibault, Revaux, Francois
Cantata da: Frank Sinatra
SCIENZE: LA LUNA E LA SUA ESPLORAZIONE NEGLI ANNI 60’
La Luna è l'unico satellite naturale della Terra, che fu esplorato dall’uomo negli anni 60’, e che, nel periodo del 68’ fu ancora più approfonditamente ed esaminata.
Essa ha diametro di 3476 km, poco più un quarto di quello della Terra, e massa pari a un ottantunesimo di quella terrestre. La densità media e l'accelerazione di gravità sono quindi, rispettivamente, tre quinti e un sesto di quelle del nostro pianeta. La Luna non possiede atmosfera e sulla sua superficie non vi è traccia di acqua allo stato liquido.
La Luna orbita attorno alla Terra a una distanza media di 384.403 km, compiendo una rivoluzione completa in 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 11,5 secondi (rivoluzione siderale). L'orbita è ellittica e inclinata di 5° e 8' rispetto al piano dell'eclittica. Per compiere l'intero ciclo delle fasi, ovvero per ritornare nella stessa posizione rispetto a un determinato punto della superficie terrestre, impiega invece 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 2,8 secondi (rivoluzione sinodica o mese lunare). Il periodo di rotazione è uguale a quello di rivoluzione; per questo motivo il satellite rivolge verso il nostro pianeta sempre la stessa faccia. Benché appaia luminosa, la Luna riflette nello spazio solo il 7% della luce che le arriva dal Sole: l'albedo è 0,07.
La superficie lunare
Alla superficie, la temperatura della Luna varia tra un massimo di 127 °C al mezzogiorno lunare e un minimo di -173 °C subito prima del tramonto del Sole.
Osservato dalla Terra, il nostro satellite mostra alcune regioni scure che fin dall’antichità vengono denominate mari; si tratta di ampie distese di polveri finissime.
Una gran quantità di dettagli è stata rivelata dalle osservazioni al telescopio e dall'analisi delle immagini riprese dalle moderne sonde spaziali. Le caratteristiche visibili della superficie lunare comprendono crateri, catene montuose, pianure, scarpate e canali. Il cratere più grande, il Bailly, ha diametro di circa 295 km ed è profondo 3960 m, mentre il mare più largo è il Mare Imbrium (mare delle Tempeste), largo circa 1200 km. Le montagne più alte, nelle catene Leibnitz e Doerfel, in prossimità del polo sud lunare, hanno picchi che raggiungono i 6100 m di altezza, confrontabili con quelli della catena dell'Himalaya. I più piccoli crateri visibili con i telescopi sono di circa 1,6 km di diametro.
L'origine dei crateri lunari fu a lungo oggetto di discussione; le teorie moderne indicano che quasi tutti si formarono a causa degli impatti violenti di velocissime meteoriti o di piccoli asteroidi, avvenuti, nella maggior parte dei casi, nel corso delle prime fasi della formazione della Luna. Alcuni crateri, canali e picchi conici mostrano invece caratteristiche inequivocabili della loro origine vulcanica.
Origine della Luna
Prima dell'era moderna delle esplorazioni spaziali, gli scienziati proposero tre teorie principali riguardo all'origine della Luna: fissione dalla Terra, secondo la quale il satellite si staccò dalla Terra quando questa si era appena formata; formazione indipendente in orbita terrestre per condensazione a partire dalla nebulosa solare primordiale; e formazione lontano dal nostro pianeta con conseguente cattura. A partire dal 1975 lo studio delle rocce lunari e delle fotografie scattate sulla superficie del satellite avvalorarono una nuova ipotesi secondo cui quest'ultimo si sarebbe formato per accumulo di planetoidi.
Pubblicata per la prima volta nel 1975, questa teoria sostiene che all'inizio del processo di formazione, almeno 4 miliardi di anni fa, il nostro pianeta venne colpito da un corpo di dimensioni paragonabili a quelle di Marte, detto planetoide. L'impatto catastrofico distrusse sia il corpo sia una parte del nostro pianeta e i detriti, entrati in orbita, si fusero formando la Luna. L'aspetto più debole della teoria dell'impatto di planetoidi è nel fatto che essa implica che la Terra si sia fusa dopo l'impatto, mentre la geochimica terrestre non sembra indicare un processo così radicale.
L’esplorazione della Luna
Le osservazioni telescopiche del nostro satellite, condotte tra il XIX e il XX secolo, portarono a una conoscenza piuttosto dettagliata della sua faccia visibile. L'emisfero nascosto, fino ad allora inosservato, venne fotografato per la prima volta nell'ottobre del 1959 dalla sonda sovietica Lunik III. Le immagini mostrarono che esso è simile a quello visibile, eccetto per il fatto che non vi sono mari, e che i crateri coprono l'intera superficie lunare, variando in dimensione da giganteschi a microscopici. Le fotografie scattate negli anni 1964 e 1965 dalle sonde statunitensi Rangers 7, 8 e 9 e Orbiters 1 e 2 confermarono queste osservazioni. La Luna ha complessivamente circa tremila miliardi di crateri con diametro maggiore di 1 m.
Negli anni Sessanta, le missioni delle sonde statunitensi Surveyor e di quelle sovietiche Lunik consentirono la misura diretta delle proprietà fisiche e chimiche del nostro satellite. Nel luglio 1969, durante l'allunaggio dell'Apollo 11 (vedi Esplorazione dello spazio), vennero scattate migliaia di fotografie e prelevati campioni del suolo lunare. Gli astronauti dell'Apollo installarono sofisticati strumenti per misurare le condizioni di temperatura e di pressione, per determinare il flusso di calore proveniente dall'interno del corpo del satellite e per analizzare le molecole e gli ioni che giungono sulla sua superficie (vedi Fasce di radiazione). Furono raccolti e inviati a Terra anche dati sul campo magnetico e gravitazionale della Luna, sull'entità delle vibrazioni sismiche della superficie prodotte dai cosiddetti lunamoti (i “terremoti” lunari) e sull'effetto degli impatti di meteoriti. Infine, per mezzo di fasci laser, venne misurata con grande precisione la distanza Terra-Luna.
Dalla misura dell'età delle rocce lunari, si scoprì che la Luna ha circa 4,6 miliardi di anni, cioè più o meno la stessa età della Terra e presumibilmente del resto del sistema solare. Le rocce dei mari lunari si formarono per solidificazione di rocce fuse tra 3,16 e 3,96 miliardi di anni fa. Sono simili ai basalti terrestri, un tipo di roccia vulcanica estremamente diffuso sul nostro pianeta. Gli altipiani lunari (o continenti), invece, si formarono probabilmente da un tipo di roccia ignea meno densa, detta anortite, che consiste quasi interamente di un minerale chiamato plagioclasio. Altri importanti campioni lunari comprendono i vetri, le brecce (complessi miscugli di frammenti di roccia tenuti insieme dall'effetto del calore o della pressione) e le regoliti (sottili frammenti di roccia prodotti miliardi di anni fa dal bombardamento di meteoriti). Vedi Geologia.
Il campo magnetico della Luna è meno intenso ed esteso di quello terrestre. Alcune rocce lunari sono debolmente magnetiche e ciò indica che esse si solidificarono in presenza di un campo magnetico più intenso di quello attuale. Le misure suggeriscono che la temperatura interna della Luna raggiunga i 1600 °C, un valore che supera il punto di fusione della maggior parte delle rocce lunari. L'evidenza sperimentale di eventi sismici lascia pensare, inoltre, che alcune zone vicine al centro del satellite possano essere composte da materiali allo stato liquido.
I sismografi installati sulla superficie lunare hanno registrato segnali che indicano l'impatto di 70/150 meteoriti con masse comprese tra 100 g e 1000 kg ogni anno. La Luna è ancora bombardata dallo spazio, benché meno intensamente che nel passato e ciò può rappresentare un problema per l'eventuale installazione di basi permanenti sul suo suolo. La superficie lunare è coperta da uno strato di pietrisco che, nelle regioni dei mari, è probabilmente profondo parecchi chilometri. Si pensa che anch'esso si sia formato per l'impatto di meteoriti.
L'atmosfera della Luna è meno densa del miglior vuoto ottenibile nei laboratori. Tutti e sei gli equipaggi che approdarono sul suolo lunare (durante le missioni Apollo 11, 12, 14, 15, 16 e 17) riportarono a Terra campioni di rocce, per un peso complessivo di 384 kg. Solo nell'ultima missione, quella dell'Apollo 17, vi era a bordo un geologo, H.H. Schmitt. Egli trascorse 22 ore esplorando la regione della valle Taurus-Littrow, e percorse 35 km con un fuoristrada. L'analisi accurata dei dati e delle rocce ricavati dalle missioni lunari continua ancora oggi.
ed. ARTISTICA: POP ART e IPERREALISMO
POP ART
La Pop Art fu un movimento artistico affermatosi negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il nome deriva dalla contrazione dell'inglese Popular Art, arte "popolare" in senso moderno, ossia che faccia uso di linguaggi quotidiani dell'odierna società di massa, propri della comunicazione commerciale, cinematografica, televisiva o della stampa periodica.
Caratteristiche tecniche e artistiche
Accomunò gli artisti della corrente Pop l'attenzione per l'oggetto banale, per l'immagine scontata, per la situazione comune, considerati ormai come parte integrante della vita e dell'immaginario collettivo, e quindi osservati perlopiù in modo "neutro", senza evidenti intenti critici o polemici. Le prime opere furono dipinti a tinte forti, realizzati con colori acrilici (i colori violenti della cartellonistica pubblicitaria), riproducenti bottiglie di birra, lattine, strisce di fumetti, segnali stradali e oggetti di consumo. Presto tuttavia le tecniche espressive adottate si moltiplicarono, passando dalla fotografia alla serigrafia, dal collage alla diretta inclusione di oggetti reali nell'opera. Si trattò di una vera e propria rivoluzione nell'atteggiamento artistico e nella percezione dell'opera d'arte, privata dell'aura che la contraddistingueva e qualificava rispetto alle altre espressioni dell'ingegno e dell'attività dell'uomo, in quanto ormai pienamente "adeguata" alla realtà più comune, e in molti casi riproducibile, seriale. La Pop Art rappresentò un punto di riferimento irrinunciabile per tutti i movimenti artistici che seguirono, ed esercitò una forte influenza in settori quali la grafica pubblicitaria, il design e la moda.
Le origini
I precedenti storici della Pop Art sono da rintracciarsi da un lato nell'esperienza dadaista, in particolare nell'opera e nella figura di Marcel Duchamp, e dall'altro in certa pittura americana degli inizi del Novecento, caratterizzata dal ricorso alla tecnica del trompe-l'oeil e dalla frequente raffigurazione di oggetti quotidiani e familiari.
Il movimento prese le mosse in Inghilterra, per opera di artisti e intellettuali quali Eduardo Paolozzi, Richard Hamilton, William Thurnbull, Theo Crosby e Lawrence Alloway: la sua nascita viene generalmente associata a una mostra dal titolo "This is Tomorrow", tenutasi nel 1956 alla galleria Whitechapel di Londra.
Negli Stati Uniti, i primi sviluppi della Pop Art sono legati ai nomi di Robert Rauschenberg, creatore di assemblaggi con oggetti domestici quali trapunte e cuscini, e Jasper Johns, noto per le serie di dipinti raffiguranti bandiere americane, numeri e bersagli.
Gli anni 60’
Promosso con eccezionale abilità dal gallerista Leo Castelli, il movimento conobbe un grande successo negli anni Sessanta. Nel 1960 l'artista inglese David Hockney realizzòTyphoo Tea (Kasmin Gallery, Londra), uno dei primissimi dipinti che proponevano come soggetto un prodotto commerciale di marca. Nello stesso anno Jones portò a termine alcune sculture di bronzo dipinto che rappresentavano le lattine di birra Ballantines. Nel 1961 Claes Oldenburg espose la prima delle sue sgargianti e ironiche sculture a forma di hamburger o di altri prodotti del fast food; negli stessi anni Roy Lichtenstein iniziò a prendere in esame il linguaggio del fumetto, realizzando dipinti che ne imitavano stili e resa visiva (tipiche le sue false retinature dell'immagine, come se si trattasse di un ingrandimento fotografico).
Andy Warhol si dedicò a una particolare riflessione sulla riproducibilità dell'opera d'arte e sulle tecniche di rappresentazione seriale, ideando dipinti, serigrafie e fotomontaggi con soggetti ripetuti: bottiglie di Coca-Cola, lattine di zuppa Campbell, scatole di lucido Brillo, immagini-icona di Marilyn Monroe, Elvis Presley, Liz Taylor.
Altri importanti protagonisti del movimento furono George Segal, James Rosenquist, Tom Wesselmann, Jim Dine, Robert Indiana, Joe Tilson e Ronald B. Kitaj. In Italia la Pop Art ha esercitato la sua influenza su artisti quali Mimmo Rotella, Lucio Del Pezzo, Renato Volpini e, per certi aspetti, Michelangelo Pistoletto e Valerio Adami.
Johns: Tre bandiere
Tre bandiere di dimensioni diverse, dipinte separatamente e in seguito incollate una sull'altra, costituiscono questa composizione tridimensionale realizzata tra il 1954 e il 1955 da Jasper Johns, uno dei principali esponenti della Pop Art americana. La bandiera è una delle immagini più ricorrenti nelle opere di questo artista.
IPERREALISMO
L’ iperrealismo o fotorealismo fu un movimento artistico sviluppatosi negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento e diffuso poi in Europa, noto anche come "realismo radicale", "realismo fotografico" o “fotorealismo”. Gli artisti che si riconobbero nella corrente intendevano riprodurre nelle loro opere il dato oggettivo in modo perfettamente realistico, escludendo ogni lettura o interpretazione di tipo psicologico, sociale, simbolico, emotivo. Tale atteggiamento poetico si traduceva in lavori caratterizzati da un’estrema precisione rappresentativa e da una quasi ossessiva attenzione ai dettagli.
Molto spesso il processo artistico prendeva le mosse da una fotografia, fedele immagine della realtà: i particolari venivano copiati e riprodotti in scala ingrandita, trasposti sulla tela cercando di seguire il principio della massima fedeltà all’originale. Autoritratto (1968, Walker Art Center, Minneapolis) e Kent (1970-71, Art Gallery of Ontario, Toronto) di Chuck Close ne sono significativi esempi. Altre volte, per poter rappresentare le figure a grandezza naturale, si eseguivano calchi sul corpo umano, come fece la scultrice Duane Hanson per la Donna con carrello della spesa (1969, Neue Galerie, Collezione Ludwig, Aquisgrana), di sorprendente verosimiglianza.
TECNOLOGIA: SCOPERTE ELETTRONICHE DEGLI ANNI 60’:
PERSONAL COMPUTER E MICROPROCESSORE
Gli anni intorno al periodo del 1968 furono anche anni rinnovamento in campo scientifico – tecnologico, in quanto ci furono tante nuove e funzionali scoperte.
Personal computer
Il Personal computer, detto anche Microcomputer, è un calcolatore da tavolo o portatile che impiega un microprocessore come unità centrale di elaborazione (CPU, Central Processing Unit), noto anche come PC, home computer, small-business computer o semplicemente micro. I primi modelli di personal computer erano in grado di elaborare a ogni passo informazioni di 4 o 8 bit ed erano considerati strumenti per singoli utenti; più recentemente, la distinzione tra personal computer e mainframe (computer capaci di prestazioni superiori, spesso condivisi da molti utenti) è stata superata, poiché i modelli più recenti di personal computer hanno velocità e capacità operativa simili a quelle dei dispositivi multiutente.
Il personal computer è destinato all'uso domestico, scolastico e da ufficio. Nella gestione domestica può facilitare il controllo del bilancio familiare, la memorizzazione delle scadenze e, non ultimo, può costituire uno strumento di gioco. Nelle scuole viene utilizzato come sussidio didattico. Anche le più piccole imprese, infine, dispongono di microcomputer per la videoscrittura, la contabilità o la gestione di archivi.
Storia del personal computer
La realizzazione del personal computer è stata resa possibile da due innovazioni tecniche nel campo della microelettronica: i circuiti integrati (IC) che, sviluppati a partire dal 1959, hanno permesso la miniaturizzazione dei circuiti di memoria dei computer; e il microprocessore, apparso per la prima volta nel 1971, con cui la CPU, da ingombrante insieme di circuiti stampati e integrati, si è ridotta a una singola piastrina di silicio.
Il primo sistema da scrivania progettato specificamente per uso personale fu presentato nel 1974 dalla Micro Instrumentation Telemetry Systems (MITS). I proprietari del sistema furono incoraggiati dall'editore di una popolare rivista di tecnologia a creare e vendere per corrispondenza un kit di montaggio del computer; il prodotto, chiamato Altair, fu venduto a poco meno di 400 dollari.
Il successo dell'operazione indusse molte piccole società a dedicarsi alla produzione di computer. La prima grande azienda elettronica che produsse e distribuì personal computer, la Tandy Corporation, presentò nel 1977 un modello che si impose rapidamente nel settore grazie alla combinazione di due novità: la tastiera e un visualizzatore a raggi catodici. L'utente poteva programmare il computer e archiviare informazioni su nastri magnetici in cassetta.
Ben presto, poco dopo l'introduzione del nuovo modello della Tandy, due ingegneri programmatori, Stephen Wozniak e Steven Jobs, avviarono una nuova casa produttrice destinata a divenire l’azienda a crescita più rapida nella storia economica degli Stati Uniti: la Apple Computer. Tra le prestazioni del loro primo elaboratore a 8 bit, il personal Apple II, c'erano una memoria più estesa, un sistema di memorizzazione su dischetti per dati e programmi, e la grafica a colori. Il successo e la rapida diffusione dell'azienda diedero un ulteriore impulso alla crescita del settore. Prima della fine del decennio il mercato dei personal aveva assunto una fisionomia definita.
Nel 1981 l'IBM introdusse il proprio modello di microcomputer, l'IBM Personal Computer, passato alla storia come il primo PC. Il suo microprocessore, l'Intel 8088 a 16 bit, era in grado di utilizzare una larghezza di parola di 16 bit e di trasferire le informazioni su un bus dati a 8 bit. Il modello successivo, l'IBM PC/XT, era dotato invece del microprocessore Intel 8086, che utilizzava una larghezza di parola di 16 bit e un bus dati a 16 bit. L'IBM PC/AT, infine, basato sul microprocessore a 16 bit Intel 80286, era una macchina a 16 bit in entrambi i significati.
La realizzazione del primo PC segnò un momento fondamentale per la successiva evoluzione del microcomputer: aprendo la strada allo sviluppo di modelli sempre più veloci e potenti e incoraggiando la standardizzazione della produzione.
A metà degli anni Ottanta fu introdotto un potente computer a 32 bit in grado di far lavorare ad alta velocità avanzati sistemi operativi multiutente. Collocando in un personal da scrivania una potenza di elaborazione sufficiente a servire piccole e medie imprese, il nuovo modello ridusse la distanza tra microcomputer e minicomputer.
Un'innovazione di importanza fondamentale per la diffusione del personal computer fu l'introduzione di un'interfaccia utente di più facile uso. L'Apple Macintosh (un elaboratore a 16 bit introdotto nel 1984) fu tra i primi a sostituire l'interfaccia convenzionale del sistema operativo con una di tipo grafico a icone (simboli grafici che rappresentano oggetti e funzioni del computer) e menu, oggi presente in tutti i microcomputer. Ricercando sistemi di uso sempre più semplice e immediato, lo sviluppo tecnologico applicato al microcomputer ha portato alla creazione di meccanismi a controllo vocale che oggi permettono all'utente di usare i vocaboli e la sintassi del linguaggio parlato per comandare il calcolatore.
Microprocessore
Microprocessore Piccola unità centrale di elaborazione (CPU, Central Processing Unit), impiegata in computer di dimensioni compatte e, come circuito indipendente, in una vasta gamma di altre applicazioni. Numerosissimi sono i dispositivi elettronici di uso quotidiano che funzionano grazie a un microprocessore; tra questi, il televisore, il telefono cellulare, il videoregistratore. L'avvento del microprocessore è stato reso possibile dalla progressiva miniaturizzazione dei circuiti integrati e dall’evoluzione della tecnologia dei semiconduttori. Il primo esemplare fu creato nel 1971 dalla Intel di Santa Clara, in California, e battezzato Intel 4004; in pochi centimetri, riuniva le capacità di un intero, gigantesco ENIAC, il primo computer della storia.
Struttura e funzioni
Un microprocessore è realizzato su una singola lastrina di silicio, detta wafer o chip, opportunamente protetta da un contenitore di pochi cm per lato. Malgrado le piccole dimensioni, riunisce centinaia di migliaia di componenti e può essere programmato per svolgere un gran numero di funzioni.
Un microprocessore integrato contiene tipicamente i registri (celle di memoria ad alta velocità), il coprocessore matematico, deputato a eseguire calcoli a virgola mobile, e la ALU (Unità Logico-Aritmetica). Dispone inoltre di interfacce per collegarsi a memorie esterne e ad altri sistemi. Esso attinge i dati e le istruzioni da eseguire alla memoria centrale, quindi procede con le elaborazioni e restituisce i dati ottenuti alla memoria centrale. La velocità di esecuzione di questo complesso di operazioni dipende dalla frequenza di clock e dall’architettura del sistema; la prima si misura in MHz (megahertz), la seconda, in bit.
Storia del microprocessore
Dopo l’Intel 4040, considerato il primo microprocessore della storia, Intel ha prodotto dispositivi sempre più veloci e sofisticati. Uno dei primi disponibili per personal computer fu l'Intel 8080, che influenzò l'architettura dello Z80, assai popolare a suo tempo e, meno direttamente, la successiva linea dei microprocessori 80x86 (80286, 80386, 80486 e 80586 o Pentium). Il primo Pentium comparve nel 1993: integrava 3,1 milioni di transistor e vantava il doppio della velocità del precedente 486; oggi il Pentium IV vanta prestazioni straordinarie: un’architettura a 32 bit e non una, ma due unità di elaborazione, ciascuna delle quali è in grado di lavorare a una frequenza di 1500 MHz. La serie 68000, della Motorola, ha trovato invece ampio impiego nella gamma dei computer Macintosh. Negli anni Novanta, sono stati sviluppati altri microprocessori per sfruttare il successo delle architetture Reduced Instruction Set Computing (RISC), che hanno incrementato la velocità del processore riducendo la varietà e la complessità dei comandi riconosciuti. L'Advanced Risc Machine (ARM), sviluppata dalla casa britannica Acorn, è stato il primo microprocessore RISC a essere impiegato in un personal computer per uso domestico. Accanto a Intel, altri produttori competono nella realizzazione di microprocessori ad alte prestazioni, tra cui AMD e CYRIX.
INGLESE: Diego Armando Maradona
Diego Armando Maradona, is an Argentinian football player, that was considered together with Pelé, Di Stefano and Cruijff, one of the biggest soccer player in the last fifty years. Maradona was born in a poor family in Buenos Aires in the 1960. He began to play in the Junior Argentinos, where he stayed for five years, from the 1976 to 1980. He won two titles of top goal-scorer of the Argentinian championship and two “Golden Balls”, a special prize for the best football player.
He played two championships in Spain in the Barcellona. He moved to Naples, so he became the idol and the symbol of the city. His matches and his goals with the blue sweater number 10 has entered in the history of football. Captain of the Argentinia’s national, Maradona won at 19 years old, in the 1979, the world cup juniores. Three years later he participated in the World cup of Spain, but Argentina, champion of the world, was eliminated in the quarters finals by Italy. Maradona was absolute protagonist of World Cup in the 1986 in Mexico: in the match against England, by scoring a goal using his hand, which was against regulation..
Maradona was found out using drugs. The Argentinian player resulted positive to an antidoping control, and he was disqualified. At the end of the 1999 he had a heart attack, and he went into hospital and had therapy in Cuba.
ed. FISICA: Un problema per lo sport IL DOPING
Il doping consiste nell’assunzione di particolari sostanze capaci dì aumentare artificialmente le prestazioni dell’atleta. E’ praticato in molti sport, soprattutto in quelli che richiedono un impegno prolungato ed uno sforzo intenso. E’ bene precisare però che esso è praticato soprattutto negli sport professionistici regolati e mossi da un agonismo e un interesse economico consistente.
Comunemente si fa ricorso alle anfetamine e ad altri stimolanti del sistema nervoso. ma essi non sono veramente in grado di aumentare la potenza e il rendimento dell’atleta. Finora, infatti, non si conosce nessun farmaco che riesca ad aumentare l’energia del motore umano. Per esempio, se un atleta solleva 100 kg, è questa è la massima potenza che sa sviluppare, anche con una grossa quantità d’anfetamina, non solleverà neanche I kg di più. L’atleta ricorre al farmaco, quando ritiene di aver bisogno di qualcosa che gli dia più forza e coraggio per proseguire la gara, “per resistere di più”. La droga è come una pistola puntata sulla schiena, che fa procedere sino all’esaurimento dell’energia muscolare. L’individuo getta nella lotta tutte le energie che possiede. L’assunzione d’anfetamina non ha aumentato il suo patrimonio energetico, ma l’atleta ha possibilità di resistere più a lungo dando fondo a quelle energie di riserva che la natura, per la tutela dell’integrità dell’organismo, vuole difendere facendo comparire la sensazione di fatica. La pistola costringe ad andare oltre; oltre il primo limite della sensazione di fatica, oltre la sofferenza, oltre il “non ne posso più”, fino al crollo. La fatica è un campanello d’allarme che la pastiglietta impedisce di udire. Poiché i meccanismi di difesa dell’organismo sono saltati, può avvenire che l’esaurimento sia tale da condurre alla morte. Il doping, quindi, non aumenta le prestazioni, ma diminuisce la sensazione di fatica. Nello stesso tempo però si mettono in moto dei meccanismi abbastanza pericolosi:
l’abuso provoca una tolleranza che porta i soggetti ad assumere dosi sempre più forti, fino ad una vera e propria dipendenza fisica. Conseguentemente, il soggetto finisce per mangiare poco e niente, per non dormire; cade inoltre, vittima di complessi, sbalzi d’umore, vive in uno stato permanente di eccitazione fisica e psichica. C’è poi da considerare un altro aspetto etico e morale del doping. L’atleta che s’impone sugli altri perché drogato, conquista una vittoria falsa: egli non ha gareggiato e lottato ad armi pari, ha ingannato e frodato tutti, compagni e spettatori, ed ha soprattutto fatto del male a se stesso. Si può terminare dicendo che le nostre capacità e la nostra forza fisica, non possono nascere da una pasticca, bisogna averle costruite pian piano negli anni e mantenerle con una vita sana, con un’alimentazione igienica, con un allenamento razionale, con impegno costante; l’obiettivo non deve essere il record, ma il miglioramento di se stessi, per crescere meglio e far progredire il proprio corpo e la propria personalità.
Gli ormoni anabolizzanti
Sono sostanze sintetizzate artificialmente con struttura simile a quella dell’ormone sessuale maschile. Come questo hanno un effetto anabolizzante, cioè la capacità di migliorare la fase assimilativa e costruttiva dei processi chimici che avvengono nei tessuti e da cui dipendono la crescita corporeo dovuto sia a ritenzione di liquidi nei tessuti sia ad accumulo di proteine, componenti essenziali delle masse muscolari. Tali ormonali sono inoltre molto tossici poiché possono provare danni epatici, intestinali e disturbi della sfera.
INDICE
Percorso d’esame Pg. 2
Introduzione Pg. 3
Storia: il sessantotto e la rivolta giovanile Pg. 4-8
Geografia: stati uniti Pg. 9-16
Letteratura: Eugenio Montale e “i limoni” Pg. 17-22
Musica e Antologia: Bob Dylan, Pg. 23-27
Blowing in the wind (soffia nel vento)
La musica rock e il brano “My way”
Scienze: la luna Pg. 28-30
Ed. Artistica: pop art e iperrealismo Pg. 31-33
Tecnologia: scoperte degli anni 60’ Pg. 35-36
Inglese: Diego Armando Maradona Pg. 37
Ed. Fisica: un problema per lo sport il doping Pg. 38-39

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